TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-03-26, n. 201900381

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-03-26, n. 201900381
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201900381
Data del deposito : 26 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/03/2019

N. 00381/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01381/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1381 del 2003, proposto da V R e V L, rappresentate e difese dagli avvocati R B e M R, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Dolo, via Cairoli, 129;

contro

- il Comune di Venezia, in persona Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M M, N O, A I, elettivamente domiciliato nella sua Sede municipale in Venezia – San Marco 4091;

e con l'intervento di

ad adiuvandum :
T V, T G, nella dichiarata qualità di eredi di T Bruno, rappresentati e difesi dall'avvocato R B, con domicilio eletto presso il suo studio in Dolo, via Cairoli, 129;

per l'annullamento

- della deliberazione della G.m. n. 77 in data 22.1.2001 e della deliberazione di C.c. n. 184 del 28.12.2002 con le quali il Comune di Venezia ha adottato e, rispettivamente, approvato il nuovo piano di zona per l’edilizia economica e popolare, ed in specie il suo “nucleo n. 4 (in cui ricadono i due lotti dei ricorrenti), giusta avviso di deposito prot. n. 134665 in data 1.4.2003, successivamente notificato;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

- per la condanna del Comune di Venezia al risarcimento a favore dei ricorrenti di tutti i danni ad essi asseritamente provocati dalle due suindicate delibere di adozione e di approvazione del P.E.E.P.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 marzo 2019 il dott. Paolo Nasini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A seguito della variante al PRG approvata con d.G.R. n. 531 del 28.02.1998 e di quella successiva adottata con d.C.C. n. 16 del 25.01.1999, il Comune di Venezia includeva in ZTO C2 due terreni edificabili di proprietà di T Bruno, V R e V L - ubicati a ridosso del centro abitato di Mestre, rispettivamente classificati con i mappali n. 730 (proprietà T) e n. 532 (proprietà V), del foglio 16, sez. Mestre -, vincolandoli però a futura utilizzazione quale area P.E.E.P. (piano di zona per l’edilizia economica e popolare).

Successivamente, il Comune di Venezia, con d.G.C. n. 777 del 21.01.2001, adottava il nuovo P.E.E.P., poi approvato con d.C.C. n. 184 del 28.12.2002, includendo i lotti dei sig.ri T e V, sopra indicati, nel “nucleo n. 4”.

Entrambe le suddette delibere venivano impugnate, con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, da T Bruno, V R e V L, i quali ne chiedevano l’annullamento per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere sotto diversi profili;
violazione dei principi di pianificazione e dell’art. 3, l. 18 aprile 1962, n. 167: secondo parte ricorrente le delibere impugnate sarebbero illegittime in considerazione dell’asserito “macroscopico sovradimensionamento” del P.E.E.P. in cui sarebbero incorse, sia con riferimento al dimensionamento degli standard pubblici, sia per la reale necessità di destinare tutte le aree a futura edilizia residenziale pubblica;

2) violazione dell’art. 3, d.m.

2.4.1968 e dell’art. 25, l. r. n. 61 del 1985;
eccesso di potere per carenza di motivazione: secondo parte ricorrente, le delibere di adozione ed approvazione del P.E.E.P. sarebbero illegittime in quanto avrebbero immotivatamente previsto degli standard sensibilmente superiori a quelli di legge;

3) eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione e di istruttoria: secondo parte ricorrente le delibere impugnate sarebbero, altresì, illegittime perché immotivate in ordine alla specifica localizzazione delle aree da destinare ad edilizia residenziale pubblica anziché privata;

4) violazione dell’art. 6, l. 16.4.1973, n. 171: secondo parte ricorrente, le delibere di adozione ed approvazione del PEEP impugnate violerebbero il parere negativo rilasciato per i «nuclei n. 3 e 4» dalla Commissione per la salvaguardia di Venezia nella seduta n. 14 del 29.07.2002.

In data 30.08.2009 decedeva il ricorrente T Bruno, cosicché nel presente giudizio T V e T G, qualificandosi come suoi eredi, intervenivano con atto ad adiuvandum notificato in data 6.7.2010 al Comune di Venezia.

Si costituiva in giudizio il Comune di Venezia contestando l’ammissibilità e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Le parti depositavano memorie difensive.

All’udienza del 19.3.2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare: in ordine all’intervento di T V e Giorgio;
in ordine all’interesse dei ricorrenti all’impugnazione.

1.1. Come accennato, T V e T G si sono costituiti in giudizio formalmente con atto di intervento ad adiuvandum .

In realtà, nell’atto in questione i predetti hanno dato conto di costituirsi in giudizio in qualità di eredi dell’originario ricorrente T Bruno e di agire, quindi, facendo proprie le domande, deduzioni ed argomentazioni da esso esplicitate negli atti di causa.

Conseguentemente, non si tratta di un mero atto di intervento in qualità di soggetti terzi, ma della prosecuzione del giudizio da parte dei successori universali di T Bruno, deceduto in data 30.8.2009.

1.2. Sotto il profilo dell’interesse dei ricorrenti all’accoglimento del ricorso, occorre brevemente sottolineare che, sebbene il Comune di Venezia sino ad oggi non abbia mai espropriato, né occupato i terreni oggetto delle disposizioni del P.E.E.P. in questa sede impugnate, il vincolo relativo, avendo durata ex lege di 18 anni (ex art. 1 d.l. n. 115 del 1974 e art. 51, l. n. 457 del 1978), deve ritenersi tuttora persistente, cosicché le proprietà dei ricorrenti sono ancora esposte ad una espropriazione o occupazione da parte del Comune di Venezia.

2. Nel merito.

2.1. In ordine al primo motivo di impugnazione: eccesso di potere per illogicità manifesta, falsità del presupposto e della motivazione, sviamento dalla funzione e dalle finalità – violazione dei criteri e dei principi di pianificazione – violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. 18 aprile 1962, n. 167.

Come accennato, secondo parte ricorrente le delibere impugnate sarebbero illegittime per un asserito “macroscopico sovradimensionamento” del P.E.E.P., sia con riferimento agli standard pubblici, sia in relazione alla necessità di destinare un numero così elevato di aree a futura edilizia residenziale pubblica.

In particolare, secondo i ricorrenti, sotto un primo profilo, l’Amministrazione sarebbe incorsa in un vizio di eccesso di potere, avendo posto a fondamento delle disposizioni di piano previsioni asseritamente irrazionali, contraddittorie e incomprensibili: più precisamente, pur a fronte della documentata, nella stessa relazione illustrativa al P.E.E.P., diminuzione della popolazione veneziana, sarebbe stata valorizzata, per il dimensionamento del P.E.E.P., una crescita demografica del tutto ipotetica. Le previsioni del Piano sarebbero, pertanto, falsate dal riferimento al numero (ipotetico) di alloggi, anziché di abitanti insediabili.

Sotto un altro profilo, poi, secondo i ricorrenti le delibere impugnate sarebbero illegittime per difetto di istruttoria avendo fondato le proprie valutazioni esclusivamente sulla relazione accompagnatoria della variante del PRG approvata per la terraferma nel 1998 e non su dati attuali, concreti e reali.

Al riguardo, la censura sollevata da parte ricorrente è sostanzialmente analoga a quella esaminata dall’intestato Tribunale amministrativo nell’ambito del giudizio definito con sentenza n. 757 del 2018 le cui argomentazioni devono in questa sede essere integralmente confermate.

In particolare, essendo il P.E.E.P. uno strumento attuativo del P.R.G., esso rinviene i dati del dimensionamento, sia per il fabbisogno abitativo, sia per gli standard, in primo luogo, all’interno delle previsioni del citato strumento generale. Ai sensi dell’art. 3, l. n. 167 del 1962, compito precipuo del P.E.E.P. è quello di garantire il rispetto della quota tra il 40% e il 70% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato per le aree di edilizia residenziale pubblica: quota che, nel caso di specie, è rispettata, attestandosi il P.E.E.P. al 41,3% e, quindi, poco sopra la soglia minima.

La relazione illustrativa del Piano, peraltro, spiega come a detta quota del 41,3%, corrispondente a n.

7.874 abitanti-vani, si sia pervenuti sommando ai 6.559 nuovi abitanti, calcolati in base ai parametri fissati dall’art. 22, l. r. n. 61 del 1985, altri n.

1.315 abitanti-vani, derivanti dalla “quota di offerta anticipata” per programmi di intervento assimilati all’edilizia economica e popolare, già approvati o in corso di approvazione (v. pag. 13 della relazione): dunque, a ragione il Comune di Venezia evidenzia che – contrariamente agli assunti del ricorrente – per il P.E.E.P. è stata effettuata un’istruttoria autonoma, la quale ha tenuto conto dei dati più recenti, ovviamente non contemplati dal P.R.G. vigente.

In quanto strumento attuativo del P.R.G., il P.E.E.P., quindi, legittimamente segue le previsioni e gli indirizzi elaborati dallo strumento urbanistico generale, finalizzati a porre un freno al progressivo esodo dalla terraferma verso altri Comuni limitrofi, attraverso l’incentivo della funzione residenziale, in modo da pervenire ad un riequilibrio del peso demografico del Comune di Venezia nel complesso dell’area metropolitana veneziana.

In altre parole, non si è trattato, per il P.E.E.P., di muoversi lungo previsioni di fabbisogno erronee e disancorate dalla realtà, ma di dare attuazione alle scelte ed agli indirizzi stabiliti dal sovraordinato P.R.G., in ossequio al principio regolatore della materia, secondo cui le previsioni del P.E.E.P. sono conformative rispetto alle previsioni del P.R.G., con il quale, per definizione, non possono essere in contrasto (Cass. civ., Sez. I, 12 aprile 2006, n. 8525). Invero, il Piano di edilizia economica e popolare rientra in un disegno normativo volto a consentire che l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare venga inquadrata in uno strumento urbanistico più ampio, cosicché esso non può essere in contrasto con un precedente piano urbanistico generale, di cui costituisce pur sempre l’attuazione (Cass. civ., Sez. un., 18 novembre 1997, n. 11433).

Nel senso ora visto depone anche la più recente giurisprudenza, per cui la preventiva individuazione nel P.R.G. delle aree destinate ad ospitare gli interventi di edilizia economica e popolare risponde alla finalità di ricondurre la predisposizione dei Piani di zona al rispetto delle scelte programmatorie assunte con gli strumenti urbanistici primari, che gli strumenti secondari (compreso il P.E.E.P.) sono deputati ad attuare (così T.A.R. Toscana, Sez. I, 14 dicembre 2015, n. 1741, che richiama sul punto C.G.A.R.S., 28 agosto 1986, n. 120).

Inoltre, tra la variante al P.R.G. per la terraferma (approvata nel 1998) ed il P.E.E.P. impugnato (adottato nel 2001 e approvato nel 2002) non vi è uno iato temporale tale da giustificare una nuova analisi del fabbisogno abitativo ed una modifica del dimensionamento previsto dal P.R.G. Né va tralasciato che la relazione illustrativa del P.E.E.P. tiene conto altresì dell’intervenuta adozione di una nuova variante al P.R.G. per la terraferma (deliberazione del Consiglio Comunale di Venezia n. 16 del 25 gennaio 1999) e ciò in particolare per quanto riguarda il dimensionamento delle aree destinate ad urbanizzazioni primarie e secondarie, che – come si legge a pag. 13 della relazione illustrativa – è stato calcolato proprio sulla base delle previsioni della variante adottata: circostanza, questa, che va ulteriormente a confutare la censura di difetto di istruttoria sollevata a più riprese dal deducente.

Sul punto è dirimente evidenziare che la relazione recante “analisi e dimensionamento” della variante adottata con la citata deliberazione consiliare n. 16/1999 (doc. 1 depositato dal Comune il 27 dicembre 2017) ripropone i tre scenari già delineati dalla variante approvata e contro cui il ricorrente ha rivolto le proprie censure – pur senza gravare lo strumento urbanistico –, cioè: a) la prosecuzione del “trend” di invecchiamento ed esodo della popolazione;
b) l’annullamento dei flussi migratori netti, cosicché le variazioni della popolazione siano legate solo al fattore “invecchiamento”;
c) la stabilizzazione del numero degli abitanti, con inversione del fenomeno dell’esodo in atto.

La relazione aggiunge, del tutto ragionevolmente, che il progetto di variante “non prende posizione rispetto a questi scenari demografici”, poiché l’inverarsi dell’uno o dell’altro dipende da molti fattori e non solo dall’offerta residenziale, ma che “si vuole evitare che la pianificazione urbanistica sia di ostacolo alla realizzazione del più favorevole dei 3 scenari” e cioè lo scenario sopra riportato sub c): quest’ultimo, perciò, viene assunto – si ribadisce: ad avviso del Collegio, del tutto ragionevolmente – quale obiettivo della pianificazione, a livello di strumento urbanistico generale e, per conseguenza, anche a livello di piani attuativi (incluso il P.E.E.P.).

In definitiva, appare corretto affermare – alla stregua di quanto dice il Comune di Venezia – che il calcolo previsionale del fabbisogno abitativo non può limitarsi a riprodurre le tendenze demografiche risultanti dai dati concreti ed attuali, ma deve elaborare proiezioni future ed obiettivi della dinamica demografica, in ciò esprimendosi una funzione fondamentale svolta dall’Amministrazione comunale attraverso la pianificazione urbanistica: il tutto – occorre aggiungere – ovviamente con i limiti della ragionevolezza e della logicità. Orbene, nel caso di specie detti limiti paiono rispettati, come poc’anzi sottolineato, ed il P.E.E.P., dal canto suo, reca dati coerenti con l’obiettivo perseguito dallo strumento urbanistico generale, di stimolare, nella terraferma, un’inversione di tendenza rispetto ai processi di decentramento residenziale caratteristici dei precedenti decenni, muovendo, peraltro, da un fenomeno sociale ammesso dal deducente stesso, ossia il progressivo frazionamento dei nuclei abitativi esistenti, con conseguente aumento del fabbisogno abitativo.

Sotto questo punto di vista si richiama il consolidato insegnamento giurisprudenziale, secondo cui, nella redazione del P.E.E.P., l’art. 3, l. n. 167 del 1962 impone il cd. dimensionamento, inteso quale prevedibile incremento del fabbisogno abitativo, per la cui individuazione può rilevare non solamente l’andamento demografico, ma una qualsiasi altra evenienza o fenomeno, anche sociale, dal quale origina la sottesa esigenza (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 9 marzo 2009, n. 1322), incidendo di fatto i fenomeni sociali sulla domanda di alloggi (C.d.S., Sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6964).

In particolare, si è precisato che, ai fini della determinazione del fabbisogno di alloggi da destinare ad edilizia economica e popolare, non esiste un nesso necessariamente inscindibile tra fabbisogno abitativo e incremento della popolazione, costituendo quest’ultimo solo una componente del calcolo da effettuarsi e potendosi prendere in esame anche altri elementi, quali l’esigenza del rinnovato modo di vivere della popolazione, legato all’evoluzione sociale in atto (C.d.S., Sez. IV, n. 6964/2004, cit.;
id., 5 luglio 2000, n. 3730;
id., n. 70/1999, cit.).

Alla luce di quanto sopra, quindi, il motivo di impugnazione in esame deve essere respinto.

2.2. In ordine al secondo motivo di impugnazione: violazione dell’art. 3, d.m.

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