TAR Bologna, sez. I, sentenza 2016-04-05, n. 201600375

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2016-04-05, n. 201600375
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201600375
Data del deposito : 5 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01300/2007 REG.RIC.

N. 00375/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01300/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 1300 del 2007 proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. B B e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Bologna, via Emilia Ponente n. 138;

contro

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege ;

nei confronti

-OMISSIS- e -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento del Ministero della Difesa prot. n. -OMISSIS- del 10 luglio 2007, con cui è stata negata al ricorrente la valutazione per il conferimento della qualifica di “luogotenente” con l’aliquota del 31 dicembre 2005;

del provvedimento del Ministro della Difesa prot. n. -OMISSIS- del 23 ottobre 2007, con cui è stata negata al ricorrente la valutazione per il conferimento della qualifica di “luogotenente” con l’aliquota del 31 dicembre 2004.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi l’avv. B B e l’avv. Silvia Bassani, per le parti, alla pubblica udienza del 23 marzo 2016;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con provvedimenti prot. n. -OMISSIS- del 10 luglio 2007 e prot. n. -OMISSIS- del 23 ottobre 2007 il Ministero della Difesa (Direzione generale per il personale militare - II Reparto - 6^ Divisione Stato giuridico e Avanzamento sottufficiali) negava al ricorrente – Primo Maresciallo dell’Esercito – la valutazione per il conferimento della qualifica di “luogotenente” con le aliquote, rispettivamente, del 31 dicembre 2005 e del 31 dicembre 2004. Il primo provvedimento, in particolare, adduceva la sopraggiunta cessazione dal servizio permanente nel corso della procedura di valutazione (per collocamento in congedo nella categoria dell’«ausiliaria»);
il secondo provvedimento, invece, richiamava la pendenza di procedimento penale alla data del 31 dicembre 2004 e quindi la preclusione derivante dall’art. 17, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 196 del 1995.

Avverso i suindicati atti ha proposto impugnativa l’interessato. Censura, quanto al primo atto, l’assunto per cui il conferimento delle promozioni sarebbe subordinato all’attuale persistenza del rapporto di servizio, requisito in realtà non previsto dalla legge e fatto arbitrariamente dipendere dalla durata della procedura di valutazione di spettanza della competente Commissione, in assenza altresì di qualsiasi riguardo per le legittime aspettative del militare, da considerare sia sotto il profilo economico che sotto quello del prestigio professionale;
denuncia, quanto al secondo atto, l’erroneo richiamo alla pendenza di un procedimento penale in realtà già conclusosi con la sua assoluzione divenuta irrevocabile il 9 luglio 2004. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.

All’udienza pubblica del 23 marzo 2016, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il Collegio è innanzi tutto chiamato a pronunciarsi sull’eccezione di incompetenza territoriale, sollevata dall’Avvocatura dello Stato in ragione della provenienza degli atti da organo centrale dell’Amministrazione statale e con effetti estesi all’intero territorio nazionale, sì da essere la controversia asseritamente devoluta alla cognizione del TAR Lazio (v. memoria depositata il 16 settembre 2015). Si tratta, tuttavia, di eccezione inammissibile, giacché la nuova disciplina della competenza territoriale prevista dal codice del processo amministrativo, ivi compresi i modi di rilevabilità dell’incompetenza ex art. 15, è applicabile solo ai processi instaurati sotto la vigenza del nuovo codice (v., ex multis , Cons. Stato, Sez. III, 30 aprile 2015 n. 2204);
nella fattispecie, quindi, essendo lite anteriore, opera in parte qua la disciplina dell’epoca, con la necessaria proposizione del regolamento di competenza di cui all’art. 31 della legge n. 1034 del 1971 – nelle forme e nei tempi ivi previsti – e con esclusione naturalmente della rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale da parte del tribunale adito.

Venendo, allora, alle questioni dedotte dal ricorrente, occorre muovere dal primo dei due atti impugnati e dalla conseguente esclusione dalla procedura di valutazione per il conferimento della qualifica di “luogotenente” – aliquota del 31 dicembre 2005 – motivata con la sopraggiunta cessazione dell’interessato dal servizio giacché collocato in congedo nella categoria dell’«ausiliaria». Sul punto, ad avviso del Collegio, non può che prendersi atto della correttezza delle conclusioni dell’Amministrazione, alla luce dell’oramai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’attribuzione della qualifica di “luogotenente”, al pari di qualsiasi progressione di carriera, richiede come condizione essenziale e necessaria la permanenza in servizio attivo del militare al momento della valutazione da parte della competente Commissione, e ciò in quanto le promozioni hanno come finalità precipua la migliore utilizzazione del personale nell’interesse della Forza Armata di appartenenza, sicché resta preclusa la promozione del dipendente che venga collocato a riposo nel corso della procedura di valutazione – ivi compreso il caso dell’assegnazione in congedo nella categoria dell’«ausiliaria» –, anche se la promozione stessa è destinata a decorrere da data anteriore a quella della risoluzione del rapporto (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. II, 20 giugno 2012 n. 2956/2012;
TAR Lazio, Sez. I, 16 settembre 2011 n. 7328;
TAR Sardegna, Sez. I, 25 maggio 2010 n. 1244).

Quanto, poi, all’altro atto impugnato, la mancata ammissione alla valutazione per l’aliquota del 31 dicembre 2004 troverebbe fondamento nella pendenza – a quella data – di un procedimento penale a carico del ricorrente e quindi nella preclusione di cui all’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 196 del 1995 (“ Non può essere inserito nell’aliquota di avanzamento il personale appartenente ai ruoli dei marescialli, dei sergenti e dei volontari di truppa in servizio permanente che sia rinviato a giudizio o ammesso a riti alternativi per delitto non colposo, o sottoposto a procedimento disciplinare da cui possa derivare una sanzione di stato, o sia sospeso dal servizio o dall’impiego, o che si trovi in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a sessanta giorni ”). A bene vedere, l’obiezione del ricorrente è fondata laddove adduce che il procedimento penale si era in realtà concluso con la sua assoluzione divenuta irrevocabile già il 9 luglio 2004, e tuttavia, come documentato dall’Amministrazione, si era subito dopo avviato per i medesimi fatti un procedimento disciplinare, poi definitosi solo nel febbraio 2005 con l’irrogazione della sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego per la durata di mesi tre (v. doc. n. 6 prodotto il 30 ottobre 2015), per cui soccorre l’ulteriore causa preclusiva – prevista dallo stesso art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 196 del 1995 – dell’essere il militare sottoposto a procedimento disciplinare da cui possa derivare una sanzione di stato;
in presenza, insomma, di un’automatica causa ostativa considerata dalla stessa norma citata dall’atto oggetto di impugnativa, il richiamo alla pendenza del procedimento penale anziché alla pendenza del procedimento disciplinare si risolve in un mero errore di fatto che, per l’insussistenza in parte qua di margini di discrezionalità, non incide sulla legittimità di un diniego in ogni caso derivante ipso iure dall’essere a quell’epoca ancora in corso il procedimento disciplinare idoneo a dare luogo ad una sanzione di stato. Il che si oppone all’annullamento dell’atto impugnato.

In conclusione, il ricorso va respinto.

La particolarità delle questioni esaminate, anche in ragione della giurisprudenza dell’epoca di instaurazione del giudizio, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

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