TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-04-15, n. 202401418
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 15/04/2024
N. 01418/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01198/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1198 del 2023, proposto da
G I, rappresentata e difesa dall’avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Alì Terme, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la condanna
del Comune alla restituzione, previa riduzione in pristino, dell’area edificabile della quale la ricorrente è proprietaria, occupata senza titolo a decorrere dal 2 dicembre 2002 ed irreversibilmente trasformata per la realizzazione di un’opera di pubblica utilità, nonché al risarcimento del danno, o, in alternativa, alla acquisizione di tale area ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42-bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 e alla corresponsione dell’indennizzo e del risarcimento del danno in conformità a tale norma.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Alì Terme;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2024 la dott.ssa C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del giudizio la ricorrente ha chiesto al Tribunale di condannare il Comune intimato alla restituzione, previa riduzione in pristino, dell’area edificabile della quale è proprietaria, occupata senza titolo a decorrere dal 2 dicembre 2002 ed irreversibilmente trasformata per la realizzazione di un’opera di pubblica utilità, nonché al risarcimento del danno, o, in alternativa, alla acquisizione di tale area ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42-bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 e alla corresponsione dell’indennizzo e del risarcimento del danno in conformità a tale norma.
A fondamento della domanda giudiziale la ricorrente ha rappresentato in punto di fatto quanto segue: a) l’immobile in questione è sito in Contrada Mena, particelle 377 (mq. 365) e 371 (mq. 900) del foglio di mappa n. 9; b) con deliberazione della Giunta Municipale n. 45 del 3 marzo 1997 il Comune approvava il progetto esecutivo dei lavori di costruzione della scuola media inferiore e il piano particellare di esproprio, dichiarando l’opera di pubblica utilità, indifferibile ed urgente; c) il Comune, autorizzato dal Sindaco per anni cinque dalla data di immissione in possesso, occupava l’area in data 1 dicembre 1997; d) nel frattempo, la ricorrente subentrava per successione ereditaria nella proprietà del terreno; e) l’occupazione della predetta area edificabile diveniva illegittima a decorrere dal 2 dicembre 2002 e su di essa veniva realizzata l’opera pubblica, con conseguente irreversibile trasformazione; f) con provvedimento n. 17/T del 2 febbraio 2006 il Comune determinava, sulla base di un presunto valore venale dell’area di lire 40.200/mq, l’indennità provvisoria di espropriazione; g) il Comune veniva diffidato a risarcire il danno derivante dall’occupazione divenuta illegittima con atto stragiudiziale in data 27 novembre 2007, cui seguiva ulteriore diffida notificata in data 18 settembre 2012; h) l’Amministrazione continua ad occupare, pur dopo la scadenza dei termini di occupazione legittima, la predetta area irreversibilmente trasformata senza che sia stato mai adottato il decreto di espropriazione e tale condotta integra un illecito permanente; i) sussiste, quindi, il diritto alla restituzione dell’immobile, previa riduzione in pristino stato; l) la ricorrente, quale proprietaria del bene, ha, altresì, diritto al risarcimento del danno causato dalla predetta occupazione divenuta illegittima e dalla mancata utilizzazione dell’area edificabile, da liquidarsi, per ogni anno di occupazione e sino al momento della restituzione del bene, nella misura del cinque per cento del valore venale del bene occupato (prevista dal comma terzo dell’art. 42-bis del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) o, in via subordinata, nella misura degli interessi legali calcolata sul valore di mercato; m) il carattere edificabile dell’area in questione è stato implicitamente riconosciuto dal Comune, che ha posto a base della determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione un presunto valore venale del bene di lire 40.200/mq, certamente superiore al valore agricolo medio, all’epoca previsto per la determinazione dell’indennità di espropriazione di un terreno agricolo; n) nondimeno, l’effettivo valore venale della predetta area edificabile è notevolmente superiore al valore riconosciuto dal Comune, tant’è che un terreno adiacente a quello occupato, destinato dal vigente piano regolatore generale a zona “B2 residenziale di completamento”, è stato ceduto in data 4 marzo 2008 per un prezzo unitario di € 111,50/mq, rettificato dall’Agenzia delle Entrate in € 250,00/mq; o) ai fini della determinazione del risarcimento del danno non si deve tenere conto dei vincoli preordinati all’espropriazione ma il valore venale del bene deve essere accertato apprezzando le utilizzazioni che avrebbe potuto in concreto avere, a prescindere dal vincolo imposto, alla stregua delle caratteristiche specifiche del terreno e della zona in cui l’immobile è compreso.
Il Comune intimato, nel resistere al ricorso, ha dedotto quanto segue: a) i germani Rocco e G I, con nota acquisita al protocollo dell’ente in data 30 luglio 2007, hanno dichiarato di “ accettare l’indennità provvisoria di espropriazione di cui alla determina n. 17/T del 02.02.2006 e di convenire la cessione volontaria dell’immobile con le maggiorazioni previste dalla legge, fermo restando il diritto ad ulteriori somme dovute nel caso in cui la Corte Costituzionale dovesse dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 bis del D.L. 333/92 convertito in legge n° 359/92 ”; b) gli stessi hanno, altresì, dichiarato di rinunciare senza riserve alle osservazioni ed opposizioni eventualmente presentate, relative alla procedura, e si sono impegnati a presentare i documenti necessari per la stipula dell’atto di concessione; c) con determina n. 168/T dell’1 agosto 2007, il Comune ha impegnato le somme ed ha provveduto alla liquidazione, a seguito della dichiarazione di accettazione fatta pervenire dai predetti germani; d) per effetto della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 24 ottobre 2007, n. 348, con atto stragiudiziale del 7 novembre 2008 i germani hanno chiesto la rideterminazione dell’indennità di espropriazione (nonché di quella di occupazione temporanea), dichiarando, altresì, di convenire la cessione volontaria dell’immobile con la maggiorazione prevista dalla legge, previa rideterminazione dell’indennità; e) l’azione giudiziaria proposta è inammissibile, atteso che già dal 30 luglio 2007 la ricorrente (unitamente al suo dante causa) ha convenuto la cessione volontaria dell’immobile oggetto del presente procedimento e il Comune ha impegnato le somme al tempo dovute, rimanendo in discussione soltanto l’importo spettante a titolo di indennità di esproprio, relativamente al quale, peraltro, la ricorrente aveva formulato espressa riserva; f) il comma 3 dell’art. 45 del D.P.R. n. 327/2001 prevede che “ L’accordo di cessione produce gli effetti del decreto di esproprio e non li perde se l’acquirente non corrisponde la somma entro il termine concordato ”; g) l’atto di cessione volontaria del bene ha efficacia immediatamente traslativa della proprietà e determina l’esaurimento della procedura ablativa del bene, e va tenuto distinto dall’accordo che riguardi esclusivamente il quantum dell’indennità, il quale, invece, presuppone il completamento della procedura mediante l’adozione dell’atto conclusivo, traslativo della proprietà; h) inoltre, ai fini del perfezionamento della cessione volontaria non occorre la forma solenne dell’atto pubblico, ma solo la forma scritta (con l’esatta determinazione delle aree da espropriare e con l’offerta e l’accettazione dell’indennità di esproprio), purché risulti in modo inequivoco l’enunciazione degli elementi essenziali del contratto e l’accordo delle parti sugli stessi; i) in ogni caso, l’intervenuta dichiarazione della ricorrente di convenire la cessione volontaria dell’immobile fa venire meno ogni profilo di illegittimità e/o negligenza nella conclusione del procedimento sicché nessuna occupazione illegittima e/o usurpativa può essere configurata sotto il profilo risarcitorio; l) va eccepita la prescrizione quinquennale, che decorre dalla proposizione della domanda basata sulla occupazione contra ius , ovvero dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene; m) si contesta la vocazione edificatoria dell’immobile occupato, né è stata fornita in giudizio la necessaria prova del valore dello stesso (la cui valutazione, comunque, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo).
Con memoria in data 15 gennaio 2024 la ricorrente ha ribadito le proprie difese precisando quanto segue: a) l’Amministrazione non ha depositato alcun atto dal quale si evinca l’avvenuta acquisizione formale dei terreni occupati; b) invero, nonostante l’iniziale disponibilità dei proprietari a convenire la cessione volontaria (che avrebbe necessitato comunque della stipula di un atto formale specifico), l’ente non ha mai inteso completare l’iter mediante adozione di un atto formale di espropriazione, di acquisizione o di cessione volontaria e ciò nonostante le reiterate diffide stragiudiziali notificate dalla ricorrente a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 348/2007.
Con memoria in data 22 gennaio 2024 la ricorrente ha, inoltre, precisato quanto segue: a) il documento protocollato in data 30