TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2010-05-10, n. 201010574

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2010-05-10, n. 201010574
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201010574
Data del deposito : 10 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10421/1996 REG.RIC.

N. 10574/2010 REG.SEN.

N. 10421/1996 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso R.G.n. 10421 del 1996, proposto dai signori

GAUDIO

Osvaldo e

DELLI PONTI

Angela, rappresentati e difesi dagli avvocati G S e M D, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via dei Gracchi, n.189;

contro

il COMUNE di ROMA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv.R M, domiciliato per legge presso gli Uffici dell’Avvocatura Municipale in Roma, via Tempio di Giove, n.21;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

determinazione dirigenziale n.789 del 18.4.1996 con la quale il Comune di Roma ha disposto la sospensione lavori e la demolizione di opere abusive eseguite dai ricorrenti.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;

Vista l’ordinanza n. 2130/1996, pronunciata nella Camera di consiglio del 29 agosto 1996, è stata respinta la suindicata domanda cautelare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2010 il 1^Referendario M C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) I signori Gaudio Osvaldo e Delli Ponti Angela riferiscono che con Determinazione Dirigenziale n.365 del 28.2.1996 è stata disposta dal Comune di Roma nei loro confronti la immediata sospensione dei lavori relativi ad abusi edilizi attinenti opere dagli stessi realizzate su manufatto di proprietà.

In seguito, in data 24.4.1996 è stata notificata la Determinazione Dirigenziale n.789 del 18.4.1996 per la demolizione delle predette opere abusive e per l’acquisizione dell’area di sedime.

Avverso la predetta D.D. n. 789/96 hanno proposto ricorso a questo Tribunale amministrativo regionale deducendo un unico articolato motivo: Violazione e falsa applicazione della legge;
eccesso di potere;
carenza di motivazione, illogicità, abnormità, nullità,
lamentano i ricorrenti che in relazione alle contestazioni mosse l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto di alcune circostanze quali la reale consistenza dell’abuso, la localizzazione dello stesso in aperta campagna romana, la consistenza precaria e provvisoria dei manufatti realizzati destinati all’esercizio dell’attività agricola, esistenti da tempo immemore e ormai integrati nella campagna romana.

Risulterebbe difficile individuare l’epoca di costruzione degli stessi e dovrebbe escludersi la possibilità di ricondurre ai ricorrenti la costruzione dei manufatti, attesa la mancanza di una evidente attività istruttoria svolta dall’Amministrazione al riguardo e insufficiente motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma per resistere al ricorso, senza depositare memoria difensiva.

Con ordinanza n.2130/96 pronunciata nella Camera di consiglio del 29 agosto 1996, è stata respinta la suindicata domanda incidentale di sospensione dei provvedimenti impugnati.

In data 26.11.2009, prot. n.68471 i ricorrenti hanno depositato dichiarazione di revoca di mandato professionale controfirmata dal difensore avv. F.Perrone e con contestuale memoria si sono costituiti in giudizio gli avv.ti G S e M D, in sostituzione dell’avv. F.Perrone, i quali, dopo aver aderito alle conclusioni del ricorso, hanno altresì rappresentato che in data 26.3.2004, prot. n. 58989/2004, il ricorrente ha presentato istanza di nuovo condono edilizio per l’immobile realizzato in via Casale di Acquaviva snc, versando la relativa somma a titolo di oblazione, allegandola in atti.

Pertanto, sulla base di ciò hanno formulato ulteriori motivi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili avverso il provvedimento impugnato di demolizione delle opere aventi ad oggetto proprio l’immobile di cui alla predetta domanda di condono, la quale renderebbe inefficace lo stesso provvedimento demolitorio. Da qui la carenza di istruttoria nel procedimento attivato dal Comune, anche in considerazione del versamento dell’oblazione e la mancata valutazione della circostanza che l’ordine di demolizione insisterebbe su un immobile ad uso residenza primaria dei ricorrenti.

All’odierna pubblica udienza il ricorso è stato introitato per la decisione.

2) Nel merito, il ricorso presenta evidenti profili di improcedibilità per le ragioni di seguito riportate.

Al riguardo, il Collegio rileva che secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, seguito anche da questa Sezione, la presentazione dell'istanza accertamento di conformità o della domanda di condono successivamente all’impugnazione dell'ordinanza di demolizione - o alla notifica del provvedimento di irrogazione delle altre sanzioni per gli abusi edilizi - produce l'effetto di rendere inefficace tale provvedimento e, quindi, improcedibile l'impugnazione stessa, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera, sia pure al fine di verificarne la eventuale sanabilità, provocato da detta istanza, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 1997, n. 3563;
idem, sez. II, 31 maggio 2006, n. 7884;
T.A.R. Campania, sez. IV, 25 maggio 2001, n. 2340;
idem, 21 novembre 2006, n.10122);
e che, pertanto, il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento sanzionatorio, proposto anteriormente all'istanza di condono edilizio, deve ritenersi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, “spostandosi” l'interesse del responsabile dell'abuso edilizio dall'annullamento del provvedimento già adottato, all'eventuale annullamento del provvedimento di rigetto.

Nella specie, va preso atto di quanto rappresentato e documentato dai ricorrenti, non smentito dalla difesa comunale, e l’applicazione di siffatti principi alla controversia in esame - nella quale risulta che è stata presentata istanza di sanatoria per le opere oggetto dell’ordinanza impugnata (in atti)– fa sì che deve dichiararsi l'improcedibilità del gravame, stante la sopravvenuta carenza di interesse, da parte dei ricorrenti, al conseguimento di una qualche decisione avverso l’atto impugnato, destinato comunque ad essere sostituito dalle determinazioni adottate sulla proposta istanza di condono e , se lesive, alle conseguenti azioni contenziose (cfr.T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, n.6 del 2008 e n. 149 del 2008;
Cons. Stato, sez.V, 26 giugno 2007, n.3659;
idem, sez.IV, 15 luglio 2008, n.3546;
T.A.R. Lazio Roma, sez. II,16 marzo 2009 , n. 2692;
idem, 4 dicembre 2009 , n. 12552;
T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 10 febbraio 2010 , n. 848).

In conclusione, il Collegio dichiara la improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e, in relazione alla natura della controversia, stima equo disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti sussistendone giustificati motivi.

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