TAR Venezia, sez. II, sentenza 2013-06-13, n. 201300825

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2013-06-13, n. 201300825
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201300825
Data del deposito : 13 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00456/2012 REG.RIC.

N. 00825/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00456/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 456 del 2012, proposto da:
C M, C S, rappresentati e difesi dall'avv. A F, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo Tribunale ai sensi dell’art. 25 del Codice del Processo Amministrativo.

contro

Comune di Castelgomberto, rappresentato e difeso dall'avv. D M, con domicilio eletto presso Gabriele De Gotzen in Venezia-Mestre, viale Garibaldi, n. 1/I;

nei confronti di

L T, parte non costituita in giudizio.

per l'annullamento,

del provvedimento emesso dal Responsabile Settore 4° Tecnico del Comune di Castelgomberto in data 16/1/2012 prot. n. 443, con cui è stato rigettata l'istanza depositata dai ricorrenti in data 17/2/2011 prot. n. 1865 relativa alla sanatoria per modifica prospetti sull'immobile di Castelgomberto, via Sturzo 54;

dell'ordinanza emessa dal Responsabile Settore 4° Tecnico del Comune di Castelgomberto il 7/3/2012 prot. n. 7, con cui è stato ordinato agli stessi di demolire - a propria cura e spese - le opere abusivamente realizzate, come individuate in premessa e comunque tutte quelle opere oggetto di istanza di sanatoria depositata in data 17/2/2011 prot. n. 1865 rigettata con provvedimento in data 16/1/2012 prot. n. 443, ripristinando contemporaneamente lo stato originario dei luoghi, entro il termine perentorio di giorni 90 decorrenti dalla data di notifica del provvedimento;

della comunicazione di avvio del procedimento e contestuale comunicazione ex art. 10 bis L. 241/90 del 30/8/2011 prot. n. 9828, per quanto di interesse, nonchè per il risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Castelgomberto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A seguito del compimento di alcuni lavori di ampliamento della terrazza e di realizzazione di una pompeiana il Comune di Castelgomberto, in data 20/09/2010 e nel corso del sopralluogo sull’immobile dei ricorrenti, rilevava che sul fronte ovest dell’edificio, in corrispondenza della terrazza dell’ultimo piano, risultava eseguito “ un innalzamento della canna fumaria preesistente …in modo adiacente al muro perimetrale dell’edificio ”.

Nel rilevare una situazione difforme rispetto a quanto autorizzato, l’Amministrazione comunale emanava la comunicazione di avvio del procedimento “ volto alla determinazione delle sanzione amministrative ed alla emissione dei provvedimenti conseguenti, di cui all’art. 37, 35 e 23 del Dpr 380/2001 e della L. Reg. 61/1985 ”.

Seguiva l’emanazione dell’ordinanza n. 41 (prot n. 12794) del 22/11/2010 con la quale si intimava ai ricorrenti la demolizione delle opere abusive con il ripristino dello stato dei luoghi relativamente al camino.

I ricorrenti presentavano un’istanza di sanatoria, in data 17/02/2011, per la modifica dei prospetti e per regolarizzare ulteriori e differenti abusi, tra i quali, si ricomprendeva la canna fumaria da demolire, l’installazione di un climatizzatore esterno, l’innalzamento di ulteriori canne fumarie sopra la veranda, la realizzazione di un caminetto all’interno del portico veranda e di un altro sul poggiolo ovest, nonché l’installazione di alcuni serramenti esterni.

L’Amministrazione riteneva necessario richiedere alcune modifiche all’istanza così presentata, unitamente alla richiesta di fornire un nulla - osta da parte dell’assemblea condominiale e con riferimento ai manufatti realizzati.

Dopo aver acquisito la documentazione richiesta, l’Amministrazione comunale emanava la comunicazione di avvio del procedimento e contestuale comunicazione ex art. 10 bis della L. n. 241/90, alla quale seguiva il provvedimento n. 443 di rigetto dell’istanza depositata in data 17/02/2011.

Veniva, altresì, emanato l’ordine di demolizione n. 7 con il quale si intimava agli attuali ricorrenti la demolizione a propria cura delle opere oggetto dell’istanza di sanatoria.

Detti ultimi provvedimenti venivano impugnati presso questo Tribunale, sostenendo l’esistenza dei seguenti vizi.

Con riferimento al rigetto della sanatoria si rilevava la violazione dell’art. 20 del Dpr 380/2001, unitamente, all’assenza del nulla osta da parte dell’assemblea condominiale, diretto ad autorizzare le modifiche di cui si tratta.

Si contestava, altresì, la mancata permanenza delle condizioni per l’utilizzo dei camini indicati negli elaborati grafici con il nr. 2;
la correttezza del contenuto degli elaborati grafici depositati in data 03/08/2011 con riferimento alla necessità che detti comignoli fossero sopraelevati di almeno 1 metro;
la circostanza che per i rimanenti abusi l’Amministrazione non avrebbe fatto luogo al preavviso di rigetto.

Per quanto attiene il provvedimento demolitorio si sosteneva la “piccola entità” degli abusi, rilevando come gli stessi avrebbero dovuto essere sottoposti alla disciplina propria dell’edilizia residenziale libera o della DIA.

Si costituiva l’Amministrazione comunale che rilevava, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad un soggetto effettivamente controinteressato, chiedendo comunque che venisse integrato il contraddittorio qualora la notifica posta in essere fosse stata considerata legittima.

Sempre il Comune di Castelgomberto chiedeva, in subordine, il rigetto del ricorso in quanto infondato nel merito.

All’udienza del 22 Maggio 2013, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va respinto in relazione ai motivi di seguito precisati.

1. In primo luogo va rilevato come sia possibile prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità, per mancata notifica al controinteressato, in considerazione dell’evidente infondatezza del ricorso.

2. Con il primo motivo parte ricorrente sostiene la violazione dell’art. 20 del Dpr 380/2001, nella parte in cui detta norma viene menzionata nel provvedimento impugnato per rilevare la violazione del termine, in essa previsto, e con riferimento alla presentazione delle modifiche richieste dall’Amministrazione comunale.

2.1 La censura è infondata.

2.2 Il riferimento alla disposizione citata evidenzia come l’Amministrazione, richiamando l’art. 20, intendesse contestare che, malgrado l’intervenuta richiesta di integrazione del permesso di costruire in sanatoria, lo stesso ricorrente non aveva provveduto entro i termini previsti e, comunque, nel senso richiesto dall’Amministrazione comunale.

2.3 Si consideri, infatti, che la comunicazione del 23/06/2011 prevede la fissazione del termine di 15 giorni entro il quale il ricorrente avrebbe dovuto depositare la documentazione richiesta e, ciò, ai sensi del comma 4 dell’art. 20 del Dpr 380/2001.

2.4 E’, allora, del tutto evidente che nella lett. A) del diniego impugnato, l’Amministrazione intendesse rilevare il solo superamento del termine sopra citato, senza per questo riferirsi all’eventuale formazione del silenzio assenso in materia di permesso di costruire, così come vorrebbe parte ricorrente e sulla base della disciplina introdotta in modifica dell’art. 20 sopra citato.

2.5 E’ infondata, altresì, l’ulteriore eccezione contenuta nel motivo di cui si tratta, laddove il ricorrente rileva che sull’istanza presentata si sarebbe formato il silenzio assenso, in considerazione della sopravvenuta modifica dell’art. 20 del Dpr 380/2001.

2.6 Sul punto va ricordato che il formarsi del silenzio assenso è ora strettamente correlato alla presentazione di una corretta documentazione e, soprattutto, di un’idonea relazione asseverativa che attesti il rispetto delle disposizioni urbanistiche vigenti nel Comune di riferimento, circostanze queste ultime inesistenti nel caso di specie.

Il motivo è, pertanto, infondato.

3. Nel secondo motivo di ricorso, con riferimento alla lettera B) del provvedimento di diniego, si censura il comportamento dell’Amministrazione comunale nella parte in cui ha fondato il rigetto sulla mancata presentazione dell’autorizzazione o nulla osta dell’assemblea condominiale, in quanto diretto ad autorizzare le modifiche apportate.

3.1 Parte ricorrente sostiene, infatti, la non necessità di acquisire l’autorizzazione di cui si tratta in quanto le singole canne fumarie sarebbero di proprietà dei singoli condomini e non dell’intero condominio.

L’eccezione è infondata.

3.2 L’Amministrazione comunale nella richiesta di integrazione documentale ha rilevato, e successivamente dimostrato, che i ricorrenti hanno provveduto a “segare” le canne fumarie di cui si tratta e poi riprovveduto a riposizionarle e, ciò, con riferimento a manufatti che, comunque, non risultavano essere di proprietà degli attuali istanti.

A seguito di detto accertamento il Comune di Castelgomberto ha richiesto l’esibizione di un atto di assenso condominiale ai sensi di quanto previsto dall’art. 1117 n. 3 del codice civile, laddove detta disposizione considera le canne fumarie quali parti comuni dell’edificio.

3.3 Ne consegue come sia del tutto legittimo il comportamento dell’Amministrazione comunale che, sia in sede di adozione del preavviso di rigetto sia, ancora, nel successivo provvedimento definitivo, ha rilevato che le dichiarazioni presentate non rivestissero la fattispecie della delibera condominiale e, comunque, non fossero idonee ad attestare un atto di assenso, dei singoli e presunti proprietari, alla realizzazione degli abusi contestati.

3.4 Si consideri che, anche a seguito del preavviso di rigetto – e dei rilievi sul punto espressi dal Comune -, parte ricorrente non ha dimostrato né, con certezza la proprietà esclusiva dei rimanenti condomini né, ancora, l’inesistenza di una legittimazione del Condominio.

3.5 E’ comunque necessario precisare come l’accertamento di detta circostanza, se è utile a rilevare il mancato ottemperamento ad una richiesta di integrazione documentale, è comunque ininfluente alla decisione del caso di specie.

3.6 Risulta infatti dirimente, a prescindere dal soggetto proprietario dei camini di cui si tratta, constatare la presenza di un abuso edilizio, la violazione delle disposizioni urbanistiche e, ancora, la realizzazione di un manufatto in assenza di un atto di assenso dei legittimi proprietari (qualunque essi siano) che, quanto meno, intendessero inequivocabilmente ed espressamente fare proprie le modifiche prospettiche e l’incidenza delle stesse sul lastrico solare.

3.7 E’ necessario, altresì, constatare la “genericità” del contenuto delle dichiarazioni presentate e, ciò, anche nell’eventualità si ritenesse di accogliere le argomentazioni di parte ricorrente nella parte in cui asserisce che i camini di cui si tratta sono di proprietà dei singoli condomini, senza che possa sul punto rinvenirsi alcuna legittimazione e competenza dell’intero condominio.

3.8 Dette dichiarazioni si limitano a richiedere ai singoli condomini la sottoscrizione di un atto, nell’ambito del quale, il ricorrente afferma di aver presentato un’istanza di sanatoria per la realizzazione di alcune “ modifiche prospettiche ”, senza che vi sia alcun riferimento all’attività di spostamento e riposizionamento dei camini e, ancora, alla necessità di richiedere una qualche autorizzazione in questo senso.

Nella stessa dichiarazione non vi è nemmeno l’attestazione che i dichiaranti siano effettivamente proprietari dei camini di cui si tratta né, ancora, che gli stessi esauriscano le proprietà interessate dagli abusi contestati.

3.9 Ne consegue che in mancanza di una dichiarazione idonea a legittimare l’opera di spostamento e di riposizionamento dei singoli comignoli, in quanto riferita a ciascuno degli effettivi proprietari degli stessi, il provvedimento di rigetto del permesso di sanatoria costituisce un atto dovuto.

4. E’ del tutto evidente come non si possa condividere l’ulteriore argomentazione diretta ad evidenziare che il Comune non avrebbe dovuto richiedere alcuna autorizzazione in considerazione del fatto che l’utilizzo delle parti comuni rientrerebbe nell’ambito dei rapporti civilistici, non di competenza dell’Amministrazione comunale.

4.1 Sul punto è la stessa parte ricorrente che ricorda quanto previsto da un costante insegnamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. IV, 11-04-2007, n. 1654) laddove si precisa che “ In materia di concessione edilizia, l'Amministrazione ha il potere - dovere di subordinare il rilascio della concessione al consenso di tutti i proprietari per la parte di intervento che interessa le parti comuni, avendo questi, nei confronti dell'atto concessorio, non la posizione di terzo, ma quella di contitolare di un diritto, che, per la parte idealmente spettante, non può, invito domino, essere modificata o compressa dall'Amministrazione ”.

4.2 Costituisce, altresì, applicazione di un ulteriore orientamento consolidato (per tutti si veda T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 31-03-2009, n. 196) che la formula di stile " salvi i diritti dei terzi ", utilizzata con riferimento al provvedimento di sanatoria, indica semplicemente che il provvedimento autoritativo, non comporta la modifica unilaterale dei diritti soggettivi propri dei soggetti terzi.

4.3 Questi ultimi conservano, pertanto, tutta la loro estensione, potendo continuare a ricevere tutela anche in sede civile, sia sotto forma di risarcimento che di riduzione in pristino, accedendo (ad esempio in materia di violazione delle distanze codicistiche) alla cd. doppia tutela, davanti al giudice ordinario e a quello amministrativo (si veda anche Consiglio di Stato sentenza 24 ottobre 1996, n. 1273).

5. Nel caso di specie l’Amministrazione nel corso dell’istruttoria, senza svolgere un’indagine attinente al piano civilistico, si è limitata a constatare la mancanza di una situazione di certezza circa la titolarità dei manufatti di cui si tratta, richiedendo una documentazione integrativa che fosse idonea ad assentire le modifiche autonomamente poste in essere dal ricorrente.

Come ha confermato un ulteriore e recente pronuncia (Cons. Stato Sez. IV, 25-02-2013, n. 1144) “ l’'art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (riprodotto dall'art. 11 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - T.U. Edilizia), nel prevedere che la concessione edilizia (oggi permesso di costruire), sia rilasciata "al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo", prevede anche che, in sede di rilascio, il Comune è tenuto a verificare la legittimazione soggettiva del richiedente, con il solo limite di non poter procedere d'ufficio ad indagini su profili della stessa che non appaiano controversi.

5.1 Detto orientamento ha sancito il principio che l’Amministrazione non può limitarsi alla verifica dell'esistenza del possesso dell'area (e cioè del concreto esercizio, da parte del richiedente del potere sulla cosa) tutte le volte che insorgano dubbi circa la titolarità della domanda.

Ne consegue l’infondatezza della censura dedotta.

6. E’ infondato anche il terzo motivo mediante il quale parte ricorrente censura quanto contenuto nella lett. c) del provvedimento di diniego laddove l’Amministrazione comunale, con riferimento della mancata dimostrazione - nella relazione di parte – “ circa il permanere delle condizioni di norma per l’utilizzo dei camini indicati negli elaborati grafici con il nr. 2 ….per lo spostamento della posizione originaria con conseguente dissassamento ”.

Con riferimento a quanto contenuto nel disposto sopra citato parte ricorrente si limita ad affermare che il camino di cui si tratta non era stato collegato ai relativi canali, con la conseguenza che detti camini risulterebbero, tutt’ora, non funzionanti.

6.1 L’eccezione non è di pregio e va rigettata in quanto, lungi dal contestare la mancata sussistenza delle condizioni per l’utilizzo, ci si limita a constatare la mancanza di funzionalità dei manufatti abusivamente spostati.

7. Nel quarto motivo del ricorso, e con riferimento alla lett. d) del provvedimento impugnato si rileva, contrariamente a quanto affermato dal Comune di Castelgomberto, la correttezza del contenuto degli elaborati grafici depositati in data 03/08/2011 rispetto alle modifiche richieste e, ciò, con riferimento alla necessità che detti comignoli siano sopraelevati di almeno 1 metro rispetto all’estradosso delle coperture.

7.1 L’esame degli atti consente di rilevare come la disposizione di riferimento, e quindi l’art. 75 comma 4 del Regolamento Edilizio sia violata, certamente, per quanto riguarda il camino n. 2.

7.2 Per quanto riguarda i rimanenti camini le eccezioni di parte ricorrente, dirette a rilevare il rispetto del limite sopra citato, sono smentite avendo a riguardo il posizionamento dell’edificio principale, struttura alla quale riferirsi nel computo del limite minimo di un metro.

Sul punto, infatti, è possibile applicare quell’orientamento giurisprudenziale che, seppur con riferimento ad una fattispecie parzialmente diversa, ritiene che si debba far riferimento all’edificio principale – e non a quello adiacente - per il calcolo del limite di cui all’art. 75 sopra citato (Cons. di Stato n. 5474/2011).

Ne consegue che, nel caso di specie, sussiste la violazione contestata, con conseguente legittimità del provvedimento impugnato.

8. E’ infondato anche il quinto motivo del ricorso mediante il quale si sostiene che per i rimanenti abusi (l’installazione di un climatizzatore esterno, l’innalzamento delle canne fumarie, la realizzazione di un caminetto) l’Amministrazione non avrebbe fatto luogo al preavviso di rigetto, circostanza che a parere del ricorrente avrebbe determinato il formarsi del silenzio assenso sull’istanza presentata dai ricorrenti.

8.1 Dall’esame del provvedimento impugnato risulta evidente che, la mancanza di autorizzazione del condominio, è stata riferita a tutte le opere oggetto dell’istanza e, non quindi, ai soli camini e, ciò, anche a prescindere dall’applicabilità – che pure è inequivoca nel caso di specie – del disposto di cui all’art. 21 octies della L. n. 241/90.

8.2 Non risulta condivisibile nemmeno la ricostruzione giuridica che vorrebbe operante il silenzio assenso in materia di permesso di costruire.

Sul punto, infatti, al di là della generale previsione di cui all’art. 20 del Dpr 380/2001, risulta applicabile la disciplina del silenzio rigetto così come disposta, in materia di sanatoria, dall’art. 36 comma 3 della stessa norma, conseguente al decorrere di 60 giorni dalla presentazione dell’istanza.

Il motivo è, pertanto, infondato.

9. Per quanto attiene il provvedimento demolitorio va rilevato come quest’ultimo sia stato impugnato sia, per sia vizi propri sia, ancora, per vizi di illegittimità derivata (contenuti nel sesto motivo), questi ultimi da ritenere inesistenti in considerazione della asserita legittimità del provvedimento di diniego.

10. Nel settimo e ottavo motivo si sostiene la “piccola entità” delle opere in relazione alle quali il Comune ha ordinato la demolizione, in quanto suscettibili di rientrare nell’ambito dell’edilizia residenziale libera.

L’argomentazione non è condivisibile.

Sul punto va ricordato come la realizzazione dei camini sia avvenuta in difformità di un precedente permesso di costruire, circostanza che ha reso indispensabile l’esperimento della procedura di cui all’art. 36 del Dpr 380/2001.

E’, allora, applicabile quell’orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 01-10-2012, n. 4005) nell’ambito del quale si è sancito che “ non può configurarsi come elemento meramente accessorio dell'edificio, la realizzazione di una canna fumaria, che, pur non consistendo in opere murarie, in quanto realizzata in metallo od altro materiale, vada a soddisfare esigenze non precarie del costruttore, ciò comportando una modifica del prospetto e della sagoma del fabbricato cui inerisce, riconducendosi tale intervento nell'ambito delle opere di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. Edilizia), realizzate mediante inserimento di nuovi elementi ed impianti, assoggettato al regime del permesso di costruire ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso D.P.R” ..

10.1 I camini di cui si tratta non sono suscettibili nemmeno di rientrare nella disciplina della c.d. DIA e, ciò, considerando come con gli stessi si sia posta in essere una modifica dei prospetti dell’edificio e delle parti comuni.

E’, inoltre, necessario evidenziare come la parte ricorrente abbia ritenuto di inserire tutte le opere sopra ricordate all’interno dell’istanza di sanatoria di cui si tratta, il cui rigetto non può che determinare il ripristino della situazione quo ante.

Deve essere rigettata anche la richiesta di risarcimento del danno sia, in quanto non conseguente all’illegittimità dei provvedimenti impugnati sia, in quanto, non provata con riferimento al caso di specie.

Il ricorso è, pertanto, infondato e va respinto.

La complessità della fattispecie esaminata consente di disporre la compensazione delle spese tra le parti in giudizio.

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