TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-05-30, n. 201606234

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-05-30, n. 201606234
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201606234
Data del deposito : 30 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06801/2012 REG.RIC.

N. 06234/2016 REG.PROV.COLL.

N. 06801/2012 REG.RIC.

N. 09947/2012 REG.RIC.

N. 01477/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6801 del 2012, proposto da:
Ati Advanced Telecommunications Informations Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. D S, presso il cui studio in Roma, Via Antonio Gramsci, 14, è elettivamente domiciliata;

contro

Il Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento delle Comunicazioni - il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Soc Tele Sol Regina Srl, Soc Primantenna Srl;



sul ricorso numero di registro generale 9947 del 2012, proposto da:
Ati Advanced Telecommunications Informations Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti D S e Antonella Giglio, elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Gramsci,14, presso lo studio dell’avv. D S;
Rete Varese 1 Srl;

contro

il Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per le comunicazioni – in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Fondazione Ugo Bordone, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Sanino, Laura Palasciano e Paola Salvatore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli, 180, presso lo studio legale Sanino;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Multimedia San Paolo Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Letizia, presso il cui studio in Roma, Via Monte Santo, 68, è elettivamente domiciliata;



sul ricorso numero di registro generale 1477 del 2014, proposto da:
Ati Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Mossali e D S, elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Gramsci, 14, presso lo studio dell’avv. D S;

contro

il Ministero dello sviluppo economico - Ispettorato territoriale Lombardia – in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell’esecuzione

quanto al ricorso n. 6801 del 2012:

della nota della divisione III della Direzione generale servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per le comunicazioni, datata 3 agosto 2012, prot. 62034, con la quale è stata comunicata alla ricorrente l'esclusione dalla procedura di attribuzione delle misure economiche di natura compensativa finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro funzionali alla liberazione delle frequenze della banda 790-862 MHz di cui al decreto 23.1.2012 del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze. b) dell'elenco delle emittenti ammesse all'attribuzione delle misure compensative previste per la Regione Lombardia dal decreto 23.1.2012 del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze, nella parte in cui non comprende la ricorrente tra le emittenti ammesse al rilascio volontario del canale 69 UHF nella Regione Lombardia.

quanto al ricorso n. 9947 del 2012:

della determina del Direttore Generale della Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione Elettronica e di Radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per le Comunicazioni, pubblicata in G.U.R.I. n. 103 del 5.9.2012 - 5° serie speciale recante bando per la procedura di attuazione della delibera 265/12/CONS nella Regione Lombardia;
di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale;

nonché, quanto ai tre ricorsi per motivi aggiunti, per l’annullamento, rispettivamente:

della graduatoria pubblicata in data 12 dicembre 2012;

della graduatoria pubblicata in data 10 settembre 2013;

della graduatoria pubblicata in data 13 luglio 2015;

quanto al ricorso n. 1477 del 2014:

- della nota prot. ITL/IV/2238 14/10/TT DEL 21.02.2011, emessa dall'Ispettorato Territoriale per la Lombardia del Ministero dello sviluppo economico - comunicazioni, notificata via mail in data 24/02/2011, con la quale il medesimo, nella persona del suo Direttore pro tempore, ha disposto, ai sensi dell'art. 30 della legge 223/90, la disattivazione dell'impianto operante sul canale 69UHF, sito in Milano, via Stamira d'Ancona;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale, anche se non conosciuto, ivi compresa la Nota della D.G.P.G.S.R., Prot. 0011241 dello 08/02/2011


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Fondazione Ugo Bordone e di Multimedia San Paolo Srl,;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2016 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con provvedimento n. prot. ITL/IV/2238 14/10/TT del 21/02/2011, l’Ispettorato territoriale per la Lombardia del Ministero dello sviluppo economico disponeva, nei confronti della ricorrente (già Ati Advanced Telecommunications Informations Srl ed, in seguito, Ati s.r.l), la disattivazione dell'impianto operante sul canale 69 UHF, sito in Milano, Via Stamira d'Ancona.

Il provvedimento, unitamente agli atti presupposti, veniva impugnato dinanzi al TAR Milano che, con ordinanza n. 599 del 7 aprile 2011, accoglieva l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento.

Con successivo provvedimento del 3 agosto 2012, prot. 62034, la Direzione generale servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per le comunicazioni, comunicava alla ricorrente l'esclusione dalla procedura di attribuzione delle misure economiche di natura compensativa finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro funzionali alla liberazione delle frequenze della banda 790-862 MHz di cui al decreto 23.1.2012 del Ministero dello Sviluppo Economico, sul presupposto che la stessa non fosse titolare di alcuna frequenza, atteso che la partecipazione alla procedura era avvenuta in forza dell’ordinanza cautelare del giudice amministrativo che aveva sospeso il provvedimento di disattivazione.

Tale atto veniva impugnato dinanzi al TAR del Lazio, insieme al decreto emesso in data 23 gennaio 2012 dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, contenente l'elenco delle emittenti ammesse all'attribuzione delle misure compensative previste per la Regione Lombardia, nella parte in cui non comprendeva la ricorrente tra le emittenti ammesse al rilascio volontario del canale 69 UHF nella Regione Lombardia (ricorso n.6801/2012).

Successivamente la ricorrente impugnava pure, davanti al TAR del Lazio, il bando per la procedura di attuazione della delibera 265/12/Cons nella Regione Lombardia, volto alla riassegnazione delle frequenze a favore degli operatori che non avevano ricevuto misure compensative, e, con tre ricorsi per motivi aggiunti, le graduatorie successivamente emesse nell’ambito di tale procedura, pubblicate, rispettivamente, in date 12 dicembre 2012, 10 settembre 2013 e 13 luglio 2015 (ricorso n. 9947/2012).

Intanto, con ordinanza del 14 gennaio 2014, il TAR Lombardia dichiarava, nel ricorso proposto avverso il provvedimento di disattivazione, la propria incompetenza territoriale in favore del TAR del Lazio, sede di Roma, presso il quale il ricorso veniva riassunto con il n. R.G. 1477/2014.

Il Ministero dello sviluppo economico, la Fondazione Ugo Bordoni e la San Paolo Multimedia, costituiti in giudizio, hanno chiesto il rigetto dei ricorsi.

All’udienza del 16 dicembre 2015, a seguito della produzione versata in atti da parte ricorrente il 5 novembre 2015, il Collegio, disponeva incombenti istruttori a carico dell’amministrazione, che depositava la sua relazione il 9 marzo 2016.

All’udienza del 18 maggio 2016, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, connessi sia oggettivamente che soggettivamente.

Dal punto di vista logico deve essere esaminato per primo il ricorso n. 1477 del 2014, nel quale l’atto impugnato costituisce presupposto logico di quelli impugnati con il ricorsi successivi.

Con tale atto, come visto, la ricorrente ha contestato (inizialmente dinanzi al Tar Lombardia, poi in riassunzione dinanzi al Tar Lazio, a seguito della rilevata incompetenza territoriale del primo giudice adito) il provvedimento con il quale l’Ispettorato regionale per la Lombardia aveva disposto, nei suoi confronti, la disattivazione dell’impianto di trasmissione televisiva ubicato in Milano, via Stamira d’Ancona n. 24/3E, operante sul canale 69 UHF.

Con il primo motivo di doglianza la ricorrente lamenta incompetenza della D.G.P.G.S.R. del ministero e dell’I.T. Lombardia, violazione del D.P.R. del 28/11/2008 n. 197 e del D.M. 16/12/2004 n. 194, violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio, violazione dell'art. 97 della Costituzione e dei principi di legalità, trasparenza, buona amministrazione e leale collaborazione.

La ricorrente sostiene, in primo luogo, l’incompetenza della Direzione generale per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico ad emanare la nota il cui testo è richiamato nelle premesse del provvedimento gravato, in considerazione del fatto che i provvedimenti di assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale sarebbero di competenza della diversa direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione (D.G.S.C.E.R.).

Del pari sussisterebbe l’incompetenza dell’Ispettorato all’emanazione del provvedimento impugnato, atteso che l’organo periferico del resistente Ministero non sarebbe autorizzato ad emanare provvedimenti che incidono su atti aventi natura dichiaratamente concessoria, in assenza di un previo ordine della competente Direzione generale.

Ricorda quindi la ricorrente come essa abbia correttamente presentato al Ministero la dichiarazione di inizio attività, di cui all’art. 25 del D. Lgs. n. 259/2003, a seguito della quale ha conseguito l'autorizzazione generale alla radiodiffusione televisiva in tecnica digitale. Tale titolo, essa ritiene, le consentirebbe di proseguire legittimamente nell’esercizio dell'impianto a cui si riferisce la disattivazione, da essa acquisito in data 18/09/2009, come tempestivamente comunicato al Ministero e all’Agcom.

Risulterebbero, inoltre, violati i principi costituzionali di trasparenza, di buona amministrazione, di imparzialità, di rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa.

La prospettazione non può essere condivisa.

In punto di fatto è necessario chiarire come la ricorrente, che ha acquistato dalla GET l’impianto sito in Cassano Mugnago (VA) alla via Venegoni, ha poi operato la delocalizzazione dello stesso in Milano alla via Stamira d’Ancona sulla base di una sperimentazione disposta dal c.t.u. in un giudizio civile azionato dalla dante causa e nel quale essa era intervenuta.

In relazione a tale giudizio civile la ricorrente non sostiene né prova che la proposta del c.t.u., peraltro adottata in mera adesione a quanto richiesto dalle parti, si sia tradotta in una pronuncia definitiva del giudice, neanche di recepimento di una avvenuta conciliazione (vi è in atti, infatti, solo copia di una mera ordinanza di autorizzazione alla sperimentazione), cosicché la delocalizzazione dell’impianto non può dirsi avvenuta sulla base di una “ pronuncia giurisdizionale ” in senso proprio (sulla necessità che il giudizio civile si esprima chiaramente e a mezzo di un provvedimento definitivo in senso favorevole all’operatore che invoca la pronuncia resa in tale sede nel corso di un procedimento amministrativo il cui presupposto sia la titolarità di un diritto d’uso, cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 1 agosto 2014, n. 4126).

Che la delocalizzazione disposta in via sperimentale andasse, in ogni caso, sottoposta ad un procedimento autorizzatorio, del resto, era stato riconosciuto dallo stesso c.t.u., che in data 13 aprile 2010, aveva inoltrato apposita richiesta al competente Ispettorato territoriale, il quale aveva espresso parere negativo, provvedimento peraltro non tempestivamente censurato in sede giurisdizionale (cfr. missiva del Ministero all’Avvocatura distrettuale in data 19 marzo 2011, allegato 4, della produzione versata dall’Avvocatura agli atti del ricorso 1477/2014 in data 8 settembre 2015, nonché documentazione di parte ricorrente allegata al ricorso presso il Tar Lombardia).

E’ dunque corretto affermare che in ordine all’impianto di Milano la ricorrente non ha mai ottenuto l’attribuzione del diritto d’uso, atteso che ciò non è avvenuto né nella sede giudiziaria civile, perché non vi è prova dell’esistenza di una pronuncia giudiziale, né in sede amministrativa, non avendo la stessa mai richiesto ed ottenuto le autorizzazioni allo spostamento dell’impianto.

A tanto è conseguita la mancata assegnazione alla ricorrente di un canale in sede di switch off per la regione Lombardia - determinazione pure questa non tempestivamente impugnata dall’interessata - circostanza richiamata dall’amministrazione quale ulteriore presupposto per l’adozione del provvedimento di disattivazione.

Da quanto esposto emerge con evidenza l’infondatezza della censura in esame.

Ed infatti, va considerato che il provvedimento adottato dall’Ispettorato regionale si è limitato a disporre la disattivazione dell’impianto di trasmissione televisiva ubicato in Milano, via Stamira d’Ancona n. 24/3 e operante sul canale 69 UHF, senza incidere in alcun modo sull’autorizzazione generale alla radiodiffusione conseguita dalla ricorrente a seguito di dia presentata il 14 settembre 2009, ciò che rientra sicuramente tra le sue competenze (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21/01/2014, 158).

Quanto poi alla nota della Direzione, deve rilevarsi come la stessa ha una mera valenza di accertamento endoprocedimentale, alla quale, diversamente da quanto prospettato in gravame, non può in alcun modo ricondursi il prospettato effetto ablativo di un precedente provvedimento concessorio legittimamente ottenuto.

Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente lamenta violazione dei principi del giusto procedimento amministrativo, mancata comunicazione di avvio del procedimento, difetto di istruttoria, violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio, violazione dell'art. 97 della Costituzione e dei principi trasparenza, buon andamento e leale collaborazione, violazione dell'art. 10 bis della Legge n. 241/1990.

A giudizio della ricorrente l’Ispettorato territoriale avrebbe violato le garanzie procedimentali che governano l’agire amministrativo, sia perché non le avrebbe in alcun modo consentito di partecipare al provvedimento, sia perché avrebbe implicitamente operato “ un rigetto di istanze in precedenza presentate ”.

Anche tale motivo è destituito di fondamento.

Come si è sopra visto il provvedimento impugnato si è limitato ad ingiungere la disattivazione dell’impianto in conseguenza del fatto che la ricorrente non era destinataria di diritti d’uso delle frequenze nell’area di riferimento, così che l’atto impugnato presenta un contenuto meramente consequenziale e sostanzialmente dovuto, con conseguente dequotazione delle lamentate violazioni delle garanzie partecipative, tanto più che la ricorrente ha comunque interloquito con l’amministrazione nel corso del procedimento.

Il provvedimento, poi, non ha affatto la pure pretesa natura di atto di diniego, tanto più che non è neppure chiaro, in termini giuridici, a quale effetto giuridico fosse preordinata l’istanza presentata da controparte, che si era, nella missiva del 23 novembre 2010, limitata a comunicare che avrebbe continuato ad utilizzare l’impianto di Milano, così che non è dato comprendere con riferimento a quale procedimento di diniego l’amministrazione sarebbe stata tenuta alla comunicazione di un preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

La ricorrente, infine, non ha chiarito, neppure in ricorso, quale sarebbe stato l’apporto partecipativo che le è stato precluso apportare e che avrebbe determinato un diverso esito procedimentale, atteso che neppure in questa sede essa ha contestato utilmente le motivazioni poste a base del provvedimento di disattivazione.

Con terzo motivo di doglianza la ricorrente lamenta violazione dell'art. 23, comma 1°, del D. Lgs. n. 177/2005, violazione dell'art. 25, comma 4°, del D. Lgs. n. 259/2003, come modificato dall'art. 8 novies del D.L. n. 59/2008, convertito con modificazioni nella Legge n. 101/2008, violazione dell'art. 2, commi 1° e 2°, della Delibera Agcom n. 475/10/CONS, eccesso di potere per travisamento e/o per contraddittorietà tra premesse e conclusioni, eccesso di potere per sviamento dal fine dichiarato e per ingiustizia manifesta, violazione dell'art. 97 della Costituzione e dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento.

La ricorrente afferma che l’Ispettorato, avrebbe, nel medesimo atto, prima ricostruito la normativa applicabile alla fattispecie, e secondo la quale essa sarebbe stata titolare di un titolo abilitativo, e poi negato la sussistenza dello stesso al fine di ingiungere la censurata disattivazione.

La prospettazione non può essere condivisa.

Alla luce di quanto sopra rilevato, infatti, appare chiaro come la ricorrente non risultava nel legittimo esercizio di una frequenza analogica da convertire in digitale ed è per tale ragione che alla stessa, come esposto nella premessa dell’atto e puntualmente ribadito dall’amministrazione nei suoi scritti difensivi, non è stato assegnato, in sede di switch off nella regione Lombardia, alcun diritto di uso temporaneo della frequenza analogica CH.

La già rilevata mancata tempestiva contestazione in sede giurisdizionale della determinazione dell’amministrazione di non assegnare alla ricorrente un canale in sede di switch off, rende peraltro tardive le contestazioni sul punto.

La mancata assegnazione, come già sopra osservato, costituisce un presupposto dell’atto impugnato e non una parte del suo contenuto dispositivo, così che non può essere contestata in questa sede.

Del pari si è rilevato come nessun nuovo procedimento era stato attivato dalla missiva della ricorrente, inoltrata in data 23/11/2010 (doc. 15 del ricorso introduttivo), con la quale la stessa si era limitata a comunicare che, considerata la mancata notifica di determinazioni in ordine alle eventuali diverse risorse digitali da utilizzare nell'esercizio legittimo ed incontestato esercizio della propria rete, essa avrebbe proseguito nel pregresso esercizio del canale UHF 69 da Milano, Via Stamira d'Ancona, a garanzia della continuità delle trasmissioni.

In ogni caso, si osserva come il provvedimento impugnato, richiamata la normativa applicabile e la successione dei fatti che l’aveva preceduto, espone chiaramente le ragioni per cui la ricorrente, non essendo destinataria di diritti d’uso delle frequenza nell’area tecnica 3, non poteva continuare ad utilizzare l’impianto.

In conclusione il ricorso n. 1477/2014 va respinto.

Dall’infondatezza di tale gravame discende l’infondatezza del ricorso n. 6801/12, con il quale la ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale le è stata comunicata l’esclusione dalla procedura di attribuzione delle misure economiche di natura compensativa finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro funzionali alla liberazione delle frequenze della banda 790-862 MHz di cui al decreto 23.1.2012 del Ministero dello Sviluppo Economico nonché l’elenco delle emittenti ammesse alla medesima misura, nel quale essa ricorrente non compare.

Ed infatti anche tali provvedimenti si basano sulla medesima riscontrata assenza di titolarità di un diritto d’uso da parte della ricorrente, ciò che invece costituiva indiscutibile presupposto, logico, prima ancora che giuridico, per la partecipazione alla procedura.

In ogni caso, si rileva l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso articolati in gravame.

Con il primo motivo di doglianza la ricorrente ha sostenuto l’incompetenza del sottoscrittore della missiva ad agire per conto del Direttore generale.

La censura non è meritevole di accoglimento, atteso che la stessa è articolata con riferimento ad un mero atto di comunicazione.

Peraltro, come osservato negli scritti difensivi dell’amministrazione, la nota è stata firmata dal Dirigente della divisione V della Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione, legittimato a sostituire il Direttore Generale dalle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 165/2001.

Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente lamenta violazione dei criteri di pubblicità, obiettività, trasparenza, non discriminatorietà e proporzionalità nell’assegnazione delle radiofrequenze.

Anche tale argomento va disatteso, in considerazione del fatto che l’esclusione dalla selezione della ricorrente è avvenuta in conformità a quanto stabilito dal bando, in perfetta coerenza con la funzione del procedimento.

Dal pari infondata è la censura di violazione della direttiva 2002/77/Ce, articolata con il terzo e il quarto motivo di doglianza atteso che, alla luce delle già ricordate ragioni di esclusione, non è dato ravvisare nella fattispecie alcuna violazione, né a livello regolamentare né a livello di atti puntuali, del generale divieto per gli Stati membri di accordare o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l’installazione e/o la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a disposizione del pubblico.

Neppure sussiste, infine, la lamentata violazione dell’art. 10 bis, dedotta sempre nel quarto motivo di ricorso, atteso che, nel caso in esame, si è in presenza di una procedura concorsuale alla quale non si applica la disposizione invocata.

Da ultimo, va rilevato che nessun effetto sulla presente controversia può trarsi dalla contemplazione della ricorrente nella determina direttoriale del 1 ottobre 2015 con la quale è stata rideterminata la somma da corrispondere a titolo di misura compensativa a seguito di revisione di precedenti tabelle.

Ed infatti, alla luce di quanto chiarito dal Mise nella relazione depositata il 9 marzo 2016, tale rideterminazione è consistita, per la parte che riguarda la Ati, in un mero accantonamento di somme a titolo cautelativo, che non è espressione di una nuova determinazione dell’amministrazione in senso favorevole alla ricorrente.

Alla luce di quanto esposto, va infine rilevata la inammissibilità del ricorso n. 9947/2012, con il quale la ricorrente ha censurato il bando per la riassegnazione delle frequenze e le graduatorie emanate in seguito al bando medesimo, impugnate con i tre ricorsi per motivi aggiunti.

La ricorrente, infatti, legittimamente esclusa dal bando per l’attribuzione delle misure compensative, non era legittimata a partecipare a tale ulteriore procedura, alla quale era stata ammessa solo in forza dell’ordinanza cautelare del Tar Lombardia, la cui efficacia è venuta meno a seguito della sopra riscontrata infondatezza del ricorso nel cui ambito era stata pronunciata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in favore del solo Ministero dello sviluppo economico, mentre sussistono giusti motivi per compensarle nei confronti delle altre parti.

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