TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2010-05-25, n. 201008776
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N. 08776/2010 REG.SEN.
N. 05795/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5795 del 2005, proposto da:
L A, rappresentata e difesa, per mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, unitamente e disgiuntamente, dagli avv.ti A L ed E R, con domicilio eletto in Napoli, via G. De Blasiis, n. 5
contro
Comune di Monte di Procida, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto all’atto introduttivo del ricorso :
- di ogni atto e/o provvedimento di cui alla nota del responsabile dell’Ufficio tecnico dell’intimato Comune del giorno 8 giugno 2005, prot. n. 8748, con la quale è stato comunicato il parere negativo espresso dalla Commissione edilizia integrata (CEI) nella seduta del 30 maggio 2005 ed il conseguente rigetto dell’istanza di concessione edilizia in sanatoria presentata, in data 23 maggio 2005, prot. n. 7407, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. 380 del 2001 ed afferente a lavori eseguiti su di un fabbricato di proprietà della ricorrente, ubicato alla via Pedecone, n. 66;
- del sopraccennato parere espresso dalla CEI;
- di tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali, ivi compresi quelli richiamati nel provvedimento di cui innanzi, comunque lesivi della posizione giuridica della ricorrente;
- in ogni caso, in via gradata: della precedente ordinanza n. 58 del 8 giugno 2005, recante l’ordine di demolizione delle opere eseguite;
quanto all’atto recante motivi aggiunti:
- della sopravvenuta ordinanza n. 99 del 4 luglio 2006, recante (il rinnovo del)l’ordine di demolizione delle opere eseguite;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2010 il dott. A M e udito il difensore attoreo, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1- A mezzo del ricorso in esame, notificato il giorno 20 luglio 2005 e depositato il successivo giorno 29 dello stesso mese, la sig.ra Angelina Longobardo si duole dell’ordinanza prot. n. 8748 del 8 giugno 2005, a firma del responsabile del Servizio tecnico dell’intimato Comune di Monte di Procida, che ha respinto la domanda di accertamento di conformità ex art. 37 del d.P.R. 380 del 2001 presentata in relazione a lavori eseguiti su di un fabbricato di sua proprietà, ubicato alla via Pedecone, n. 66.
Il diniego è stato opposto dal responsabile dell’Ufficio tecnico sulla scorta del parere negativo formulato dalla Commissione edilizia integrata, a suo volta impugnato, “ in quanto l’opera in oggetto è già stata realizzata e per essa non può essere rilasciata l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria in osservanza di quanto disposto all’art. 146, comma 10, lettera c, del d. l.vo n. 42 del 22 gennaio 2004, laddove si precisa che l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione anche parziale degli interventi. Inoltre la stessa opera non rientra tra gli interventi edilizi di cui all’art. 22 del d.P.R. 380/2001, ovvero tra gli interventi subordinati a denuncia di inizio attività;di conseguenza non può invocarsi per queste l’art. 37 del d.P.R. 380 del 2001 ”.
L’impugnativa è estesa alla coeva ordinanza di demolizione n. 58 del 8 giugno 2005 e, a mezzo di atto recante motivi aggiunti, al sopravvenuto provvedimento n. 99 del 4 luglio 2006 che ingiunge la demolizione dell’intervento in discorso, realizzato senza titoli e così descritto: ” In sopraelevazione al primo piano è stato realizzata la copertura di un vano su muri perimetrali già esistenti e copertura in lamiere coibentate, il tutto su di un’area di circa mq. 20. Allo stato i lavori hanno avuto prosieguo con la realizzazione di massetto in c.l.s. sul solaio di calpestio, soglie di marmo sui vani porte, controsoffittatura in cartongesso, ricavo all’interno di un piccolo vano wc con piatto doccia, intonaco liscio, predisposizione di impianti elettrico ed idrico ”.
2- Nella prospettazione attorea, di cui agli identici mezzi di impugnazione formulati in seno all’atto introduttivo del giudizio ed a quello recante motivi aggiunti, le determinazioni dell’amministrazione sono illegittime e vanno quindi annullate in quanto adottate in eccesso di potere sotto plurimi profili e:
- in violazione degli artt. 7 e 10 bis della l. n. 241 del 1990, non essendo stata inviato qualsivoglia previo avviso dell’avvio del procedimento e/o comunicazione delle ragioni ostative all’accoglimento della domanda ( primo mezzo di impugnazione );
- in mancanza del parere della commissione edilizia comunale ( secondo mezzo );
- in mancanza di un provvedimento amministrativo espresso ( terzo mezzo );
- in mancanza di più specifici accertamenti amministrativi sulla sanabilità dell’opera ( quarto mezzo );
- senza aver tenuto conto della natura precaria e manutentiva dell’opera, realizzabile a mezzo di d.i.a. e non abbisognevole di autorizzazione paesaggistica ( quinto e sesto mezzo ).
E ciò, si prosegue, fermo che l’avvenuta presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ha determinato l’inefficacia della precedente ordinanza di demolizione, della quale, ad ogni buon conto, si denuncia l’illegittimità per le ragioni già esposte, oltre che per non essersi fatto luogo, ex art. 37 del t.u. sull’edilizia, alla sanzione pecuniaria, in luogo di quella invece adottata e, infine, per non essersi tenuto conto del tempo trascorso ( settimo ed ottavo mezzo ).
3- L’amministrazione comunale, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.
4- Con ordinanza collegiale n. 3287 del 4 dicembre 2006 è stato negato ingresso all’invocata tutela cautelare “ tenuto conto della natura dei vincoli che gravano sulle aree ove insistono le opere realizzate ”.
5- Alla pubblica udienza del 5 maggio 2010 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.
6- Passando alla fase valutativa-decisionale, in primo luogo va dichiarata l’improcedibilità dell’impugnativa rivolta avverso la precedente ordinanza di demolizione dell’8.6.2005, n. 58 (quale proposta in via gradata in seno all’atto introduttivo del giudizio), in quanto l’interesse attoreo si è interamente trasferito sui successivi atti dell’amministrazione che hanno negato la concessione in sanatoria e (ri)ordinata la demolizione.
7- Ciò premesso e venendo al merito, necessita in primo luogo qualificare l’intervento per cui è causa (realizzato, come incontrastato, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, alle prescrizioni del Piano territoriale paesistico dei Campi Flegrei ed a vincolo sismico) e far luogo ad alcune connesse precisazioni che valgono anche quale immediata e diretta reiezione della censura di fondo che permea tutte le restanti, legata alla asserita inesatta configurazione da parte dell’amministrazione dell’intervento contestato.
Orbene, a differenza di quanto sostenuto ex latere attoreo, la copertura del vano in discussione, sia pur su muri perimetrali già esistenti, non può essere qualificata come avente natura meramente manutentiva e precaria (avente semplice funzione di protezione, smontabile, etc,), sostanziandosi invece in un vero e proprio intervento di duratura trasformazione edilizia ed urbanistica, attuato a mezzo delle opere innanzi descritte (copertura, soglie di marmo sui vani porte, controsoffittatura in cartongesso, ricavo all’interno di un piccolo vano wc con piatto doccia, intonaco liscio, predisposizione di impianti elettrico ed idrico) che hanno condotto alla realizzazione di un organismo edilizio prima inesistente, con aumento quindi di unità immobiliari a mezzo di creazione di volumi e superfici, pacificamente richiedente per la sua realizzazione il permesso di costruire e, in quanto avente siffatta natura e ricadendo in zona assoggettata al regime vincolistico, della previa autorizzazione paesaggistica, non conseguibile a sanatoria come sostenuto dall’amministrazione in seno agli atti impugnati.
Ne deriva che la decisione dell’amministrazione, quale innanzi riportata nel dettaglio, sotto i profili sostanziali (e in conseguenza sotto quelli formali, come appresso si vedrà) resiste alle doglianze di parte.
8- Per contrastare tale decisione reiettiva, fondata in via principale sulla preclusione assoluta recata dall’art. 146, comma 10, lettera c, del d. l.vo 22 gennaio 2004, n. 42, quale vigente all’epoca dei fatti, parte ricorrente intenderebbe riconduce la fattispecie sotto l’imperio dell’art. 149, lettera a) del cennato decreto, che elenca gli interventi non abbisognevoli di autorizzazione paesaggistica.
Se non che il tentativo non può sortire effetto, posto che la previsione invocata esclude la necessità di autorizzazione in relazione agli “ interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di consolidamento statico, di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici ” e posto che, come innanzi già dimostrato, l’intervento qui realizzato non può essere ricompreso fra questi, pacifica essendo l’alterazione subita: dello stato dei luoghi e dell’aspetto esteriore dell’edificio.
Può aggiungersi che, sempre per quanto fin qui detto e fermo il formarsi della fattispecie all’esame sotto l’imperio temporale del regime sopradescritto di preclusione assoluta al rilascio di autorizzazioni a sanatoria, questa non sarebbe comunque riconducibile neppure alle eccezioni di cui al combinato disposto fra art. 146 cit. e successivo art. 167, commi 4 e 5 -quali introdotte a seguito e per effetto delle disposizioni correttive al d.l.vo n. 42 del 2004 operate a mezzo del d.l.vo n. 157 del 2006- che, a temperamento della ripetuta assoluta preclusione, hanno inserito la possibilità di sanare ex post interventi abusivi, limitatamente (ovvero per essi solo consentendo l’accertamento della compatibilità paesaggistica): ” a lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ”.
9- Alla luce di quanto fin qui argomentato e concluso, prive di pregio si appalesano le restanti doglianze attoree che residuano all’esame;ed invero, secondo il consolidato orientamento della Sezione, dal quale non vi è ragione per discostarsi:
- alcuna violazione delle garanzie partecipative può esser predicato stante la correttezza della conclusione raggiunta dall’amministrazione, cui conseguiva la necessitata irrogazione della sanzione demolitoria, quale, come innanzi chiarito, prevista dalla legge in presenza di costruzioni eseguite in assenza dei ripetuti titoli abilitativi (cfr. Cons. Stato, sezione quarta, 5 marzo 2010, n. 1277 e Tar Campania, questa sesta sezione, 21 aprile 2010, sub nn. 2074 e 2076) ed avuto in ogni caso presente il disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, qui applicabile alla stregua di quanto innanzi concluso sotto i profili sostanziali, che preclude di disporre l’annullamento giurisdizionale del provvedimento per cui è causa, come detto necessitato e vincolato quanto ad emanazione ed a contenuti (cfr., in condizioni similari, Cons. Stato, sezione quarta, 10 aprile 2009, n. 2227);
- alcun onere incombeva sull’amministrazione di far luogo a più specifici provvedimenti e/o accertamenti, stante natura e consistenza dell’intervento ineseguibile senza la previa autorizzazione paesaggistica (cfr., fra le ultime, sempre questa Sezione nn. 2074, 2075 e 2076 del 21 aprile 2010;n. 1464 del 15 marzo 2010;n. 1775 del 7 aprile 2010;n. 851 del 10 febbraio 2010);
- la sanzione demolitoria non poteva essere evitata in quanto l’art. 167 del d. l.vo n. 42 del 2004 consente -e solo oggi, come innanzi già detto- di escludere la stessa soltanto in presenza degli interventi passibili di accertamento di compatibilità paesaggistica, di cui al comma 4^ dello stesso articolo, fra i quali non rientra quello qui in discorso che, lo si ripete, ha creato volumi e superfici aggiuntivi e non è qualificabili come intervento di manutenzione (cfr. ancora la giurisprudenza ultima della Sezione già innanzi richiamata);
10- In definitiva, alla stregua di quanto fin qui argomentato e concluso, il ricorso è in parte improcedibile ed in parte infondato.
Stante l’esito del giudizio (in parte improcedibile e per il resto reiettivo) sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.