TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-11-04, n. 201105136

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-11-04, n. 201105136
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201105136
Data del deposito : 4 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06508/2003 REG.RIC.

N. 05136/2011 REG.PROV.COLL.

N. 06508/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6508 del 2003, proposto da:
B D, M R, rappresentati e difesi dall'avv. C D M, presso cui elett.te dom. in Napoli, via Giustiniano n.136;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. R B, con domicilio in Napoli presso Segreteria TAR.

per l'annullamento

1) delle ordinanze di demolizione n. 156 del 18.3.2003, n. 183 del 25.3.2003 e 190/2003 del 31.3.2003 per opere abusive alla via IX traversa San Marco 53 consistenti in sopraelevazione al secondo e terzo piano composti da strutture portanti verticali ed orizzontali in c.a. su una superficie di circa mq 118 a piano escluso passetti pensili e vano scala.

2) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale

3) per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati

nel primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 26.11.2003.

per l’annullamento

4 ) dell’ordinanza di demolizione n. 494/03 del 25.8.2003 relativa al secondo e terzo piano dell’immobile, in prosecuzione dei lavori, realizzando le tompagnature esterne in termoblocchi;

nel secondo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 18.2.2004

per l’annullamento

5) dell’ordine di acquisizione n. 608 del 28.11.2003 per una sopraelevazione al secondo piano

6) dei provvedimenti sulla istanza di accertamento di conformità

e per il risarcimento dei danni subiti ;

nel terzo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4.12.2006

per l’annullamento

7) dell’ordine di demolizione n. 221/06 del 1.9.2006 relativamente al terzo piano dell’edificio;

Nel quarto ricorso per motivi aggiunti notificato il 4.1.2008

per l’annullamento

8) dell’ordinanza n. 311 del 5.11.2007 di acquisizione del terzo piano dell’edificio .

9 ) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale

e per l’accertamento del diritto

al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 35 D. 80/2005 .


Visti il ricorso e i relativi allegati ed i motivi aggiunti;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Afragola;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il Cons. A P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente con il ricorso principale ( notificato il 21.5.2003) e con quelli per motivi aggiunti, espone di avere realizzato un manufatto senza titolo edilizio, consistente in sopraelevazione al secondo e terzo piano di un edificio alla via IX traversa San Marco n, 53, in relazione al quale venivano emesse le ordinanze di demolizione ed acquisizione in epigrafe indicate.

Lamenta :

- violazione art. 13 legge 47/1985 ed eccesso di potere non avendo l’amministrazione esaminato la istanza di accertamento di conformità successivamente presentata, violazione dell’art. 3 legge 241/90 per difetto di motivazione ,violazione dell’art. 7 legge 47/1985 dovendosi ravvisare quale unica conseguenza della inottemperanza all’ordine di demolizione l’abbattimento di ufficio delle opere abusive, difetto di istruttoria per mancata indicazione delle opere da demolire, e violazione dell’art. 7 legge 241/90.

- violazione dell’art. 32 legge 1150/42 e 15 legge 10/77 per omessa acquisizione del parere della sezione urbanistica regionale;
violazione art. 13 legge 47/1985 ed eccesso di potere sotto vari profili;

- l’abuso sarebbe parte integrante di un immobile preesistente realizzato in zona completamente urbanizzata;l’amministrazione avrebbe errato per mancata adozione della variante edilizia per il recupero dei nuclei abusivi di costruzioni residenziali sanate o in corso di sanatoria;
mancata adozione dei piani pluriennali di attuazione in variante allo strumento urbanistico per rendere attuale la destinazione di zona rispetto alla urbanizzazione di fatto del territorio .

- difetto di motivazione inesistenza dei presupposti in fatto e in diritto legittimanti la demolizione, con particolare riferimento alla presentazione di domanda di accertamento di conformità.

- Violazione articolo 7 legge 241/90

Con motivi aggiunti, successivamente notificati, ha impugnato i provvedimenti di demolizione per le opere accertate in prosieguo a quelle abusive, nonché l’atto di acquisizione del secondo piano dell’edificio.

Parte ricorrente censura anche il diniego di accertamento di conformità tacitamente formatosi sulla istanza a suo dire depositata in Comune.

Con ulteriori motivi aggiunti notificati il 4 gennaio 2008 , parte ricorrente insorge avverso l’ulteriore ordine di acquisizione delle opere abusive, emesso a seguito di accertamento di inottemperanza agli ordini di demolizione ( ordine n. 221/06 che fa riferimento a precedente ordine di acquisizione 608 del 28.11.2003 per il secondo piano;
con il provvedimento 311/07 si acquisisce il terzo piano ) ;
lamenta in proposito mancata considerazione della istanza di accertamento di conformità,mancata adozione della variante edilizia per il recupero dei nuclei abusivi di costruzioni residenziali sanate o in corso di sanatoria;
mancata adozione dei piani pluriennali di attuazione in variante allo strumento urbanistico per rendere attuale la destinazione di zona rispetto alla urbanizzazione di fatto del territorio ;difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione dell’art. 7 legge 241/90.

Con deposito del 10.2.2011 è stato prodotto il certificato di morte di B D, deceduto il 30.4.2009;
tuttavia , il coniuge M R ha chiesto la fissazione della udienza ai fini della prosecuzione del giudizio..

Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si è costituito in giudizio il Comune intimato deducendo la infondatezza della domanda.

Alla pubblica udienza del 20.10.2011 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

Giusta quanto anticipato nella premessa in fatto, il presente gravame verte sulla legittimità di una serie di ordini di demolizione ed acquisizione emessi a fronte della abusiva edificazione alla via IX traversa San Marco 53 di una sopraelevazione al secondo e terzo piano, con da strutture portanti verticali ed orizzontali in c.a. su una superficie di circa mq 118 a piano, escluso passetti pensili e vano scala.

La domanda è infondata e va respinta.

Parte ricorrente ha realizzato un manufatto abusivo consistente in sopraelevazione al secondo e terzo piano per 118 mq a piano , in assenza totale di permesso di costruire violando la legge urbanistica reiteratamente, in quanto risultano contestate e sanzionate con i plurimi ordini di demolizione anche prosecuzioni dei lavori edili abusivi in violazione dei sigilli .

Va ritenuta infondata la censura di violazione dell’art. 7 legge 241/90 per omesso avviso dell’ avvio del procedimento, giusta le attestazioni della citata nota comunale, in presenza di reiterate violazioni della normativa urbanistica.

Nella specie, in ogni caso, l’applicazione dell’art. 21 octies legge 241/90 impedirebbe di pervenire all’annullamento degli atti impugnati, in quanto, sulla base delle argomentazioni difensive del Comune non contrastate da elementi specifici da parte ricorrente ( che ammette la mancanza di titolo edilizio, e la contrarietà di quanto realizzato alle previsioni di piano regolatore, tanto da invocare un intervento dell’amministrazione in variante al fine di soddisfare il suo interesse particolare) , deve ritenersi in ogni caso palese che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Sotto tale profilo la attività della amministrazione appare vincolata in quanto normativamente predeterminata sulla base di parametri determinati, in assenza di margini di scelta tra più soluzioni astrattamente ammissibili.

L’ impugnativa è infondata e non merita accoglimento, anche relativamente alle altre censure proposte.

Non occorreva invero il parere della sezione urbanistica regionale ai fini della adozione di provvedimenti repressivi di abusi edilizi, stante il disposto dell’art. 31 DPR 380/2001, il cui comma 2 dispone: Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.

Ai sensi del successivo comma 8 l’organo regionale interviene in via sostitutiva solo in caso di inerzia del competente organo comunale :”…il competente organo regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale”.

Non sussiste neppure il lamentato difetto di motivazione, in quanto il richiamo alla mancanza di titolo edilizio rende palese l’iter logico seguito dall’amministrazione e la natura delle norme violate, anche in relazione alla natura vincolata del provvedimento. .

Inoltre , con riferimento alla presentazione di domanda di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art.13 L.47/1985 (ora art.36 D. Lgs. 380/2001), va rilevato che non ne risulta documentata la presentazione, ma solo asserita (istanza del 21.11.2003) ;
su tale domanda il Comune si sarebbe pronunciato negativamente.

Al riguardo, parte ricorrente si è limitata a dedurre la avvenuta presentazione di istanza di accertamento di conformità- peraltro depositata in data successiva alla spedizione dell’ordine di demolizione gravato- senza dedurre elementi dai quali possa ricavarsi almeno un inizio di prova in ordine alla conformità urbanistica del manufatto.

Va premesso che non viene contestata la consistenza delle opere riscontrate in assenza di permesso di costruire, ma si rileva unicamente che mancherebbe ogni valutazione in ordine alla possibilità di far luogo a concessione in sanatoria.

La tesi non può essere condivisa, atteso che ribalta sull’amministrazione comunale un onere che è a carico della parte privata;
quest’ultima, in quanto autrice della costruzione abusiva, ha la facoltà di presentare domanda di accertamento di conformità, al fine di provocare una verifica postuma sulla legittimità urbanistica di quanto eseguito in mancanza di un formale titolo abilitativo;
nella specie la ricorrente ammette il contrasto di quanto realizzato con la destinazione urbanistica di zona, classificata come zona E -agricola.

La realizzazione dell’intervento in contestazione, in mancanza del suddetto titolo abilitativo, di per se stessa, fondava la reazione repressiva dell’organo di vigilanza, essendo "in re ipsa" l'interesse pubblico alla sua rimozione ( cfr. T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556;
4 luglio 2001, n. 3071;
Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529).

Una volta accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, non costituisce, invero, onere del Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull'attività edilizia (T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556;
T.A.R. Lazio, sez. II ter, 21 giugno 1999, n. 1540).

Si lamenta inoltre che la presentazione della istanza di accertamento di conformità ex art. 36 citato comporterebbe la perdita di efficacia dell’ordine di demolizione;
la tesi non merita favorevole considerazione. Occorre premettere che, ad avviso del Collegio, la presentazione dell’istanza di in questione, ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, non determina di per sé l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’impugnazione originariamente proposta avverso l’ ordinanza di demolizione, in quanto, come chiarito dalla Sezione in analoghe fattispecie, essa causa piuttosto un arresto dell’efficacia delle misure ripristinatorie, nel senso che questa è soltanto sospesa, creandosi uno stato di temporanea quiescenza dell’atto, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente (cfr., tra le tante, T.A.R. Campania, II Sezione, 4 febbraio 2005, n.816 e 13 luglio 2004, n.10128).

Ne consegue che in caso di rigetto della domanda di sanatoria, espresso o tacito, il provvedimento sanzionatorio a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia – che non era definitivamente cessata ma solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale – con la sola specificazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge e deve, pertanto, poter usufruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso.

Infondata è anche la ulteriore censura, con cui si lamenta difetto di istruttoria per mancata indicazione delle ragioni di contrasto con le norme urbanistiche vigenti, atteso che le dimensioni e caratteristiche strutturali del manufatto realizzato sono tali da rappresentare un organismo edilizio in contrasto con la destinazione agricola della zona.

Alla stessa stregua, non possono trovare favorevole considerazione le censure dedotte avverso l’ordine di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale, atteso che non incombeva alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione.

Nella fattispecie all’esame del Collegio deve rilevarsi che le prescrizioni urbanistiche cui parte ricorrente fa riferimento e che danno atto delle preclusioni legali alla edificazione nella zona interessata non possono ritenersi superate dalla situazione di urbanizzazione della zona, dedotta nei motivi di impugnazione;
invero la censura tende ad affermare che per il solo fatto della mancata adozione da parte del Comune di piani esecutivi o comunque di recupero delle edificazioni abusive da condonare, sia predicabile una modifica al piano regolatore generale, che peraltro dovrebbe paralizzare l’attività sanzionatoria di ulteriori illeciti edilizi.

Il Collegio non condivide tale opzione interpretativa. Invero, riguardo ad aree edificate abusivamente di recente, sì che proprio per la natura confusa e slegata da ogni regola di uso del territorio degli insediamenti abusivi, producono agglomerati con notevoli deficit di urbanizzazione , non può negarsi la potestà del Comune di intervenire in misura repressiva riguardo ad ulteriori compromissioni del proprio territorio.

Per mera completezza espositiva, vale aggiungere che del tutto improprio si rivela il riferimento alla disciplina dettata per le zone cd. bianche, atteso che il territorio del Comune intimato è retto da uno strumento urbanistico, come dimostra il riferimento contenuto nello stesso diniego gravato.

Di contro, l’art. 44 comma 3° della legge regionale n°16/2004, nella sua attuale formulazione, rende operativa la disciplina “sostitutiva” per le zone bianche, già contenuta nella legge regionale 17/1982, esclusivamente in riferimento ai Comuni del tutto sprovvisti di strumenti urbanistici vigenti.

Riguardo alla censura inerente la mancata acquisizione dei pareri della commissione edilizia, va evidenziata l’irrilevanza procedimentale di detto parere, in quanto, configurandosi la repressione degli abusi edilizi atto dovuto, non occorre la previa audizione della commissione edilizia, che, peraltro, nel sistema delineato dall’art. 7, II comma della legge n. 47/85, non ha alcuna competenza in merito (CdS, IV, 1.10.2007 n. 5049, TAR Veneto 26 febbraio 2008 n. 454;
TAR Palermo sez. II 6.6.2007 n. 1617).

Con riferimento alle ulteriori doglianze proposte avverso il provvedimento di acquisizione osserva il Collegio che vanno respinte le censure che ricalcano quelle proposte avverso l’ordine di demolizione.

In particolare, non possono trovare favorevole considerazione quelle dedotte sotto il profilo di difetto di motivazione, atteso che non incombeva alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione, specie in relazione alla natura vincolata dello stesso.

Neppure può trovare accoglimento il dedotto mancato avviso dell'avvio del procedimento, avuto riguardo da un lato alla operatività del disposto dell'art. 21 octies legge 241/90 in relazione alla natura vincolata dell’atto e dall'altro alla considerazione che il manufatto è stato oggetto di plurime violazioni di sigilli,

Per le ragioni fin qui esposte, il Collegio ritiene che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive è atto dovuto, ed è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’abusività e dell’accertata inottemperanza, essendo in re ipsa l’interesse pubblico all’adozione della misura, senza l’obbligo di alcuna specifica argomentazione in ordine all’acquisizione dell’area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva, essendo soltanto necessario che in detto atto siano esattamente individuate ed elencate le opere e le relative pertinenze urbanistiche, come già chiarito (cfr., T.A.R. Campania, Sez. IV, 12.6.2001 n.2722;
12.1.2000 n.46 e 19.1.1998 n.132;
T.A.R. Lazio, Sez. II, 4.2.1991 n.372).

Con un ulteriore ordine di censure si lamenta che l’acquisizione sarebbe priva di riferimenti tale da consentire l’individuazione degli immobili da acquisire, e di riferimenti circa i criteri di determinazione quantitativa dell’area di pertinenza assoggettata alla acquisizione.

In realtà il provvedimento di acquisizione ( ordine n. 311/07 per il terzo piano, e n. 608/2003 per il secondo piano ) si presenta immune dai dedotti vizi .

Nel caso di soprelevazione l’area di sedime è da identificarsi con il lastrico solare del piano inferiore, cui accede tutto quanto sopraelevato, ed i gravati provvedimenti non si discostano da tale paradigma, in quanto ordinano l’acquisizione del secondo e terzo piano dell’edificio, e della relativa area di sedime, identificandole nel Catasto fabbricati foglio 16 p.lla 346 sub 2 ( per l’acquisizione n. 311/07 ) e nel catasto terreni al foglio 16 p.lla 346 ( ordinanza 608/2003).

Solo nella memoria depositata il 17.9.2011 la parte specifica la censura, deducendo che l’acquisizione sarebbe stata trascritta estendendola anche al primo piano dell’edificio già condonato.

Tuttavia il motivo non risulta corredato da alcun riscontro probatorio , il cui onere incombeva a carico di parte ricorrente;
per contro, il Comune ha depositato nel foliario allegato alla memoria del 17.10.2011 copia del frontespizio della nota di trascrizione del 9.9.2005, dalla quale si deduce che sono presenti parti libere relative al quadro D ( sezione in cui viene specificato meglio l’oggetto della trascrizione) . E’ quindi l’insieme della nota e del titolo che circoscrive l’oggetto del provvedimento acquisitivo, dovendo farsi riferimento alla circostanza – la sola rimasta documentata agli atti di causa- che gli ordini di acquisizione gravati fanno riferimento esclusivamente alla sopraelevazione.

La deduzione della erroneità dei dati di trascrizione comporterebbe un eventuale vizio – ove in ipotesi dimostrato- della sola modalità di esecuzione della formalità e non del provvedimento amministrativo, da far valere come tale dinanzi a diverso giudice.

Il gravame va pertanto, rigettato,risultando destituita di fondamento anche ogni pretesa risarcitoria, in ragione della legittimità degli atti impugnati.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

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