TAR Milano, sez. III, sentenza 2019-11-08, n. 201902339
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Pubblicato il 08/11/2019
N. 02339/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00199/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 199 del 2015, proposto da
Ecowatt V S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati P F, E R, con domicilio eletto presso lo studio P F in Milano, piazza E. Duse, 4;
contro
Comune di Castiraga V, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M P, V S, con domicilio eletto presso lo studio M P in Milano, corso di Porta Romana, 51;
nei confronti
Provincia di Lodi non costituita in giudizio;
per l’accertamento
dell’inadempimento del Comune di Castiraga V agli obblighi nascenti dalla Convenzione Ambientale stipulata tra il Comune e la ricorrente in data 18 febbraio 2013, per la gestione e l’esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica da biomasse e da rifiuti di proprietà della Ecowatt V srl.
dell’illegittimità del parere negativo del Comune di Castiraga V del 16 luglio 2014, reso nel contesto del procedimento autorizzativo di variante non sostanziale all’impianto avviato dalla ricorrente innanzi la Provincia di Lodi in data 9 maggio 2014;
nonché per la condanna,
dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno causato alla ricorrente a titolo di inadempimento contrattuale alla citata convenzione;
dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno causato alla ricorrente per aver adottato un atto amministrativo illegittimo, quale deve qualificarsi il parere negativo all’adeguamento dell’impianto reso dal Comune in data 16 luglio 2014, nel contesto del procedimento di variante autorizzativa non sostanziale, avviato dalla ricorrente innanzi alla Provincia di Lodi in data 9 maggio 2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Castiraga V;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 8 ottobre 2019 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente gestisce, nel Comune di Castiraga V (LO) una centrale termoelettrica della potenza di 3,5 MW per la produzione di energia da fonte rinnovabile (biomasse e pulper da cartiera), realizzata nell’ambito di un complesso industriale a suo tempo adibito a cartiera (autorizzazione ministeriale prevista dal DPR 24 maggio 1988, n. 203 e DL 9 marzo 1995, n. 66, rilasciata su parere positivo della Regione Lombardia con DCR 20 maggio 1997, n. VI/605).
Premette che, dopo aver ottenuto l’autorizzazione ministeriale, presentava al Comune una DIA per la realizzazione di lavori civili prodromici all’installazione degli impianti, al contempo dando corso alla procedura semplificata ex artt. 31 e 33 del dlgs 22/1997 per poter utilizzare, quale combustibile, il pulper da cartiera, materiale annoverato dal DM 5.2.1998 tra i rifiuti ammessi al recupero energetico mediante combustione, che la Provincia assentiva, iscrivendo la ricorrente al n. 16 del Registro dei recuperatori di rifiuti (prot. 10911 del 18 maggio 1998).
La Ecowatt avviava l’attività, apportando anche diverse migliorie all’impianto e diversificando le fonti di approvvigionamento, con l’aumento delle tipologie di rifiuti da utilizzarsi, sempre nei limiti del DM 5 febbraio 1998, con ricorso alle procedure semplificate di volta in volta necessarie ex artt. 31 e 33 del dlgs 22/1997.
Da ultimo, in vigore il DM 5 aprile 206, n. 186, la ECOWATT chiedeva di essere autorizzata a fare ricorso al CDR (combustibile da rifiuti) che la Provincia non respingeva, nulla opponendo alla relativa comunicazione (effettuata ai sensi degli artt. 214 e 216 del Dlgs 152/2006).
Ma il Comune intimato si opponeva a tale ampliamento, impugnando con ricorso straordinario l’autorizzazione provinciale e ponendo in essere una serie di iniziative culminate nell’approvazione dello strumento urbanistico PGT che attribuiva all’area della ricorrente la destinazione di “area strategica INC”, così da rendere incompatibili le attività di produzione di energia elettrica e finanche la manutenzione dei fabbricati, salve le sole operazioni di trasformazione dell’intero comparto (art. 11 NTA).
La ricorrente impugnava la deliberazione con ricorso nr. 785/2010.
Nel frattempo, la ECOWATT presentava alla Provincia di Lodi istanza ex art. 12 dlgs 387/2003 ed art. 208 dlgs 152/2006, per la produzione di energia elettrica rinnovabile mediante biomasse (non rifiuti) e rifiuti, istanza che veniva accolta dalla Provincia di Lodi con DD del 7 ottobre 2011, n. 1399/2011, titolo successivamente adeguato con DD del 7 dicembre 2012, n. 1087/2012.
In forza di tali autorizzazioni, espone ancora la ricorrente, l’impianto iniziava a svolgere attività sia di gestione dei rifiuti che di produzione di energia, secondo il dettaglio meglio articolato in atti.
Nel descritto contesto, la ricorrente ed il Comune pervenivano determinazione di regolare i loro rapporti, mediante una convenzione che veniva stipulata in data 18 febbraio 2013. La ECOWATT si impegnava a localizzare l’impianto in altro luogo al termine del periodo di incentivazione della centrale elettrica, con contestuale avvio, in aggiunta alle attività già svolte, della “pellettizzazione” di biomasse legnose, destinate in parte alla termovalorizzazione con recupero di calore ed in parte alla commercializzazione;a riconoscere al Comune un contributo pari ad euro 0,8 per ogni tonnellata di rifiuto e “cippato” autorizzato e conferito all’interno dell’impianto.
Il Comune, con successivo atto di “interpretazione autentica” precisava che la valutazione della eventuale ricollocazione potrà essere affrontata dalle parti allo scadere del periodo di anni 15 di autorizzazione IAFR per certificati verdi e che “per tutto il periodo di funzionamento dell’impianto le manutenzioni e le migliorie tecniche per l’ottimo funzionamento dell’impianto non soggiaceranno ad alcuna limitazione”.
La ricorrente presentava quindi una istanza (9 maggio 2014) volta alla realizzazione di un intervento manutentivo, richiedendo alla Provincia l’autorizzazione a sostituire le torri di raffreddamento realizzate nel 1999, con altre di medesima funzionalità e potenza, da realizzare nello stesso sito delle precedenti, necessarie per mantenere l’efficienza ottimale di funzionamento, perseguendo altresì notevoli vantaggi ambientali quali la diminuzione del rumore e delle emissioni di vapore acqueo.
La Provincia, nel procedimento apertosi sull’istanza ex art. 12 dlgs 387/2003 e 208 dlgs 152/2006, chiedeva al Comune di valutare l’istanza quanto ai profili di competenza comunale (esame paesistico, matrice rumore, conformità urbanistica).
Il Comune esprimeva parere negativo (nota 16 luglio 2014, n. 3358) ritenendo l’operazione prospettata dalla ricorrente come di “manutenzione straordinaria”, di variante sostanziale ai sensi del dlgs 152/2006 art. 208, come tale necessitante di apposito elaborato tecnico di valutazione dell’impatto sulla matrice “rumore”, derivante dall’attività di carattere straordinario oggetto dell’iniziativa, che non sarebbe stato adeguatamente esaminato ed approfondito;evidenziando altresì che l’intervento ricadeva in area di PGT non compatibile (“Area strategica INC”);che gli unici interventi autorizzabili senza limitazioni erano quelli di cui all’art. 11, comma 5, del Piano delle Regole del vigente PGT.
La Provincia di Lodi richiedeva pertanto alla ricorrente di presentare apposito studio previsionale di impatto acustico, che quest’ultima redigeva e depositava il 7 agosto 2014, trasmettendolo anche al Comune che confermava il 12 settembre 2014 il proprio precedente parere negativo, sulla scorta di un riscontrato superamento dei limiti di zona e sottolineando l’opportunità di trattare la tematica all’interno della più ampia conferenza di servizi dell’istanza AIA.
La Provincia con nota del 25 settembre 2014 rilasciava il titolo abilitativo alla sostituzione delle torri, condividendo il contenuto dello studio di impatto acustico prodotto dalla ricorrente, quindi superando il parere negativo reso dal Comune di Castiraga V.
Per tali ragioni, la ricorrente deduce di non avere interesse all’annullamento del parere del Comune, del quale chiede comunque di accertare l’illegittimità ai fini del risarcimento per inadempimento della convenzione stipulata tra le parti, che l’Ente avrebbe disatteso nel non consentire la realizzazione di migliorie tecniche all’impianto, nonché di esercitare attività manutentive;l’inadempimento convenzionale imputabile al Comune violerebbe anche i principi – civilistici e pubblicistici – applicabili agli accordi di cui all’art. 11 della l. 241/90;il provvedimento-parere del Comune, in quanto illegittimo, legittimerebbe la ricorrente a chiedere anche il risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ..
La ricorrente, che riferisce di aver sospeso i pagamenti delle somme dovute a titolo di contributo, stante la violazione degli obblighi convenzionali posta in essere dall’Amministrazione (alla quale la società contestava l’inadempimento con nota del 30 luglio 2014), censura il parere e l’inadempimento del Comune mediante i seguenti motivi.
1) Violazione dell’art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241, violazione degli artt. 1175, 1218, 1366, 1375 e 1453 del codice civile (la convenzione del 18 febbraio 2013, avente natura di accordo ex art. 11 l. 241/90, impegnava l’Amministrazione ad assentire tutte le attività che avrebbero comportato migliorie dell’impianto, o che si sarebbero risolte in mere attività di manutenzione;la sostituzione delle torri aveva natura di manutenzione straordinaria, imposta dalla vetustà delle torri che ne richiedeva la sostituzione con nuovi e più funzionali manufatti;il Comune avrebbe pertanto dovuto esprimere parere favorevole in forza della predetta convenzione;il parere contrario avrebbe violato non solo la convenzione, ma anche i doveri generali di solidarietà sociale, correttezza, lealtà, buona fede, cooperazione).
2) Violazione degli artt. 3 e 6 della l. 241/90, eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione (il parere reso dall’Ente sarebbe frutto di una carente istruttoria, avendo erroneamente l’Ente qualificato l’intervento come variante sostanziale, invece che variante non sostanziale;la Provincia aveva già impartito disposizioni per prevenire l’impatto acustico;quanto al contrasto con lo strumento urbanistico, peraltro già impugnato, l’art. 11 delle NTA non avrebbe avuto natura ostativa alla mera manutenzione straordinaria su impianti esistenti;del resto la disposizione pianificatoria sarebbe risultata già derogata quanto agli aspetti edilizi ed urbanistici dall’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 12 del dlgs 387/2003, ed art. 208 del dlgs 152/2006, dato che essa veniva resa in variante alla normativa pianificatoria vigente).
3 – 4 ) Ai fini del risarcimento del danno, la ricorrente deduce circa il carattere di negligenza del comportamento dell’Ente e quantifica in euro 375.000,00 i danni patiti (sia come lucro cessante – euro 130.000 per fermo impianto ed euro 160.000 per impossibilità di alienare i certificati verdi, che come danno emergente, per euro 85.000 di maggiori costi).
Si è costituito il Comune intimato che resiste al ricorso del quale chiede il rigetto, per le seguenti ragioni.
Preliminarmente, eccepisce la mancata applicazione della clausola compromissoria di cui all’art. 9 della convenzione che prevede la devoluzione delle controversie al Tribunale di Lodi.
Nel merito, dopo aver premesso l’Ente una puntuale ricostruzione dei provvedimenti che hanno riguardato l’impianto, tra i quali più diffide formali da parte della Provincia relative a contestazioni inerenti la corretta gestione dei rifiuti, per negare l’affermazione della ricorrente secondo la quale il Comune avrebbe assunto una posizione preconcetta nei confronti della società e dopo aver specificato che l’istanza di cui quest’ultima censura la legittimità era rivolta alla sostituzione delle tre torri vetuste con 4 torri (e quindi una in più delle tre originarie);evidenzia la difesa dell’Ente convenuto che a distanza di 5 mesi dalla conclusione del procedimento (durato in tutto quattro mesi) la società non aveva ancora effettuato alcun intervento di manutenzione;eccepisce che la convenzione del 18 febbraio 2013 non obbliga il Comune a rilasciare sempre e comunque un parere favorevole ad ogni iniziativa della parte ricorrente;il parere reso dal Comune era obbligatorio ma non vincolante e quindi privo di efficacia causale sul decorso dell’evento lesivo;il procedimento, durato in tutto quattro mesi con l’intervallo di agosto, si concludeva comunque favorevolmente per la ricorrente;non risulta attivato il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto in convenzione, art. 9;difetterebbe qualunque rapporto di causalità tra il provvedimento e l’evento dannoso, né sarebbe configurabile un giudizio di colpevolezza o rimproverabilità in capo all’Amministrazione procedente;la quantificazione del danno sarebbe irragionevole e comunque priva di prova.
Le parti hanno poi scambiato memorie;in particolare, la ricorrente evidenzia che nella sentenza nr. 1860/2019 del 7 agosto 2019 di questo TAR sarebbe stata riconosciuta la sussistenza dell’obbligazione del Comune “ di non limitare le manutenzioni e le migliorie tecniche di cui alla predetta nota sindacale ”.
Nella pubblica udienza di smaltimento dell’arretrato dell’8 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Nell’odierno giudizio, la ricorrente chiede l’accertamento della violazione da parte dell’Ente della convenzione stipulata tra le parti, a causa dell’emissione di un parere contrario dell’Ente stesso all’intervento di riqualificazione dell’impianto di cui in parte motiva, che la parte aveva chiesto alla Provincia di autorizzare e che quest’ultima, nonostante il parere contrario del Comune, ha comunque autorizzato (ma in ritardo, rispetto al naturale termine che si sarebbe rispettato in presenza di un parere favorevole). Il parere comunale costituirebbe, dunque, il frutto di un eccesso di potere teso a costituire un intralcio al compimento delle attività di manutenzione dell’impianto che il Comune, con la convenzione tra le parti, si era impegnato a non porre in essere.
Va preliminarmente respinta l’eccezione difensiva del Comune relativa alla mancata applicazione della clausola compromissoria di cui all’art. 9 della Convenzione, richiamando in proposito quanto già statuito tra le parti in altro giudizio (sentenza nr. 1860/2019) e cioè che “ la fattispecie in esame ruota attorno ad una pretesa creditoria, azionata sulla base di un accordo, stipulato fra il Comune di Castiraga e la società Ecowatt ex art. 11 legge n. 241/1990, attratto come tale nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 11, comma 5, della legge n. 241 del 1990, oggi trasfuso nell'art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, del c.p.a. (su cui cfr. ex multis., Cons. Stato Sez. IV Sent., 15/05/2017, n. 2256). A diverse conclusioni non può giungersi sulla base di quanto previsto nella ridetta Convenzione, agli artt. 6 e 9 in precedenza richiamati, atteso che la giurisdizione non è derogabile per convenzione, trattandosi di materia non disponibile (cfr. T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 07-11-2016, n. 1386) ”.
Va solo soggiunto che la giurisdizione esclusiva del g.a. sulla domanda è radicata anche dall’art. 133, comma 1, lett. o) del c.p.a., dato che la convenzione in esame (come sarà meglio chiarito oltre) è sostitutiva-integrativa di provvedimenti determinativi di un contributo di interesse collettivo (a natura indennitaria per i costi ambientali) a carico dal gestore dell’impianto di produzione di energia per l’utilizzo di combustibile da rifiuti, quindi “ concernente la produzione di energia” adottato da un soggetto titolare di funzioni pubblicistiche.
Nel merito, il ricorso è manifestamente infondato e come tale va respinto.
Preliminare ad ogni altra valutazione è l’esatta interpretazione delle clausole convenzionali la cui violazione viene invocata dalla parte ricorrente come titolo per il risarcimento.
Va premesso che la convenzione vera e propria (stipulata il 18 febbraio 2013) pone a carico del gestore una serie di obblighi, tra i quali la corresponsione al Comune di un contributo determinato in ragione della quantità di rifiuti trattati nell’impianto quali combustibili per la produzione di energia;ed in capo al Comune gli obblighi di cui all’art. 3 (ai sensi del quale “ l’Amministrazione Comunale… si impegna ai sensi di legge ad operare…periodiche verifiche presso l’impianto e, in caso di incidenti o gravi eventi, a darne tempestiva comunicazione agli organi competenti ed a fornire alla propria cittadinanza tutte le delucidazioni possibili ”). Altre previsioni sono contenute nell’art. 7, ma sono sempre relative allo svolgimento dei controlli di competenza dell’autorità comunale. Le parti, infine, prospettano nelle premesse della convenzione la possibilità di costituire una società mista per gli obiettivi e gli scopi ivi meglio elencati.
La convenzione in esame ha quindi natura di accordo ex art. 11 l. 241/90, in quanto rivolta, da un lato, ad integrare gli effetti di un provvedimento costitutivo di un contributo ambientale avente natura latamente indennitaria degli oneri derivanti sul territorio dall’utilizzo di rifiuti per la produzione di energia e relativi rischi connessi al transito, allo stoccaggio ed al trattamento ed alla trasformazione in energia;dall’altro a disciplinare l’esercizio dei poteri (doverosi) dell’Ente in ordine al controllo del corretto funzionamento dell’impianto e del rispetto delle varie garanzie offerte dalla ricorrente, in tal senso pure analiticamente disciplinate nell’accordo.
Solo con la successiva nota del Sindaco p.t. del Comune, priva di data, che parte ricorrente allega sub 4 della propria documentazione a corredo del ricorso, “ viene precisato che ….per tutto il periodo di funzionamento dell’impianto le manutenzioni e le migliorie tecniche per l’ottimo funzionamento dell’impianto non soggiaceranno ad alcuna limitazione ”.
In primo luogo va quindi rilevato che la clausola della quale parte ricorrente chiede accertarsi la violazione non è parte della convenzione, né in senso sostanziale, né in senso anche solo latamente formale.
Essa è contenuta in un atto privo di protocollo e di data certa, presumibilmente sottoscritto dal Sindaco dell’Ente (la mancanza della data e del protocollo impedisce in sostanza di ritenere con sicurezza che il sottoscrittore fosse effettivamente il Sindaco p.t.), come tale del tutto priva di qualunque valore ai fini dell’impegno dell’Ente (non essendo compresa nella convenzione sottoscritta, né risultando apposta in un atto deliberativo di organi capaci di impegnare il Comune in ordine all’oggetto della clausola stessa). A tale nota (ben lungi dal poter essa rappresentare una sorta di “interpretazione autentica”, non sussistendo alcun dubbio da chiarire nella convenzione sottoscritta, né risultando redatta nelle medesime forme di quest’ultima), può conferirsi, al più, il valore di una mera dichiarazione di intenti che, provenendo dal capo dell’Amministrazione, possiede una lata valenza politica (stante il rigido criterio di separazione delle competenze gestionali rispetto a quelle degli organi elettivi, che renderebbe nulla l’adozione di atti gestionali da parte di questi ultimi), obbligando in questi ristretti termini solo l’Amministratore che la sottoscrive.
Non vale in contrario il richiamo nella memoria conclusiva della ricorrente della sentenza nr. 1860/2019 di questa Sezione del TAR, posto che erroneamente la Ecowatt sostiene che in essa il TAR avrebbe riconosciuto la sussistenza dell’obbligazione del Comune: in quella sede, infatti, il richiamo alla nota sindacale è meramente incidentale, ai fini della negazione della sussistenza di un collegamento negoziale con il pagamento del contributo previsto dalla convenzione (ed oggetto del decreto ingiuntivo), senza alcun valore di accertamento della sussistenza e della consistenza dell’obbligazione a carico dell’Ente (che non era parte dell’oggetto del giudizio).
A tanto, dunque, conseguirebbe già la reiezione del gravame, non essendo l’azione fondata su alcun titolo convenzionale valido tra le parti.
In ogni caso, anche a voler riconoscere alla nota sindacale priva di protocollo e data un valore in qualche modo integrativo della convenzione sottoscritta, attribuendole un contenuto significativo di un diverso e sottostante rapporto materiale tra le parti come di una sorta di “ gentleman agreement ” (teso a risolvere un contenzioso di fatto tra le autorità politiche locali e l’azienda ricorrente), in ogni caso la clausola di cui si discute non sorregge l’azione.
La testuale dizione della nota (secondo cui “per tutto il periodo di funzionamento dell’impianto le manutenzioni e le migliorie tecniche per l’ottimo funzionamento dell’impianto non soggiaceranno ad alcuna limitazione”) esclude che l’Ente fosse in qualunque modo vincolato all’esito favorevole del procedimento di autorizzazione all’intervento di sostituzione delle torri dell’impianto.
Proprio considerando la descritta natura di “ gentleman agreement ” che potrebbe ravvisarsi nella nota sindacale, la clausola non poteva che impegnare l’Ente a non opporre limitazioni “pretestuose” alla miglioria dell’impianto, come iniziative di tipo latamente politico, o meramente dilatorie, o formalistiche come richieste di adempimenti non essenziali, oppure come interventi di tipo normativo (quali previsioni territoriali o regolamentari) volti ad impedire le manutenzioni e le migliorie;in sintesi, azioni non di buona fede, che l’Amministrazione avrebbe potuto intentare allo scopo preconcetto di ostacolare l’impianto.
In questa prospettiva, l’Ente ribadiva l’impegno ad operare secondo i consueti canoni di imparzialità e trasparenza propri di una gestione efficace ed efficiente, dovendosi ritenere richiamato dalla clausola stessa ad un maggiore e più severo impegno in tal senso.
Pertanto, non può seriamente sostenersi che la “convenzione” (materiale) avesse impegnato il Comune ad un esito predeterminato e favorevole di ogni procedimento da svolgersi nell’ambito delle sue prerogative (oltretutto non disponibili), magari derogando alle norme di settore volta per volta applicabili – che non sono certo dipendenti dall’autonomia normativa dell’Ente locale – come quelle relative ai presupposti per la realizzazione delle opere e degli interventi da autorizzarsi (come quelli inerenti la disciplina circa il rispetto dei vincoli acustici, dei quali, nella specie, si discute).
Soprattutto, non potrebbe in alcun modo riconoscersi natura sinallagmatica tra l’obbligazione di corrispondere un importo predeterminato per il trattamento dei rifiuti e l’impegno del Comune assunto nella nota sindacale di cui si tratta, posto che l’intera convenzione non ha carattere sinallagmatico, essendo un accordo procedimentale ove le parti si impegnano allo svolgimento coordinato di attività di rispettiva competenza che sono solo elencate e regolate in funzione “normativa”: si tratta, in altri termini, di un accordo pubblicistico a causa cooperativa o collaborativa e non di scambio.
Peraltro, una clausola “sinallagmatica” di tal fatta, ove pattuita, non potrebbe che dichiararsi nulla, per contrarietà a norme imperative ed illiceità dell’oggetto, essendo le prerogative amministrative della PA e degli Enti locali, nel caso di specie, oggetto di esercizio doveroso e non disponibile.
Entro i suddetti limiti, il parere del Comune – espresso nel procedimento apertosi di fronte alla Provincia per l’autorizzazione della modifica dell’impianto – potrebbe dunque valutarsi come un inadempimento solo laddove se ne dimostrasse una natura emulativa.
Ma tale condizione è sicuramente da escludersi, essendo la motivazione del parere non irragionevole, né illogica, né manifestamente arbitraria: l’Ente ha infatti sollevato la necessità di meglio indagare la matrice ambientale acustica, in ordine alla “ rumorosità delle nuove ventole, la cui portata e la cui potenza sarebbero senz’altro maggiori rispetto all’attuale assetto operativo, caratterizzato da un numero maggiore di unità di raffreddamento ” (nello stesso parere è premesso che le “ vecchie torri erano ..caratterizzate da nr. 9 ventilatori, mentre quelle di nuova introduzione saranno caratterizzate solo da nr. 4 ventilatori ”).
Al momento del rilascio del parere, inoltre, gli aspetti normativo-pianificatori di tipo territoriale erano connotati dalla vigenza dell’art. 11, comma 5 delle NTA (solo successivamente annullate dal TAR su ricorso della Ecowatt, con sentenza nr. 201802736 del 5 dicembre 2018) e dunque il compilatore non poteva non tenerne conto.
Il secondo parere del Comune, ove l’Ente ha mantenuto le proprie riserve nonostante la produzione dello studio integrativo, non ha di fatto esplicato alcuna efficienza causale nella conclusione del procedimento, che la Provincia ha risolto in favore della richiedente.
Ne deriva che, non potendosi ravvisare nel comportamento dell’Ente alcun aspetto o intento meramente emolutivo e non potendosi ricondurre alla convenzione tra le parti l’insorgere per l’Ente di un obbligo di sostenere incondizionatamente ogni iniziativa della ricorrente, nessuna violazione della convenzione può riscontrarsi.
Quanto sin qui esposto rende superflua la disamina delle altre ragioni dedotte a fondamento dell’azione della ricorrente, salvo precisare che nessuna causa efficiente, nel decorso eziologico della fattispecie, può comunque riconnettersi al parere dell’Ente, essendo l’utilità sostanziale alla quale la ricorrente intendeva pervenire dipendente dal provvedimento della Provincia (che, infatti, l’ha accordata) la quale era autonoma nella valutazione del parere del Comune (obbligatorio, ma non vincolante). Laddove la Provincia ha deciso di osservarne il contenuto, si è assunta di fatto la responsabilità del tempo trascorso (che secondo la ricorrente avrebbe costituito il presupposto dell’illecito, insieme all’illegittimità del parere) ponendo in essere una condotta del tutto autonoma da quella del Comune, da sola sufficiente a provocare l’evento (che la parte ricorrente lamenta sotto il profilo del ritardo).
Posto che nessuna domanda viene svolta nei confronti della Provincia (sebbene il ricorso le sia notificato), l’azione proposta nei confronti del (solo) Comune va respinta anche sotto questo profilo.
Per tutte queste ragioni, il ricorso è infondato, con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.