TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-02-24, n. 202303228

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-02-24, n. 202303228
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202303228
Data del deposito : 24 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/02/2023

N. 03228/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02742/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2742 del 2018, proposto da
P s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L S e L A, con domicilio digitale in atti e domicilio fisico eletto presso il loro studio in Roma, via M. Mercati, n. 51;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’ente in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale di Roma Capitale - Municipio Roma I Centro - U.O. Amministrativa e Affari Generali prot. CA/24813/2018 dell’8 febbraio 2018, trasmessa via pec in data 2 marzo 2018, con la quale è stata intimata la sospensione per la durata di 3 (tre) giorni lavorativi dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande svolta dalla società ricorrente in Roma, via Properzio n. 31/33;

- per quanto occorrer possa della nota prot. CA/39347 del 2 marzo 2018, di trasmissione della precitata determinazione dirigenziale;

- di ogni atto presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso ad oggi non conosciuto dalla ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 3 febbraio 2023 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame la società ricorrente - titolare di un’autorizzazione amministrativa per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in Roma, via Properzio n. 31/33 - impugna la determinazione in epigrafe, con cui Roma Capitale le ha sospeso l’attività per la durata di tre giorni lavorativi “ stante la recidiva nella occupazione del suolo pubblico ” innanzi all’esercizio e nelle immediate vicinanze, con tavoli, sedie e stazionamento della clientela, come da relativi accertamenti della competente Polizia Locale di Roma Capitale in data 14 aprile 2015, 18 dicembre 2015 e 22 dicembre 2015.

Parte ricorrente chiede l’annullamento di tale atto, genericamente assumendone l’illegittimità per eccesso di potere, sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione, dell’illogicità manifesta e della violazione del canone di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.

In particolare, lamenta la società che “il provvedimento impugnato non è stato preceduto da alcun atto di formale diffida da parte dell’Amministrazione comunale ”, atteso che la determinazione dirigenziale prot. CA/214204/2016 del 22 dicembre 2016, richiamata nelle premesse dell’atto impugnato e recante diffida e comunicazione di avvio del procedimento di sospensione dell’attività, non le sarebbe mai stata comunicata o notificata.

Lamenta, poi, la ricorrente il decorso di “ un irragionevole lasso di tempo tra i verbali di accertamento e l’adozione del provvedimento impugnato ”, in ogni caso sostenendo come “ a seguito dell’adozione della cartella di pagamento, l’odierna ricorrente ha impugnato tali verbali con apposito ricorso proposto dinnanzi al Tribunale civile di Roma, ad oggi pendente. Di talché, è chiaro che allo stato gli atti che costituiscono il presupposto motivazionale della sanzione comminata alla società ricorrente – ovvero i verbali di accertamento della Polizia Locale di Roma Capitale, Gruppo I Prati nn. 13-11581, 13-16642 e 13-11714 – non possono in alcun modo ritenersi definitivi, con la conseguenza che l’impugnato provvedimento deve ritenersi privo del relativo presupposto ”.

Roma Capitale si costituiva in giudizio, versando in giudizio proprie note difensive e gli atti del relativo procedimento.

La Sezione, con ordinanza n. 2175/2018, dava atto della rinuncia di parte ricorrente alla richiesta di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati.

Successivamente la società attestava l’avvenuta ottemperanza all’ordine di sospensione, con chiusura dell’attività nei giorni 10, 11 e 12 marzo 2018, escludendo ogni acquiescenza al provvedimento impugnato, con espressa riserva di proporre una relativa azione risarcitoria, stante il grave pregiudizio per lei derivatone.

Roma Capitale con memoria depositata il 29 dicembre 2022, ampiamente argomentava sulla legittimità della contestata determinazione.

Parte ricorrente insisteva per l’accoglimento delle doglianze proposte.

All’udienza pubblica di smaltimento del 3 febbraio 2023, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.

Il ricorso è manifestamente infondato, attesa la legittimità sotto i profili contestati della gravata determinazione di sospensione dell’attività di somministrazione bevande e cibi svolta dalla ricorrente, espressamente adottata da Roma Capitale in ossequio all’art. 6 della legge n. 77/1997, ai sensi del quale “ In caso di recidiva … nella occupazione di suolo pubblico in violazione delle norme di legge e del regolamento comunale, l'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di vendita in sede fissa e su area pubblica di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, e alla legge 28 marzo 1991, n. 112, nonché per l'esercizio dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, dispone, previa diffida, la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre giorni ”, nonché all’art. 14 del Regolamento sulla concessione e sul canone per l’occupazione degli spazi e aree pubbliche di Roma Capitale applicabile ratione temporis alla fattispecie (quello approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 119/2005, così come modificata ed integrata con successive deliberazioni n. 75/2010 e n. 83/2010, pure richiamato nell’atto gravato), che - dopo aver chiarito che per recidiva si intende “ la commissione della medesima violazione nell’arco di centottanta giorni” - stabilisce che “ In caso di recidiva per occupazione abusiva ... il dirigente responsabile dell'Ufficio che ha rilasciato l'autorizzazione per l'esercizio dell'attività, dispone, previa diffida, la sospensione dell'attività per tre giorni, in virtù di quanto disposto dall'art. 6 della L. 25 marzo 1977, n. 77” .

Dal deposito documentale eseguito dall’amministrazione resistente in data 4 aprile 2018 risultano, infatti, comprovate tutte le circostanze fattuali descritte nel provvedimento avversato idonee, in ragione delle previsioni sopra citate, a sorreggere la sospensione irrogata, emergendo agli di causa sia la ricorrenza del requisito della recidiva (peraltro non contestato dalla società), attese le occupazioni di suolo pubblico riscontrate (anche solo) nel dicembre 2014 (in tal senso, i verbali versati in atti, in cui si riferisce di “ una sistematica occupazione di tutti gli spazi fronte esercizio e nelle immediate vicinanze, con tavoli e sedie, stazionamento della consistente clientela e dei veicoli lasciati in sosta “come capita”, con conseguenti forti disagi per la circolazione pedonale e veicolare, nonché per il riposo delle persone ”), sia la regolare notifica della previa diffida (che, invece, la ricorrente sostiene non essere mai avvenuta in suo favore), come da relata di notifica in data 1° marzo 2017 in calce alla d.d. prot. CA/214204/2016 del 22 dicembre 2016 - documento in alcun modo contestato dalla ricorrente - con cui espressamente si diffidava la società a rimuovere quanto abusivamente posto sul suolo pubblico e a non ripetere l’abuso, contestualmente comunicandole l’avvio del procedimento di sospensione.

Appare, dunque, smentito per tabulas l’assunto di parte ricorrente secondo cui l’atto impugnato non sarebbe mai stato preceduto da “ alcun atto formale di diffida ” (primo motivo di ricorso), vieppiù osservando al riguardo il Collegio come la giurisprudenza di questo Tribunale, con riferimento a fattispecie analoghe, abbia ritenuto come, comunque, ai fini dell’emanazione del provvedimento sanzionatorio di sospensione rilevi il solo dato oggettivo della recidiva, “ essendo l’adempimento comunicativo funzionale alla sola procedura volta all’escussione delle sanzioni pecuniarie accessorie ”, che la ricorrente riferisce di aver contestato nelle opportune sedi (in tal senso, ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II ter , n.12924/2021).

Né coglie nel segno l’argomento valorizzato dalla ricorrente nel terzo motivo di ricorso, secondo il quale la circostanza data dall’impugnativa ex art.18 della l. n. 689/1991 delle cartelle esattoriali renderebbe la recidiva di per sé irrilevante ai fini della misura sospensiva prescritta.

Osserva, infatti, al riguardo il Collegio come l’accertamento demandato al giudice ordinario in ordine alla sanzione pecuniaria discesa dagli stessi fatti posti a fondamento della contestata sospensione sia confinato alla sola legittimità della sanzione medesima e comunque riguardi ben altri presupposti (peraltro nel caso di specie afferenti, stando alla narrazione della ricorrente, a meri vizi del procedimento notificatorio), con conseguente esclusione di una sua qualsiasi valenza conformativa rispetto al sindacato di questo giudice amministrativo sul separato ed ontologicamente differente provvedimento di sospensione di cui si discorre, non potendo gli esiti – peraltro sconosciuti - di tali parallele iniziative giudiziali di per sé interferire nel presente giudizio nel senso di privare di rilievo le risultanze (peraltro nemmeno sconfessate dal ricorrente) dei verbali di accertamento dell’occupazione di suolo pubblico e della reiterazione di tale condotta.

Deve essere, infine, disattesa anche la doglianza con cui la società lamenta come l’adozione dell’atto impugnato sarebbe “ priva di senso … a distanza di oltre due anni e quattro mesi dalla data di adozione dell’ultimo verbale che costituirebbe il presupposto del provvedimento sanzionatorio ” (secondo motivo di ricorso).

La sanzione di cui si discorre non risente, infatti, del tempo trascorso dall’occupazione abusiva del suolo pubblico, non essendo il lasso di tempo intercorso fra il momento della realizzazione dell’abuso e l’adozione del provvedimento di sospensione idoneo ad ingenerare un legittimo affidamento in capo al privato interessato, ritenendo il Collegio che il relativo intervallo, lungi dal radicare in qualche misura la sua posizione giuridica, rafforzi piuttosto il carattere abusivo della condotta, non potendo colui che la reitera fondatamente dolersi del ritardo con cui l’amministrazione intervenga, traendone piuttosto una vantaggiosa posticipazione dell’irrogazione della sanzione.

In conclusione, per tutti i motivi fin qui esposti, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza.

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