TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2024-02-22, n. 202403486
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Testo completo
Pubblicato il 22/02/2024
N. 03486/2024 REG.PROV.COLL.
N. 16056/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 16056 del 2023, proposto da
A A, rappresentato e difeso dagli avvocati A E, C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione e del Merito, Ministero dell'Universita' e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
SILENZIO INADEMPIMENTO EX ART. 117 C.P.A - SULLA DOMANDA DI OMOLOGAZIONE DEL TITOLO ABILITANTE ESTERO (ABILITAZIONE ALL'INSEGNAMENTO RUMENA)
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione e del Merito e di Ministero dell'Universita' e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2024 il dott. Emiliano Raganella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio la parte ricorrente chiede di accertare l’inadempimento del Ministero resistente in ordine al riconoscimento del titolo conseguito dalla stessa all’estero in altro paese UE.
Il ricorso proposto deve trovare accoglimento, nei limiti e nei termini di cui appresso.
L’oggetto del giudizio è rappresentato dalla mancata risposta a un’istanza proposta da parte ricorrente e diretta alle amministrazioni resistenti al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo di conseguito all’estero.
Elementi necessari e sufficienti per ritenere la sussistenza di un silenzio rilevante ai fini dell’adozione del provvedimento in oggetto sono rappresentati dalla sussistenza di un obbligo di provvedere a fronte di un’istanza di un privato e dalla scadenza del relativo termine.
Nel caso di specie, tali presupposti appaiono integrati se si considera che: il termine generale previsto dalla legge n. 241 del 1990 appare inutilmente decorso;la ricorrente è titolare di una situazione giuridica soggettiva legittimante a ottenere un provvedimento.
Inoltre, è decorso anche il termine specifico fissato in materia dal d.lgs. n. 206/2007, il cui art.16, comma 6, stabilisce che “Sul riconoscimento provvede l’autorità competente con proprio provvedimento, da adottarsi nel termine di tre mesi dalla presentazione della documentazione completa da parte dell'interessato” e dal comma 2, stesso articolo, secondo il quale “Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1 l’autorità accerta la completezza della documentazione esibita, e ne dà notizia all'interessato. Ove necessario, l’Autorità competente richiede le eventuali necessarie integrazioni”, conseguendone che il termine complessivo entro il quale l’Amministrazione deve emettere il provvedimento conclusivo del procedimento può approdare, al massimo, a quattro mesi, in caso di richiesta, contemplata dal predetto comma 2, delle eventuali necessarie integrazioni.
Dagli atti del giudizio risulta che, nel caso di specie, la pubblica amministrazione è rimasta inerte rispetto all’obbligo di provvedere alla richiesta formulata da parte ricorrente.
Ne deriva che l’amministrazione resistente ha l’obbligo di adottare il provvedimento in oggetto e che, in difetto, deve provvedere un commissario ad acta.
Quest’ultimo è nominato, fin da ora, nella persona del Direttore generale del Ministero preposto alla Direzione generale competente per la materia oggetto del presente contenzioso, il quale, senza facoltà di delega e senza compenso, provvederà nel termine di 120 giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui sopra attribuito all’amministrazione.
Sia l’amministrazione sia il commissario ad acta dovranno conformarsi ai principi eurounitari di ragionevolezza e proporzionalità (sul tema per tutte Corte di Giustizia UE sentenza 6 dicembre 2018, causa C-675/17, H P;sentenza 7 maggio 1991, causa C-340/89, V;sentenza 13 novembre 2003, causa C-313/01, M), nonché a quelli enunziati dalle sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 28-29 dicembre 2022) che hanno definito la questione.
In considerazione delle peculiarità della questione di lite, della serialità della controversia, delle difficoltà di carattere organizzativo connesse all’adempimento di un elevatissimo numero di controversie in relazione alle quali sono pendenti numerosi procedimenti giurisdizionali, nonché dell'esistenza di un diffuso contenzioso in materia, dell'assenza delle risorse nell'attuale congiuntura e della difficoltà di disporre tempestivamente l’adempimento di tutte le richieste delle parti (si veda tra le altre Cons. Stato 30.12.2020, n. 8517) devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.