TAR Venezia, sez. I, sentenza 2023-08-28, n. 202301236

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2023-08-28, n. 202301236
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202301236
Data del deposito : 28 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/08/2023

N. 01236/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00358/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 358 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege , in Venezia, San Marco 63;

per l'annullamento

- del decreto -OMISSIS- con il quale il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare ha decretato-OMISSIS-;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali comunque lesivi dei diritti del ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2023 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, Sergente Maggiore Capo dell’Esercito Italiano, è stato sottoposto a -OMISSIS- - come da sentenza irrevocabile - del -OMISSIS-, in relazione alla -OMISSIS-.

Il Tribunale Militare di -OMISSIS-, con sentenza n. -OMISSIS-. La Corte di Cassazione annullava quest’ultima decisione limitatamente alla mancata applicazione del beneficio della s-OMISSIS-, che veniva concessa all’esito del giudizio di rinvio dalla Corte Militare d’Appello, con conferma delle restanti statuizioni (-OMISSIS-).

2. In data -OMISSIS-, l’Amministrazione dava avvio all’inchiesta formale, ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare del ricorrente e dell’eventuale irrogazione della -OMISSIS-, in relazione al seguente addebito: “ il Serg. Magg. Ca. -OMISSIS-, tra la fine del -OMISSIS-, con più azioni esecutive del medesimo -OMISSIS-, consuetudinariamente, durante le cerimonie -OMISSIS- e durante gli addestramenti, alla presenza di numerosi militari, -OMISSIS-’. Per il tenore delle espressioni utilizzate tale comportamento è deplorevole perché il contesto in cui sono state riferite è -OMISSIS-, oltre ad essere potenzialmente pericoloso perché i riferimenti in connotazione negativa -OMISSIS-, possono suscitare analoghe ideazioni, anche soltanto come accettabilità di determinati atteggiamenti discriminatori. Peraltro, il Serg. Magg. Ca. -OMISSIS- ha commesso tali fatti in una situazione in cui avrebbe dovuto essere da esempio per i militari del suo plotone. Il comportamento osservato dal Serg. Magg. Ca. -OMISSIS-, che è stato accertato in sede giudiziaria con l’affermazione -OMISSIS-. Evidenzia rilevanti profili di responsabilità disciplinare in quanto costituente una grave violazione delle norme attinenti al giuramento prestato (art. 712 D.P.R. 90/2010), al grado rivestito (Art 713 D.P.R. 90/2010), al senso di responsabilità (art. 717 D.P.R. 90 2010), nonché violazione dei doveri propri dei superiori (Art 725 D.P.R. 90 2010) ”.

A conclusione dell’istruttoria l’Ufficiale inquirente, esaminate le controdeduzioni dell’interessato (nelle quali si riferisce dell’aggressione subita ad opera dell’ufficiale nel -OMISSIS-, deferito all’Autorità Giudiziaria e dichiarato non punibile ai sensi dell’art. 131- bis , c.p., in ragione della particolare tenuità del fatto), riteneva fondati gli addebiti contestati.

Nella a seduta del -OMISSIS-, il ricorrente veniva quindi sottoposto al giudizio della Commissione di Disciplina, avanti la quale negava i fatti, sostenendo di non avere mai offeso superiori o subordinati. Quanto alle deposizioni testimoniali (sulla cui base sarebbero stata pronunciata la condanna comminatagli), il ricorrente ne sottolineava l’inattendibilità. Pur non riconoscendo l’addebito, il militare dichiarava di sentirsi “ addolorato del clamore suscitato dalla vicenda e del danno di immagine arrecato al reparto, alla brigata e alla Forza Armata ”. Infine, il suo difensore sottolineava “ lo stato di amarezza e di dispiacere per l’amplificazione dei fatti accaduti ”, dichiarando che il ricorrente avrebbe mantenuto in futuro comportamenti “ coerenti ed adeguati al proprio status ”.

A conclusione della seduta, la Commissione dichiarava il ricorrente -OMISSIS-.

Con il successivo decreto del -OMISSIS-, il Ministero della Difesa – condividendo il giudizio espresso dalla Commissione - disponeva nei confronti del ricorrente la -OMISSIS- della perdita del grado per rimozione, in quanto:

- “ ai sensi dell’art. 653 comma 1 bis, del Codice di Procedura Penale, la sentenza -OMISSIS- di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per la responsabilità disciplinare per quanto attiene all’accertamento della sussistenza del fatto, alla sua illiceità -OMISSIS- e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso ”;

- “ le esternazioni poste in essere […] , oggettivamente connotate da contenuti di discriminazione razziale, sono state ripetute sistematicamente per diversi anni e sono avvenute davanti a giovani militari a lui affidati per la loro istruzione ”;

- “ fatti di così notevole gravità hanno un evidente riflesso tanto sul servizio quanto sul prestigio e l’immagine della Forza Armata di appartenenza e risultano incompatibili con i doveri imposti a ogni militare, specie se rivestito di un grado, dal Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materi a di Ordinamento Militare […] tanto da potersi formare, in seno all’Amministrazione, il legittimo convincimento che ” il sottufficiale “ non possa essere utilmente recuperato al rispetto dei principi che governano il sodalizio militare ”.

3. Il ricorrente impugna tale decreto, sostenendo (1° motivo) che l’Amministrazione si sarebbe appiattita sulle risultanze poste alla base della condanna -OMISSIS- (dando luogo ad una sorta di automatismo), senza però tenere conto delle caratteristiche del pur grave fatto contestato, che non avrebbe avuto un evidente riflesso sul servizio e sul prestigio della Forza Armata. Il provvedimento non sarebbe stato preceduto da un’approfondita istruttoria né risulterebbe corredato da una motivazione autonoma, congrua, logica e coerente, anche in riferimento agli ottimi precedenti di carriera del ricorrente, che avrebbe garantito elevati standard sia durante il lungo periodo in cui si sarebbero verificate le condotte, sia, successivamente, durante il processo -OMISSIS-. L’applicazione della sanzione disciplinare, in aggiunta alla già intervenuta -OMISSIS-, violerebbe inoltre il principio del ne bis in idem , vertendosi in entrambi i casi di misure punitive, accomunabili per natura e grado di severità.

Contestando il capo della motivazione del decreto riguardante l’impossibilità di proseguire il rapporto d’impiego, il ricorrente osserva poi che non sarebbe venuto meno il vincolo fiduciario intessuto con la Forza Armata, avendo egli continuato a prestare servizio – sempre con ottime valutazioni – per ben 8 anni a partire dalle prime -OMISSIS- senza che, nel corso di tale periodo, l’Amministrazione abbia ritenuto che sussistessero le ragioni per adottare una qualsiasi misura precauzionale o correttiva.

Alla luce di tale rilievo, il provvedimento apparirebbe manifestamente sproporzionato, proprio perché non terrebbe conto del concreto svolgimento del servizio, dei risultati ottenuti e dell’apprezzamento delle superiori gerarchie;
elementi che, se adeguatamente soppesati, avrebbero giustificato - attraverso l’irrogazione di una -OMISSIS- temporanea (finalizzata all’instaurazione di un percorso di resipiscenza) - la conservazione del rapporto di lavoro.

Da ultimo (2° motivo), il ricorrente contestava l’omessa valutazione delle “ ragioni umanitarie ”, di cui all’art.1389 del d. lgs. n. 66 del 2010, e in particolare della propria particolare situazione personale, oltreché delle esigenze di mantenimento della famiglia aggravate dalla difficoltà di reperire un nuovo posto di lavoro.

4. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, che ha resistito in rito, sottolineando come la gravità dell’addebito (pacificamente comprovato all’esito del giudizio -OMISSIS- e qualificato dalla reiterata violazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione, posti alla base della Costituzione e delle leggi dello Stato, alla cui osservanza ciascun militare è tenuto in virtù del giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana;
art. 575, d.P.R. n. 90 del 2010) non consenta la conservazione del rapporto di servizio. Non sussisterebbe inoltre l’obbligo di motivare il mancato discostamento dal giudizio della commissione di disciplina a favore del militare, poiché soltanto l’esercizio positivo di tale facoltà – strettamente discrezionale – richiederebbe l’indicazione delle ragioni umanitarie che giustificherebbero la scelta di non attenersi al suddetto giudizio.

5. Con ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione accoglieva la domanda cautelare soltanto in ragione della gravità del pregiudizio sofferto dal ricorrente, riservando al merito l’approfondimento dei motivi di ricorso. Chiamata quindi alla pubblica udienza del 12 luglio 2023, la causa veniva discussa dalle parti e infine trattenuta in decisione.

6. Il ricorso è infondato in relazione ad entrambi i motivi di impugnazione.

7. Deve essere innanzitutto premesso che, in seguito alla condanna irrevocabile pronunciata al termine del giudizio -OMISSIS-, non sussiste alcun dubbio in merito alla responsabilità del ricorrente per il fatto addebitatogli, consistente nell’aver -OMISSIS-, tra la fine -OMISSIS-, la reputazione di un ufficiale di-OMISSIS-, pronunciando - nel corso del servizio, alla presenza di numerosi militari, e spesso durante -OMISSIS- e gli addestramenti –-OMISSIS-

Invero, “ l'art. 653, comma 1-bis, c.p.p. (come introdotto dalla legge n. 97 del 2001) stabilisce la regola generale per cui ‘La sentenza -OMISSIS- irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità -OMISSIS- e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso’, costituendo pertanto il presupposto giuridico fondamentale, non contestabile nelle sue statuizioni, dal quale si diparte il procedimento disciplinare, ferme restando le garanzie proprie di quest'ultimo ” (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5 ottobre -OMISSIS-, n. 1206;
Corte cost., sentt. n. 186 del 2004 e n. 336 del 2009).

Diversamente da quanto opinato dal ricorrente, l’Amministrazione era dunque tenuta ad esaminare la condotta, pur ai fini della decisione disciplinare, attenendosi all’accertamento consacrato nella decisione del giudice -OMISSIS-, senza che ciò potesse configurare, del resto, la contestata violazione del principio del ne bis in idem sanzionatorio (T.A.R. Veneto, Sez. I, 21 febbraio 2022, n. 332). Come infatti chiarito dalla giurisprudenza, in materia di rapporto di lavoro dipendente, “non integra una violazione del principio del ne bis in idem l'irrogazione, per un fatto corrispondente a quello oggetto di sanzione -OMISSIS-, di una sanzione disciplinare che, per qualificazione giuridica, natura e grado di severità non può essere equiparata a quella -OMISSIS- ” (C. App. Ancona, n. 12 del 2020).

Alla stregua di tali premesse si deve quindi concludere come l’addebito sia incontrovertibilmente fondato e come, nel contempo, sussista il potere dell’Amministrazione di esaminarlo sotto il profilo disciplinare, ai fini dell’adozione della -OMISSIS- corrispondente alla gravità della condotta.

Devono di conseguenza essere respinti i profili di censura diretti a contestare la sussistenza del fatto e i conseguenti presupposti per l’esercizio del potere sanzionatorio.

8. Venendo ora alla contestata gravità della sanzione inflitta al militare - censurata per difetto di proporzionalità e di motivazione, in quanto non si sarebbe tenuto conto della personalità dell’incolpato e dei favorevoli precedenti di servizio -, si deve osservare che la -OMISSIS-è stata decisa e applicata a seguito di un’approfondita ed adeguata istruttoria (come emerge dalla documentazione versata in atti), al termine della quale l’Amministrazione ha tenuto conto, oltre che dei precedenti di servizio, delle osservazioni rese dall'interessato, della speciale gravità del fatto nonché del suo elevatissimo disvalore.

Va subito soggiunto, in merito, che il ricorrente non ha in realtà introdotto alcuna efficace contestazione riguardante la ricostruzione dei fatti addebitatigli, essendosi piuttosto limitato a dibattere dei precedenti di servizio (talvolta connotati da valutazioni eccellenti), dell’atteggiamento-OMISSIS-, nonché del dispiacere provato per il coinvolgimento del Corpo di appartenenza.

Riguardo all'aspetto della proporzionalità della sanzione inflitta, rispetto alla gravità della condotta contestata, ritiene in ogni caso il Collegio che non siano condivisibili i vizi prospettati dal ricorrente.

Va richiamato il consolidato orientamento secondo cui è incontestabile l'ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell'Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare applicata nel concreto (cfr. per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1452). Di recente, si è inoltre osservato che “ la scelta della sanzione disciplinare da infliggere ad un militare costituisce espressione di un potere discrezionale dell'Amministrazione il cui esercizio è presidiato dal principio di proporzionalità, il corollario di tale principio sul piano disciplinare comporta, a tutela di esigenze di civiltà giuridica, il c.d. gradualismo sanzionatorio, che postula una proporzione tra il fatto e la relativa sanzione;
poiché l'accertamento della proporzionalità e della graduazione della sanzione rispetto agli illeciti contestati attiene al merito della scelta della sanzione, esso esula dal sindacato del giudice amministrativo, salvo che una tale scelta sanzionatoria riveli il vizio di eccesso di potere attraverso sintomi quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento dei fatti
” (Cons. St., Sez. II, 7 febbraio 2022, n. 862).

Nella specie (fermo l’accertamento del fatto in tutta la sua evidente gravità, come sancito nel giudicato -OMISSIS-), deve essere inoltre osservato che la scelta di irrogare la sanzione -OMISSIS-e non risulta manifestamente illogica, irragionevole o sproporzionata, sia perché la condotta appare di per sé particolarmente grave, in quanto collegata, come accertato dalle pronunce del giudice -OMISSIS-, da un deliberato intento-OMISSIS- (oggettivamente incompatibili con il dovere – che grava su ciascun militare - di osservare le leggi dello Stato e, con esse, i principi fondativi della Repubblica);
sia perché l’interessato, più volte sollecitato dalla Commissione di disciplina, non sembrerebbe aver manifestato significativi segnali di resipiscenza, preferendo lamentare (benché la sua responsabilità fosse stata definitivamente affermata dal giudice -OMISSIS-) l’ingiustizia della condanna subita e l’inattendibilità delle prove a suo carico, piuttosto che prendere le distanze dal proprio comportamento e -OMISSIS-.

La mancata documentazione di chiari indizi di pentimento (o quanto meno dell’avvio di un percorso di rielaborazione delle proprie azioni) da parte del ricorrente viene così a compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’Esercito, il quale, del resto, è pur sempre tenuto (analogamente ad ogni articolazione dello Stato) a riaffermare e assicurare fattivamente “ -OMISSIS- ” (vd. Corte E.D.U., Sez. grande chambre , 6 luglio 2005, n. 43577) e a escludere pertanto chi – come il ricorrente - con le proprie azioni e i propri convincimenti si ponga in contraddizione con tali obblighi (insiti anch’essi nel dovere di difesa della Patria).

Venendo poi alla mancata valorizzazione dei buoni precedenti di carriera del ricorrente, costituisce ius receptum il principio secondo cui i favorevoli trascorsi comportamentali e le pregresse valutazioni dei superiori “ non costituiscono ostacolo all'irrogazione di una sanzione disciplinare, anche di carattere radicale, ove il disvalore del comportamento tenuto dal dipendente sia ritenuto, come nel caso di specie, incompatibile con la sua permanenza in servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31/3/09 n. 1903;
id., Sez. IV, n. 1312 del 2001)
” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1313 del 2019).

9. È poi infondata anche la seconda censura, atteso che, come eccepito dalla difesa erariale, la facoltà di cui all'art. 1389, comma 1, del d.lgs. n. 66 del 2010, costituisce un potere assolutamente eccezionale, il cui esercizio presuppone che, nonostante l’accertata responsabilità dell'inquisito, e ritenuta la necessità di dover irrogare la -OMISSIS-, l'Autorità disciplinare ritenga sussistano specifiche “ ragioni umanitarie ” che legittimino un atto di clemenza.  Come chiarito dalla giurisprudenza, il Ministro dovrebbe quindi motivare sull'esistenza di ragioni umanitarie soltanto “ ove decidesse di esercitare il potere discrezionale, mentre, ovviamente, non è tenuto ad alcuna motivazione né al compimento di specifici atti endoprocedimentali quando, come nella ordinarietà dei casi, ritenga di non esercitare tale potere ” (Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2018, n. 5700).

10. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dunque respinto.

Le spese di lite possono essere compensate, considerata la particolare natura della controversia esaminata.

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