TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2016-12-02, n. 201605574

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2016-12-02, n. 201605574
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201605574
Data del deposito : 2 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2016

N. 05574/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00358/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 358 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Immobiliare Decvir s.r.l., in persona del rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Carmine Bernardo C.F. BRNCMN52H27E329Z con il quale elettivamente domicilia in Napoli presso lo studio dell’avvocato M C alla via S. Domenico n. 62;

contro

Comune di Forio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato F L C.F. LDDFLC47C11B180F con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla via F. Caracciolo n. 15;

per l'annullamento

- del provvedimento del 7 novembre 2012 con il quale il Comune di Forio ha respinto l’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica postuma per le opere realizzate alla via Baiola;

- per quanto occorra della determina dirigenziale n. 8 del 2 maggio 2011 di affidamento dei lavori di demolizione delle opere abusive;

e, con motivi aggiunti

- della nota del 3 giugno 2013 (prot. 19525) con la quale il Comune di Forio ha comunicato il preavviso di diniego dell’istanza di convocazione della Conferenza di servizi del 21 maggio 2013 (prot. 18313);

- della nota del 25 giugno 2016 (prot. 21790) con la quale il Comune di Forio ha riscontrato la memoria presentata ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 del 13 giugno 2013;

- della nota del 17 luglio 2013 (prot. 24107) con la quale il Comune di Forio ha comunicato l’insussistenza dei presupposti per la convocazione di una Conferenza di servizi;

- di ogni altro provvedimento, presupposto, connesso e/o conseguenziale lesivo degli interessi della ricorrente ivi compresa la nota del 31 maggio 2013 (prot. 21790) il cui contenuto si ignora;

nonché per il risarcimento dei danni patiti;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Forio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 la dott.ssa P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente società ha impugnato, con il ricorso introduttivo di cui in epigrafe, il provvedimento con il quale il Comune di Forio ha respinto la sua istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica postuma ex art. 167 del d.lg. n. 42/2004 presentata per l’intervento edilizio realizzato alla via Baiola e ha, contestualmente, ribadito la necessità di ripristinare lo stato dei luoghi così come disposto con determina dirigenziale n. 8 del 2 maggio 2011. Le opere da sanare consistono nel “cambio di destinazione d’uso (da deposito-garage ad uso residenziale) – realizzazione di portici e di tramezzature interne nel complesso immobiliare sito in Forio alla via Baiola…ricadente secondo il vigente PTP in zona a Protezione Integrale”.

In particolare, il Comune ha evidenziato in motivazione che le opere già eseguite ed oggetto di accertamento di compatibilità paesaggistica non rientrano tra quelle ammesse alla sanatoria ai sensi dell’art. 167, comma 4 del d.lg. n. 42/2004 in quanto il cambio di destinazione d’uso da deposito-garage a residenziale costituisce incremento di superficie utile. L’amministrazione ha, altresì, rappresentato che per l’intervento in questione è stata emessa in data 4 maggio 2011 l’ordinanza di demolizione n. 11443 ed è stata respinta in data 30 novembre 2011 la domanda di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art 36 del D.P.R. n. 380/2001.

Premette la ricorrente di avere ottenuto in data 12 aprile 2007 il permesso di costruire in sanatoria n. 54/2007 per un fabbricato costituito da due piani di cui uno seminterrato di 230 mq. suddiviso in 6 locali garage e un locale deposito, ed un piano terra suddiviso in 4 locali deposito e che:

- in data 23 marzo 2010 i Carabinieri di Ischia costatavano la trasformazione, in difformità dal titolo edilizio n. 54/2007, dei suddetti locali garage-deposito in, al piano seminterrato, “6 camere con relativi WC, con la realizzazione nella parte antistante di n. 5 porticati per una superficie complessiva di mq. 44” e al piano terra in “n. 4 monolocali con realizzazione di porticati per complessivi mq. 60. la cui area antistante è stata delimitata con muretti e pavimentata (terrazzi scoperti) di mq. 90 circa..”;

- con istanza presentata in data 5 luglio 2012 prot. 15238 chiedeva per il suddetto intervento l’accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria, il cui diniego è oggetto di gravame.

A sostegno del ricorso deduce varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito per resistere il Comune intimato.

La domanda di tutela cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 297 del 21 febbraio 2013.

Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato, deducendone l’illegittimità sotto più profili, il provvedimento con il quale il Comune ha ritenuto di non accogliere la domanda di convocare una Conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241 del 1990 per l’esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti.

Con varie memorie le parti hanno insistito nelle rispettive posizioni.

Alla pubblica udienza del 16 novembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso introduttivo e i successivi motivi aggiunti sono infondati e, pertanto, devono essere respinti.

Come esposto in fatto, il Comune di Forio ha respinto la domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’art. 167 del d.lg. n. 42/2004 per il cambio di destinazione d’uso (da deposito-garage a uso residenziale) e la realizzazione di portici e di tramezzature interne nel complesso immobiliare di proprietà della società ricorrente.

L’intervento edilizio è stato abusivamente eseguito in una zona a Protezione Integrale del vigente PTP. Dalla sola descrizione delle opere realizzate si ricava che non si tratta di un abuso di lieve entità avendo la ricorrente trasformato un intero manufatto di due piani della superficie di 230 mq., originariamente suddiviso in 6 locali garage e 4 depositi in altrettanti appartamenti dotati di WC e con antistanti dei porticati della superficie complessiva rispettivamente di 44 e 60 mq. (cfr. accertamento effettuato dai Carabinieri di Ischia in data 23 marzo 2010).

Il Comune, senza inviare gli atti alla Soprintendenza, ha ritenuto con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo tout court ostative alla sanatoria paesaggistica le disposizioni dell’art. 167 cit.;
ciò in quanto sarebbero state incrementate le superfici utili.

Al riguardo, la ricorrente deduce, per un verso, la mancata acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza e, per altro verso, richiamata l’interpretazione finalistica della norma in discussione (la quale richiederebbe, comunque, una rilevanza paesaggistica, ossia visibile, dell’intervento da sanare) l’insussistenza di alcun incremento della superficie rispetto a quella preesistente (cita sul punto la circolare del MIBAC a mente della quale la superficie utile si considera tale a prescindere dalla sua destinazione).

Le censure non possono essere accolte.

Per motivi logici occorre prendere le mosse dalla questione della sanabilità dell’intervento abusivo sulla base delle disposizioni dell’art. 167 del d.lg. n. 42/2004.

L’art. 167 (Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria) prevede al comma 4 che l'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei casi indicati (per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001);
il comma 5 consente al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 di presentare apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi che, qualora venga accertata, comporta il pagamento di una indennità pecuniaria equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda previo parere vincolante della Soprintendenza.

Com’è stato osservato la ratio della richiamata disposizione è volta a stabilire una soglia elevata di tutela del paesaggio che comporta la possibilità di rilascio ex post dell'autorizzazione paesaggistica al fine di sanare interventi già realizzati soltanto per gli abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 27 agosto 2014, n. 2263).

Per quanto riguarda il divieto di sanare abusi che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati è stato condivisibilmente sostenuto che la disposizione in esame va interpretata in coerenza con il suo tenore letterale;
pertanto, l'utilizzo della congiunzione disgiuntiva "o", comporta che sia ostativa al conseguimento della sanatoria la circostanza che le opere realizzate in assenza di previa autorizzazione paesaggistica si caratterizzino (solamente) per l'avvenuta creazione di superfici utili.

Per quanto riguarda la locuzione “superfici utili” autorevole giurisprudenza (C.d.S. n. 5932/2014) ha, ad altri fini, con argomentazioni che il Collegio condivide, osservato quanto segue. Il codice dei beni culturali e del paesaggio non specifica la nozione tecnica in parola la quale è rinvenibile nella normativa sulle costruzioni (in via esemplificativa e non esaustiva, circolare del Ministero dei lavori pubblici 23 luglio 1960, n. 1820;
artt. 5 e 6 d.m. 2 agosto 1969;
art. 3 d.m. 10 maggio 1977;
art. 1 d.m. 26 aprile 1991;
art. 6 d.m. 5 agosto 1994), dove la superficie utile (SU) coincide -in estrema sintesi- con l'area abitabile (superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e balconi) mentre per superficie accessoria (SA) si intendono le parti dell'edificio destinate ad accessori e servizi (cantine, locali tecnologici, vano ascensore e scale, terrazze, balconi, logge e quant'altro). Deve, quindi, escludersi che l’accezione “superfici utili” possa essere intesa in termini atecnici o eccedenti il suo significato specifico.

Da quanto precede e tornando al caso che occupa è indubbio che la ricorrente, oltre ad avere realizzato un intervento non riconducibile ad un abuso di minima entità (gli unici che secondo la ratio della disposizione in esame sono da ritenere sanabili), ha creato nuove “superfici utili” ossia abitabili trasformando dei depositi e garage in altrettanti appartamenti.

Alla obiezione della irrilevanza paesaggistica delle opere realizzate (in quanto a detta della ricorrente esclusivamente interne) deve contrapporsi oltre al dato letterale della disposizione (che vieta espressamente la sanatoria di incrementi della superficie utile) anche l’innegabile aumento del carico urbanistico (e, dunque, antropico) determinato dall’intervento, suscettibile, in quanto tale, di ripercuotersi sui valori tutelati del paesaggio e dell’ambiente.

Stante la manifesta inammissibilità della domanda di accertamento paesaggistico postumo, il Comune l’ha legittimamente respinta senza acquisire il parere della Soprintendenza. L’insanabilità dell’intervento derivava, infatti, ex se dalla vincolata e rigida applicazione del comma 4 dell’art. 167 e non richiedeva, dunque, l’effettuazione di apprezzamenti discrezionali di sorta circa la compatibilità paesaggistica dello stesso sul piano estetico-naturalistico.

La determinazione del Comune trova del resto fondamento nei principi e nelle disposizioni della legge n. 241 del 1990 (artt. 1 e 2) che vietano all’amministrazione di aggravare inutilmente il procedimento e di adottare, ove si ravvisi (come nella fattispecie) la manifesta inammissibilità, improcedibilità, infondatezza della domanda, decisioni in forma semplificata.

Deve essere respinto, in parte per le medesime ragioni, il ricorso per motivi aggiunti.

La ricorrente ha impugnato in quella sede il provvedimento con il quale il Comune ha respinto la sua richiesta di convocare una Conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 per coinvolgere la Soprintendenza sia sulla questione della sanabilità postuma dell’intervento sia per sottoporle il progetto di demolizione delle opere approvato con la delibera di G.M. n. 58/2011 i cui lavori sono stati affidati con la determina n. 8/2011 alla ditta Epsilon 2000 Soc. coop.

Per quanto sopra argomentato la manifesta inammissibilità della domanda di sanatoria dell’interessato, direttamente discendente dalle disposizioni di legge, non richiedeva di acquisire il parere della Soprintendenza e a maggior ragione di indire una (inutile) Conferenza di servizi. Ciò vale anche per quanto riguarda l’esecuzione della disposta demolizione. In particolare, in relazione alla necessità di sentire (e, dunque, di convocare per questa ragione un’apposita Conferenza di servizi) l’amministrazione statale preposta alla tutela del vincolo paesaggistico per procedere alla demolizione disposta dal Comune, anche nella fase esecutiva, la costante giurisprudenza di questa Sezione (vd., tra le altre, Sent. n. 5817/2013 e 05837/2013) si è più volte espressa nel senso che l'art. 27 del D.P.R. 380/2001, riconosce all’amministrazione comunale un potere di vigilanza sull'attività edilizia, anche con riguardo agli immobili vincolati, in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, conferendogli la competenza e imponendogli l'obbligo di provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Ciò indipendentemente dall'applicazione di altre sanzioni previste dall'ordinamento e dalla riconosciuta concorrente competenza della Soprintendenza, quale autorità preposta alla vigilanza sul vincolo, in base alle specifiche norme di settore (si riporta uno stralcio dell’art. 27: «qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa»).

In altri termini, per procedere alle demolizioni disposte dal Comune in area paesaggisticamente vincolata, anche nella loro fase esecutiva, non è necessario acquisire l’assenso della Soprintendenza e, dunque, non sussiste al riguardo alcun obbligo di indire una Conferenza di servizi

In conclusione il ricorso e i successivi motivi aggiunti devono essere respinti.

Le spese seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo.

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