TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2012-12-04, n. 201210088
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N. 10088/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06972/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6972 del 2012, proposto da: P M C, rappresentato e difeso dagli avv. D V, A L, con domicilio eletto presso D V in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Consiglio Regionale della Lombardia, in persona del l.r. p.t., rappresentato e difeso dagli avv. R C, A P, E Q, con domicilio eletto presso Studio Legale Mole' &Associati in Roma, via Nicolo' Porpora, 16;
Regione Lombardia, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv. D V, M E M, con domicilio eletto presso Studio Legale Mole' &Associati in Roma, via Nicolo' Porpora, 16;
nei confronti di
Giorgio Pozzi;
per l'ottemperanza
alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n.9533 del 2012, che ha sancito l’ineleggibilità di G.P. alla carica di consigliere regionale nella tornata elettorale del 28-29 marzo 2010, previA declaratoria di nullità/annullamento di ogni atto assunto dal Consiglio intimato in eluzione del giudicato , con specifico riferimento alle d.c.r. IX/466/2012 e la successiva convalida del 17/7/2012;
nonché per la condanna:
del C.R. della Lombardia alla ricostituzione in capo alla ricorrente, con effetto dall’11.5.2010, della posizione retributiva, previdenziale, contributiva e assicurativa;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Regionale della Lombardia e della Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2012 la Relazione del Consigliere P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato in fatto:
Che con l’actio iudicati introduttiva dell’odierno giudizio la sig.a Camillo, odierna ricorrente, ha chiesto a questo Tribunale di dettare al Consiglio regionale della Lombardia le modalità necessarie per assicurare la corretta ottemperanza alla decisione n.9533 del 2012 con cui la Suprema Corte di Cassazione, in accoglimento di apposito ricorso dalla stessa sig.a Camillo, ha cassato la sentenza con lo stesso rimedio impugnata e, decidendo nel merito, ha dichiarato il sig. G.P. decaduto dalla carica di consigliere regionale della Lombardia a lui surrogando, testualmente, “il primo dei non eletti nella stessa lista che non può essere identificato in questa sede – neppure in negativo – per mancanza dei necessari elementi, dovendo a tanto provvedere la competente Assemblea regionale”;
Che in esito a detta pronuncia il C.R. lombardo, con deliberazione nr.466/2012 (successivamente convalidata con provvedimento dello stesso Organo nr.513 del 17.7.2012), ha preso atto dell’intervenuta decadenza del G.P. e dell’attribuzione del seggio rimasto vacante alla ricorrente (che ha assunto la carica di consigliere regionale nella seduta del 19.6.2012);
Che detti provvedimenti, nella parte in cui non accordano effetti retroattivi alla decadenza e alla surrogazione di cui si è detto, sono considerati violativi del giudicato formatosi sulla decisione sopra citata: decisione il cui dispositivo ha, ad avviso della ricorrente, effetti retroattivi in quanto la decadenza del G.P., ricollegandosi non ad un fatto sopravvenuto all’elezione ma ad una causa di ineleggibilità precedente alla stessa, ha privato, con effetto ex tunc, il consigliere ineleggibile della carica assunta dal dì della proclamazione (11.5.2010), con l’ovvia conseguenza, ex art.84 del d.P.R. n.570/1960 (sostituito in termini analoghi dall’art.22 comma 12 del d.lgs n.150/2011), che la ricorrente, primo dei non eletti nella stessa lista, ha diritto alla sostituzione nella carica a partire dalla stessa data e cioè dall’11.5.2010 e, dunque, ha diritto, in considerazione di detta retroattiva decorrenza, ad essere ristorata del trattamento retributivo, contributivo, assistenziale ed assicurativo illegittimamente non percepito;
Che tanto la Regione Lombardia quanto il Consiglio Regionale lombardo, costituitisi in giudizio, hanno eccepito, in rito, il difetto di giurisdizione di questo Tribunale in quanto sia la Regione che il Consiglio regionale lombardo sono stati estromessi dal giudizio tenutosi innanzi alla Suprema Corte;e poiché il giudizio di ottemperanza configurato dall’art.112 del C.p.a. richiede che la p.a. sia stata parte necessaria del processo conclusosi con la pronuncia da eseguire, ne segue titolare della giurisdizione sulla controversia in esame deve ritenersi il Giudice ordinario. Altra sostanziale eccezione in rito, pur se implementata quale controdeduzione di merito, la resistente la solleva laddove esclude che rientri nell’ambito del decisum (così come delineato dalla Corte regolatrice) la retroattività della surrogazione della ricorrente e gli effetti economici dalla stessa invocati. In ogni caso poi aggiunge non v’è coincidenza tra l’invocata retroattività nella surrogazione e il trattamento patrimoniale rivendicato dalla ricorrente che è inscindibilmente legato all’esercizio della funzione consiliare (che è mancato nel caso in esame);
Che con memoria la ricorrente ha replicato alle eccezioni avversarie e rinnovato la fondatezza delle tesi patrocinate nel ricorso introduttivo;
Che nella camera di consiglio del 29.11.2012 la causa è stata trattenuta e spedita in decisione;
Considerato in diritto:
Che sussiste a mente degli artt.112 c. 2 lett. c) e 113 c.2 del C.p.a. la competenza territoriale di questo Tribunale;
Che l’eccezione della resistente che poggia sul difetto di giurisdizione di questo Tribunale non persuade in quanto trascura che, a mente dell’art.112 c.2 del C.p.a., innanzi a questo Giudice può essere promossa l’azione di ottemperanza per conseguire l’attuazione delle sentenze passate in giudicato del G.O. al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della p.a. di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato. E poichè, nel caso di specie, il giudicato ha imposto all’Assemblea regionale di provvedere a surrogare il consigliere dichiarato decaduto col primo dei candidati non eletti nella stessa lista, ne segue che l’eccezione in argomento, così come strutturata, non merita condivisione;
Che a diverso avviso conduce lo scrutinio delle ulteriori argomentazioni difensive della resistente con riguardo al perimetro del giudicato di cui trattasi;
Che, nella materia va ricordato che, in linea di principio, il giudice dell'ottemperanza - al fine di verificare l'effettiva esecuzione del giudicato - deve riferirsi alla concreta realtà processuale e al contenuto della sentenza, in relazione al thema decidendum introdotto nel giudizio e dibattuto fra le parti, non essendo consentito dilatare tale contenuto fino a comprendervi statuizioni non contemplate nella sentenza e che non siano un effetto diretto ed immediato della medesima. E stato poi affermato – ed ormai costituisce un postulato pacifico nella giurisprudenza amministrativa ed in quella della Suprema Corte – che poiché l'oggetto del giudizio di ottemperanza consiste nella verifica dell'effettivo adempimento da parte dell'amministrazione pubblica dell'obbligo di conformarsi al comando impartito dal giudice di cognizione, il giudice dell'esecuzione è chiamato non solo a enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato, ma anche, quando emergano problemi interpretativi la cui soluzione costituisca l'indispensabile presupposto della verifica dell'esattezza dell'esecuzione, ad adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione, fermo restando che detto potere incontra il limite esterno della giurisdizione propria del Giudice amministrativo, con la conseguenza che, quante volte la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia necessaria ai fini della verifica dell'esatto adempimento dell'amministrazione obbligata, risulti devoluta ad altro giudice, soltanto questi può provvedere al riguardo (cfr. Cass. Civ., n.27277 del 2011 e n.16469 del 2006). Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato nella sua più autorevole espressione ha da tempo (Ad. Pl. n. 1 del 1997) chiarito che nel giudizio di ottemperanza il Giudice amministrativo può adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione, risolvendo eventuali problemi interpretativi che sarebbero comunque devoluti alla propria giurisdizione, ma non può esercitare analoghi poteri di integrazione allorché la sentenza da eseguire sia stata adottata da un Giudice appartenente a un diverso Ordine giurisdizionale nell’affrontare una questione rientrante nella giurisdizione di quest'ultimo (cfr., ex plurimis, C.g.a. n.172 del 2012). E’, dunque, necessario distinguere tra giudicato amministrativo e giudicato ordinario, ammettendosi solo nel primo caso un eventuale ed ulteriore potere d'integrazione del giudicato da eseguire ove la pretesa avanzata non sia de plano ricavabile dal tenore testuale della sentenza da eseguire. Sicché, il Giudice amministrativo può adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione, risolvendo eventuali problemi interpretativi, che sarebbero comunque devoluti alla sua giurisdizione, ma non può esercitare analoghi poteri d'integrazione allorché la sentenza da eseguire sia stata adottata da un Giudice appartenente ad un diverso Ordine giurisdizionale;
Che dei pacifici postulati sopra delineati occorre tener conto anche nel presente processo in cui
l’interesse che contraddistingue l’azione promossa è marcatamente volto al soddisfacimento della pretesa retributiva e previdenziale azionata e l’impugnativa delle deliberazioni consiliari è, con carattere di evidente immediatezza, strumentalmente funzionale al soddisfacimento di detta pretesa;
Che la sentenza della cui ottemperanza si tratta include nel proprio dispositivo precise statuizioni, e cioè la decadenza dalla carica del G.P. e la sua surrogazione con l’avente diritto (id est: col primo dei non eletti nella stessa lista): primo dei non eletti che la Suprema Corte, come specificato nella parte motiva della decisione, non ha potuto identificare in quella sede “neppure in negativo” ( e dunque non ha potuto, in applicazione dell’art.84 del d.P.R. n.570 del 1960, statuirne la sostituzione al candidato illegittimamente proclamato) “per mancanza dei necessari elementi”, ulteriormente specificando che deve “a tanto provvedere la competente Assemblea regionale”;
Che, di conseguenza, può affermarsi che costituisce effetto diretto ed immediato della pronuncia in questione l’obbligo, per la citata Assemblea, di conformarsi a detto giudicato;mentre, e quantomeno formalmente, non è fissata nel decisum né è contemplata nella stessa decisione la statuizione concernente la decorrenza (retroattiva o meno) della citata surrogazione ovvero il diritto, che costituisce il punto focale della domanda di giustizia introdotta col corrente giudizio, al trattamento economico previdenziale non fruito dalla sostituita;
Che la tesi, che sembra adombrata nella memoria conclusionale da ultimo depositata dalla ricorrente (e cioè che l’azione promossa dalla Camillo davanti alla Suprema Corte “non contempla l’eventualità di una domanda volta ad ottenere un specifica statuizione sulla decorrenza della sostituzione” e che, pertanto, il “Giudice ordinario non ha il potere di provvedere in ordine alla decorrenza degli effetti della pronuncia di ineleggibilità”) non torna utile alle ragioni della Camillo in quanto:
- appare smentita dai contenuto della decisione, allegata da parte ricorrente, della Corte d’Appello di NA, sez. I^ civ. n. 3799/2001, che proprio su una domanda di tal natura si è pronunciata;
- conferma, e non contraddice, il postulato sopra delineato, e cioè che in relazione al thema decidendum introdotto nel giudizio e dibattuto fra le parti, la sentenza della cui ottemperanza si tratta non contiene statuizioni in tale senso e che, di conseguenza, non può ritenersi consentito dilatarne il contenuto fino a comprendervi statuizioni nella stessa non contemplate;
Che, si aggiunge, quand’anche debba riconoscersi alla surrogazione sancita dalla Suprema Corte naturale valenza retroattiva (essendo stata statuita la decadenza del G.P., non per fatto sopravvenuto all’elezione ma per l’esistenza di una causa di ineleggibilità precedente alla stessa elezione), in ogni caso, resterebbe al di fuori dello spettro degli effetti del giudicato né potrebbe ad esso ricollegarsi in via diretta ed immediata, la definizione della posizione retributivo previdenziale dell’interessata. Una pretesa del genere, invero, non è implicata nella statuizione giurisdizionale della Corte di Cassazione, dato che, per giungere a una conclusione favorevole per la ricorrente, occorrerebbe statuire sugli effetti economici di una retroattività della assunzione della carica alla quale non si è evidentemente accompagnato l’esercizio delle connesse funzioni;conclusione, questa, che involge la interpretazione, con connessa scelta fra le possibili opzioni, da assegnare al predetto art.84, che sul punto tace. Orbene, considerando che il mancato svolgimento delle funzioni di consigliere da parte della ricorrente ha comunque – a prescindere dalla imputabilità di ciò – impedito il sorgere del sinallagma fra esercizio delle funzioni e indennità previste, è di evidenza che, per potersi affermare che, nel caso, detto sinallagma debba essere ritenuto tuttavia sussistente, occorrerebbe una norma di legge, oppure un pacifico principio di diritto, oppure una pronuncia giudiziale. In mancanza di norma di legge, e in mancanza di un pacifico principio di diritto, che non si rinviene (soltanto qualora si versasse in una di dette ipotesi potrebbe dirsi che la pretesa della ricorrente discende in via diretta ed immediata dal giudicato in argomento), non resta che affermare la necessità di una affermazione giudiziale;il che comporta la necessità di opportunamente integrare il dictum della sentenza in argomento.
Ma tale attività integrativa, la cui soluzione costituisce l'indispensabile presupposto della verifica dell'esattezza dell'esecuzione (contestata dalla ricorrente), comporta il potere di adottare una statuizione analoga a quella che si potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione;e dunque l’esercizio di un potere di integrazione non consentito a questo Giudice per le ragioni in precedenza diffusamente delineate. Conclusivamente e ricapitolando:
- la declaratoria della nullità, ex art.21 septies della legge n.241 del 1990, degli atti deliberativi consiliari in epigrafe indicati è, nell’economia del gravame, posta in via strumentale e funzionale al conseguimento del trattamento indennitario- previdenziale- assicurativo rivendicato;
- dal riconoscimento degli effetti retroattivi della surrogazione statuita dalla Suprema Corte non consegue, in via diretta ed immediata, anche il riconoscimento dell’ulteriore pretesa della ricorrente comportando un tal riconoscimento un’attività interpretativa/integrativa degli obblighi direttamente rivenienti dal giudicato non consentita a questo Giudice per le ragioni in precedenza rassegnate;
- rimangono impregiudicati gli ulteriori (e diversi dall’ actio iudicati intentata in questa sede) strumenti di tutela della posizione della ricorrente ove essa sia interessata a rivendicare (non quale effetto diretto ed immediato della sentenza della Suprema Corte) la propria pretesa indennitaria- previdenziale nella competente sede;
- il ricorso in epigrafe è infondato e deve essere respinto. Quanto alle spese di lite esse, attesa la peculiarità della controversia, possono essere compensate tra le parti in causa.