TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2010-01-25, n. 201000833
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00833/2010 REG.SEN.
N. 11122/1996 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 11122 del 1996, proposto da -OMISSIS- ed altri come da allegato elenco, rappresentati e difesi dall'avv. L P, con domicilio eletto presso L P in Roma, viale delle Milizie, 114;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;Comando Generale Arma dei Carabinieri;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. L P, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, viale delle Milizie, 114;
per l'accertamento
del diritto dei ricorrenti, collocati in quiescenza – al di là dell’effettiva causa (anagrafica o per motivi di salute) – precedentemente all’entrata in vigore del d.lgs 12 maggio 1995 n. 198, e comunque successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione 6 marzo 1992, n. 216, a vedersi attribuire i relativi miglioramenti stipendiali e ad essere legittimamente promossi nei rispettivi superiori gradi in cui avrebbero avuto diritto di essere inquadrati qualora si fossero trovati ancora in servizio, parimenti a quanto statuito in favore dei loro pari qualifica effettivamente trovatisi in attività di servizio alla data del 1° settembre 1995, ossia alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 198/95 (emanato in “Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1922, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell’Arma dei Carabinieri”;
e per la declaratoria
del diritto degli istanti ad ottenere dall’Amministrazione resistente il trattamento economico corrispondente al grado che essi avrebbero dovuto rivestire se fossero stati ancora in servizio alla data del 1° settembre 1995 e comunque se, in particolar modo, l’originario decreto delegato di cui alla legge n. 216 del 1992 fosse stato emanato entro il previsto termine del 31 dicembre 1992, nonché al limite, se il cennato d.lgs. n. 198/95 – coerentemente peraltro con quanto a tal riguardo previsto dallo stesso art. 1°, comma 2°, della legge n. 230 del 1995 -, avesse legittimamente previsto nei loro riguardi un’applicazione retroattiva dei relativi benefici economici e giuridici, con conseguente diritto degli stessi a beneficiare delle somme dovute in materia di riquilidazione della buonuscita e di trattamento pensionistico;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2009 il dott. R P e uditi per le parti i difensori avv.to M S, con delega per parte ricorrente, e l'avv. dello Stato F M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del giudizio (RG n. 11122/96) -OMISSIS- ed altri ex appartenenti all’Arma dei Carabinieri in quiescenza, hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi attribuiti i benefici stipendiali e la promozione ai gradi superiori che avrebbero ottenuto qualora si fossero trovati in servizio alla data del 1° settembre 1995, come stabilito dall’art. 54 del d.lgs. n. 198/1995, previa declaratoria dell’illegittimità degli artt. 46-49 d.lgs. n. 198/1995 per contrasto con gli artt. 3, 36, 76, 97 Cost., e dell’art. 1, co. 3, l.n. 139/1995 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost..
Con separato atto notificato il 6 novembre 1996,-OMISSIS-, hanno dichiarato di intervenire ad adiuvandum nel ricorso RG n.-OMISSIS-, ma hanno trascritto nell’atto di intervento il ricorso RG n. 11122/96 sopra indicato, al quale si sono riportati, trascrivendone il testo e condividendone le conclusioni, trovandosi nelle medesime condizioni (di carabinieri in quiescenza) dei ricorrenti in via principale.
L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.
Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.
All’udienza del 18 dicembre 2009 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, il Collegio dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum proposto da-OMISSIS-.
Dato atto dell’errore commesso dai ricorrenti nell’indicazione del ricorso principale (RG n. 8794/96, anziché RG n. 11122/96), va rilevato che i quattro ex militari indicati si trovavano al momento dell’intervento nella medesima posizione vantata dai soggetti che avevano proposto ricorso in via principale, essendo tutti ex appartenenti all’Arma dei Carabinieri che hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi attribuiti la promozione ai gradi superiori ed i benefici stipendiali che avrebbero ottenuto qualora si fossero trovati in servizio alla data del 1° settembre 1995, come stabilito dall’art. 54 del d.lgs. n. 198/1995, previa declaratoria dell’illegittimità degli artt. 46-49 d.lgs. n. 198/1995 per contrasto con gli artt. 3, 36, 76, 97 Cost., e dell’art. 1, co. 3, l.n. 139/1995 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost..
Al riguardo, il Collegio ritiene di dover condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale va dichiarato inammissibile l'intervento ad adiuvandum della parte che vanti una posizione giuridica non dipendente, secondaria o, ancora, accessoria rispetto all'interesse prospettato e fatto valere in giudizio da parte ricorrente (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 11 dicembre 2008 , n. 11309). L'intervento ad adiuvandum, infatti, può essere proposto nel processo amministrativo solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da soggetti che – come nella fattispecie - siano portatori di un interesse che li abilita a proporre ricorso in via principale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 03 settembre 2008 , n. 10036). In sostanza, l'intervento ad adiuvandum può essere proposto dal terzo che, avendo un proprio interesse, interviene per sostenere le ragioni fatte valere con il ricorso in quanto titolare di una posizione giuridica che, sia pure non legittimante la proposizione del ricorso in via principale, è collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale. L'interventore, pertanto, deve essere titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in giudizio o da esso dipendente, nel senso che la sentenza potrà riflettere un effetto favorevole o sfavorevole sulla sua posizione giuridica (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 06 giugno 2008 , n. 5578).
2. Ciò posto e passando a considerare il ricorso principale, il Collegio ritiene che debba essere dichiarato inammissibile anche questo perché, in sostanza, i ricorrenti si dolgono del loro mancato reinquadramento derivante dall’omessa applicazione della disciplina emanata a seguito dell’esercizio della delega contenuta nella legge n. 216/92. In particolare, con il ricorso introduttivo del giudizio, i ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del loro diritto ad essere inquadrati nei gradi superiori e ad ottenere i relativi benefici economici, che avrebbero ottenuto se il Governo avesse tempestivamente esercitato la delega contenuta nella legge n. 216/1992 e, quindi, se si fossero trovati in servizio alla data del 1° settembre 1995, come stabilito dall’art. 54 del d.lgs. n. 198/1995;previa declaratoria dell’illegittimità degli artt. 46-49 d.lgs. n. 198/1995 per contrasto con gli artt. 3, 36, 76, 97 Cost., e dell’art. 1, co. 3, l.n. 139/1995 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost..
Così delineato l’oggetto del giudizio, il Collegio ritiene inammissibile l’azione di accertamento del diritto dei ricorrenti ad ottenere un diverso inquadramento, tenuto conto, peraltro, che al momento dell’entrata in vigore della disciplina indicata i ricorrenti erano stati già collocati in quiescenza.
2.1. Al riguardo, il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento già espresso dalla Sezione con sentenza n. 4622 del 2009. Ed invero - pur a voler prescindere da ulteriori e diverse considerazioni – va ricordato che nel processo amministrativo l’azione di accertamento è ammissibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando da parte dell’istante venga fatta valere una posizione di diritto soggettivo, che non è riscontrabile nel caso in cui si controverta sull’inquadramento del personale, rispetto al quale sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo, azionabili e tutelabili mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumono essere illegittimamente lesivi della posizione medesima. Infatti, la pretesa del pubblico dipendente ad un diverso inquadramento non è qualificabile come correlata ad una posizione di diritto soggettivo, stante la natura autoritativa, oltre che vincolata, della connessa funzione amministrativa. L’atto di inquadramento del personale è un provvedimento con il quale l’Amministrazione definisce lo status giuridico ed economico del dipendente nell’ambito del proprio apparato organizzativo con efficacia costitutiva, per cui nei confronti di tale atto sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, come tali insuscettibili di autonoma azione di accertamento (ex plurimis, da ultimo: Cons. Stato – Sez. V – 17 ottobre 2008 n. 5065).
3. L’inammissibilità dell’azione di accertamento proposta dai ricorrenti travolge anche la domanda diretta al riconoscimento del diritto al trattamento retributivo corrispondente ai diversi gradi cui i ricorrenti aspirano, in quanto avente il proprio presupposto nell’asserito diritto ad un diverso inquadramento.
4. Ne discende, ulteriormente, l’inammissibilità della sollevata eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 46-49 d.lgs. n. 198/1995 per contrasto con gli artt. 3, 36, 76, 97 Cost., e dell’art. 1, co. 3, l.n. 139/1995 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost..
5. Comunque, il Collegio ritiene che le eccezioni di incostituzionalità siano manifestamente infondate e, conseguentemente - posto che le censure mosse ai provvedimenti impugnati consistono esclusivamente nella supposta incostituzionalità della normativa richiamata - il ricorso sia da considerare, comunque, infondato.
I ricorrenti hanno sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli da 46 a 49 del d.lgs. n. 198/1995, per contrasto con gli artt. 3, 36, 76, 97 della Costituzione, affermando di non aver potuto ottenere i benefici normativi previsti dall’art. 54 d.lgs. n. 198/95 per coloro che erano in servizio alla data del 1°.9.1995, essendo stati collocati i quiescenza in data anteriore, pur se nell’anno 1995. In particolare, i ricorrenti hanno osservato che se la delega fossa stata esercitata tempestivamente e cioè entro il 31.12.1992, come prevedeva l’art. 2 della legge delega n. 216/1992, essi avrebbero ottenuto i benefici previsti dal d.lgs. n. 198/95, sostanzialmente, consistenti in una promozione generalizzata ed automatica al ruolo e al grado superiori per i militari in servizio alla data indicata.
Al riguardo, però, va considerato che con l’art. 1, comma 3, della legge n. 139/1995 è stato prorogato al 31.5.1995 il termine concesso al Governo per esercitare la citata delega, fissando al 1°.