TAR Trieste, sez. I, sentenza 2021-04-23, n. 202100133

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2021-04-23, n. 202100133
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202100133
Data del deposito : 23 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/04/2021

N. 00133/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00165/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 165 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- rappresentati e difesi dall'avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Capuana 207;

contro

Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti ai benefici economici normativamente contemplati all'art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita, mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali contemplati dalla disposizione citata.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Inps;

Visti l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4, comma 1, periodi quarto e seguenti del d.l. 30 aprile 2020, n. 28 (convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2021, tenutasi da remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams , il dott. L E R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti-OMISSIS- congedati a domanda (successivamente al compimento di 55 anni di età, e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo) agiscono nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia (-OMISSIS-.) per l’accertamento del diritto a percepire i benefici economici di cui all’art. 6- bis del d.l. n. 387 del 1987.

1.1. Rappresentano, infatti, di aver ricevuto un trattamento di fine servizio liquidato in misura difforme da quanto previsto dalla normativa citata, per essere stata esclusa dal conteggio la maggiorazione dei sei scatti normativamente attribuibili anche al personale delle forze di polizia cessato a domanda (art. 6- bis , comma 2).

2. Con sentenza parziale n. 401 del 25.11.2020 il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia, per carenza di legittimazione passiva e, con contestuale ordinanza n. 405 ha disposto la rinotifica alla resistente e unica legittimata passiva INPS.

3. Con memoria del 01.03.2020 si è costituito l’Ente previdenziale, rilevando che il beneficio preteso dai ricorrenti non è stato indicato nel prospetto dei dati economici trasmesso dall’amministrazione di provenienza. In ogni caso, non sussistono i presupposti né per il riconoscimento del beneficio di cui all’art. 6- bis , comma 1 (previsto per le sole cessazioni dal servizio nelle ipotesi di inabilità, decesso, vecchiaia ) né di quello di cui al comma 2 ( “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile . ).

3.1. Con riguardo a quest’ultima disposizione, l’INPS sottolinea il legame esistente tra il campo applicativo dell’art. 6- bis del d.l. 387 del 1987 e quello del collocamento in quiescenza per anzianità. I requisiti per la pensione di anzianità, alle rispettive date di cessazione dal servizio di ciascuno dei ricorrenti (tutte nell’intervallo tra il 02.10.2013 e il 16.03.2017), non erano più di 55 anni di età e 35 anni di servizio, essendo stato progressivamente innalzato il requisito anagrafico in adeguamento alla maggiore aspettativa di vita calcolata dall’ISTAT, prima a 57 anni e 3 mesi di età (dal 2013) e poi 57 anni e 7 mesi di età (dal 2016). Ai ricorrenti, collocati in quiescenza a domanda solo in forza del raggiungimento di 40 anni e 3 mesi di anzianità contributiva ma privi del requisito anagrafico per la pensione di anzianità, non potrebbe quindi applicarsi nemmeno l’art. 6- bis , comma 2 del d.l. 387 del 1987.

4. Il Tribunale ritiene che le censure articolate dai ricorrenti siano fondate e meritevoli di accoglimento.

5. Non possono trovare seguito, in primo luogo, le preliminari difese dell’INPS circa il suo essersi attenuta ai dati forniti dall’amministrazione di servizio dei ricorrenti (il Ministero dell’Economia), con conseguente imprescindibilità di un contraddittorio con essa. La questione è già stata esaminata in questo stesso giudizio ed è oggetto della sentenza parziale n. 401 del 2020, con cui l’intestato Tribunale, accogliendo l’eccezione sollevata dalla stessa difesa erariale, ha accertato la carenza di legittimazione passiva del Ministero. Si è ritenuto, in particolare, che la compartecipazione dell’amministrazione di servizio del lavoratore nell’ambito del procedimento di liquidazione del TFS non incida sulla legittimazione passiva nelle controversie volte a contestarne l’ammontare, da individuarsi in funzione dell’ente erogatore del trattamento (così Cons. St., sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3365 e, da ultimo, Cons. St., sez. III 22 febbraio 2019, n. 1231).

6. Venendo al merito della questione, l’INPS sovrappone impropriamente due discipline aventi diverso oggetto, cioè quella dettata dall’art. 6- bis d.l. 387 del 1987 in materia di determinazione del TFS per il personale delle forze di polizia (richiamata altresì dall’art. 1911, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare, d.lgs. 66 del 2010), che dispone l’applicazione di un beneficio pari a sei scatti stipendiali, e quella relativa al conseguimento del diritto a percepire la pensione di anzianità.

6.1. La corrispondenza un tempo esistente tra i relativi requisiti, anche ammesso che l’intenzione originaria del legislatore fosse quella di operare un parallelismo tra gli istituti, non può portare ad affermare che gli stessi permangano inscindibilmente connessi anche a fronte di sopravvenienze normative e che quindi la disciplina dell’art. 6- bis citato recepisca automaticamente le modifiche apportate nel tempo alle disposizioni previdenziali in punto di età pensionabile.

6.2. Si rileva, del resto, che il comma 2 non compie un “rinvio mobile” all’istituto della pensione di anzianità (come fa invece il comma 1 con riferimento alle ipotesi di cessazione dal servizio “per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto” ) ma esplicita il dato anagrafico (“ 55 anni di età” ) e quello contributivo (“ 35 anni di servizio” ) richiesti per accedere al beneficio della maggiorazione della base di calcolo del TFS, attraverso espressioni numeriche dal significato univoco. L’interpretazione fornita dall’INPS violerebbe quindi il primario criterio interpretativo della legge cioè quello che impone di attribuire rilievo al senso proprio delle parole adoperate (art. 12 preleggi). Un eventuale difetto di coordinamento, ove effettivamente riscontrabile, dovrebbe trovare correzione in sede legislativa, non certo attraverso un’interpretazione che contravviene al chiaro tenore letterale delle disposizioni rilevanti.

6.3. Deve menzionarsi, altresì, la sentenza Cons. St., sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231 . Nella vicenda esaminata dal Consiglio di Stato, la maggiorazione di cui si discute era stata negata (con provvedimento ritenuto legittimo in primo grado dal Tar) ad un soggetto collocato a riposo dal Ministero dell’Interno per raggiungimento del massimo di anzianità contributiva (come gli odierni ricorrenti). Riformando la sentenza di primo grado, il giudice di appello ha ritenuto che la situazione del ricorrente, del tutto prescindendo dalla fattispecie legittimante il collocamento in quiescenza, fosse pienamente conforme al tenore testuale dell’art. 6- bis comma 2 e il beneficio andasse quindi riconosciuto ( “deve solo evidenziarsi, in senso contrario, che la situazione dell’appellante si attaglia perfettamente alla fattispecie contemplata dal secondo comma, a mente del quale “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque annidi servizio utile”).

7. Si evidenzia, infine, che per uno dei ricorrenti-OMISSIS-il diritto alle richieste maggiorazioni non potrebbe essere negato nemmeno aderendo alla ricostruzione dell’INPS, essendo questi cessato dal servizio all’età di 58 anni e 3 mesi, superiore a quella necessaria per la pensione di anzianità secondo i requisiti applicabili ratione temporis . Il Tribunale non comprende perché l’INPS, portatrice di un interesse pubblico, non abbia esplicitamente riconosciuto almeno in questa sede processuale la spettanza di quanto preteso dal ricorrente -OMISSIS-logica e necessitata conseguenza dei suoi stessi ragionamenti.

8. Per quanto esposto, il ricorso deve essere accolto, con conseguente accertamento del diritto degli odierni ricorrenti a percepire i benefici economici normativamente contemplati all'art. 6- bis del d.l. n. 387 del 1987 e correlato obbligo dell'Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita, mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali di cui alla disposizione citata.

8.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto del numero di parti ricorrenti.

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