TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2013-04-23, n. 201304110
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N. 04110/2013 REG.PROV.COLL.
N. 08051/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8051 del 2012, proposto da:
M C, rappresentato e difeso dall'Avv. C C, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Roma, via Ugo De Carolis n. 34/B;
contro
Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci, in liquidazione, in persona del liquidatore p.t., n.c.;
per l'esecuzione
a) del decreto ingiuntivo n. 8966/2010 del Tribunale di Roma;
b) del decreto ingiuntivo n. 8786/2010 del Tribunale di Roma;
c) del decreto ingiuntivo n. 8785/2010 del Tribunale di Roma;
d) del decreto ingiuntivo n. 8778/2010 del Tribunale di Roma.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2013 il dott. F A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato in fatto e in diritto:
1. Il ricorrente agisce per ottenere l’ottemperanza, da parte del Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci, ai decreti ingiuntivi indicati in epigrafe.
2. Il ricorso risulta notificato in data 3 ottobre 2012 e ritualmente depositato in data 11 ottobre 2012.
3. Il Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci non si è costituito in giudizio.
4. Con ordinanza n. 632/13 il tribunale ha assegnato un termine per le deduzioni in ordine ad alcuni profili attinenti all’ammissibilità del ricorso.
In data 21 febbraio 2013 parte ricorrente ha depositato apposita memoria.
Il ricorso è stato nuovamente chiamato per la discussione alla Camera di Consiglio del 4 aprile 2013, e quindi trattenuto in decisione.
5. Si rileva preliminarmente che il ricorso è ammissibile in quanto:
- il decreto ingiuntivo non opposto definisce la controversia, al pari della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile, ove divenuto esecutivo, per revocazione o per opposizione di terzo nei limiti e casi stabiliti dall'art. 656 c.p.c.;pertanto, esso ha valore di cosa giudicata agli effetti della proposizione del ricorso per ottemperanza ai sensi e per gli effetti dell’art. 112, comma 2, lettera c) del codice del processo amministrativo;
- il Consorzio intimato ha natura di ente pubblico non economico (Cassazione civile S.U.C., 12 dicembre 1991, n. 13412;T.A.R. Lazio, sez. Latina, 3 luglio 1998, n. 602);
- la circostanza che un Consorzio si trovi in fase di liquidazione a seguito della sua estinzione ai sensi dell'art. 5 comma 11 ter, d.l. 28 agosto 1995 n. 361, conv. in l. 27 ottobre 1995 n. 437, non può essere invocata per sostenere, con riferimento alla disciplina delle azioni esecutive nei confronti degli enti locali dissestati, l'impossibilità di utilizzare il giudizio di ottemperanza ;infatti, a prescindere dalla questione dell'applicabilità ai Consorzi della normativa sul dissesto degli enti locali e quindi delle conseguenti preclusioni in termini esecutivi, allo stato di dissesto non è comunque equiparabile la fase di liquidazione, preordinata alla risoluzione dei rapporti pendenti a mezzo di un organo straordinario che, fra l'altro, può ritenersi sostituibile dal commissario ad acta nominato dalla sentenza che definisce il giudizio di ottemperanza (T.A.R. Lazio, sez. Latina, 25 giugno 2008, n. 784).
6. Nel caso di specie:
- il decreto ingiuntivo n. 8966/2010, emesso il 2 aprile 2010 e depositato il 27 aprile 2010, è passato in giudicato per mancata opposizione ed è stato notificato al Consorzio in forma esecutiva il 17-23 dicembre 2010;
- il decreto ingiuntivo n. 8786/2010, emesso il 27 marzo 2010 e depositato il 26 aprile 2010, è passato in giudicato per mancata opposizione ed è stato notificato al Consorzio in forma esecutiva il 17-23 dicembre 2010;
- il decreto ingiuntivo n. 8785/2010, emesso il 27 marzo 2010 e depositato il 26 aprile 2010, è passato in giudicato per mancata opposizione ed è stato notificato al Consorzio in forma esecutiva il 17-23 dicembre 2010;
- il decreto ingiuntivo n. 8778/2010, emesso il 27 marzo 2010 e depositato il 26 aprile 2010, è passato in giudicato per mancata opposizione ed è stato notificato al Consorzio in forma esecutiva il 17-23 dicembre 2010.
7. Parte ricorrente chiede il pagamento delle somme come determinate nei dispositivi dei predetti decreti ingiuntivi a titolo di corrispettivo di prestazioni professionali di assistenza legale, con i relativi interessi legali come richiesti e spese di giudizio.
Sussistono pertanto i presupposti soggettivi e oggettivi della richiesta ottemperanza del Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci, non sussistendo la prova dell’adempimento.
Oltre alla sorte capitale, agli interessi e alle spese, indicate nel dispositivo dei decreti ingiuntivi, sono dovute le spese di registrazione, di esame/consultazione, di richiesta copie e di notificazione dei decreti medesimi (cfr. TAR Sicilia – Catania, sez. IV, 19 maggio 2006, n. 751), ma non gli ulteriori diritti e spese estranei al procedimento di ottemperanza (e quindi, in particolare, non quelli relativi alla formula esecutiva e all’atto di precetto).
8. Parte ricorrente ha altresì richiesto la fissazione di una somma di denaro per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 114, comma 4, lettera e) del codice del processo amministrativo.
8.1 È noto che sulla questione dell’applicabilità dell’istituto della cd. “astreinte” alle obbligazioni pecuniarie si rinvengono in giurisprudenza due orientamenti.
Secondo un primo orientamento l’ astreinte non può essere considerata applicabile qualora l’esecuzione del giudicato consista nel pagamento di una somma di denaro, atteso che la stessa costituisce un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di facere infungibili: sicché non sembra equo condannare l’Amministrazione al pagamento di ulteriori somme di denaro, quando l’obbligo di cui si chiede l’adempimento consiste, esso stesso, nell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria, considerato altresì che in tal caso, per il ritardo nell’adempimento, sono già previsti dalla legge gli interessi legali, ai quali la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ad aggiungersi, con effetti iniqui di indebito arricchimento per il creditore (Tar Campania, Napoli, sez. IV, 9 novembre 2012, n. 4553;T.A.R. Lazio, sez. II quater, 31 gennaio 2012, n. 1080;T.A.R. Lazio, sez. I, 29 dicembre 2011, n. 10305).
Secondo un’altra impostazione, invece, detto cumulo non è impedito dal tenore letterale della norma ed è comunque giustificato dal fatto che l’istituto della astreinte è caratterizzato nel processo amministrativo da importanti differenze rispetto alla previsione di cui all’art. 614-bis c.p.c. (espressamente applicabile solo alla violazione di obblighi di fare infungibile o di non fare) ed ha natura di sanzione;in quest’ottica si sottolinea altresì la peculiarità del rimedio dell’ottemperanza, il quale - grazie al potere sostitutivo esercitabile dal giudice in via diretta o mediante la nomina di un commissario ad acta - non sconta, a differenza del giudizio di esecuzione civile, l’ostacolo della non surrogabilità degli atti necessari al fine di assicurare l’esecuzione in re del precetto giudiziario. Da tutto ciò si trae la conseguenza che, nel sistema processual-amministrativo, lo strumento in esame non mirerebbe a compensare gli ostacoli derivanti dalla non diretta coercibilità degli obblighi di contegno sanciti dalla sentenza del giudice civile, mentre del rimedio processual-civilistico condividerebbe la generale finalità di dissuadere il debitore dal persistere nella mancata attuazione del dovere di ottemperanza (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6688;Consiglio Stato, sez. IV, 2 marzo 2012, n. 1214;TA.R. Puglia, Bari, sez. III, 26 gennaio 2012 n. 254).
8.2 Il Collegio condivide il primo dei due summenzionati orientamenti.
Attesa la pluriformità dell’istituto sia nelle sue origini storiche sia nella sua recezione dell’ordinamento italiano, l’argomento della natura giuridica appare incerto e comunque non dirimente per la soluzione del quesito.
Risulta invece significativo, dal punto di vista del diritto positivo, proprio il richiamo sistematico all’analoga previsione del codice di procedura civile.
Al riguardo va anzitutto ricordato che la disciplina processual-civilistica costituisce, ai sensi dell’art. 39, comma 1 c.p.a., un punto di riferimento obbligato non solo per colmare le lacune della normazione sul processo amministrativo, ma altresì - e a maggior ragione - quale principale termine di riferimento e di confronto in sede ermeneutica.
Questa lettura favorisce del resto una considerazione coerente e possibilmente unitaria dell’ordinamento processuale complessivo anche in fase applicativa: sarebbe assai singolare che l’interessato, scegliendo la via dell’ottemperanza giurisdizionale amministrativa per l’esecuzione di una sentenza del giudice civile, potesse ottenere un vantaggio monetario ulteriore in caso di ritardo, non riconosciuto in sede civile.
In secondo luogo, l’esigenza di evitare una duplicazione di prestazioni pecuniarie accessorie, con il conseguente indebito arricchimento del creditore, non trova riscontro solamente in un principio generale, oltre che nel criterio equitativo espressamente riconosciuto dalla lettera della previsione del cod. proc. amm. (che esclude l’applicabilità del meccanismo in questione in caso di manifesta iniquità), ma anche - ad esempio - nella logica soggiacente all’istituto civilistico della clausola penale (che pure presenta complessi e intrecciati profili di rilevanza sanzionatoria e risarcitoria): a questo riguardo è interessante rilevare, ad esempio, che secondo la giurisprudenza, nel caso di cumulo di penale per il ritardo e prestazione risarcitoria per l'inadempimento, occorre tener conto, nella liquidazione di quest'ultima, dell'entità del danno ascrivibile al ritardo che sia stato già autonomamente considerato nella determinazione della penale al fine di evitare un ingiusto sacrificio del debitore (che altrimenti dovrebbe eseguire due esborsi per lo stesso titolo) e, correlativamente, un indebito arricchimento del creditore (Cass. civ, sez. II, 13 luglio 1984, n. 4120).
L’interpretazione restrittiva della previsione del codice del processo amministrativo che ha introdotto questo meccanismo è fondata quindi su riscontri sia letterali sia sistematici, sullo sfondo dei quali si staglia un criterio teleologico: offrire uno strumento ulteriore di coercizione indiretta al fine di garantire l’effettività della tutela (art. 1 cod. proc. amm), la quale non è certo volta a garantire al ricorrente più di quanto gli spetti secondo diritto (con una sorta di paradossale stravolgimento “per eccesso” del cd. principio chiovendiano). L’istituto in questione si attaglia quindi propriamente a quelle situazioni nelle quali si tratta di porre in essere un’attività amministrativa da svolgersi per quanto possibile nel rispetto dell’ordine fisiologico delle competenze (si pensi all’adozione di una deliberazione in materia urbanistica), in quanto contribuisce a prevenire l’intervento del commissario ad acta : esigenza, questa, estranea alla logica che ispira la disciplina degli adempimenti di prestazioni a carattere pecuniario, sia sul piano fisiologico sia sul piano della patologia derivante dal ritardo, il cui paradigma di riferimento si rinviene essenzialmente nella disciplina civilistica degli interessi e del risarcimento del danno.
8.3 Deve quindi conclusivamente ritenersi l’inapplicabilità dell’istituto in questione alle obbligazioni di carattere pecuniario.
Ne consegue che la domanda di cui al punto 8 deve essere disattesa.
9. Il Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci deve quindi provvedere alla richiesta completa esecuzione dei quattro giudicati, nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o, se anteriore, dalla sua notificazione, provvedendo a pagare all’odierno ricorrente le somme come individuate al precedente punto 7,
10. In caso di persistente inerzia oltre il termine assegnato, questo Tribunale provvederà in ordine alla nomina di un commissario ad acta, su semplice istanza di parte.
11. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.