TAR Catania, sez. II, sentenza 2021-10-20, n. 202103125

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2021-10-20, n. 202103125
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202103125
Data del deposito : 20 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/10/2021

N. 03125/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00194/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 194 del 2021, proposto da MD spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato B L D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Catania, via Milano n. 85;

contro

il Comune di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato S A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento,

previa misura cautelare,

- del provvedimento della Direzione sviluppo attività produttive del Comune di Catania n. 06/1314 del 15 dicembre 2020, con il quale si ordina la chiusura dell’esercizio a decorrere dal ventesimo giorno successivo alla notifica, per un periodo non inferiore a cinque giorni;

- di ogni ulteriore provvedimento presupposto, connesso o consequenziale, ancorché non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catania;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2021 il dott. D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente espone:

- di aver acquisito dalla Roberto Abate spa, giusto contratto di cessione di ramo d’azienda del 22 maggio 2019, tra l’altro, la titolarità di un esercizio commerciale in Catania, Viale Vittorio Veneto n. 60, avente ad oggetto il commercio al dettaglio di prodotti alimentari e non;

- di aver, per tale punto vendita, presentato al Comune di Catania specifica “Comunicazione per il subingresso attività”, con avvio dal 18 luglio 2019;

- che, in data 30 giugno 2020, la Polizia municipale le ha contestato l’occupazione abusiva di mq. 4 di suolo pubblico, mediante la collocazione di passerella/scivola, senza essere in possesso della prevista concessione;

- che, in ragione di tale contestazione, la Direzione sviluppo attività produttive del Comune di Catania, con provvedimento n. 6/1314 del 15 dicembre 2020, notificato in data 4 gennaio 2021, ha disposto la chiusura dell’esercizio a decorrere dal ventesimo giorno successivo alla notifica del provvedimento fino al pieno adempimento dell’ordine di ripristino dei luoghi “per un periodo non inferiore a cinque giorni”.

Affida quindi il ricorso, notificato via PEC il 30 gennaio 2021 e depositato il 3 febbraio 2021, ai seguenti motivi.



1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 16, l. 15.7.2009 n. 94, dell’art. 20 del d. lgs. n. 285/1992, dell’art. 3 della l. n. 241/1990;
eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, difetto d’istruttoria e dei presupposti, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, sviamento;
violazione dell’art. 41 della costituzione, e dei principi di legalità e tipicità e del principio di proporzionalità. La passerella/scivola per l’accesso facilitato al punto vendita in questione sarebbe dotata del relativo provvedimento autorizzatorio (n. 400 del 7 giugno 2012), rilasciato dal Comune di Catania in favore di società da cui la società ricorrente avrebbe acquistato il ramo d’azienda comprendente il punto vendita di cui si tratta e, pertanto, nessuna occupazione abusiva di suolo pubblico potrebbe essere contestata (parte ricorrente precisa anche di aver presentato al Comune di Catania specifica “Comunicazione per il subingresso attività”, con avvio dal 18 luglio 2019);
difetterebbe quindi il presupposto dell’ indebita occupazione di suolo pubblico richiesto dal comma 16 dell’art. 3 della legge 94/2009. Sarebbe ragionevole, secondo la prospettazione di parte ricorrente, ritenere che la sanzione della chiusura, per la sua particolare incisività, sia preordinata a colpire le ipotesi delle occupazioni abusive in difetto assoluto di qualunque titolo, tali da dar vita ad una indiscriminata occupazione del suolo pubblico, ma non i casi in cui – come nella fattispecie in esame – sussisterebbe un titolo, postulando questo l’avvenuta verifica dell’amministrazione in ordine alla compatibilità tra l’occupazione di uno specifico spazio del territorio e la tutela del patrimonio pubblico cittadino. A comprova, la stessa ordinanza sindacale n. 65/2017, in forza della quale sarebbe stata adottata la determinazione dirigenziale impugnata, disporrebbe l’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 3, comma 16, della legge 94/2009, nei casi di occupazione di suolo pubblico “privo di titolo concessorio” e “ai fini di commercio”.



2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge 241/1990 e dell’art. 6 della legge 77/1997;
eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione. Non sarebbe stata data comunicazione di avvio del procedimento, nonostante il lasso di tempo trascorso tra la contestazione da parte della Polizia Municipale (30 giugno 2020) e il provvedimento di chiusura (15 dicembre 2020), non sarebbero stati posti in essere gli adempimenti procedimentali imposti dalla legge a tutela della partecipazione al procedimento amministrativo del destinatario del provvedimento, ciò che non avrebbe consentito alla società ricorrente di dare conto delle proprie ragioni e di portare la documentazione idonea a dimostrare l’insussistenza dei presupposti per la sanzione della chiusura, applicabile invece ai casi di integrale abusività;
risulterebbe altresì violata anche la norma di garanzia dettata dall’art. 6 della legge 77/1997, ad oggi vigente, che prevedrebbe, previa diffida, la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre giorni.

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