TAR Milano, sez. IV, sentenza 2013-07-18, n. 201301907

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. IV, sentenza 2013-07-18, n. 201301907
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201301907
Data del deposito : 18 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01020/2001 REG.RIC.

N. 01907/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01020/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1020 del 2001, proposto da:
Immobiliare Gibrut Snc di P G e A, rappresentata e difesa dagli avv. L C S ed A C, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Milano, via Domodossola, 17;

contro

Comune di Busto Arsizio, rappresentato e difeso dall'avv. D L, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR Lombardia in Milano, via Corridoni n. 39;

Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. P P, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Milano, via F. Filzi n. 22;

per l'accertamento

dell’illegittimità degli atti, provvedimenti e comportamenti delle amministrazioni intimate di imposizione di vincoli preordinati all’espropriazione o comportanti l’inedificabilità dell’area di proprietà della parte ricorrente, ovvero ostativi all’utilizzo della stessa, e di quelli collegati, in quanto presupposti e/o conseguenziali;

per il risarcimento del danno e l’indennizzo ex artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 80/98, come modificato dalla legge n. 205/2000;
per la reintegrazione in forma specifica.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto il ricorso per motivi aggiunti;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Busto Arsizio e della Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 la dott.ssa E Q e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il presente ricorso la società istante ha chiesto, previa declaratoria dell’illegittimità dell’operato dell’amministrazione intimata in relazione alla reiterazione dei vincoli espropriativi apposti sull’area di sua proprietà, ostativi alla sua utilizzazione, nonché dell’inerzia posta in essere dal Comune a fronte dell’obbligo di pianificazione, la condanna della stessa al risarcimento del danno e alla corresponsione dell’indennizzo, nonché la reintegrazione in forma specifica, consistente nell’assegnazione alla P.A. di un termine per il riesame della destinazione impressa all’area, garantendo alla ricorrente la partecipazione al relativo procedimento di riesame, anche al fine della stipulazione di una convenzione per un’utilizzazione più proficua dell’immobile.

Si è costituito il comune di Busto Arsizio, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.

Con sentenza n. 3702/03 resa su altro ricorso in precedenza proposto dalla ricorrente, la sezione seconda di questo Tribunale ha ritenuto da una parte il vincolo apposto dalla nuova variante giustificato ed adeguatamente motivato, ma dall’altra ha annullato il PRG in ragione dell’illegittimità del protrarsi dei vincoli, qualificati di natura espropriativa, per la mancata previsione di qualsivoglia indennizzo.

Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato il provvedimento emesso dal Dirigente del Settore Urbanistico del comune di Busto Arsizio il 19 agosto 2004, con il quale l’amministrazione intimata, su istanza di nuovo azzonamento dell’area proposta dall’interessata ed in attesa dell’approvazione del nuovo strumento urbanistico generale, nonostante la pronuncia succitata, esplicitava l’operatività di una previsione ex lege di regolamentazione del comparto urbanistico, consistente nella disciplina di cui all’art. 4, ultimo comma, della legge n. 10/77, così come sostituito dall’art. 9, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 380/2001.

A sostegno del proprio ricorso l’istante ha dedotto la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 in relazione all’art. 7 della legge n. 1150/1942 e all’art. 2 della legge n. 1137/1968, della legge n. 10/77 e n. 1150/42 e della legge n. 1187/68, oltre all’eccesso di potere per difetto di motivazione e travisamento dei fatti, chiedendo nuovamente il risarcimento del danno e la reintegrazione in forma specifica.

Si è costituito il comune di Busto Arsizio, che ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti in relazione alla natura interna e ricognitiva del provvedimento oggetto di impugnazione, chiedendone, in ogni caso, la reiezione per infondatezza nel merito.

Successivamente, la ricorrente proponeva ricorso per regolamento di giurisdizione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, con ordinanza n. 4941/12 del 28 marzo 2012, qualificando come di natura sostanzialmente risarcitoria la pretesa vantata dalla ricorrente, dichiarava la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione al presente gravame.

Dopo la presentazione di memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese, all’udienza pubblica del 18 aprile 2013 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

Come statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nell’ordinanza n. 4981/12 succitata, con il ricorso all’esame del collegio la società istante “non ha richiesto affatto l’indennizzo per la “reiterazione del vincolo” F2/a sul suo terreno, costituente secondo la giurisprudenza di legittimità il fatto costitutivo del diritto suddetto, ma il risarcimento del danno per l’illegittima apposizione dello stesso nonché per il suo avvenuto annullamento, più volte (essendo stato in seguito nuovamente apposto) da parte del giudice amministrativo. Al quale d’altra parte non può essere sottratta neppure la richiesta di dichiarare illegittima l’inerzia del comune che malgrado apposita istanza non abbia provveduto alla ripianificazione della zona e dell’area gravata dal vincolo annullato: ben potendo il privato, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione, oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l’illegittimità del silenzio;
ed in caso di persistente inerzia della P.A. potendosi configurare la lesione del bene della vita identificabile nell’interesse alla certezza circa la possibilità di razionale e adeguata utilizzazione della proprietà. Con conseguente facoltà di richiedere anche a questo titolo, il risarcimento del danno (Cass. 8530/10;
8384/2008;
1754/2007;
14333/2003)”, ritenendo, dunque, la Suprema Corte di Cassazione che la giurisdizione sulla controversia dovesse restare radicata innanzi al giudice amministrativo adito.

Ribadita, quindi, la giurisdizione di questo Tribunale sull’odierno ricorso, e chiarita la natura risarcitoria della pretesa vantata dalla ricorrente, non resta, al collegio, che accertare la sussistenza o meno dei presupposti per la configurabilità della responsabilità in capo all’amministrazione intimata, di natura extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 c.c., come ormai ritenuto dal più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa.

In relazione, innanzitutto, al presupposto dell’antigiuridicità, deve osservarsi che, con la decisione n. 3702/2003, alla cui motivazione il collegio si riporta integralmente, la seconda sezione di questo Tribunale, pur avendo ritenuto il vincolo apposto dalla nuova variante giustificato ed adeguatamente motivato, ha annullato in parte il PRG in ragione dell’illegittimità del protrarsi dei vincoli, qualificati di natura espropriativa, per la mancata previsione di qualsivoglia indennizzo, statuendo, dunque, l’illegittimità dell’operato del comune di Busto Arsizio.

Né pare rilevare, a tal fine, la decisione n. 7 del 24 maggio 2007 assunta in adunanza plenaria dal Consiglio di Stato, secondo cui “Nel quadro normativo vigente continua a sussistere il principio per il quale gli atti dei procedimenti di adozione e di approvazione di uno strumento urbanistico, contenente un vincolo preordinato all'esproprio, non devono prevedere la spettanza di un'indennità, fermo restando il diritto del proprietario di ottenere l'indennizzo commisurato all'entità del danno effettivamente prodotto, costituendo questa una questione di carattere patrimoniale (che presuppone la conclusione del procedimento di pianificazione), devoluta alla cognizione della giurisdizione civile”, essendosi, in quella data, ormai già formato da più di tre anni il giudicato in relazione alla posizione della ricorrente, che ha diritto, dunque, anche in attuazione del medesimo ed in considerazione dell’illegittimità dell’operato dell’amministrazione dallo stesso statuita, ad essere risarcita, come del resto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con l’ordinanza n. 4941/12 del 28 marzo 2012 succitata.

L’elemento del danno è, infatti, certamente sussistente, non avendo la società ricorrente ricevuto alcun indennizzo nonostante il protrarsi sull’area di sua proprietà sin dal 1975 di un vincolo di sostanziale natura espropriativa (così espressamente definito dalla succitata sentenza, passata in giudicato), più volte reiterato.

Tale pregiudizio è, dunque, legato da nesso di causalità con il comportamento illegittimo e, come tale, antigiuridico, dell’amministrazione comunale.

Riguardo, invece, all’elemento soggettivo, tale presupposto di responsabilità si rinviene certamente in capo all’amministrazione intimata, atteso che deve ritenersi caratterizzata quantomeno da negligenza l’attività amministrativa di reiterazione di un vincolo che, per le sue connaturazioni, non poteva che essere ritenuto come espropriativo.

Tale qualificazione ha, del resto, attribuito al vincolo la sentenza n. 3702/2003 della seconda sezione di questo Tribunale, passata in giudicato, antecedente al provvedimento impugnato con motivi aggiunti dalla ricorrente, con il quale il comune di Busto Arsizio, sostanzialmente, ha continuato a ritenere vincolato il sito, senza prevedere, tuttavia, alcun tipo di indennizzo, nonostante le suddette statuizioni.

Tanto premesso, e accertato, dunque, il diritto della società ricorrente al risarcimento del danno derivante dal comportamento illegittimo dell’amministrazione, sussistendo tutti gli elementi di configurazione della responsabilità in capo all’amministrazione comunale intimata, ai fini della concreta quantificazione del medesimo il collegio ritiene di stabilire i criteri ai quali il Comune intimato dovrà strettamente attenersi in sede formulazione della proposta di liquidazione del danno, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a.

Più specificamente, il Comune, sulla base delle decisioni già assunte dal giudice amministrativo, dovrà accertare la concreta entità della lesione lamentata dalla ricorrente e provocata dall’illegittima attività dell’amministrazione medesima quantificando il pregiudizio economico causato alla società istante sulla base dell’indennizzo che avrebbe dovuto essere previsto da parte dei provvedimenti che hanno apposto sull’area il vincolo di sostanziale natura espropriativa di cui si discute, nonché aggiungendo a tale somma gli interessi e la rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto con riferimento alla condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno, da liquidarsi secondo i criteri summenzionati.

L’accoglimento dell’istanza di risarcimento del danno per equivalente esclude la necessità di esaminare quella di reintegrazione in forma specifica, anche in relazione alla sostanziale giustificazione ed adeguata motivazione della reiterazione del vincolo operata dalla nuova variante, statuita con la decisione n. 3702/2003.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va in parte accolto, disponendosi la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno nei confronti della ricorrente, secondo i parametri di cui in motivazione.

Sussistono giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della controversia, per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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