TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-11-04, n. 201601085
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Pubblicato il 04/11/2016
N. 01085/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00475/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 475 del 2016, proposto da:
Nuova Recovery Car srl con sede ad Arenzano in persona del legale rappresentante in carica
signor G O
entrambi rappresentati e difesi dall’avvocato A M presso il quale hanno eletto domicilio a Genova in via xxv aprile 11/A3, scala B;
contro
Ministero dell’interno in persona del ministro in carica
Ministero della difesa in persona del ministro in carica
Ministero dell’economia e delle finanze in persona del ministro in carica, tutti rappresentati e difesi dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, con domicilio presso l’ufficio
Comune di Arenzano in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato R D, con domicilio eletto presso di lui a Genova in via Corsica 10/4
Camera di commercio industria artigianato ed agricoltura di Genova in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado e Daniele Papone, con domicilio eletto presso il primo a Genova in via Fieschi 6/4;
per l'annullamento
del provvedimento 3.5.2016, n. 23737 del prefetto di Genova
del provvedimento 25.5.2016, n-. 62 del comune di Arenzano
del provvedimento 1.6.2016, n. 9027 del conservatore del registro delle imprese presso la CCIAA di Genova
della nota 3.5.2016, n. 23740 del prefetto di Genova
delle note di trasmissione del provvedimento prefettizio 3.5.2016
della nota prot. 11625 del comune di Arenzano
delle note 11.10.2014, n. 70203/13-4-P, 6.3.2015, n. 70203/13-6-P, 27.2.2016, 70203-/15-15P, 15.3.2015, n. 238567/18-P del comando provinciale dei carabinieri di Genova
delle note 20.5.2015, n. 3793, 17.11.2015, n. 7661, 22.2.2016, n. 857 del centro operativo DIA di Genova
della nota 10.3.2016, n. 50978/2016 del nucleo di polizia tributaria di Genova
Visti il ricorso e i relativi allegati;
visti i decreti 31.5.2016, n. 106 e 9.6.2016, n. 120 del presidente del tribunale amministrativo
visti gli atti di costituzione in giudizio dei ministeri dell’interno, della difesa e dell’economia e finanze;
visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Arenzano e della CCIAA di Genova
vista la propria ordinanza 7.7.2016, n. 140
visti gli atti e le memorie depositate;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2016 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Nuova Recovery Car srl ed il signor G O si ritennero lesi dagli atti indicati nell’epigrafe per cui chiesero ed ottennero la sospensione interinale dell’esecuzione dei provvedimenti gravati con i decreti 31.5.2016, n. 106 e 9.6.2016, n. 120 del presidente del tribunale amministrativo. Essi hanno poi notificato l’atto 14.6.2016, depositato il 17.6.2016, con cui denunciano:
SUL PROVVEDIMENTO DEL PREFETTO DI GENOVA
Violazione degli artt. 4-13, 67, 83, 84, 85, 87, 88, 89, 89 bis, 90, 91 e 92 del d.lvo 6.9.2011, n. 159, degli artt. 3 e 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza dell’istruttoria, dei presupposti, illogicità, ingiustizia, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 4-13, 67, 83, 84, 85, 87, 88, 89, 89 bis, 90, 91 e 92 del d.lvo 6.9.2011, n. 159, dell’art. 2 comma 1 lett. d) del d.lvo 13.10.2014, n. 153, degli artt. 3, 7, 8 e 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza dell’istruttoria, carenza dei presupposti, illogicità, ingiustizia, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 4-13, 67, 83, 84, 85, 87, 88, 89, 89 bis, 90, 91 e 92 del d.lvo 6.9.2011, n. 159, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., degli artt. 3, 7, 8 e 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per carenza dell’istruttoria, carenza dei presupposti, illogicità, ingiustizia, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 4-13, 67, 83, 84, 85, 87, 88, 89, 89 bis, 90, 91 e 92 del d.lvo 6.9.2011, n. 159, violazione degli artt. 3, 7, 8 e 10bis della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza istruttoria, dei presupposti, illogicità, ingiustizia, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 3, 22, 23 e 24 della legge 7.8.1990, n. 241, dell’art. 3 del dm 415 del 1994, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto dei presupposti, illogicità manifesta, difetto di motivazione.
SUL PROVVEDIMENTO DEL COMUNE DI ARENZANO 25.5.2016, n. 3162
Illegittimità derivata
Violazione degli artt. 10 della legge 575 del 1965, degli artt. 67 e 91 del d.lvo 159 del 2011, dell’art. 71 del dpr 445 del 2000, dell’art. 21 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto dei presupposti, travisamento del fatto, illogicità, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 10 della legge 575 del 1965, degli artt. 67 e 91 del d.lvo 159 del 2011, dell’art. 71 del dpr 445 del 2000, dell’art. 21 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto dei presupposti, travisamento del fatto, illogicità, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 10 della legge 575 del 1965, degli artt. 67 e 91 del d.lvo 159 del 2011, dell’art. 71 del dpr 445 del 2000, dell’art. 21 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto dei presupposti, travisamento del fatto, illogicità, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 41 e 97 cost., eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto dei presupposti, travisamento del fatto, illogicità, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
SUL PROVVEDIMENTO DEL CONSERVATORE DEL REI
Violazione degli artt. 7, 8 e 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 41 e 97 cost., eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza dell’istruttoria, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 67, 84, 89 bis, 91 e 92 del d.lvo 159 del 2011, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza dell’istruttoria, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 67, 84, 88, 89 bis, 91 e 92 del d.lvo 153 del 2011, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza dell’istruttoria, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 67, 84, 88, 89 bis, 91 e 92 del d.lvo 153 del 2011, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza dell’istruttoria, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Violazione degli artt. 67, 84, 88, 89 bis, 91 e 92 del d.lvo 153 del 2011, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, degli artt. 24, 27, 41 e 97 cost., eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza dell’istruttoria, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione.
Si sono costituiti in causa con memoria i ministeri resistenti chiedendo respingersi la domanda;si sono altresì costituiti in giudizio il comune di Arenzano e la camera di commercio di Genova.
Con ordinanza 7.7.2016, n. 140 il tribunale ha accolto la domanda cautelare.
Le parti hanno depositato memorie e documenti.
1.Il contendere ha per oggetto la legittimità dell’informativa antimafia interdittiva redatta dal prefetto di Genova nei confronti della società interessata, a carico della quale si sono evidenziati degli elementi che farebbero pensare ad un’infiltrazione della criminalità nel tessuto economico del ponente genovese.
Dopo tale iniziativa il comune di Arenzano ha ravvisato delle illegittimità nelle dichiarazioni con cui la parte aveva ottenuto i titoli necessari per l’inizio dell’attività di autocarrozzeria che viene svolta in via Festa 23.
Successivamente il conservatore del registro delle imprese della CCIAA di Genova ha disposto l’iscrizione della cessazione dell’attività in questione.
2.L’impugnazione delle determinazioni esposte è affidata alle censure che vanno partitamente esaminate: quelle che riguardano l’atto prefettizio presupposto agli altri due vanno conseguentemente apprezzate in via pregiudiziale.
3.La doglianza iniziale contesta che il procedimento dell’amministrazione statale non avrebbe dovuto neppure essere iniziato, in quanto la previsione dell’art. 67 del d.lvo 159 del 2011 limita l’obbligo degli enti pubblici di richiedere la comunicazione antimafia allorché si tratta del rilascio di titoli abilitativi o licenze commerciali da parte dei comuni o della CCIAA, e non già come nella specie quando si fa questione di atti privati come la scia, la cila o la dia.
Il collegio non può concordare con la censura, posto che la minore sorveglianza che la normativa ha previsto, tra le altre, per le attività commerciali ed edilizie ha lo scopo di sveltire gli adempimenti richiesti a coloro che intendono intraprendere un’attività di rilievo economico. La normativa ha perciò affidato il conseguimento di tale obiettivo a quello che la giurisprudenza amministrativa ha infine configurato come un atto privato, i cui effetti acquistano valenza autorizzatoria e possono essere annullati dall’amministrazione pubblica avvalendosi delle norme sull’autotutela.
Al contrario le previsioni denunciate sono state introdotte in diverse occasioni (la prima rimonta al 1965), in parallelo con la presa di coscienza da parte della società civile e del ceto politico dell’influsso distorsivo spiegato sull’economia italiana dall’ingresso dei capitali e dei metodi mafiosi. Non può pertanto ritenersi che la menzione fatta dalla norma denunciata alle licenze commerciali od ai titoli abilitativi escluda dal suo ambito di applicazione i titoli conseguiti dai privati con il deposito di una scia o di un consimile atto privato: ciò frustrerebbe lo scopo della normativa in questione, che è invece quello di sottoporre l’economia ad un controllo penetrante ai fini per cui è lite, così da salvaguardarne i principi fondanti che il fenomeno mafioso mira invece a sovvertire.
Il primo motivo è pertanto infondato e va disatteso.
4.La seconda doglianza denuncia invece l’attività prefettizia nella parte in cui alla richiesta comunale di una comunicazione antimafia ha fatto seguire l’adozione dell’informativa antimafia interdittiva.
Con una prima censura i ricorrenti osservano che le richieste del comune di Arenzano rimontano ai mesi di maggio e giugno del 2014, quando non era ancora entrato in vigore l’art. 89 bis del d.lvo 159 del 2011, che ha appunto previsto la possibilità di adottare l’informativa interdittiva qui contestata.
La norma è stata introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. d), d.lvo 13 ottobre 2014, n. 153, con decorrenza dal 26 novembre 2014 ai sensi di quanto disposto dall'art. 6, comma 1, del medesimo d.lvo n. 153/2014, sì che a tenore della doglianza esso non sarebbe stato applicabile ad un procedimento aperto dal comune nei tempi e nei modi indicati.
Al riguardo il collegio aveva ritenuto di non poter disattendere il motivo nel corso della fase cautelare, ravvisando la gravità del danno che il provvedimento ha arrecato all’attività imprenditoriale in corso che occupava sino a sette dipendenti, tenendo conto appunto del rilevato sfasamento temporale tra l’apertura dei procedimenti e la norma applicata dall’amministrazione statale.
In questa sede di merito va preso atto della tesi sostenuta dalla difesa erariale e da quella comunale, che sottolineano come le norme transitorie contenute nell’art. 5 comma 2 del d.lvo 13.10.2014, n. 153 non consentono di riservare favorevole considerazione alla censura: infatti esse ammettono la possibilità che le richieste di dichiarazioni antimafia inoltrate prima dell’entrata in vigore della norma siano riscontrate con provvedimenti legittimati dalle norme entrate in vigore successivamente (nel caso, ai sensi dell’art. 89 bis), introducendo con ciò un’eccezione al generale principio della irretroattività delle disposizioni legislative prevista dall’art. 11 delle preleggi.
E’ noto al riguardo l’orientamento giurisprudenziale maturato in argomento, posto che la corte costituzionale ha più volte ribadito che la norma introdotta dall’art. 25 Cost. ha portata generale, ma va letta in modo tassativo solo per le disposizioni penali;al contrario per gli altri settori dell’ordinamento è in facoltà del legislatore derogare alla citata disposizione delle preleggi, in quanto trattasi di una norma sprovvista di forza modificativa previlegiata sugli altri precetti.
Tuttavia la discrezionalità legislativa è stata limitata in sede interpretativa, richiedendosi un coerente disegno normativo capace di conferire razionalità alla deroga all’importante principio di irretroattività.
Tale requisito sussiste nella fattispecie, posto che l’impianto che ha indotto all’entrata in vigore del d.lvo 153 del 2014 risponde ad una esigenza emergenziale derivata dalla consapevolezza acquista da Parlamento e Governo circa l’inadeguatezza delle misure sino ad allora in vigore a fronteggiare efficacemente l’influenza dei capitali e della mentalità mafiosi nell’economia.
Il motivo (II, sub 1) è pertanto infondato, dovendosi con ciò convenire con la difesa erariale e con quella comunale nella parte in cui allegano che l’art. 5 comma 2 del d.lvo 153 del 2014 consente che la richiesta della comunicazione antimafia inoltrata prima del 26.11.2014 possa essere riscontrata, ricorrendone i presupposti, anche con l’interdittiva prevista dall’art. 89 bis novellato nel frattempo.
5.La successiva doglianza (II sub 2) denuncia l’illegittimità del provvedimento, che non avrebbe tenuto conto del fatto che le comunicazioni richieste dal comune di Arenzano all’UTG di Genova riguardavano l’eventuale sussistenza delle cause ostative prevista dall’art. 67 del d.lvo 159 del 2011, e non già la possibilità che la società interessata fosse il veicolo per un’infiltrazione mafiosa nell’economia legale.
L’assunto non è fondato, posto che la funzione prevista dall’art. 89 bis censurato contempla appunto che sulla richiesta di una comunicazione antimafia l’organo statale possa adottare, se del caso, la più incisiva determinazione legittimata dalla norma citata.
6.E’ poi dedotto il vizio della tardività dell’atto del prefetto, che avrebbe violato i termini perentori previsti dalle disposizioni di cui all’art. 88 del d.lvo 159 del 2011 nel suo testo modificato dal d.lvo 153 del 2014: la disposizione prevede infatti uno spazio temporale di quarantacinque e settantacinque giorni, a seconda dei casi, per la deliberazione dell’amministrazione statale.
Il tribunale non può convenire neppure con questo motivo, posto che l’attività legittimata dall’art. 89 bis del d.lvo 159 del 2011 non si limita alla compulsazione delle banche dati, ma implica una più faticosa investigazione sulla possibilità che taluni soggetti, gruppi familiari o consessi malavitosi si siano inseriti o tentino di inserirsi nell’economia legale utilizzando gli strumenti giuridici ed economici a disposizione di tutti. Ne consegue che la determinazione dei termini dedotti in censura va riferita alle sole attività che richiamano la mera consultazione della banca dati o le attività di indagine direttamente conseguenti, e non già la più ampia considerazione del fenomeno che risulta rappresentata dagli atti impugnati.
Il secondo articolato motivo è pertanto infondato e va disatteso.
7.La terza censura contesta il mancato invio agli interessati delle comunicazioni previste dagli artt. 10 bis, 7 e 8 della legge 7.8.1990, n. 241, trattandosi di procedimenti nel corso dei quali la società ed il soggetto interessato avevano assunto la veste di vere e proprie parti.
Il tribunale amministrativo non può convenire con il motivo, benché le disposizioni denunciate costituiscano dei principi generali dell’ordinamento, che sono tuttavia derogabili allorché il legislatore ritenga che l’eccentricità della materia consigli una differente articolazione delle fasi procedimentali. E’ ciò che è avvenuto nella specie, posto che l’art. 88 4-quinquies del d.lvo 159 del 2011 prevede una differente modalità di comunicazione dei provvedimenti antimafia;si tratta di partecipare agli interessati le decisioni positive o negative dopo che queste sono state assunte, evitando che le fasi procedimentali siano influenzate dalla capacità pervasiva che il fenomeno mafioso sa assumere in determinate circostanze ed in precisi contesti.
Ne consegue che l’omissione delle comunicazioni in questione non integra l’illegittimità denunciata, così come il tempo trascorso prima dell’adozione dell’atto impugnato non configura il vizio dedotto, attesa la rilevante complessità degli accertamenti conclusi.
Anche questo motivo è pertanto infondato e va disatteso.
8.La quarta censura riguarda il merito della vicenda.
La tesi esposta nel provvedimento è nel senso che i legami familiari e lavorativi che si intrecciano attorno alla figura del ricorrente signor G O configurano l’ipotesi normativa del tentativo di infiltrazione mafiosa nell’economia.
Non è pertanto contestata una condotta precisa, e per di più la determinazione si riferisce ad un tentativo di infiltrazione, assommando con ciò la considerazione normativa di due comportamenti non ancora posti concretamente in essere.
E’ ben nota la cautela spesa dal legislatore italiano nella configurazione delle fattispecie incriminatrici o semplicemente sanzionatorie che non prevedono il pieno compimento di una determinata condotta commissiva od omissiva.
I legislatori dei tempi moderni e degli stati rispettosi della libertà individuale hanno cercato di rifuggire dalla considerazione dell’illecito già nella fase dell’ideazione di una condotta, giungendo a considerare più desiderabile sanzionare soltanto i comportamenti interamente posti in essere. In talune occasioni si è tuttavia notato che determinate attività non ancora compiutamente poste in essere possono arrecare un danno sociale rilevante, sì che l’enunciato principio è stato disatteso per taluni profili.
Sintomatica è al riguardo la disposizione dell’art. 56 cp che limita ai soli delitti la punibilità della condotta che integra un mero tentativo e non anche una condotta pienamente conforme alla specie prevista dalla legge;il legislatore ha poi introdotto norme analoghe in materia finanziaria (contrabbando di merci e di valuta) ad anticipata protezione di comportamenti che la legge intendeva od intende evitare per meglio proteggere l’interesse finanziario della collettività.
L’ipotesi che viene in considerazione in questo giudizio evidenzia la presa d’atto del fatto che coloro che seguono modalità di agire qualificabili come mafiose pongono in essere delle condotte che sfuggono per lo più ai normali canoni della società contemporanea, dal che l’esigenza di investigare anche tali modi di essere, oltre alle condotte concretamente poste in essere;si tratta di un atteggiamento per molto tempo sconosciuto ad un legislatore che opera all’interno dei canoni fissati dalla Costituzione, ma che si giustifica nel quadro economico e sociale di questi anni.
Sono infatti da considerare alla stregua di fatti notori la capacità di inserimento e l’influenza che le risorse ed i metodi violenti o anche solo minacciosi riescono ad avere sull’economia lecita, distorcendone i meccanismi in modo sfavorevole per la collettività. E’ per ciò che le normative, anche quelle di cui si tratterà in prosieguo, hanno ritenuto opportuno anticipare la difesa sociale, sanzionando con l’impossibilità di svolgere attività altrimenti lecite od addirittura incentivate coloro che risultano sicuramente inseriti in contesti criminali che costituiscono mondi sinora impermeabili al contatto con la legalità.
9.Tanto premesso in linea generale si osserva che il prefetto di Genova ha ricollegato il positivo riscontro della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 89 bis muovendo dai legami familiari del ricorrente.
La prima censura proposta al riguardo è nel senso che egli è coniugato solo dal novembre 2013 con la signora M G C, i cui parenti od affini sono stati il principale oggetto delle investigazioni compiute;tuttavia non ha trovato smentita quanto osservato dalla difesa erariale nella memoria depositata il 19.9.2016 secondo cui il ricorrente e la sua attuale consorte ebbero un figlio nel 2007, e così molti anni prima della celebrazione del loro matrimonio.
Tale circostanza conferisce maggiore rilevanza ai rapporti, ormai quasi decennali, del s O con l’attuale moglie ed i di lei congiunti.
10.Ciò premesso in linea generale, si deve concordare in ordine ai precedenti del ricorrente sull’allegazione di cui alla censura, notando peraltro che quanto risulta a suo carico dalla lettura delle sentenze 3200/2003 della corte d’appello di Genova e 210/2008 del Gip di Genova denota un notevole spessore criminale estrinsecatosi nelle numerose telefonate estorsive rivolte alle parti offese, nonché nel rilievo del possesso di un’arma di rilevante potenza che aveva la matricola abrasa e che risultò provento di furto o rapina.
In tale situazione è ben possibile che l’interessato abbia mutato stile di vita, conformandosi ai canoni sociali oggi in vigore che prevedono la conformità a legge dell’attività di un cittadino e di un imprenditore;tuttavia la totale emenda delle condotte tenute al tempo del giudizi di cui s’è detto avrebbe dovuto essere corroborata dall’allontanamento dell’interessato dal mondo nel quale erano maturati i comportamenti delittuosi sottolineati dai giudici indicati.
11.Ciò non è avvenuto, posto che come sottolinea con dovizia di riferimenti il provvedimento gravato, il s O si contorna di persone che hanno rilievo per la giustizia penale, ovvero hanno stretti legami di parentela con esponenti della criminalità riconosciuta.
In tal senso il collegio deve esporre talune osservazioni che suonano inconsuete in un provvedimento giurisdizionale perché richiamano nozioni sociologiche sulla criminalità che opera in Italia in questi anni. In tal senso non hanno trovato confutazione nel ricorso né negli atti allegati le osservazioni secondo cui in determinati ambienti il legame familiare o di affiliazione (ad esempio per il battesimo) costituisce un vincolo che le persone così unite sogliono onorare in modo assai stretto. Tale dato di fatto risulta ben configurato nelle relazioni degli organi di polizia, è fatto proprio dal provvedimento prefettizio e recepisce un elemento desunto dall’esperienza investigativa di decenni, sì che può considerarsi provato che negli ambienti della criminalità di matrice organizzata (nella specie ‘ndrangheta di origine della Calabria) il legame familiare in senso lato costituisce un indubbio rafforzamento dell’attività illecita che può venir posta in essere dai singoli soggetti.
E’ per tale ragione che il legislatore si determinò nel 1982, non senza ostacoli, a introdurre nell’ordinamento penale la disposizione di cui all’art. 416 bis cp, poi più volte adattata ed integrata, che ha tra l’altro visto l’applicazione giurisprudenziale della previsione sul concorso del cosiddetto estraneo al fatto criminoso. Ne è derivato un oggettivo ampliamento dello spettro delle condotte di rilievo penale, cosa che nella specie consente di ritenere che anche ai fini extrapenali per cui è giudizio la costituzione di un gruppo di persone dedite al crimine e vincolate tra loro da legami di famiglia, affiliazione o consimile rivesta un rilievo che non può essere negato.
12.In tal senso è importante notare che la moglie del signor G O, signora M G C è:
•sorella della signora S, per anni moglie del signor A P, che dal 1972 sino al 2008 ha collezionato segnalazioni di polizia per furti, detenzione abusiva di armi, rapine, omicidio e risulta essere stato più volte sottoposto alle misure di prevenzione, quali la sorveglianza speciale e la libertà vigilata. Per quanto riguarda le accuse più gravi (omicidio) il signor Pontoriero venne assolto, ma il provvedimento gravato espone in modo non contestato che egli costituiva un elemento di raccordo con un’importante cosca mafiosa operante a Vibo Valentia.
Il signor Pontoriero non risulta da tempo residente a Genova, anche se le segnalazioni di polizia lo collocano in questo ambito nel 2008, 2009, 2010;
•sorella del signor Francesco Cicchiello che risulta segnalato per furto, associazione per delinquere sin dal 1993, ed è attualmente socio contitolare di una società che gestisce un locale nel quale si sono svolti pubblici incontri (cene elettorali) a cui ha partecipato anche tal signor Onofrio Garcea, che sempre il provvedimento gravato segnala come elemento di rilievo della pericolosa ‘ndrangheta ligure;
•cugina del signor Domenico Cicchiello che risulta segnalato dal 1990 per tentata aggressione, ricettazione, furto, percosse a danno di minore, nonché destinatario di avviso orale emesso dal questore, di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, denunciato e processato per associazione per delinquere a fini di spaccio di droga, riciclaggio di autoveicoli rubati, riciclaggio di denaro.
La doglianza espone che l’interessato nulla ha a che fare con le attività di costoro, ma le osservazioni svolte in precedenza sulla natura dell’attività delittuosa associata ed i precedenti dello stesso s O inducono a ritenere che si tratta di elementi indizianti di notevole rilievo ai fini dell’applicazione della contestata misura di cui all’art. 89 bis del d.lvo 159 del 2011.
13.Oltre a ciò si nota che il signor G O ha eletto come collaboratori nella carrozzeria per cui è giudizio delle persone che hanno rilevanti precedenti di polizia ovvero condanne per gravi reati, quali i signori A S e F P, essendo soprattutto quest’ultimo oggettivamente inserito nei traffici di maggior spessore delle associazioni criminali operanti anche in Liguria. Si tratta di asserzioni desumibili dalle allegazioni di cui al provvedimento gravato, e che non hanno trovato seria contestazione in ricorso. Lo stretto rapporto tra il s O ed il nominato signor P è comprovato altresì dal sequestro effettuato dalla forze dell’ordine di un telefono cellulare che il P aveva lasciato in custodia all’O, una condotta questa che denota una notevole familiarità tra i due ed un’oggettiva comunanza di vita e comportamenti.
Le considerazioni ora svolte possono essere riassunte nell’asserzione secondo cui la condotta di vita del s O è tale per cui, ai fini della misura di cui all’art. 89 bis del d.lvo 159 del 2001, risulta sufficientemente provato il suo inserimento in un contesto delittuoso, sì che in presenza dei descritti elementi sarebbe stato suo onere dimostrare la fuoriuscita da esso.
In questo caso non si tratta infatti di raggiungere la prova necessaria nel giudizio penale, quanto di determinarsi sulla possibile adozione delle misure previste dal legislatore volte a salvaguardare il gioco economico dagli influssi negativi che possono esercitare i capitali ed i metodi mafiosi.
In pratica la collettività ha scelto di anticipare la difesa sociale contravvenendo a taluni principi prima rispettati, per evitare che l’eccessiva espansione dell’economia legata al crimine soffocasse e soffochi le iniziative di coloro che entrano nel gioco economico rifuggendo dalle condotte delittuose segnalate e carico dell’ambiente nel quale il s O ha scelto di vivere ed operare.
In pratica la narrazione che sottende i motivi non chiarisce come l’interessato potrebbe sottrarsi al condizionamento delle persone che, all’evidenza, costituiscono il suo mondo, e che tutte hanno mostrato una duratura e mai venuta meno inclinazione al delitto. E’ pertanto impossibile convenire con le censure che lamentano l’insufficienza delle prove addotte dal provvedimento gravato a corredo dell’asserzione secondo cui l’attività dell’impresa artigiana in questione è soggetta a tentativi di infiltrazione mafiosa.
14.A diversa conclusione non possono indurre le osservazioni circa le modalità seguite dal signor G O per costituire e consolidare l’attività d’impresa: egli ha infatti stipulato comuni contratti di locazione con la proprietà dell’immobile in cui è ubicata l’azienda, ha contratto un mutuo con un istituto di credito per ottenere le risorse necessarie all’acquisto dei beni strumentali, ed ha reinvestito nell’intrapresa quanto aveva ricavato dalla cessione della quota di sua proprietà nella società rio Bar snc.
La norma denunciata (art. 89 bis del d.lvo 159 del 2011) riguarda allora le infiltrazioni degenerative che possono derivare non solo dalla costituzione di un’entità imprenditoriale, ma dal suo successivo operare: in tal senso non appare fondata la doglianza nella parte in cui omette di contestare che, nell’ottica dell’anticipata difesa sociale fatta propria dal legislatore, la legittima apertura di un’attività economica, tutta caratterizzata da legami familiari e di lavoro con pluripregiudicati e associati a gruppi di notevole levatura delittuosa non esime dalla contestazione circa la rilevanza delle infiltrazione che la caratterizzano.
La carrozzeria si è infatti inserita nell’economia stipulando dei contratti di assistenza con le società concessionarie delle autostrade, sì che appare almeno distonico rispetto ai principi normativi in corso considerare che la totalità degli interventi di assistenza sulla via di comunicazione sia affidata ad una compagine sociale composta nel modo indicato.
La quarta articolata censura è pertanto infondata e va disattesa.
15.Non può essere riservata migliore considerazione alla quinta doglianza con cui l’interessato lamenta l’omesso accesso consentitogli rispetto agli atti su cui si fonda la determinazione.
Si nota al riguardo che le norme denunciate non sono state poste in relazione alle condotte omissive ascritte alla p.a., che non è specificato quali istanze di accesso il s O abbia presentato, né come le abbia coltivate.
Anche questo motivo è pertanto infondato e va respinto.
16.Vanno ora esaminate le censure proposte per l’annullamento del provvedimento del comune di Arenzano.
17.La censura rubricata con VI) non merita condivisione, poiché essa denuncia l’illegittimità derivata dell’atto comunale dalle violazioni che connoterebbero quello prefettizio: il tribunale amministrativo si è già espresso in merito all’infondatezza dei motivi proposti per la dichiarazione di illegittimità dell’atto della p.a. statale, sì che il motivo non merita condivisione.
18.Le ulteriori censure ripercorrono in parte le doglianze formulate in precedenza per l’annullamento dell’atto prefettizio, aggiungendo che è illegittimo che il comune abbia accollato all’interessato la falsità nelle dichiarazioni rese in forma autocertificata così da ottenere le autorizzazioni necessarie, quando l’informativa impugnata in principalità è intervenuta anni dopo dette dichiarazioni.
Il collegio non può condividere tale doglianza, posto che il potere esercitato dal comune nella fattispecie era vincolato ai sensi dell’art. 92 del d.lvo 159 del 2001, nella parte in cui la norma impone di far venir meno le autorizzazioni, gli assensi, i finanziamenti e gli altri benefici di cui potrebbe avere usufruito l’impresa soggetta alle infiltrazioni mafiose.
Il senso ultimo della manifestazione di volontà comunale è quello ora esposto, al di là della configurazione giuridica esposta, sì che la doglianza va disattesa.
19.Sono poi impugnati gli atti con cui gli interessati lamentano l’illegittimità delle determinazioni con cui la camera di commercio di Genova ha disposto la cancellazione dal registro delle imprese di tutte le attività esercitate dalla Nuova Recovery Car srl.
Le doglianze esposte relativamente alla partecipazione procedimentale vanno disattese in analogia con quanto osservato a proposito del provvedimento comunale: in questo caso l’art. 92 comma 2 bis del d.lvo 159 del 2011 stabilisce una modalità di partecizione procedimentale che esclude la possibilità di fare applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 7.8.1990, n. 241.
E’ del pari infondata la tesi già sostenuta con taluno dei motivi dedotti per l’annullamento dell’atto prefettizio, secondo cui la CCIAA si sarebbe potuta attivare solo nella ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 67 del decreto legislativo;l’art. 89 bis prevede infatti delle disposizioni modificative dell’impianto della normativa antimafia prima vigente, sì che la prospettazione di cui alla censura non è corretta.
20.Anche la doglianza relativa al difetto di motivazione non può essere favorevolmente considerata, posto che l’attività amministrativa che competeva alla CCIAA in questo caso era del tutto vincolata all’avvenuta adozione del provvedimento prefettizio.
21.In conclusione il ricorso è infondato e va disatteso, e a tale determinazione consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali sostenute dalle amministrazioni e dall’ente costituiti che liquida nella misura equamente indicata in dispositivo, tenendo conto della natura del contendere.