TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-05-06, n. 202408965

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-05-06, n. 202408965
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202408965
Data del deposito : 6 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/05/2024

N. 08965/2024 REG.PROV.COLL.

N. 06462/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6462 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A K, G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Avv. Sottile in Roma, corso Trieste n. 16;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza italiana (n. -OMISSIS-);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2024 il dott. Gianluca Verico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- In data 5.9.2015 la ricorrente ha presentato istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.

Il Ministero dell’Interno, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10- bis Legge n. 241/1990, con decreto n. -OMISSIS- del 17.01.2019 ha respinto la domanda dell’interessata in quanto dalle risultanze dell’istruttoria è emerso:

- a carico della ricorrente una segnalazione del 17/11/2007 per la violazione dell’art. 594 c.p. (ingiuria);

- a carico del coniuge “ violazioni per artt. 581,594,612,614,635 c.p. e sospensione patente ”;

- a carico del figlio “ violazioni per att. 582 e 688 c.p .”.

La motivazione del diniego risulta fondata, inoltre, sulla ritenuta carenza del requisito reddituale.

Avverso l’anzidetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi di diritto:

I. “ In via preliminare: Violazione dell’art. 97 Cost. – imparzialità e buon andamento ”;

II. “ In via principale: illegittimità del provvedimento per travisamento dei fatti e insufficiente istruttoria – eccesso di potere ”;

III. “ Sempre in via principale: illegittimità del provvedimento per violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 per carente ed insufficiente motivazione – eccesso di potere ”.

La ricorrente lamenta essenzialmente che:

- il diniego è stato adottato dopo la scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento, di guisa che l’adozione del provvedimento tardivo, sebbene non illegittimo stante l’inapplicabilità nel caso in esame dell’istituto del silenzio assenso, è comunque sintomatico di una inefficienza dell’Amministrazione e, dunque, di una lesione del principio costituzionale di buon andamento previsto dall’art. 97 Cost.;

- gli elementi ostativi posti a fondamento del diniego consistono soltanto in notizie di reato, cui non è dunque seguito alcun accertamento della responsabilità in sede penale, come emerge dai casellari giudiziali prodotti in giudizio. Deduce, inoltre, che il processo penale a suo carico si è concluso con sentenza di non luogo a procedere per remissione della querela (come da verbale di udienza del Giudice di Pace di -OMISSIS- del 09.12.2010) e che il procedimento penale a carico del marito è stato archiviato a seguito della remissione di querela da parte della figlia. Quanto al precedente a carico del figlio, eccepisce che la fattispecie contestata di cui all’art. 688 c.p., rubricato “ Ubriachezza ”, è stata depenalizzata ed è prevista soltanto una sanzione amministrativa;

- quanto alle notizie di reato a carico dei familiari assume, altresì, che, in ogni caso, eventuali pregiudizi penali a carico di soggetti terzi non possono ridondare in suo danno alla luce del principio di personalità della responsabilità penale previsto dall’art. 27, comma 1, Cost.;

- con riferimento al requisito reddituale, deduce di aver percepito redditi sufficienti, anche tenuto conto dell’apporto economico dei familiari;

- l’Amministrazione avrebbe, infine, omesso di valutare adeguatamente la complessiva condotta tenuta dalla richiedente nell'arco dell'intero periodo di permanenza sul territorio nazionale, essendosi ormai compiutamente integrata nel tessuto economico e sociale.

In data 5.6.2019 si è costituita l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso, depositando successivamente, in data 7.12.2022, anche gli atti del procedimento e la relazione ministeriale.

All’udienza pubblica del 14 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2.- Il ricorso è infondato.

Deve essere respinto, innanzitutto, il primo motivo di censura, riguardante l’asserita illegittimità del diniego in quanto adottato dopo la scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento.

Invero, come ripetutamente evidenziato anche da questa Sezione, allorché venga presentata un’istanza di concessione della cittadinanza per naturalizzazione ai sensi dell’art. 9, come nel caso in esame, l’Amministrazione conserva senza dubbio il potere di provvedere anche dopo la scadenza del termine, trattandosi di termine pacificamente ordinatorio e non perentorio, il cui inutile decorso, come riconosciuto anche dalla stessa parte ricorrente, può semmai legittimare il richiedente a proporre il ricorso avverso il silenzio illegittimamente serbato dall’Amministrazione ex artt. 31 e 117 c.p.a. (

TAR

Lazio, sez. V bis, n. 3620/2022, 5130/2022, 6604/2022, 6254/2022, 16216/2022) nonché, eventualmente, un’azione di risarcimento per il danno da ritardo, sebbene in presenza di tutti gli altri necessari presupposti.

D’altronde, la costante giurisprudenza (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 06/06/2017, n.2718) ha precisato che un termine procedimentale non può rivestire carattere perentorio - tale, cioè, da determinare la consumazione del potere di provvedere in capo all'Amministrazione in caso di suo superamento - se non in presenza di una puntuale ed espressa previsione normativa ovvero di una evidente, manifesta ed univoca ratio legis in tal senso: detti presupposti non sono evidentemente ravvisabili nel caso in esame.

Dalle considerazioni che precedono consegue che l’adozione tardiva del provvedimento non può determinare, per ciò solo, l’illegittimità dell’atto, neanche sotto il profilo dedotto della violazione dei canoni generali di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 Cost., anche tenuto conto della giustificabilità del ritardo in ragione dell’elevatissimo numero di richieste di cittadinanza presentate.

La doglianza va, dunque, respinta.

3.- Devono essere parimenti disattesi anche i restanti due motivi di censura, da esaminarsi congiuntamente perché strettamente connessi.

Preliminarmente, il Collegio reputa utile, in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio, una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, nonché dei precedenti dalla Sezione (cfr., ex multis ,

TAR

Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280 e 5130 del 2022 e 20023 del 2023).

Ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f) della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).

Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
n. 52 del 10 gennaio 2011;
Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.

In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘ status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede ” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).

Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale;
il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036;
nonché,

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