TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-05-10, n. 202205839
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 10/05/2022
N. 05839/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00020/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 20 del 2013, proposto da
Soc San Raffaele Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G P in Roma, con domicilio eletto presso lo studio corso Rinascimento, 11, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Commissario Ad Acta della Regione Lazio, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
per l'annullamento
- del decreto del Presidente della Regione Lazio adottato in qualità di Commissario ad acta n.349 del 22.11.2012 recante " Legge del 7 agosto n.135/2012 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge n.95 del 6 luglio 2012 recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini - applicazione art.15, comma 14 - Assistenza ospedaliera anno 2012":
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Commissario Ad Acta della Regione Lazio e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 marzo 2022 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La presente questione si inserisce in un più ampio contenzioso che ha visto coinvolte (almeno secondo la Corte Costituzionale) 18 aziende sanitarie accreditate presso la Regione Lazio, che hanno reagito con ricorso giurisdizionale avverso la determina commissariale per la Regione Lazio n.349 del 22 novembre 2012, con la quale, in esecuzione Legge del 7 agosto n.135/2012, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge n.95 del 6 luglio 2012, la p.a. ha disposto che le previsioni di spesa per il 2012 delle prestazioni ospedaliere, per tutte le strutture sanitarie regionali accreditate, siano rideterminate in diminuzione nella misura del 6,8519 per cento.
Per quanto in questa sede interessa la parte ricorrente ha contestato l’applicazione della normativa primaria e secondaria ai rapporti pregressi, con conseguente incostituzionalità della Legge del 7 agosto n.135/2012, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge n.95 del 6 luglio 2012.
Inoltre, la parte ha contestato l’erronea applicazione della previsione normativa anche alle prestazioni erogate a mente dell’art. 8, sexies, comma 2 del D.Lgs n. 502 del 1992 che afferiscono alle “funzioni”, quali il pronto soccorso, le emergenze, l’attività di coordinamento con la ricerca e lo studio universitario che, in quanto tali, non sono coperti dalle tariffe a prestazioni, come peraltro confermato dalla informativa regionale partecipata alla ricorrente in data 4 settembre 2012.
Con il secondo motivo di gravame la parte ha contestato l’individuazione della riduzione, quantificata nel 6,8519% del budget assegnato, ciò in contrasto con la previsione normativa primaria.
Con il terzo motivo di ricorso la parte ricorrente ha chiesto di volersi sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione al fatto che la norma ha previsto la una rivisitazione contrattuale con effetto retroattivo.
Con ordinanza istruttoria n. 2325/2014 il Collegio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 4, del D.L. n.95/2012, convertito con modifiche con L. n.135/2012 per contrasto con l’art. 117, commi 2 e 3, della Costituzione, con il principio di irretroattività delle leggi, in uno con l'art.41 della Costituzione.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 203 del 2016 ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, sollevate, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, mentre ha ritenuto non fondata la questione sollevata con riferimento agli artt. 3, 32, 41, 97 e 117, primo comma della Carta.
Il giudice delle leggi ha, però, precisato al riguardo che :” … va sottolineato che, come ricordato, l'art. 15, comma 14, è entrato in vigore il 6 luglio 2012… La misura di riduzione che i privati sono chiamati a sopportare non può essere ritenuta un onere individuale eccessivo, sia per i tempi con i quali è stata imposta, sia perché, come visto;non va intesa come riferita alle prestazioni già legittimamente erogate, prima della sua entrata in vigore… sia ancora perché essa comporta riduzioni quantitative alquanto modeste e calibrate in considerazione delle aspettative di credito degli operatori sanitari, in una percentuale minore per il periodo più ravvicinato e un progressivo (pur sempre ridotto) aumento per i periodi successivi…”.
In buona sostanza la Corte Costituzionale ha statuito, per la legittimità costituzionale della norma censurata, precisi e ben determinati canoni applicativi, primo fra tutti il fatto che le riduzioni economiche debbano riguardare esclusivamente le prestazioni sanitarie erogate dopo il 6 luglio 2012, per cui, i riportati decrementi economici, si riferiscono solo alle prestazioni sanitarie successive a tale data.
Inoltre, la legittimità costituzionale della norma emerge anche dal fatto che la previsione normativa primaria “… comporta riduzioni quantitative alquanto modeste”.
In altri termini, la riduzione del budget, oltre ad essere quantificata secondo percentuali modeste (0,5%), è stata dalla Corte temporalmente individuata a far data solo dal 6 luglio 2012.
Inoltre, per un principio di logica, prima che di scienza medica, tale riduzione non può riguardare i pazienti presi in carico dalla struttura sanitaria prima di tale data nel caso in cui la patologia accusata e riscontrata ha richiesto un ricovero che si è protratto oltre tale data.
Non solo.
La Corte ha, poi, rilevato che il giudice a quo non ha rappresentato e praticato una possibile interpretazione alternativa della norma contestata secondo Costituzione, attività consentita dalla stessa lettera della legge e prospettata anche dalla Regione Lazio e dall'Avvocatura generale dello Stato:”… nel senso che essa non costringa le regioni ad applicare la medesima riduzione (dell'importo e del volume di acquisto) a tutti i contratti e a tutte le strutture private accreditate…”.
Con memoria depositata agli atti di causa la Regione Lazio ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica del gravame ad almeno uno dei controinteressati.
La censura non è fondata.
E’ insegnamento pacifico e costante del giudice amministrativo che le richieste di aumento del budget assegnato alle aziende sanitarie accreditate, afferendo ad un plafond comune e generalizzato, comportano, nel caso di un eventuale incremento dei fondi già assegnati ad una società, una conseguentemente diminuzione economica per tutte le altre aziende del settore.
Diversa è invece la vicenda per cui è causa in cui la ricorrente, come altre aziende, hanno lamentato il decremento del budget originariamente assegnato in conseguenza del provvedimento contestato e la richiesta di mantenere l’originaria assegnazione di fondi.
Ne consegue che le altre aziende sanitarie non potrebbero essere, in alcun modo, pregiudicate da un eventuale accoglimento dei gravami in esame che riguardano la originaria situazione soggettiva della ricorrente.
Infatti, la reazione giudiziaria in questa sede avanzata è finalizzata a ripristinare l’originario budget assegnato alla ricorrente senza alcun pregiudizio per le società concorrenti, le quali, per escludere il nocumento economico dovuto alla riduzione dei fondi, avrebbero dovuto, come hanno fatto, reagire con un autonomo ricorso giurisdizionale.
Tale orientamento è in linea con il recente insegnamento espresso dal Consiglio di Stato, in cui l’organo di appello, accogliendo il gravame avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 1672/2021, ha statuito che la sanzionata inammissibilità del ricorso, da parte del giudice di prime cure, per la mancata partecipazione dello stesso ad almeno un controinteressato del chiesto incremento del budget, non comporta la inammissibilità del gravame in quanto, mutuando le argomentazioni difensive, il giudice di appello ha statuito che budget richiesto :” non è il frutto di una ripartizione di un limite massimo di risorse … è invece il risultato del computo, distintamente per ciascuna struttura” ( Cons. St., Sez.III, n.522 del 2022).
Sempre la Regione Lazio ha contestato la inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, alla luce della sottoscrizione da parte della ricorrente degli accordi contrattuali relativi alle annualità in contestazione, inerenti le strutture San Raffaele Montecompatri, San Raffaele Cassino, San Raffaele Portuense, San Raffaele Rocca di Papa ed