TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-05-03, n. 202101405
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Pubblicato il 03/05/2021
N. 01405/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00673/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 673 del 2020, proposto da
B M, rappresentato e difeso dall'avvocato L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Pietro Clarenza, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall'avvocato G S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
a) del provvedimento dell’Ufficio Tecnico del Comune di San Pietro Clarenza n. 81 in data 12 febbraio 2020, con cui è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive ivi indicate;b) del verbale di accertamento sui luoghi n. 3074 in data 11 dicembre 2018 della Polizia Municipale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Pietro Clarenza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il giorno 28 aprile 2021 il dott. Daniele Burzichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente ha impugnato: a) il provvedimento dell’Ufficio Tecnico del Comune di San Pietro Clarenza n. 81 in data 12 febbraio 2020, con cui è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive ivi indicate;b) il verbale di accertamento sui luoghi n. 3074 in data 11 dicembre 2018 della Polizia Municipale.
Deve precisarsi che è stata ordinata la demolizione delle seguenti opere: a) tettoia costituita da struttura in tubolari d’acciaio, pareti che poggiano su un muretto in cemento armato e copertura con pannelli sandwich;b) fabbricato e locali accessori di pertinenza con struttura in cemento armato e copertura con pannelli sandwich;c) vecchio corpo di fabbrica ammodernato con struttura in muratura a secco (di metri quadri 25,00).
Nel provvedimento si afferma che: a) le opere sono state realizzate in assenza di titolo abilitativo e in contrasto con le norme urbanistiche previste per l’area in argomento, ricadente in zona territoriale omogenea “E1”, normata dall’art. 42 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente Piano Regolatore Generale;b) inoltre, le opere sono state edificate all’interno del limite di inedificabilità derivante dal vincolo cimiteriale.
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’immobile esiste da epoca anteriore all’anno 1934, come risulta dalla nota di trascrizione del rogito dell’atto di donazione in data 2 giugno 1952 e dall’atto di vendita in data 13 luglio 1962, nonché dallo stralcio del Programma di Fabbricazione adottato dal Comune di San Pietro Clarenza nell’aprile dell’anno 1976;b) il complesso è stato ammodernato e ristrutturato in forza dell’art. 2 della legge n. 983/1957;c) nessuna opera edile è stata realizzata nella particella 922, posta all’interno della fascia di rispetto cimiteriale;d) nessuna tettoia è stata realizzata in ampliamento del “vecchio corpo di fabbricato” ammodernato, atteso che l’originario fabbricato, già adibito a ricovero di animali, oggi ha una minor consistenza essendo stato trasformato in tettoia, posta a nord e adibita ad area di transito e di lavorazione degli autoveicoli;e) ne consegue che il provvedimento impugnato risulta anche illegittimo per difetto di motivazione e di istruttoria, anche tenuto conto del lungo lasso di tempo trascorso e della mancata indicazione delle ragioni di pubblico interesse poste a suo fondamento;f) i manufatti sono stati realizzati prima dell’apposizione del vincolo cimiteriale;g) l’ingiunzione è illegittima nella parte relativa all’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale per il caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, in quanto il ricorrente è estraneo al presunto abuso edilizio;h) la tettoia in profilati di ferro, non infissi al suolo, ma bullonati a piastre in ferro, aperta da tre lati, con copertura precaria e trasparente, non è utilizzabile a fini abitativi, né costituisce nuovo volume urbanistico e non è dotata di propria autonomia funzionale, tanto da potersi pacificamente ritenersi mero volume tecnico - in quanto preposta oggi al parcheggio delle auto e quale loro sito di montaggio - privo di propria autonomia funzionale e destinato ad allocare impianti tecnologici necessari all’esercizio dell’attività di impresa, non abbisognevole, pertanto, di permesso di costruire, né soggetta a divieto di edificazione in ragione del vincolo cimiteriale;i) nessuna delle opere ricade nella fattispecie di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 380/2001, né risulta interessata dai limiti imposti dall’art. 42 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale o al divieto di edificazione imposto dal rispetto del “vincolo cimiteriale”.
Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame, osservando, in sintesi, quanto segue: a) nel sito, a differenza di quanto affermato dal ricorrente, non viene svolta alcuna attività artigianale autorizzata;b) il ricorrente fa riferimento ad un ovile e ad un accertamento risalente all’anno 1966, in occasione del quale è stata rilevata la presenza di un capannone adibito ad officina di 97 metri quadri;c) l’atto di acquisto del ricorrente (che risale all’anno 2016) specifica che oggetto del trasferimento sono: - un laboratorio artigianale di metri quadri 90;- un laboratorio artigianale di 25 metri quadri;- un’area a parcheggio scoperta di 134 metri quadri;- una corte pertinenziale di 2.750 metri quadri;d) nell’atto non è presente alcun riferimento a titoli edilizi o a provvedimenti autorizzatori, essendo in esso rinvenibile la sola dichiarazione della parte venditrice che le opere risalivano a data anteriore al 1967;e) l’Ufficio Tecnico del Comune di San Pietro Clarenza, in occasione del sopralluogo effettuato nell’anno 2018, ha riscontrato l’esistenza di: - un vecchio corpo di fabbrica di 32 metri quadri, recentemente ammodernato ed adibito ad ufficio;- un fabbricato con struttura in cemento armato di 134 metri quadri, adibito ad officina ;- una struttura in tubolari con pareti e copertura in pannelli “sandwich” di 340 metri quadri, poggiata su un muro in cemento armato di 165 centimetri, adibita ad officina;f) tanto basta a dimostrare l’assoluta difformità di quanto accertato, rispetto a quanto già esistente nell’anno 1967;g) le irregolarità non sono sanabili sia per la destinazione urbanistica del terreno (verde agricolo), sia per il vincolo cimiteriale di inedificabilità assoluta;g) non è contestato che un qualche immobile insistesse già nel secolo scorso, seppur descritto come “ovile”, ma l’accertamento, da cui è derivata l’ingiunzione a demolire ha appurato l’esistenza di un organismo edilizio sostanzialmente diverso, sia per dimensioni rispetto a quanto risultante dalle aerofotogrammetrie, sia per tipologia costruttiva (cemento armato di recente fattura);h) è stato, quindi, verificato che il vecchio fabbricato era stato oggetto di modifiche strutturali e di un significativo ampliamento in assenza di titolo edilizio, oltre ad essere stato destinato all’abusivo esercizio al suo interno di un’attività artigianale.
Con memoria in data 9 marzo 2021 il ricorrente ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie difese, osservando, in particole, quanto segue: a) la tettoia, già copertura per il ricovero degli animali, non abbisogna del permesso di costruire in quanto preesistente al vincolo di cui all’art. 338 del regio decreto n. 1265/1934;b) gli altri manufatti sono stati realizzati prima dell’apposizione del vincolo cimiteriale e tutti gli interventi di recupero e di ampliamento volumetrico risultano legittimi ai sensi degli artt. 338 e 2 della legge n. 983/1957 e 28 della legge n. 166/2002;c) locali di proprietà del ricorrente erano già tre in data antecedentemente all’anno 1934, come si evince dallo stralcio del Piano di Fabbricazione, ove si scorge che in adiacenza alla sede stradale è presente un piccolo manufatto edificato in conci di pietra lavica oggi adibito ad ufficio della ditta ricorrente, come asseverato anche dalla relazione tecnica allegata in atti;d) dalla stralcio del Programma di Fabbricazione adottato nell’anno 1976, invero, risultano i seguenti immobili, edificati anteriormente all’anno 1934: - tettoia posta a nord, oggi adibita ad area di transito e lavorazione degli autoveicoli, estesa circa metri quadri 130, già ricovero di animali;- fabbricato, perpendicolare alla Via Cimitero (oggi Via Rimembranze), esteso metri quadri 90, oggi adibito ad officina per attività di elettrauto, già sito di lavorazione di prodotti caseari;- vecchio corpo di fabbrica, con struttura in muratura a secco, esteso metri quadri 25 circa, oggi adibito a ufficio amministrativo dell’attività di impresa, già deposito di attrezzi;e) il predetto complesso immobiliare è stato ammodernato e ristrutturato ai sensi dell’art. 2 della legge n. 983/1957 (“per i fabbricati già esistenti o in corso di costruzione… può essere deliberata la sanatoria… purché detti fabbricati siano stati iniziati prima del 31 ottobre 1956”), il cui contenuto precettivo è stato ribadito dall’art. 28, quarto comma, della legge n. 166/2002 (“all’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti intervento di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n.457”).
Con memoria in data 31 marzo 2021 il ricorrente ha sinteticamente ribadito le proprie difese e, in data 14 aprile 2021, ha depositato note d’udienza, di cui il Comune, con note d’udienza in data 23 aprile 2021, ha chiesto al Collegio di non tener conto in ragione della non conformità alle disposizioni procedurali vigenti.
In data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Per quanto attiene alle note d’udienza in data 14 aprile 2021, il Collegio rileva che le stesse appaiono confacenti alla natura dell’atto (si tratta, in definitiva, di sole quattro pagine) e, comunque, tramite tali note il difensore si è limitato a ribadire, nella sostanza, deduzioni già svolte.
Tanto precisato, a giudizio del Collegio il ricorso è parzialmente fondato per le ragioni di seguito indicate.
Non è in discussione la circostanza che nella particella 992 del foglio di mappa 1 insistessero due fabbricati sin dalla prima metà del secolo scorso, come riconosciuto dallo stesso Comune nella relazione del IV Settore Urbanistica n. 3926 in data 4 giugno 2020 e come risulta, peraltro, dal rilievo aerofotogrammetrico dell’anno 1976, menzionato nella medesima relazione, e dallo stralcio del Programma di Fabbricazione versato in atti.
Nella nota di trascrizione in data 23 giugno 1952 e nel rogito in data 13 luglio 1962 si fa, invero, esclusivo riferimento ad un “fabbricato rustico adibito ad ovile”, mentre nel rogito in data 6 aprile 2016 si fa menzione di un laboratorio artigianale di metri quadri 90 (subalterno 2), di un laboratorio artigianale di metri 25 (subalterno 3) e di un’area a parcheggio scoperta di metri quadri 134 (subalterno 4).
Nella citata relazione del IV Settore si osserva, tuttavia, che il primo dei due immobili (originariamente destinato ad ovile, ma successivamente utilizzato per finalità artigianali) risultava realizzato in parte in muratura, con tipologia costruttiva riconducibile all’epoca di edificazione, e in parte con blocchi di tufo con copertura a due falde con struttura lignea sormontata da coppi siciliani, mentre il secondo risultava realizzato con blocchi di tufo e doveva considerarsi collabente in quanto privo di copertura.
In occasione del sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale è stato riscontrato quanto segue: a) il primo immobile risulta realizzato con struttura portante in pietra lavica e non è stata presentata alcuna richiesta di apposito titolo per l’intervenuta ristrutturazione;b) quanto al secondo immobile, per il quale non risulta alcun titolo edilizio, è stata accertata una struttura in cemento armato e copertura in pannelli sandwich, per una superficie coperta – tra il fabbricato principale e i locali accessori – di complessivi 134,30 metri, con altezza del fabbricato principale di metri 4,28, e dei locali accessori di metri 3,00 e 2,95;c) la tettoia con struttura di tubolari d’acciaio, con pareti con pannelli a sandwich che poggiano su un muretto in cemento armato dell’altezza di metri 1,67 e copertura con pannelli sandwich, presenta una superficie coperta di metri quadri 340,31 ed è stata realizzata in difetto di qualsiasi titolo autorizzatorio.
Per quanto attiene al primo immobile (subalterno 2), il ricorso appare fondato, in quanto il Comune si è limitato ad affermare che esso è stato ristrutturato e presenta attualmente una struttura in pietra lavica, ma l’Amministrazione non ha effettuato gli accertamenti puntuali e indispensabili per stabilire se l’intervento – certamente realizzato in assenza di titolo edilizio – debba considerarsi quale ristrutturazione che, per le sue specifiche caratteristiche, necessiti del permesso di costruire e, pertanto, possa essere sanzionata mediante l’ordine di demolizione.
Restano, ovviamente, salvi i poteri dell’Amministrazione di intervenire nuovamente sulla questione, previo espletamento delle opportune verifiche quanto alla natura del titolo edilizio richiesto per l’effettuazione dell’intervento.
Per quanto attiene, invece, alle altre due strutture, il ricorso è infondato.
Nell’area a parcheggio scoperta di metri 134, espressamente indicata come tale nello stesso rogito in data 6 aprile 2016, è stata realizzata, infatti, la già descritta struttura in cemento armato e copertura in pannelli sandwich, per l’edificazione della quale, evidentemente, era indispensabile il permesso di costruire.
Analoghe considerazioni valgono per la tettoria di metri quadri 340,31, la quale, per dimensioni e caratteristiche, non può chiaramente beneficiare della disciplina di cui all’art. 20 della legge regionale n. 4/2003.
In alcun modo può condividersi, ovviamente, la tesi secondo cui le strutture abusivamente realizzate debbano qualificarsi come volumi tecnici funzionali all’espletamento dell’attività artigianale, sia in quanto i volumi tecnici sono porzioni di un immobile e non sono l’immobile stesso, sia in quanto nel lotto non è autorizzato lo svolgimento di alcuna attività artigianale, così come risultano del tutto inconferenti le disposizioni normative cui ha fatto riferimento il ricorrente - art. 2 della legge n. 983/1957 e art. 28, quarto comma, della legge n. 166/2002 - in quanto le opere abusive di cui trattasi sono successive al rogito in data 6 aprile 2016 e non vengono in rilievo interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio preesistente, ma la sua radicale trasformazione, ovvero la realizzazione di un’edificazione ex novo.
Per le ragioni indicate il provvedimento dell’Ufficio Tecnico del Comune di San Pietro Clarenza n. 81 in data 12 febbraio 2020 deve essere annullato con esclusivo riferimento alla parte dell’atto che fa riferimento all’immobile realizzato con struttura portante in pietra lavica e per il quale non risulta presentata alcuna richiesta di apposito titolo per l’intervenuta ristrutturazione (subalterno 2), restando salvi, sul punto, i successivi provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di adottare.
Per il resto il ricorso va rigettato, mentre va dichiarato inammissibile quanto all’impugnazione del verbale di accertamento sui luoghi n. 3074 in data 11 dicembre 2018 della Polizia Municipale, poiché tale atto presenta natura endoprocedimentale.
In ragione della prevalente soccombenza del ricorrente, lo stesso va condannato alla rifusione di due terzi della spese di lite, liquidate in complessivi € 1.800,00, oltre accessori di legge se dovuti.