TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2018-01-16, n. 201800520
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Pubblicato il 16/01/2018
N. 00520/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02198/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2198 del 2007, proposto da:
B G, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati S M, M B, con domicilio eletto presso lo studio Domenico Pavoni in Roma, via Riboty 28;
contro
Unire non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione
della decisione della Commissione di Disciplina di I istanza dell’UNIRE n. 574/06;risarcimento danni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2017 la dott.ssa M G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso il ricorrente in epigrafe indicato tempestivamente impugnava innanzi al TAR TAA Bolzano, la decisione della Commissione di Disciplina di I istanza dell’UNIRE n. 574/06, chiedendone l’annullamento, previa sospensiva, nonché il risarcimento dei danni.
Con ordinanza n. 24 del 06.02.2007 del TAR Bolzano, veniva concessa la misura cautelare.
In seguito a regolamento di competenza, con ordinanza presidenziale n. 3 del 07.03.2007, la causa veniva rimessa alla competenza del TAR Lazio, Roma, ove veniva proseguita dal ricorrente che si costituiva in giudizio.
Premesso in fatto che:
- il ricorrente veniva rinviato a giudizio disciplinare dalla Procura di Disciplina dell’Unire per la positività a naproxene di un cavallo da lui allenato, risultata a seguito di controllo antidoping;
- conseguiva la condanna dello stesso – adottata con il provvedimento gravato – alla sospensione da ogni qualifica ippica per mesi due e la multa per responsabilità aggravata oggettiva, prevista per l’allenatore dal co. 6 dell’art. 11 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite.
L’UNIRE non si è costituito nel giudizio riassunto innanzi al TAR Lazio.
Nella pubblica udienza odierna il ricorso è trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorrente affida il ricorso alle seguenti censure:
violazione dell’art. 11 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite, per non punibilità dell’allenatore, anche se riconosciuto responsabile del doping;
violazione dell’art. 10 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite;eccesso di potere per essere state fatte 1^ e 2^ analisi nello stesso laboratorio;
violazione dell’allegato 3 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite per mancanza di accreditamento del Laboratorio di 2^ analisi e degli altri requisiti previsti;
violazione degli artt. 10 L. 241/90;art. 1 RDU e delle linee guida per le II analisi;eccesso di potere per illogicità in relazione alla mancanza dei dati analitici di analisi;difetto di motivazione in quanto non sarebbero stati esibiti i dati analitici rappresentati dai cromatogrammi e spettri di massa sottesi al formale risultato delle II analisi;
violazione dell’art. 17 del Regolamento di disciplina dell’UNIRE, in quanto la decisione della Commissione sarebbe stata depositata oltre il ventesimo giorno dall’udienza di cui alla citata norma interna.
Il ricorso è infondato per i seguenti motivi.
Con riguardo alla prima censura, come riconosciuto oramai in modo incontrovertibile dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. da ultimo TAR Lazio sez II ter N. 09644/2017), ai sensi dell’art. 11 del Regolamento di disciplina, l’allenatore è ritenuto responsabile della positività rilevata, anche per fatto altrui, salvo che non provi che l’evento sia dipeso da fatto a lui non imputabile nemmeno a titolo colposo. Nella fattispecie non risulta che il ricorrente abbia fornito prova circa l’interruzione del nesso di responsabilità a lui ascrivibile.
Priva di pregio è anche la seconda censura con la quale si deduce violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’identità del laboratorio di 1° e 2° analisi.
Il Collegio condivide, infatti, l’orientamento più recente della giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio sez III, n. 12120/2014) secondo cui l’art. 10 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite non impone di effettuare le seconde analisi in laboratorio diverso da quello nel quale sono state effettuate le prime analisi;peraltro le seconde analisi sarebbero in ogni caso un accertamento ex novo e non un riesame (Tar Lazio, sez. III ter, 3 novembre 2014, n. 11009;id. 29 ottobre 2014, n. 10872;id. 10 luglio 2012, n. 6255;Cons. St., sez. VI, 12 ottobre 2011, n. 5525).
Il CdS n. 00692/2017 ha poi stabilito che la legge 14-12-2000 n. 376 sulla lotta contro il doping si limita a richiedere che il controllo antidoping sia svolto presso uno o più laboratori accreditati dal CIO o da altro organismo internazionale, sicchè la legge richiede che i laboratori presentino specifiche garanzie, ma non sottende affatto un doppio livello di analisi né pone la regola di più laboratori per la stessa analisi. La stessa legge n. 689/1981 prevede, all’art. 15, in ipotesi di accertamenti mediante analisi di campioni, che l’interessato possa richiedere la revisione dell’analisi, con la partecipazione di un proprio consulente tecnico, all’organo che ha prelevato i campioni da analizzare, il che coincide con l’organo che ha fatto le prime analisi. Sicchè, i testi legislativi prevedono che la revisione possa essere effettuata dallo stesso laboratorio.
Pertanto, non può condividersi l’affermazione del ricorrente secondo cui le controanalisi dovevano essere eseguite, a pena di illegittimità, da un laboratorio diverso da quello che aveva eseguito le prime analisi.
Va poi respinta la terza censura con cui si deduce la mancanza di accreditamento del Laboratorio di 2^ analisi e degli altri requisiti previsti. Sul punto, la più risalente giurisprudenza del TAR appariva effettivamente orientata in senso favorevole al ricorrente (vedasi TAR Lazio, III ter N. 10354/2014 del 15.10.2014 ed anche 29 luglio 2014 nr. 08280/2014). Tuttavia, i più recenti orientamenti del Consiglio di Stato sono pervenuti a conclusione del tutto opposta (vedasi, in particolare, la sentenza del 16 febbraio 2017, nr. 692;si confrontino inoltre le coeve decisioni nr. 690 e 691;vedi anche sez II ter TAR Lazio, n. 06908/2017) in relazione al tema dell’accreditamento dei laboratori ai sensi della Guida ISO/IEC 17025. Infatti, si è intanto presupposto che “la norma invocata prevede espressamente, al punto 18 (rubricato “Laboratori”) che “L’obiettivo dei paesi firmatari è che i loro laboratori: siano accreditati conformemente alla guida ISO/IEC17025 “Condizioni generali di competenza richieste ai laboratori di analisi e di verifica” e al documento complementare ILAC G7 “Condizioni di accreditamento e criteri di funzionamento dei laboratori ippici”; applichino le disposizioni della “Guida per il rilevamento delle sostanze proibite”(Parte B dell’ILAC G7); rispettino le “Specifiche di rendimento della Federazione delle Autorità Ippiche”; partecipino a test fra laboratori (comma 5 9/b) della Guida ISO/IEC 17025:1999” …l’incipit della disposizione “l’obiettivo dei paesi firmatari…” qualifica la norma come programmatica, prefigurando sostanzialmente un risultato da raggiungere nella organizzazione e nel funzionamento dei laboratori.”
Sulla base di tali premesse, è stato affermato che tale disposizione “crea un obbligo di conformarsi ad essa, ma non prevedendo termini in proposito, non conduce affatto a ritenere la illegittimità delle attività svolte dai laboratori già esistenti, nelle more dell’adeguamento. La disposizione non ha, dunque, una portata immediatamente precettiva, la cui violazione incide sulla validità delle attività svolte. Invero, tale illegittimità non è espressamente contemplata, né è prevista, nelle more dell’accreditamento l’impossibilità di utilizzo di laboratori che a tali prescrizioni ancora non si siano adeguate” e che, pertanto, “i laboratori esistenti che svolgano analisi incaricati dall’UNIRE, legittimamente svolgano la loro attività, soprattutto quando, come nel caso di specie, siano determinate le procedure seguite nella effettuazione delle analisi, queste seguano modalità corrispondenti alle regole tecnico-scientifiche del settore e sia garantita la partecipazione ed il controllo, da parte dei privati, delle attività svolte”.
Pertanto, una volta riscontrata l’effettiva mancanza di accreditamento del laboratorio per la specifica sostanza riscontrata nel cavallo, è onere della parte interessata che intenda contestare il risultato dell’analisi dimostrare l’inosservanza delle modalità tecnico-scientifiche del settore o la mancanza di possibilità di partecipazione dei privati stessi alla verifica, circostanze queste ultime che non sono emerse nell’odierno giudizio.
Priva di pregio è poi la quarta censura con cui si deduce difetto di motivazione in quanto non sarebbero stati esibiti i dati analitici rappresentati dai cromatogrammi e spettri di massa sottesi al formale risultato delle II analisi. Infatti, come affermato da TAR Lazio sez III ter, n. 06255/2012, nelle linee guida non si rintraccia un obbligo a pena di nullità delle analisi di fornire detti elementi, la cui necessità o meno nella presente fattispecie appartiene all’area di discrezionalità tecnica non sindacabile da questo Giudice se non per evidenti illogicità.
Infine, è infondata anche l’ultima censura relativa alla violazione dell’art. 17 del Regolamento di disciplina dell’UNIRE, in quanto la decisione della Commissione sarebbe stata depositata oltre il ventesimo giorno dall’udienza di cui alla citata norma interna, trattandosi evidentemente di termine acceleratorio e non perentorio, la cui inosservanza dà luogo a mera irregolarità non invalidante l’atto impugnato.
Deve poi essere respinta l’istanza risarcitoria per mancanza di danno ingiusto ex art.