TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2011-06-29, n. 201103474
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N. 03474/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00980/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 980 del 2011, proposto da:
F S N.Q. di Custode Giudiziario "Enertrade S.r.l.", rappresentato e difeso dall'avv. L C, con domicilio eletto presso L C in Napoli, via Cimarosa N. 69 Studio Falcone;
contro
Comune di Marcianise in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso C P in Napoli, c.so Umberto I^,381-Avv.R.Molino;Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Campania - Dipartimento Prov.Le di Caserta, Regione Campania, Provincia di Caserta, Soluri Jacopo N.Q. di Curatore Fallimentare Soc. "Enertrade";
per l'annullamento
ORD. SINDACALE N. 56 DEL 21/09/2010 RECANTE L'ORDINE DI PROVVEDERE ALLA RIMOZIONE ED ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI GIACENTI PRESSO I CAPANNONI DELLA SOC. ECOLOGIA MERIDIONALE SRL, NONCHE' AL RIPRISTINO AMBIENTALE MEDIANTE AZIONE DI BONIFICA DEL SITO.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Marcianise in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2011 il dott. S Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
La presente decisione può essere resa in forma semplificata, atteso quanto già ritenuto da questo Collegio nella sentenza n.6914 del 2010 avente ad oggetto il medesimo provvedimento, gravato dal Curatore del fallimento Enertrade. Si ebbe modo di osservare, infatti, in quella sede che “lo svolgimento dei fatti, per come presupposto dall’ordinanza impugnata […omissis…] consente di far emergere “con evidenza dalla parte motiva del provvedimento che il pericoloso stato di fatto in cui versa l’area già destinata all’attività produttiva di Enertrade s.r.l. è, nella prospettazione della resistente, imputabile proprio alla Curatela Fallimentare, piuttosto che alla pregressa attività della fallita.
E difatti,….omissis le prime problematiche ambientali provenienti dagli stabilimenti dell’ENER Trade s.r.l., alle quali seguì l’avvio del procedimento amministrativo, poi conclusosi con il provvedimento impugnato, furono segnalate all’autorità comunale dai soggetti operanti in territori confinanti nel luglio del 2010, ossia in un periodo (di molto) successivo alla sentenza di fallimento avutasi in data 16 dicembre del 2008. Tanto lascia ritenere che i fattori inquinanti, almeno a giudizio della P.A. intimata, dovuti al degrado ambientale, fossero del tutto indipendenti dal ciclo produttivo ordinario dell’impresa dichiarata fallita e siano piuttosto conseguiti alla successiva incuria con cui locali e macchinari dell’impresa sono stati conservati (o, per meglio dire: non conservati) in seguito alla dichiarazione di fallimento. A questa constatazione, peraltro ribadita con la memoria difensiva della resistente, e che, evidentemente, proietta quanto meno un fumus di colposità in capo al Curatore del fallimento per l’attuale stato di degrado dell’area, nulla si obietta, né si adducono prove contrarie, in ricorso. In quest’ultima sede, per la verità, ci si limita a negare l’esistenza di poteri funzionali ed operativi in capo a quell’organo, senza punto contestare le implicite contestazioni di negligente conservazione dei beni che pure sono elevate dall’ente locale.
Orbene - impregiudicati gli eventuali giudizi di responsabilità sul punto, che esulerebbero dall’oggetto del presente giudizio, ma anche prescindendo da una ricognizione delle funzioni, del ruolo e della responsabilità che il Curatore del fallimento assume, dopo la sentenza dichiarativa - è incontestabile che sull’organo nominato all’esito della dichiarazione di fallimento della Enertrade s.r.l. incombessero doveri di presa in consegna dei beni, ai sensi dell’art.88 della legge fallimentare, con i connessi oneri che tale traditio implica. Ed è altresì non revocabile in dubbio che, tra questi oneri, rientra(va)no anche quelli del mantenimento dello stato di conservazione in cui gli stessi si trovano, all’atto dell’apposizione dei sigilli ai sensi dell’art.84 della Legge n.267 del 1942 e ss. modifiche, come si desume a tacer d’altro, dalla disposizione dell’articolo 31 della Legge fallimentare.
Così “le emergenze acquisite dal procedimento amministrativo avviato, fanno presumere – sulla base di un giudizio indiziario che attesa la presente sede giurisdizionale, può ritenersi validamente comprovato – che il danno lamentato nel provvedimento epigrafato (e che impone la sua rimozione da parte del responsabile) sia ascrivibile proprio, quanto meno come fattore concorrente, al Curatore fallimentare che pertanto è, a tutti gli effetti, legittimato passivo dell’azione amministrativa di cura dell’interesse pubblico.
Né vale opporre a tale considerazione, come sostenuto in ricorso, che il Curatore non succede nell’attività del fallito, atteso che, come appena visto, si verte in questo caso in obblighi aventi fonte autonoma, e non derivata, che, in quanto tali incombevano originariamente sul detto organo pubblico dal momento del rituale passaggio di consegna dei beni.”
Ciò detto, sempre nella sopra riportata decisione era affrontato anche il tema dell’eventuale sussistenza di una legittimazione passiva in capo al Custode giudiziario, nominato in sede di sequestro dell’Area, ossia dell’attuale ricorrente. La problematica era affrontata sotto due profili.
Innanzitutto l’eccezione del Curatore – secondo la quale sussistendo un’impossibilità ,materiale e giuridica ad eseguire quanto ordinato, dal momento che l’area era interessata da un decreto di sequestro probatorio, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli la condotta non fosse esigibile è stata respinta: “anche questa ulteriore eccezione non ha pregio, dal momento che il Curatore ben avrebbe potuto chiedere un temporaneo dissequestro alla A.G. procedente, come previsto peraltro dall’art.247 del d. lgs.152/2006, onde procedere al ripristino di una situazione accettabile da un punto di vista ambientale.”
Sempre in relazione alla posizione dell’attuale ricorrente, custode giudiziario nominato dalla Procura Antimafia, si ritiene in secondo luogo, in quella decisione, che questi non possa rivestire la qualifica né di unico né di corresponsabile dell’inquinamento contestato. Come già sostenuto nella citata decisione n.6914 del 2010, “quest’ultimo organo, infatti è destinato a svolgere mere funzioni custodiali, conseguenti al ruolo di sequestratario che gli é stato conferito con il suddetto provvedimento. A parte quanto testualmente riportato nel provvedimento dell’organo requirente, versato in atti, corrobora tale assunto la considerazione che l’atto cautelare in discorso ha una funzione esclusivamente probatoria e non consente affatto, diversamente da altri tipi di intervento dell’A.G. penale, (e, soprattutto, diversamente dalle sopra indicate funzioni della Curatela fallimentare), una ingerenza nella dimensione amministrativa gestionale dell’impresa da parte della persona fisica che lo riveste.”
Questi motivi inducono all’accoglimento del ricorso. Ricorrono giustificate ragioni per compensare le spese di giudizio.