TAR Firenze, sez. II, sentenza breve 2014-02-21, n. 201400361

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza breve 2014-02-21, n. 201400361
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201400361
Data del deposito : 21 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00063/2014 REG.RIC.

N. 00361/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00063/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 63 del 2014, proposto da:
Y C A, rappresentato e difeso dall'avv. D F, con domicilio eletto presso D F in Firenze, via Ponte Alle Mosse 80;

contro

U.T.G. - Prefettura di Prato Sportello Unico per l'Immigrazione, Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le Firenze, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;

nei confronti di

Lidie Pyrytova;

per l'annullamento

del provvedimento adottato dal Dirigente dello Sportello Unico per l'Immigrazione della Prefettura di Prato in data 06.08.2013, protocollo n. P-PO/L/N/2012/100781, notificato al ricorrente il 22.10.2013, con cui veniva respinta la domanda di emersione dal lavoro irregolare ex art. 5 D.Lgs. n. 109/2012 presentata in data 06.10.2012;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Prato Sportello Unico per l'Immigrazione e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2014 il dott. S R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe indicato è impugnato il provvedimento con cui il Dirigente dello Sportello unico per l’immigrazione di Prato ha disposto il rigetto della dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare subordinato, a favore del cittadino comunitario, presentata dalla Sig.ra Lidie Pyrytova in data 6 ottobre 2012, con la seguente motivazione: visto il parere non favorevole all’accoglimento dell’istanza espresso dalla Direzione provinciale del lavoro per il seguente motivo: va documentata la capacità economica del datore di lavoro attraverso la dichiarazione fiscale prodotta nel 2012 (2011), con acclusa ricevuta di invio all’Agenzia delle Entrate;
il beneficiario risulta essere stato condannato per il reato di cui all’articolo 73 d.p.r. 309 del 1990 in due circostanze (sentenze del Tribunale di Firenze del 31 ottobre 2008 e del 10 maggio 2008).

Avverso l’atto impugnato, sono stati dedotti i seguenti motivi: violazione dell’articolo 5 comma 13 decreto legislativo n. 109/2012 per omessa motivazione in punto di pericolosità sociale, trattandosi di lavoratore non pericoloso per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato seppur condannato per reati previsti dall’articolo 381 c.p. p.;
violazione dell’articolo 5 comma 11 ter e 11 bis decreto legislativo n. 109/2012 i quali prevedono, in caso di mancata conclusione della procedura di emersione in relazione al lavoratore straniero, a seguito del suo licenziamento, il diritto al rilascio di un permesso per attesa occupazione;
violazione dell’articolo 10 bis della legge 241 del 1990 per omessa comunicazione dei motivi ostativi all’emersione.

La causa, chiamata alla camera di consiglio sopra indicata, è stata trattenuta in decisione, anche per la definizione del merito, sussistendone i presupposti.

Il ricorso è infondato.

Come esposto in fatto, il provvedimento impugnato é motivato sia con riferimento alla mancata documentazione della capacità economica del datore di lavoro attraverso la dichiarazione fiscale prodotta nel 2012, sia con riferimento alle condanne riportate dal ricorrente per il reato di cui all’articolo 73 del d.p.r. n. 309/90.

Per quanto riguarda il primo profilo della motivazione posta a base del provvedimento, il ricorrente ha dedotto violazione dell’articolo 5 comma 11 ter del decreto legislativo n. 109/2012, atteso che non gli è stato rilasciato, a seguito del suo licenziamento, il permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Il motivo è infondato.

La previsione dell’art. 5, comma 11-bis del d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109 (comma inserito dall’art. 9, 10° comma del d.l. 28 giugno 2013 n. 76, conv. con modificazioni, dalla l. 9 agosto 2013 n. 99) prevede che, nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, al lavoratore venga rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione <<previa verifica da parte dello sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011>>;
a sua volta, il quinto comma dell’art. 5 del d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109 prevede che la presentazione della dichiarazione di emersione sia accompagnata dal versamento <<di un contributo forfettario di 1.000 euro per ciascun lavoratore>>
e rinvia la documentazione dell’avvenuta <<regolarizzazione delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale pari ad almeno sei mesi>>
al momento della stipula del contratto di soggiorno.

Ne segue che, ove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuto solo a causa imputabile al datore di lavoro, l’amministrazione deve procedere alla verifica della sussistenza del rapporto di lavoro, desunta dal pagamento delle somme di cui al citato comma cinque e dalla presenza alla data del 31 dicembre 2011, al fine di rilasciare al lavoratore straniero un permesso di soggiorno per attesa occupazione.

La fattispecie descritta nel comma 11 bis ha però come necessario presupposto la situazione di “datori di lavoro……….. che, alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo occupano irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno tre mesi, e continuino ad occuparli alla data di presentazione della dichiarazione di cui al presente comma, lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale…” (cfr. comma 1 dell’art. 5).

La legge presuppone cioè che il rapporto di lavoro sia in atto da tempo e, pertanto, implicitamente ma necessariamente, che il datore di lavoro abbia una capacità economica sufficiente a proseguirlo previo perfezionamento del procedimento di regolarizzazione.

Peraltro, l’eventuale verifica positiva dei requisiti previsti dalla legge dà titolo al lavoratore di ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione, nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro.

Ne consegue che laddove, come nella fattispecie, l’autorità competente ritenga che manchi o sia insufficiente la capacità economica del datore di lavoro viene di fatto a mancare la stessa validità della dichiarazione di emersione, configurandosi in tal caso un’ipotesi diversa da quella di rigetto della medesima dichiarazione per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, prevista dal comma 11 bis, alla quale seguirebbe, in caso di positivo riscontro delle condizioni ivi indicate, il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Infatti, il riferimento al rigetto della dichiarazione <<per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro>>
deve essere riferito ad alcuni comportamenti successivi (come la mancata presentazione alla sottoscrizione del contratto di soggiorno) e non ai comportamenti indispensabili per l’attivazione della procedura (presentazione della domanda) o per la dimostrazione dell’effettività del rapporto di lavoro (sussistenza della capacità economica, regolarizzazione retributiva, previdenziale e fiscale).

Nella ricostruzione delineata, appare evidente come l’effettività della dichiarazione di emersione e del rapporto di lavoro, che ben può essere desunta dal versamento del contributo forfettario, unitamente alla presentazione della domanda, nonché dalla regolarizzazione retributiva, contributiva e fiscale, trova il suo necessario presupposto nella capacità economica del datore di lavoro il cui accertamento resta riservato all’ufficio competente.

Né vale il richiamo operato dal ricorrente al comma 11 ter dell’art. 5 in commento.

Essa prevede che, laddove il rapporto di lavoro venga a cessare nelle more della definizione della procedura di emersione, previa verifica del requisito della presenza dello straniero alla data del 31 dicembre 2011, gli venga rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Sembra evidente, pertanto, che la legge presuppone che il rapporto di lavoro, della cui cessazione si discute, sia effettivamente sorto e regolarmente instaurato, ricorrendone tutti i requisiti indicati nei precedenti commi dello stesso articolo 5, a cominciare dal presupposto costituito dalla sussistenza della capacità economica del datore di lavoro, in mancanza del quale – come già esposto – il rapporto non può validamente sorgere.

Solo laddove esso sia regolarmente costituito, la sua successiva cessazione non preclude, al lavoratore straniero, l’ottenimento del permesso di soggiorno per attesa occupazione se ricorre il requisito della presenza in Italia prevista dalla legge.

L’interpretazione illustrata sembra al Collegio l’unica corretta anche sotto il profilo sistematico, posto che, diversamente opinando, e cioè laddove si ritenga di prescindere dalla regolare instaurazione del rapporto di lavoro, il comma 11 ter verrebbe a confliggere con il precedente comma 11 bis, il quale già prevede che sia stata accertata la sussistenza del rapporto di lavoro (dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5 e dal requisito della presenza al 31 dicembre 2011).

L’ipotesi del comma 11 ter, pertanto, non può che riferirsi ad una fase successiva (a quella dell’instaurazione del rapporto di lavoro), nel corso della quale detto rapporto venga a cessare, il che non può pregiudicare il diritto ad ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione da parte del lavoratore di cui sia accertata la presenza in Italia alla data del 31 dicembre 2011.

Il riconoscimento della legittimità del provvedimento impugnato, nella parte in cui si sorregge su un autonomo capo di motivazione, rende superfluo l’esame delle ulteriori censure dedotte avverso l’altra causa giustificativa del diniego.

Per ragioni esposte, il ricorso è infondato e va rigettato.

Spese ed onorari di giudizio, attesa la novità delle questioni esaminate, possono essere compensati tra le parti.

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