TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-10-30, n. 202302429

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-10-30, n. 202302429
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202302429
Data del deposito : 30 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/10/2023

N. 02429/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00675/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 675 del 2023, proposto da
R M, M R, P R, L R, rappresentati e difesi dall'avvocato D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

PER L'ESECUZIONE DEL GIUDICATO

formatosi sul Decreto Decisorio, cronol. n°430/21, emesso dalla Corte d'Appello di Salerno in data “15/11/2021”, pubblicato in data 02/02/2021, nel procedimento recante R.V.G. n°366/20, promosso dai signori Milo Rosa, Rosamilia Maria, Rosamilia Pasquale, Rosamilia Luigi,

contro

Ministero della Giustizia, come successivamente corretto, nel senso che laddove è scritto “15/11/2021” deve intendersi “15/01/2021”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2023 il dott. L P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto notificato e depositato il 16 aprile 2023, i signori Milo Rosa, Rosamilia Maria, Rosamilia Pasquale, Rosamilia Luigi hanno proposto ricorso innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale contro il Ministero della Giustizia per ottenere l’esecuzione del giudicato derivante dal decreto ex L. n. 89/2001, in epigrafe indicato, esponendo che:

- con il predetto decreto, il Ministero della Giustizia è stato condannato a corrispondere ad essi ricorrenti, a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, la somma di euro 3.600,00, oltre gli interessi legali dalla domanda al saldo;

- l’azionato decreto della Corte d’Appello di Salerno – Sezione Lavoro, munito della formula esecutiva, è stato notificato al Ministero della Giustizia, presso la sua sede reale;

- la dichiarazione prescritta dall’articolo 5-sexies della legge 24 marzo 2001, n. 89, corredata della relativa regolare documentazione è stata inviata all’Amministrazione intimata in data 18 maggio 2021;

- sono decorsi sia il termine dilatorio di centoventi giorni di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, sia l’ulteriore termine di sei mesi previsto dall’articolo 5-sexies, comma 7, della legge n. 89 del 2001;

- la richiesta di pagamento è rimasta senza esito alcuno.

2. A fronte dell’inadempienza del Ministero della Giustizia, la parte ricorrente ha pertanto instaurato il presente giudizio, con il quale ha chiesto a questo Tribunale di voler adottare tutte le misure necessarie per assicurare l’esecuzione del giudicato in esame, con condanna dell’intimata Amministrazione:

- al pagamento in proprio favore, a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, della somma di cui in condanna, oltre interessi legali dalla domanda e sino al soddisfo, oltre al

pagamento della penalità di mora (cd. astreinte), tenendo conto il parametro individuato dalla CEDU;

- al pagamento delle spese sostenute per l’introduzione del presente giudizio, nonché delle spese di lite, da attribuirsi al procuratore che ha dichiarato di averne fatto anticipo.

Ha altresì chiesto di disporre, per il caso di ulteriore inerzia, la nomina di un commissario ad acta affinchè questi, in sostituzione dell’amministrazione inadempiente, provveda a dare integrale esecuzione al decreto in epigrafe.

3. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio con controricorso di forma.

4. La causa è stata quindi chiamata all’odierna camera di consiglio, in esito alla quale è passata in decisione.

5. Il Collegio deve constatare la ritualità del gravame e la fondatezza della pretesa principale con esso fatta valere in giudizio dalla parte ricorrente.

Deve invero essere dato atto che:

- il decreto azionato è divenuto definitivo, come da documentazione in atti;

- parte ricorrente ha inviato la dichiarazione di cui al comma 1, art. 5 sexies, L. n. 89/2001 ed è altresì decorso il termine di sei mesi dall’invio di tale documentazione;

- non è necessario verificare l’espletamento dell’ulteriore adempimento di cui all’articolo 14 del d.l. n. 669/1996 in quanto, come da ultimo ritenuto dal Consiglio di Stato (che ha all’uopo richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 26 giugno 2018), <<la “specialità” della disciplina contenuta nella legge n. 89/2001 non può non implicare che essa in parte qua escluda in toto l’applicazione del d.l. n. 669/1996, e che – pertanto – gli adempimenti di cui all’articolo 5-sexies esauriscano le incombenze a carico del creditore vittorioso in giudizio, escludendo la necessità di provvedere anche a quanto prescritto in via generale dall’articolo 14 del d.l. n. 669/1996>>
(C.d.S., Sez. IV, 16 febbraio 2021, n. 1423);

- sulla base delle depositate evidenze documentali (e stante anche l’assoluta mancanza di qualsiasi contraria deduzione o contestazione sul punto da parte dell’amministrazione intimata), le statuizioni contenute nel decreto in epigrafe non risultano, allo stato, aver ricevuto esecuzione.

6. Con riguardo alla ulteriore richiesta formulata dalla parte ricorrente di condanna dell'amministrazione intimata al pagamento della penalità di mora (cd. astreinte) di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., occorre evidenziare che il Consiglio di Stato, nel rilevare l'assenza di preclusioni astratte sul piano dell'ammissibilità dell’istituto giuridico in esame nei confronti della P.A. inadempiente, ha tuttavia chiarito che <<la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo>>
(cfr. Cons. St., A.P., n. 15/2014, secondo cui <<Non va sottaciuto che l'art. 114, comma 4, lett. e, c.p.a., proprio in considerazione della specialità, in questo caso favorevole, del debitore pubblico - con specifico riferimento alle difficoltà nell'adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici- ha aggiunto al limite negativo della manifesta iniquità, previsto nel codice di rito civile, quello, del tutto autonomo, della sussistenza di altre ragioni ostative>>, con la conseguenza che <<spetterà allora al giudice dell'ottemperanza, dotato di un ampio potere discrezionale sia in sede di scrutinio delle ricordate esimenti che in sede di determinazione dell'ammontare della sanzione, verificare se le circostanza addotte dal debitore pubblico assumano rilievo al fine di negare la sanzione o di mitigarne l'importo>>).

Orbene, il Collegio ritiene, alla luce della richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria (e dell’orientamento della giurisprudenza formatosi sul punto), che, nella specie, la crisi della finanza pubblica e l’ammontare del debito pubblico giustificano, in concreto, la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’astreinte (cfr. C.d.S., Sez. III, 10/10/2022, n. 8673;
C.d.S., Sez. III, 25/10/2021, n. 7144;
T.A.R. Lazio, sez. III, 23/08/2018, n. 9022;
T.A.R. Lazio, sez. II, 20/03/2018, n. 3101;
T.A.R. Campania, sez. VII, 08/06/2018, n. 3836).

Va anche detto, come già evidenziato dal TAR Lazio nella citata sentenza n. 3101/2018, che tali ragioni ostative assumono rilievo, ex art. 115 c.p.c., in quanto fatti notori.

In definitiva, alla luce di quanto precede, la domanda volta a conseguire la condanna dell’amministrazione al pagamento della c.d. astreinte, non può essere accolta.

7. Il ricorso in esame deve quindi essere accolto nei limiti della domanda principale e per l’effetto, in esecuzione dell’azionato titolo esecutivo, deve ordinarsi al Ministero della Giustizia di provvedere al pagamento (entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza) in favore della parte ricorrente della somma complessiva di euro 3.600,00, oltre interessi legali dalla domanda e sino al soddisfo, come statuito nell’azionato decreto della Corte d’Appello.

8. Per il caso di ulteriore inottemperanza, si nomina sin d’ora un commissario ad acta , ai sensi dell’articolo 5-sexies, comma 8, della legge n. 89 del 2001, nella persona del responsabile p. t. dell’Ufficio I della Direzione generale degli affari giuridici e legali del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia, o un suo delegato, con la precisazione che, tenuto conto del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti della “legge Pinto”, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero della Giustizia. Il Commissario così designato dovrà provvedere a istanza di parte, entro il successivo termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine già assegnato al Ministero intimato, al pagamento delle somme ancora dovute, compiendo tutti gli atti necessari, secondo quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 5-sexies, più volte richiamato.

9. Infine, il Collegio ritiene che, stante l’accoglimento solo parziale della domanda proposta, ed in considerazione del carattere seriale e del non elevato livello di complessità della causa anche in relazione ai numerosi, analoghi, precedenti, sussistano giusti motivi per compensare le spese di lite.

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