TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-10-12, n. 202010345

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-10-12, n. 202010345
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202010345
Data del deposito : 12 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/10/2020

N. 10345/2020 REG.PROV.COLL.

N. 04483/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4483 del 2020, proposto da
C C, R P, G C, L C, M F D, L L, G B, I B, M F, M D S, G D S, M D S, C D S, rappresentati e difesi dagli avvocati L M, Marco D'Agostino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via M. Colonna 27;

nei confronti

Associazione Agraria di Civitavecchia, non costituita in giudizio;

per l’ottemperanza

- alla sentenza del TAR Lazio, sezione I quater, n. 13923 del 5 dicembre 2019, resa a definizione del giudizio R.G. n. 9111/2010, notificata a mezzo pec in data 11 dicembre 2019 e non appellata.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2020 il dott. A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, gli odierni ricorrenti chiedono l’ottemperanza alla sentenza del TAR Lazio, sezione I quater , n. 13923 del 5 dicembre 2019, resa a definizione del giudizio R.G. n. 9111/2010, notificata a mezzo pec in data 11 dicembre 2019 e non appellata, deducendo i seguenti fatti.

I ricorrenti, occupatori dei terreni demaniali gravati da uso civico siti nel Comune di Civitavecchia, località Banditella, in data 28 aprile 2010 presentavano ricorso in opposizione alla Regione Lazio avverso la determinazione con cui la Regione Lazio incaricava il perito demaniale Rossi di porre in essere un nuovo progetto di legittimazione nell’ambito della procedura di legittimazione e seguente affrancazione afferente i suddetti terreni, progetto notificato ai ricorrenti in data 1 aprile 2010.

Gli odierni ricorrenti chiedevano in quella sede, in via principale, che venisse dichiarata la legittimazione dell’occupazione in oggetto alla stregua del primo progetto Rossi a definitivo accoglimento dell’istanza di legittimazione formulata in data 9 gennaio 2009 e riformulata in data 10 luglio 2009, anche per ciò che riguardava l’affrancazione, ricorrendone tutte le condizioni di fatto e di diritto ed in via subordinata, qualora si fosse ritenuto di applicare la rivalutazione di cui al secondo progetto Rossi, determinare un’equa riduzione del canone annuo e del capitale di affrancazione anche in via conciliativa e transattiva.

I ricorrenti, infatti, rappresentavano la definitività del procedimento di legittimazione e affrancazione, atteso che il perito demaniale aveva già redatto un progetto di legittimazione in cui erano state accertate la regolarità del pagamento dei canoni annui da parte dei quotisti, la valenza sociale delle occupazioni e si era proceduto a calcolare il valore dei terreni ed il seguente capitale di affrancazione sulla base dei valori agricoli medi (V.A.M.) e che, dunque, ai sensi dell’art. 15 r. d. n. 332 del 1928, non essendo intervenute opposizioni entro trenta giorni dalla pubblicazione del progetto di legittimazione - atteso che l’unica opposizione intervenuta era quella tardiva dell’A.A.C. - il Commissario (oggi Regione Lazio a seguito dell’attribuzione delle relative competenze) avrebbe dovuto rendere esecutivo il progetto.

La determinazione della Regione Lazio volta a conferire al perito demaniale l’incarico a predisporre un nuovo progetto di legittimazione, a fronte dell’approvazione di una variante del PRG, doveva dirsi pertanto illegittima per violazione dei principi di irretroattività dell’azione amministrativa e lesione del legittimo affidamento.

Deducevano inoltre i ricorrenti che, qualora l’Amministrazione avesse rivalutato il progetto alla luce di un potere di autotutela, ai sensi dell’art. 25 quinquies della l. n. 241/1990, avrebbe dovuto riconoscere in favore dei medesimi un indennizzo a fronte del pregiudizio economico sofferto dai ricorrenti.

Con provvedimento prot. n. 127231/D3/3D/26 adottato il 21 luglio 2010, notificato in data 27 luglio 2010, la Direzione Regionale Agricoltura Area Territorio Rurale Credito rigettava l’opposizione, rappresentando che il procedimento di legittimazione e seguente affrancazione doveva dirsi discrezionale e che dunque, a fronte della sopravvenienza di un interesse pubblico, quale quello a conseguire una maggiore utilità a seguito della edificabilità dei terreni disposta con la nuova variante al PRG, l’Amministrazione avrebbe potuto compiere un supplemento di indagine e che, a seguito dell’intervenuto mutamento di destinazione dei terreni in questione, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere a revocare in autotutela il procedimento, atteso che i ricorrenti, per acquisire la titolarità dei terreni in questione, avrebbero dovuto agire con le procedure di cui all’art. 8 della l. n. 6 del 2005, che prevede che il prezzo di stima dei beni si calcoli tenendo conto del valore attuale di mercato. La Regione insisteva dunque nell’affermare la legittimità dell’esercizio del proprio ius poenitendi , rigettando anche la richiesta di indennizzo stante la qualifica di occupatori in mala fede dei ricorrenti e rimaneva in attesa delle determinazioni dell’Associazione Agraria Civitavecchia in merito alla soluzione transattiva della controversia.

Con lettera del 27 settembre 2010 la Regione Lazio chiedeva ai ricorrenti di aderire al secondo progetto provvedendo al pagamento delle differenze rispetto a quanto già versato, o in alternativa disponeva che l’A.A.C. avrebbe dovuto restituire le somme già versate dai ricorrenti.

In data 19 ottobre 2010 i ricorrenti notificavano alla Regione Lazio il ricorso R.G. n. 9111/2010, chiedendo l’annullamento, previa sospensione di efficacia, del provvedimento prot. n. 127231/D3/3D/26 notificato in data 27 luglio 2010 con cui la Direzione Regionale Agricoltura Area Territorio Rurale Credito aveva rigettato l’opposizione avverso la relazione di rivalutazione, nonché di ogni altro atto presupposto, compresa la relazione di rivalutazione del 9 marzo 2010 redatta dal perito demaniale Rossi, nonché la nota della Regione Lazio del 4 febbraio 2010 prot. n. 20164/D3/3D/26, con cui era stata disposta la rideterminazione del valore dei fondi oggetto di legittimazione, di ogni altro atto conseguente e comunque connesso, compresa la nota della Regione Lazio del 27 settembre 2010 prot. n. 168261 con cui è stato chiesto agli odierni ricorrenti il pagamento della parte restante del capitale di affrancazione;
nonché il riconoscimento dei requisiti per l’accoglimento delle istanze di legittimazione e contestuale affrancazione formulate dai ricorrenti in relazione al primo progetto di legittimazione.

Ad avviso dei ricorrenti, in applicazione dell’articolo 15 del regio decreto 26 febbraio 1928, numero 332, la scadenza dei termini per le opposizioni avrebbe dovuto obbligare l’autorità competente a rendere esecutivo il progetto con proprio decreto.

Il procedimento di legittimazione, dunque, si sarebbe completamente esaurito ed il progetto redatto dal tecnico architettonico sarebbe divenuto definitivo non essendo stata perfezionata nei termini di legge alcuna opposizione.

La Regione Lazio, quindi, non avrebbe potuto esercitare un potere di controllo in fase istruttoria.

A fronte di tale censura ed in accoglimento del ricorso, il Tribunale Amministrativo Regionale, nella sentenza oggetto di odierno ricorso per ottemperanza, ha espressamente osservato che “ Si deve certamente escludere, comunque, che la revisione del precedente progetto di legittimazione sia stata preceduta dal necessario confronto procedimentale con gli interessati, non essendo stato nemmeno comunicato l’avvio del procedimento di riesame. Ammesso che un fatto rilevante, in termini di opportunità del provvedimento, possa sopravvenire anche successivamente al perfezionamento del progetto di legittimazione, affinché il potere di revoca sia esercitato legittimamente, è indispensabile il coinvolgimento dei soggetti che ne possono subire un pregiudizio, in modo che questi possano presentare osservazioni. Non vi è dubbio che, sebbene il procedimento non si fosse concluso con il decreto di esecutività, i ricorrenti vantavano comunque un interesse all’emissione del provvedimento finale, meramente ricognitivo della sussistenza delle condizioni previste dalla legge (ovvero deposito somma di affrancazione e progetto di legittimazione). Pertanto, la Regione, non coinvolgendo gli interessati ha violato i principi di partecipazione sanciti dalla legge n. 241/1990. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, per violazione delle garanzie procedimentali necessarie per l’avvio di un procedimento di revoca. Espletato il necessario confronto in contraddittorio con le controparti, l’autorità procedente potrà esercitare nuovamente la propria discrezionalità tecnica, ma attenendosi ai parametri in precedenza precisati delimitanti l’esercizio del potere di revoca.

Rileva il Collegio come il contenuto sostanziale della sentenza oggetto di odierna ottemperanza risulti essere non solo l’annullamento del provvedimento prot. n. 127231/D3/3D/26 notificato in data 27 luglio 2010, di rigetto dell’opposizione avverso la relazione di rivalutazione, ma anche la accertata illegittimità della revisione del precedente progetto di legittimazione per mancato coinvolgimento degli interessati salva la facoltà dell’Amministrazione, ribadita espressamente nella pronuncia oggetto di ottemperanza, di riesercizio del potere di autotutela con le necessarie garanzie del contraddittorio.

Ferma restando, dunque, allo stato, la definitività del procedimento a seguito della scadenza del termine legale di pubblicità dell’originario progetto di legittimazione (ex art. 15, comma quinto, del regio decreto numero 332 del 1928), l’autorità procedente è tenuta a rendere esecutivo il progetto con proprio decreto, salva la facoltà di riesercizio del potere di autotutela con il necessario coinvolgimento degli interessati.

Per il motivi esposti, il ricorso è fondato con conseguente obbligo della Regione Lazio di concludere il procedimento nel termine di novanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o, se anteriore, dalla sua notificazione, salva la facoltà della Regione di riesercitare il potere di autotutela con le necessarie garanzie del contraddittorio.

Per l’ipotesi di ulteriore inadempienza alla scadenza del termine assegnato si nomina sin d’ora il Prefetto di Roma, o un funzionario da lui delegato, Commissario ad acta per l’adozione degli atti di esecuzione necessari, da compiersi entro giorni 60 (sessanta) dalla scadenza del termine in precedenza fissato, a carico e a spese della Regione inadempiente, ponendo a carico della Regione Lazio anche il compenso spettante a detto Commissario ad acta , nella misura che il Collegio si riserva di quantificare a conclusione dell’incarico affidatogli.

Quanto alla richiesta condanna della Regione Lazio al pagamento di una somma ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a. e in accoglimento di tale richiesta, l’intimata Regione dovrà corrispondere ai ricorrenti, in solido tra loro, a titolo di penalità di mora per ogni mese a decorrere dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento (90 giorni) sopra indicato e fino all'insediamento del Commissario ad acta , una somma pari a 300,00 Euro.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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