TAR Venezia, sez. II, sentenza 2010-02-25, n. 201000532

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2010-02-25, n. 201000532
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201000532
Data del deposito : 25 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00431/1997 REG.RIC.

N. 00532/2010 REG.SEN.

N. 00431/1997 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 431 del 1997, proposto da B C, rappresentato e difeso dall'avv. Danni L L, con domicilio ex lege (art. 35 RD 1054/1924 e art. 19 L. 1034/1971), presso la Segreteria di questo T.A.R.;

contro

il Comune di Altissimo, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 430, prot. n. 3781 del 22 novembre 1996 con la quale è stata ingiunta la demolizione di opere asseritamente abusive e di ogni atto comunque connesso.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2009 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori Negrello, in sostituzione di Danni Lago, per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 431 del 1997 B C – proprietario di un fondo rustico di circa 38.000 mq., ricompreso in parte nel Comune di Altissimo ed in parte nel Comune di Valdagno – ha agito in giudizio per l’annullamento dell’ordinanza n. 430 prot. n. 3781 del 22 novembre 1996 con la quale il Sindaco ha ingiunto la demolizione di opera asseritamente abusiva.

Nello specifico, la suddetta ordinanza si riferisce alla realizzazione, in assenza di concessione, di “ un manufatto ad uso baracca-pollaio in blocchi di cemento con copertura in eternit ” nonché di “ due tettoie con struttura in legno e calcestruzzo” , adibite a legnaia.

Mentre con riferimento alle tettoie il Castagna ha ottemperato all’ordinanza di demolizione, in relazione al manufatto ad uso pollaio ha ritenuto di svolgere talune puntualizzazioni. Ha rappresentato, infatti, di avere acquistato il terreno per successione ereditaria dal padre e che su tale fondo già esisteva, in quanto realizzata negli anni 57-58, una concimaia in cemento armato, ubicata in prossimità dell’edificio all’epoca adibito a residenza familiare. Riferisce, inoltre, di aver proceduto, negli 1975-1976 – in coincidenza con il trasferimento della propria residenza in Valdagno –all’edificazione della contestata baracca << sulle “fondamenta” costituite dalle pareti della concimaia >>.

Lo stesso Castagna sottolinea, ancora, che la baracca, di circa 32 mq., ha una struttura fatiscente, con tamponatura prevalentemente in blocchi di cemento e copertura in eternit e che il manufatto è stato da sempre destinato a ricovero degli animali domestici e, in minima parte, a ricovero di attrezzi agricoli e da giardino.

Il Comune di Altissimo non si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

Con ordinanza n. 226/97 del 12 febbraio 1997 questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, in considerazione del periculum in mora .

All’udienza del 24 novembre 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene di dover procedere alla disamina del ricorso iniziando dal primo motivo, con il quale la difesa del ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 76, comma 1, lett. a) della l.r. n. 61 del 1985 in relazione all’art. 94 del medesimo testo legislativo.

La difesa del ricorrente sostiene, infatti, che il manufatto in contestazione sia da qualificare quale pertinenza dell’edifico principale un tempo adibito ad abitazione e che, anche in considerazione delle caratteristiche dimensionali e strutturali, sarebbe stata sufficiente una mera autorizzazione;
ciò con la conseguenza che l’unica sanzione irrogabile avrebbe dovuto essere quella di carattere pecuniario e non la più grave sanzione demolitoria.

La censura è infondata e deve essere disattesa.

Il Collegio sottolinea, infatti, che, per orientamento giurisprudenziale costante, la nozione di pertinenza deve essere definita sia in relazione alla necessità e oggettività del rapporto pertinenziale, sia alla consistenza dell'opera, che non deve essere tale da alterare in modo significativo l'assetto del territorio (cfr., ex multis , Consiglio Stato , sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509;
T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 30 dicembre 2009 , n. 9640).

La stessa giurisprudenza ha, peraltro, chiarito che la realizzazione di opere destinate al ricovero di animali o di attrezzature agricole, per l’uso prolungato cui sono destinate, richiede la concessione edilizia, posto che le stesse incidono in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio (cfr., ex multis , Cass. pen., sez. III, 11 aprile 2007, n.35218;
T.A.R. Umbria, Perugia, 4 luglio 2003, n. 573;
T.A.R. Basilicata, 7 luglio 2003, n.687).

Alla stregua delle suddette coordinate ermeneutiche, per l’opera in contestazione il ricorrente avrebbe dovuto richiedere la concessione edilizia in quanto, per le caratteristiche strutturali e funzionali, il manufatto ha inciso sull’assetto edilizio del territorio in maniera permanente.

Correttamente, dunque, l’Amministrazione comunale ha irrogato la sanzione demolitoria e non quella pecuniaria.

2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotto l’eccesso di potere per motivazione dubbiosa, contraddittorietà ed insufficiente rappresentazione dei presupposti giuridici e di fatto.

La difesa del ricorrente sostiene, infatti, che il Comune di Altissimo avrebbe dimostrato incertezze in ordine all’individuazione del titolo edilizio che sarebbe stato necessario in relazione alle opere in contestazione e, conseguentemente, avrebbe erroneamente individuato la sanzione da irrogare. A dimostrazione di tale perplessità, la suddetta difesa adduce la circostanza che nella parte motiva del provvedimento gravato si contempla il manufatto ad uso baracca- pollaio eretto “in assenza di concessione/autorizzazione edilizia”. Da ciò sarebbe desumibile una complessiva carenza istruttoria ed una insufficiente rappresentazione dei presupposti in fatto e diritto. La parte del provvedimento gravato in cui l’Amministrazione dà atto della mancata presentazione della domanda di sanatoria, inoltre, sarebbe in contraddizione, secondo la difesa del Castagna, con la successiva affermazione del contrasto del manufatto realizzato con le locali previsioni urbanistiche.

La doglianza è infondata.

Dal complesso del provvedimento gravato emergono con chiarezza i presupposti in fatto ed in diritto alla base dell’ingiunzione di demolizione in quanto, per le ragioni sopra esposte, per l’effettuazione dell’intervento era necessaria la previa acquisizione di una concessione edilizia. L’istruttoria condotta dall’Amministrazione comunale risulta completa ed esaustiva e la circostanza che nell’ordinanza si dia atto della mancata presentazione di una domanda di sanatoria, lungi dal palesare una qualche contraddizione rispetto al provvedimento conclusivo, conferma d’esaustività delle valutazioni condotte dalla P.A. in quanto, come noto, lì dove fosse stata depositata un’istanza di sanatoria si sarebbe dovuto dare avvio ad un ulteriore e diverso procedimento.

3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 3 e 7, 8 e 10 della l. n. 241 del 1990 in quanto l’Amministrazione ha omesso di indicare puntualmente la norma giuridica locale alla base della propria determinazione ed i termini entro cui proporre le prospettate impugnative. La difesa del Castagna, inoltre, si duole della circostanza che l’Amministrazione non ha reso disponibile la segnalazione dei Carabinieri di Crespadoro, indicata in premessa al provvedimento gravato, né a proceduto ad inviare al Castagna la comunicazione di avvio del procedimento, con conseguente violazione dei diritti partecipativi.

La doglianza è infondata.

Deve essere evidenziato, infatti, che l’ordinanza di demolizione impugnata contiene un espresso riferimento all’art. 92 della l.r. n. 61 del 1985 che detta la disciplina delle sanzioni per interventi eseguiti in assenza o in totale difformità o con variazioni essenziali dalla concessione edilizia o dalla relativa istanza e che, dal complesso del provvedimento, emergono i presupposti alla base della determinazione assunta.

Per giurisprudenza costante, inoltre, in materia urbanistica, il presupposto per l'adozione dell'ordine di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione dell'opera in totale difformità della concessione o in assenza della medesima, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera, essendo " in re ipsa " l'interesse pubblico alla sua rimozione.

Di conseguenza, l'ordinanza di demolizione - in quanto atto vincolato - non richiede, in alcun caso, una specifica motivazione su puntuali ragioni di interesse pubblico o sulla comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti o sacrificati (cfr., ex multis , T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 09 novembre 2009 , n. 7077).

Quanto alla doglianza riferita all’omessa indicazione del termine per proporre impugnazione, il Collegio sottolinea che tale omissione costituisce, per giurisprudenza consolidata, una mera irregolarità, che - al più - e nel concorso di significative ulteriori circostanze, può dar luogo alla concessione del beneficio della rimessione in termini (cfr., ex multis, T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, sez. I, 11 dicembre 2008 , n. 98).

Deve essere, altresì, evidenziato che l'art. 3, l. n. 241 del 1990 consente l'uso della motivazione per relationem con riferimento ad altri atti dell'amministrazione, che devono essere comunque indicati e resi disponibili, fermo restando che questa disponibilità dell'atto va intesa nel senso che all'interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne ed ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l'obbligo dell'amministrazione di notificare all'interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l'obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell'interessato (cfr., ex multis , T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 27 ottobre 2008 , n. 9158;
T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 04 luglio 2007 , n. 6458).

In relazione alla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio, deve essere evidenziato che, già prima della formulazione dell'art. 21 octies l. 7 agosto 1990 n. 241, un'ordinanza di demolizione di opere abusive, adottata in mancanza della suddetta comunicazione, doveva ritenersi illegittima soltanto quando non fosse accertata in giudizio la sua superfluità (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 05 maggio 2009 , n. 4558);
nella fattispecie oggetto del presente giudizio, una specifica comunicazione dell'avvio del procedimento era effettivamente superflua, poiché dagli atti di causa emerge che l'emanazione dell'impugnato provvedimento ha costituito atto dovuto a seguito dell’accertata abusività dell’opera e l’eventuale partecipazione del ricorrente al procedimento non avrebbe potuto incidere sul contenuto dell’ordinanza concretamente adottata.

4. Con l’ultima memoria depositata in vista dell’udienza di merito, la difesa del ricorrente, richiamando un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ha dedotto il difetto di motivazione del provvedimento gravato sotto un ulteriore profilo e cioè in quanto, essendo trascorso un lungo lasso di tempo dalla commissione dell’abuso, l’ordinanza gravata avrebbe dovuto specificamente indicare le ragioni di interesse pubblico alla base del provvedimento demolitorio.

Tale censura si palesa irricevibile per tardività in quanto non si presta ad essere ricompresa in alcuno dei motivi di ricorso dedotti con il ricorso introduttivo, notificato nel gennaio del 1997 e risultano ampiamente decorsi i termini di decadenza per l’impugnazione del provvedimento gravato, notificato al ricorrente il 28 novembre 1996.

In conclusione, alla luce delle considerazioni su esposte, il ricorso deve essere rigettato.

5. Non si dispone in ordine alle spese del giudizio in ragione del comportamento processuale della intimata Amministrazione, non costituita in giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi