TAR Salerno, sez. III, sentenza 2022-06-15, n. 202201695

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. III, sentenza 2022-06-15, n. 202201695
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202201695
Data del deposito : 15 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/06/2022

N. 01695/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00626/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 626 del 2018, proposto da
A C, P R, L S, F P B, A F, D Z, A D V, G G, D D C, A N, S I, L R, T C, I R, G C, F E, A D R, M N, A G, P M, A C, V V, F C, M A P, A P, L P, L F, N F, M G, C P, A F F, A A, N P, F M, L L, A S, C E, V T, M R, V D P, G P, V Marsilio, Ivan Purpura, Gennaro Cirillo, Pasquale Cosentino, Giovanni Cornetta, Pietro Galiani, Giuseppe Bettalico, Cosimo Savino, rappresentati e difesi dall'avvocato Sisto Gatto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, viale G. Verdi 33;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;
10° Reparto di Sanità "Napoli", Il Battaglione Logistico "Garibaldi", non costituiti in giudizio;

per l’accertamento

del diritto A) a dare corso e concludere le procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2016-2018 e al risarcimento del danno subito da ciascun ricorrente per il periodo compreso tra il 30 luglio 2015 alla data in cui avrà luogo l'effettivo rinnovo contrattuale;
B) all'indennizzo, commisurato alla perdita di potere d'acquisto dello stipendio per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015, sino al 30 luglio 2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2022 il dott. Valerio Bello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato nelle forme e nei termini di rito, i ricorrenti, tutti militari di differente qualifica e grado in servizio a tempo indeterminato presso la caserma operativa di Persano (SA), hanno chiesto l’accertamento e la declaratoria del diritto a dare corso e concludere le procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2016-2018 unitamente al risarcimento del danno subito da ciascuno per il periodo compreso tra il 30 luglio 2015 e la data in cui si avrà l’effettivo rinnovo contrattuale, insieme con l’indennizzo, commisurato alla perdita di potere d’acquisto dello stipendio per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e fino al 30 luglio 2015.

I ricorrenti lamentavano la cristallizzazione della retribuzione in parametri, ormai obsoleti e non adeguati al costo della vita, stabiliti dal contratto collettivo Forze Armate (Esercito-Marina-Aeronautica) dell’11 novembre 2007 con “Decorrenza: 1 gennaio 2006- Scadenza:31 dicembre 2009” recepito con D.P.R. 11 settembre 2007, n.171, il cui art.2 contempla proprio “Il trattamento stipendiale del personale delle Forze Armate, individuato nell’art.2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 5 novembre 2004, n .302” con la determinazione delle relative misure incrementative, seguito dall’Allegato B che recepiva il provvedimento di concertazione per il biennio 2008-2009.

Sin dall’anno 2010 interveniva il blocco della contrattazione collettiva per gli stipendi statali fino al 2012, disposto dall’art. 9, comma 17, del D.L. 78/2010, convertito dall’art.1, comma 1, L. n. 122/2010 e prorogato prima fino al 2014, con la legge di stabilità per quell’anno, e poi fino al 31 dicembre 2015, con annesso congelamento dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2018, fissata ai valori stabiliti al 31 dicembre 2010.

Il Tribunale di Roma nel 2013 ed il Tribunale di Ravenna nel 2014, in funzione di Giudice del Lavoro, sollevavano la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 17 primo periodo e dell’art.21 ultimo periodo del d.l. 31 maggio 2010, n.78, convertito con modificazioni dall’art.1, comma 1, della L. 30 luglio 2010, n.122 e dall’art. 16, comma 1, lett. b) e c) de d.l. 6 luglio 2011, n.98, convertito con modificazioni dall’art.1, comma 1 della L. 15 luglio 2011, n.111. La Consulta, con sentenza n.178 del 24 giugno 2015 sanciva l’illegittimità costituzionale di tali norme intervenute in violazione della libertà sindacale prevista dall’art. 39, comma 1, della Costituzione, in quanto il carattere sistematico della sospensione sconfinava in un bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, limite oltre quale il il sacrificio di tale diritto non poteva più considerarsi tollerabile.

Nonostante il decorso del tempo, soltanto il 26 gennaio 2018 interveniva la sottoscrizione dello schema di Provvedimento di concertazione tra l’ARAN e le sigle sindacali per il rinnovo della contrattazione collettiva per il comprato “Sicurezza e difesa”, triennio 2016-2018, il quale appariva, però, ancorato a parametri dei livelli retributivi stabiliti da una contrattazione collettiva assai risalente che non avrebbe peraltro coperto l’arco temporale compreso tra il 30 luglio 2015, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza della Consulta, al 1 gennaio 2016, in aperta violazione del della pronuncia della Corte Costituzionale.

2. Tanto premesso in fatto, i ricorrenti eccepiscono:

1) Violazione dell’art. 47 bis del d.lgs. n. 165/01- Violazione dell’art. 1218 c.c.- Responsabilità contrattuale.

L’art. 47 bis, al comma 2, imporrebbe il riconoscimento, ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione, di una copertura economica sostitutiva nel caso di mancato rinnovo del contratto alla sua scadenza, come anticipazione dei benefici successivi;
tale previsione sarebbe stata violata dall’Amministrazione della Difesa con il proprio comportamento inerte.

Sia il Tribunale di Parma che il Tribunale di Reggio Emilia hanno confermato l’illegittimità del protrarsi del blocco, nel senso che i contratti non andrebbero sbloccati dal 1 gennaio 2016, cioè con l’entrata in vigore della Legge di stabilità, ma a partire dal 30 luglio 2015, giorno successivo alla pubblicazione della sentenza del giudice costituzionale.

Alla luce di tali rilievi i ricorrenti chiedono, altresì, il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito per il periodo compreso tra il 30 luglio 2015 e la data in cui avrà luogo l’effettivo rinnovo contrattuale nella misura quantificata nella perizia allegata;
inoltre, sussisterebbe la responsabilità dell’Amministrazione ex art. 1218 c.c., scaturente dalla condotta inadempiente, la quale avrebbe avuto effetti economici pregiudizievoli sui singoli dipendenti quale danno conseguenza. Tale responsabilità si configurerebbe – a prescindere dall’entrata in vigore della contrattazione collettiva rinnovata nelle more – per il periodo dal 30 luglio 2015 al 31 dicembre 2015, in considerazione dell’intervento della nuova contrattazione valida per il triennio 2016-2018.

2) Violazione della legge n. 448/1998- Violazione dell’art. 36 Costituzione- Indebito arricchimento- Art. 2041 c.c.

In relazione al periodo antecedente al 30 luglio 2015 i ricorrenti chiedono, inoltre, un intervento volto a riequilibrare il sinallagma contrattuale inficiato dall’adempimento di una prestazione lavorativa non adeguatamente controbilanciata dal trattamento economico-stipendiale, non aggiornato al costo della vita, come stabilito, al contrario, dalla L. n.448/1998, art. 24, il quale sancirebbe il diritto del personale non contrattualizzato, compresi i Corpi Militari, a beneficiare ogni anno dell’adeguamento retributivo rispetto al costo della vita, calcolato sugli indici ISTAT. Tale previsione sarebbe stata violata a partire dalla scadenza della contrattazione collettiva 2006-2009.

Alla luce della sentenza n.178/2015 della Corte Costituzionale e del dettato dell’art.2041 c.c., espressione del principio dell’arricchimento senza causa, viene richiesto l’accertamento del diritto ad un indennizzo, commisurato alla perdita di potere d’acquisto dello stipendio per gli anni 2010,2011,2012,2013, 2014, e fino al 30 luglio 2015, da quantificare secondo i criteri indicati nell’elaborato peritale agli atti.

3. Si è costituito il Ministero della Difesa il quale, con memoria, conclude per il rigetto del ricorso in quanto infondato nel merito.

4. In vista dell’udienza di discussione, fissata per il 17 maggio 2022, i ricorrenti hanno replicato con memoria del 25 aprile 2022. A tale udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è inammissibile per carenza di legittimazione attiva.

Ad analoga soluzione è pervenuto, di recente, il Tar Lazio, sede di Roma, con sentenza n. 3745/22, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso seppur adottando la diversa formula della carenza di interesse dei ricorrenti.

L’art. 2, comma 2 del d.lgs. 165/2001 (testo unico del pubblico impiego) prevede che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche “sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto;
i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 45, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell'articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all'articolo 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva”.

Il successivo art. 40 prevede che “la contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalità previste dal presente decreto” (comma 1) e “disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi” (comma 3);
inoltre, “le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell'articolo 7, comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l'impegno e la qualità della performance, destinandovi, per l'ottimale perseguimento degli obiettivi organizzativi ed individuali, una quota prevalente delle risorse finalizzate ai trattamenti economici accessori comunque denominati ai sensi dell'articolo 45, comma 3. La predetta quota è collegata alle risorse variabili determinate per l'anno di riferimento. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono;
essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. I contratti collettivi nazionali definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata. Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione” (comma 3 bis). In tale procedimento “le pubbliche amministrazioni sono legalmente rappresentate dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, agli effetti della contrattazione collettiva nazionale” (art. 46, comma 1);
ed esse “adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti” (art. 40, comma 4).

Come ha statuito la Corte Costituzionale nella sentenza n. 309 del 16 ottobre 1997 “l’applicazione del contratto collettivo deriva, non già da una generalizzata previsione di obbligatorietà di questo (…) bensì dal su indicato dovere gravante sulle pubbliche amministrazioni”;
il Giudice della Leggi ha, in particolare, sottolineato che “tale meccanismo non realizza dunque quell'efficacia erga omnes conferita dall'art. 39, quarto comma, della Costituzione ai contratti stipulati dalle associazioni sindacali in possesso di determinate caratteristiche, ma si colloca sul distinto piano delle conseguenze che derivano, per un verso, dal vincolo di conformarsi imposto alle amministrazioni e, per l'altro, dal legame che avvince il contratto individuale al contratto collettivo. Più specificamente può dirsi che l'osservanza, da parte delle amministrazioni, degli obblighi assunti con i contratti collettivi rappresenta il conseguente e non irragionevole esito dell'intera procedura di contrattazione, la quale prende le mosse dalla determinazione dei comparti e si conclude con l'autorizzazione governativa alla sottoscrizione delle ipotesi di accordo”;
ed ancora ha evidenziato che “la forza cogente che a questo punto si produce nei confronti delle pubbliche amministrazioni costituisce, a sua volta, la premessa per realizzare la garanzia della parità di trattamento contrattuale”, affermata dall’art. 45, comma 2 (“le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi”).

La Corte ha concluso che “sul versante della posizione soggettiva del dipendente è, poi, agevole osservare come quest'ultimo rinviene nel contratto individuale di lavoro che sostituisce ad ogni effetto l'atto di nomina la fonte regolatrice del proprio rapporto: l'obbligo di conformarsi, negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuto in tale contratto. In altri termini, per effetto della privatizzazione dei rapporti, la prestazione e le condizioni contrattuali della stessa trovano la loro origine, non già in una formale investitura, bensì nell'avere il singolo dipendente accettato che il rapporto di lavoro si instauri (o prosegua) secondo regole definite, almeno in parte, nella sede della contrattazione collettiva”.

Con ciò si vuol dire che per i dipendenti la “non estraneità” al contratto collettivo discende dall'avere sottoscritto il contratto individuale di lavoro e, quindi, attraverso il meccanismo del rinvio alla disciplina collettiva, accettato che il rapporto venga regolato da quest’ultima. Essi, perciò, non intervengono nel procedimento di contrattazione.

Dunque, avendo i ricorrenti dedotto che il “cattivo esercizio del potere legislativo” avrebbe determinato una situazione di inerzia nella revisione del trattamento economico, tradottasi nel blocco degli stipendi, si deve, giocoforza, concludere che si tratti di soggetti privi di una legittimazione attiva a censurare il merito di un’attività – la contrattazione, o meglio la concertazione – estranea al proprio ambito di azione.

Non a caso, nel giudizio definito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 309/1997 era stato il Sindacato nazionale dei lavoratori della Scuola (SNALS) ad impugnare un contratto collettivo;
e analoghe considerazioni valgono per la sentenza n. 178/2015, originata da un rinvio disposto nell’ambito di giudizi attivati su ricorsi presentati dalla Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (FLP) e dalla Federazione italiana autonoma lavoratori pubblici (FIALP) “in qualità di firmatarie dei contratti collettivi stipulati con l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del comparto ministeri e per il personale degli enti pubblici non economici”.

In conclusione, il ricorso è inammissibile per carenza di legittimazione, non vantando i ricorrenti una posizione legittimante nel fenomeno della contrattazione collettiva.

La novità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese processuali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi