TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-01-30, n. 202401820

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Il provvedimento analizzato è una sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Stralcio, il 30 gennaio 2024, riguardante un ricorso contro l'esclusione da un concorso per Volontari in ferma prefissata nell'Esercito Italiano. Il ricorrente ha contestato la propria esclusione, sostenendo che il limite di età previsto dal bando violasse il principio di parità di trattamento, come stabilito dalla Direttiva 2000/78/CE, recepita in Italia dal Decreto Legislativo 9 luglio 2003 n. 216.

Il giudice ha rigettato il ricorso, argomentando che le limitazioni di età per l'accesso alle forze armate sono giustificate da esigenze operative specifiche. Ha richiamato la normativa europea, evidenziando che tali disparità possono essere legittime se giustificate da finalità di politica del lavoro e necessità operative. La sentenza ha sottolineato che il ruolo di Volontario richiede condizioni fisiche e psicologiche adeguate, rendendo ragionevole il limite di età fissato. Inoltre, ha confermato che la normativa nazionale è coerente con i principi europei, in quanto mira a garantire l'efficienza operativa del personale militare.

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-01-30, n. 202401820
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202401820
Data del deposito : 30 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/01/2024

N. 01820/2024 REG.PROV.COLL.

N. 09934/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9934 del 2019, proposto da
F T, rappresentato e difeso dall'Avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- dell'esclusione dalla partecipazione al concorso per “Volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1) nell'Esercito Italiano - 3°

BLOCCO

2019” indetto con Decreto del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, del 27 novembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, del 14 dicembre 2018;

- di tutti gli atti successivi, prodromici e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4 bis , cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 gennaio 2024 la dott.ssa C L e udito, per il ricorrente, il difensore, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con decreto del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare del 27 novembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, del 14 dicembre 2018, veniva indetto un bando di reclutamento di 8.000 Volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) dell’Esercito Italiano.

Il sig. Tropiano Federico, odierno ricorrente, intenzionato a partecipare alla selezione di che trattasi, in data 28 maggio 2019, all’atto di inoltrare telematicamente l’istanza, non riusciva a portare a termine la procedura, in quanto automaticamente escluso dal sistema informatico, per superamento del limite di età previsto dal bando.

Con ricorso proposto come in rito, il sig. Tropiano Federico ha impugnato l’esclusione dalla partecipazione al concorso per “Volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1) nell'Esercito Italiano - 3°

BLOCCO

2019” del 28 maggio 2019.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, instando per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 19 gennaio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

L’odierno ricorso è affidato ad un’unica censura, con cui si deducono l’eccesso di potere per incongruità, illogicità ed irragionevolezza, per manifesta ingiustizia, per disparità di trattamento, per carenza nei presupposti di fatto, per erronea valutazione e travisamento della situazione di fatto, il difetto di istruttoria e la carenza di motivazione.

Prospetta il ricorrente che la Direttiva 200/78/CE ha vietato le discriminazioni di qualsiasi genere, comprese quelle fondate sull’età, per l’accesso al pubblico impiego, divieto esteso anche alle attività lavorative che richiedono particolari capacità fisiche, come quelle relative ai servizi nelle forze armate e di polizia.

Precisa come tale Direttiva sia stata recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo 9 luglio 2003 n. 216, che, all’art. 3, prevede che il principio di parità di trattamento, senza distinzioni - basate, tra l’altro, anche sull’età - debba trovare applicazione anche alle forze armate e alle forze di polizia.

Lamenta che, nonostante tali previsioni normative, i bandi di concorso, come quello in ragione del quale è stata disposta la propria esclusione dal concorso, contengano ancora previsioni inerenti la limitazione d’età.

Il ricorso è infondato.

La Direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, n. 2000/78/CE, che stabilisce « un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro ”, al considerando 18 reca la seguente precisazione “ la presente direttiva non può avere l'effetto di costringere le forze armate nonché i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso ad assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i requisiti necessari per svolgere l'insieme delle funzioni che possono essere chiamate ad esercitare, in considerazione dell'obiettivo legittimo di salvaguardare il carattere operativo di siffatti servizi ».

Al considerando 23 stabilisce ulteriormente che « In casi strettamente limitati una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla religione o alle convinzioni personali, a un handicap, all'età o alle tendenze sessuale costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato. Tali casi devono essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione »;
e al considerando 25 che « Il divieto di discriminazione basata sull'età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell'occupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell'età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica dell'occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate ».

La medesima Direttiva, all’art. 2 definisce la nozione di discriminazione, prevedendo al comma 1 che « Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all'articolo 1 », fra i quali è indicata espressamente l'età;
al comma 2, lett. a), prevede poi che sussiste « discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga ».

L'art. 4, rubricato « requisiti per lo svolgimento dell'attività lavorativa », al comma 1, fermo il divieto generale di discriminazione, consente agli Stati membri di stabilire che « una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a uno qualunque dei motivi di cui all'articolo 1 », e, quindi, anche all'età « non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato ».

L'art. 6 della Direttiva, rubricato « giustificazione delle disparità di trattamento collegate all'età », al comma 1 prevede che « gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare: (…) c ) la fissazione di un'età massima per l'assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento ».

Con il Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 è stata data attuazione alla predetta direttiva per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

L’art. 3 del Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 prevede, al comma 1 che « Il principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale secondo le forme previste dall'articolo 4, con specifico riferimento alle seguenti aree: a) accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;
b) occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;
c) accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
d) affiliazione e attività nell'àmbito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni
», per poi precisare al comma 2 che « La disciplina di cui al presente decreto fa salve tutte le disposizioni vigenti in materia di: (…) e) forze armate, limitatamente ai fattori di età e di handicap » .

Orbene, dal quadro normativo testé citato emerge che, pur sussistendo un generale principio di parità di trattamento in tema di accesso al lavoro, senza discriminazioni che possano essere legate anche a fattori anagrafici, tale principio è tuttavia derogabile in presenza di specifiche esigenze inerenti la tipologia di attività lavorativa, quale quella che viene in rilievo per le forze armate e di polizia.

Sul punto, come precisato, è la stessa Direttiva, all’art. 6, a prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima.

In ragione di tale previsione, l’art. 3 del Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216, al comma 2, riconosce quali eccezioni al principio di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, tra l’altro, le disposizioni vigenti in materia di forze armate, limitatamente ai fattori di età e di handicap , evidentemente valutando le disparità di trattamento in ragione di tali fattori non discriminatorie in quanto oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, quale quella di garantire la massima operatività del personale delle forze armate e di polizia.

Osserva il Collegio che la questione concernente la legittimità o meno, in relazione alla normativa unionale, delle previsioni normative che fissano il limite massimo di età per il reclutamento di personale nelle forze armate e di polizia è stata oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (quest’ultima riguardo alle discipline di diversi Stati per l’assunzione nei ruoli delle forze armate o di polizia).

In particolare, il Consiglio di Stato ha affermato che le limitazioni fondate sull’età non contrastano con il diritto dell’Unione Europea, precisando che l’art. 3, comma 4, della Direttiva citata consente agli Stati membri di escluderne l’applicabilità alle forze armate, nella misura in cui vengano in questione discriminazioni fondate sull’ handicap o sull’età, sicché i limiti di età contenuti nei bandi per il reclutamento nelle forze dell’ordine risultano pienamente compatibili con l’ordinamento unionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 31 agosto 2016, n. 3738).

Le decisioni del Consiglio di Stato trovano conferma nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, 15 novembre 2016, causa C-258/15, “Salaberria”, che ha precisato che la Direttiva 2000/78/CE è rispettata nel caso di concorsi che prevedono un limite di età massimo per accedere in settori che richiedono lo svolgimento di attività operative ed esecutive e, quindi, non meramente amministrative (Corte giustizia UE grande sezione, 15 novembre 2016, n. 258, pronunciata nell'ambito di una controversia fra il sig. Go. Sa. So. e l'Academia Vasca de Policía y Emergencias relativamente alla decisione di quest'ultima di pubblicare un bando di concorso contenente il requisito secondo il quale i candidati ai posti di agenti della polizia della Comunità autonoma dei Paesi Baschi non dovevano aver compiuto 35 anni di età).

La successiva evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea consente di affermare che le limitazioni all’accesso ai pubblici concorsi legate all’età devono ritenersi coerenti con i principi eurounitari nella misura in cui le stesse siano tese a garantire l’operatività dei servizi connessi al ruolo per cui si accede, risultando, invero, le stesse irragionevoli nei casi in cui siano previste per ruoli con funzioni per lo più burocratiche e amministrative. In tale ottica, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. VII, con la sentenza n. 569 del 17 novembre 2022, ha ritenuto che la normativa nazionale che prevede la fissazione di un limite massimo di età a 30 anni per la partecipazione a un concorso diretto ad assumere personale nel ruolo degli psicologi della Polizia di Stato si ponga in contrasto con la disciplina unionale, « dal momento che le loro funzioni non comportano compiti impegnativi sul piano fisico che psicologi assunti a un'età più avanzata non sarebbero in grado di realizzare per un periodo sufficientemente lungo ».

In senso analogo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. VII, con la sentenza n. 304 del 17 novembre 2022 ha ritenuto che la fissazione di un limite massimo di età a 30 anni per la partecipazione a un concorso diretto ad assumere Commissari di Polizia sia in contrasto con la normativa eurounitaria, dal momento che le funzioni effettivamente esercitate dai Commissari di Polizia non richiedono capacità fisiche particolari.

Il discrimen , quindi, per poter valutare la ragionevolezza del limite di età per l’accesso ai concorsi pubblici nei ruoli delle forze armate e di polizia è quello del carattere prevalentemente operativo richiesto per il ruolo, dal momento che il fattore anagrafico ha un’indubbia valenza determinante delle capacità operative, anche in un’ottica diacronica, che tenga conto delle potenzialità operative nel tempo.

Ebbene, nel caso di specie la figura dei Volontari in ferma prefissata è stata introdotta dalla Legge 23 agosto 2004 n. 226, che aveva stabilito la sospensione del servizio obbligatorio di leva – peraltro previsto al compimento del diciottesimo anno di età - e l'istituzione della figura del Volontario in Ferma Prefissata (VFP) di uno e quattro anni (VFP1 e VFP4), figure successivamente sostituite, ad opera della Legge 5 agosto 2022 n. 119, da quelle del Volontario in Ferma Iniziale (VFI) e del Volontario in Ferma Triennale (VFT).

Si tratta, in ogni caso, di figure professionali di Volontari dell’Esercito Italiano, destinati a svolgere un ruolo prevalentemente, se non esclusivamente, operativo in ambito nazionale o internazionale, cui è peraltro riconosciuta una riserva di posti per l’accesso alle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento militare e civile o al corpo militare della Croce Rossa.

Ebbene, il carattere evidentemente operativo delle mansioni connesse al ruolo di Volontario in ferma prefissata giustifica il limite di età previsto per l’accesso, in ragione delle esigenze di necessaria operatività dell’impiego che tale ruolo comporta, dovendosi pertanto ritenere che la normativa nazionale che prevede tali limiti di età, e, segnatamente, l’art. 697 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66, sia “oggettivamente e ragionevolmente” giustificata da una finalità legittima, quale quella di garantire al massimo l’operatività del personale volontario nelle forze armate.

In particolare, il requisito dell’età di 25 anni previsto per il reclutamento di Volontari in ferma prefissata (peraltro attualmente ridotto a 24 anni dalla Legge 5 agosto 2022, n. 119) non può ritenersi irragionevole o discriminatorio, essendo, nei limiti della discrezionalità del legislatore, giustificato dalle caratteristiche delle funzioni operative ed esecutive che tale ruolo è chiamato a svolgere.

Si tratta di funzioni a carattere strettamente operativo, in cui il limite di età risulta giustificato dalla necessità che il personale selezionato risulti in possesso di particolari condizioni di idoneità ed efficienza fisica, che devono essere conservate anche per l’eventuale successivo arco temporale di carriera, risultando l’assetto del limite di età coerente con le esigenze di disporre di personale più giovane in grado di fronteggiare (fisicamente e psicologicamente) le necessarie esigenze connesse all’operatività del ruolo.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

In ragione della peculiarità della materia trattata, sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.

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