TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-12-04, n. 201403184
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N. 03184/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05136/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero di registro generale 5136 del 1997, proposto da:
Ammatuna F, rappresentato e difeso dall'Avv. G R, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv.to R A F sito in Catania, al Viale Vittorio Veneto n. 52/C;
contro
Comune di Pozzallo (Rg), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. A C, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv.to V F sito in Catania, alla Via Ventimiglia n. 219;
per il riconoscimento
della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la conseguente corresponsione del trattamento economico.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzallo (Rg);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014 il dott. F Elefante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato il ricorrente ha adito l’intestata Sezione chiedendo che venisse riconosciuta l’intervenuta instaurazione, con il Comune resistente, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e, conseguentemente, la condanna di quest’ultimo ente locale al pagamento del relativo trattamento economico.
A tal fine allegava che in data 29 marzo 1985, con decreto del Presidente del Tribunale di Modica, veniva nominato Messo di conciliazione del Comune di Pozzallo e che, con successiva delibera della Giunta Municipale del citato Comune n. 1131 del 16 settembre 1985, otteneva un compenso mensile lordo di lire 610.000, successivamente aumentato a lire 1.200.000 mensili lorde.
Infine, che con deliberazione del Consiglio Comunale n. 456 del 8 ottobre 1988, fu inizialmente riconosciuta in via formale la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato privato a far data dal 29 marzo 1985, nonché applicato il trattamento economico previsto per i messi comunali.
Tuttavia, tale ultima deliberazione veniva annullata, in sede di esame da parte della Commissione Provinciale di Controllo, nella seduta del 22 aprile 1989.
Avendo tuttavia continuato a svolgere in via esclusiva le mansioni di Messo di conciliazione alle dipendenze del citato Comune fino al giugno 1984, il ricorrente ha chiesto in via principale, come anticipato, il riconoscimento in suo favore la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con il predetto Comune a far data dal 29 marzo 1985, nonché il pagamento del trattamento economico previsto per i dipendenti comunali inquadrati nella quarta qualifica funzionale.
In via subordinata, la corresponsione delle differenze retributive ai sensi degli articoli 2126 c.c., 2041 c.c. e infine 36 della Costituzione.
Si costituiva in giudizio il Comune di Pozzallo il quale, ex adverso , deduceva che il ricorso non poteva essere accolto atteso che i Messi di conciliazione, pur essendo stati nominati dal Presidente del Tribunale ordinario competente su indicazione dei Comuni interessati, svolgono in realtà un’attività del tutto estranea rispetto all’amministrazione comunale ed ai compiti istituzionali della stessa, tant’è che l’ente locale non ha alcun potere di ingerenza e di direzione, con la conseguenza che non è astrattamente ipotizzabile un vincolo di subordinazione tra il Comune interessato ed il Messo di conciliazione.
All’udienza del 18 novembre 2014 la causa, come in verbale, veniva chiamata e trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato perché infondato.
Deve rilevarsi, in via astratta, che l’Ufficio di conciliazione, di cui all’art. 256 del R.D. n. 2271 del 1924, è ufficio statale sottoposto alla sorveglianza del Conciliatore ma facente parte, allo stesso tempo, dell’apparato organizzativo del Comune interessato, mentre il decreto di nomina del Presidente del Tribunale ha esclusivamente natura di provvedimento autorizzativo di un rapporto di impiego con il relativo Comune che può però atteggiarsi come lavoro autonomo o subordinato (cfr. C.d.S. sentenza n. 5937/2010).
Ne consegue, quindi, che ai fini della qualificazione del rapporto sono determinanti il contenuto, la quantità e le modalità con cui sono state espletate le prestazioni lavorative del personale: la sussistenza del rapporto di impiego pubblico con il Comune del Messo di Conciliazione può infatti essere in concreto riconosciuta solo se sussistano gli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro dipendente quali, a titolo esemplificativo, la predeterminazione della retribuzione e delle prestazioni, l’obbligo di rispetto dell’orario di servizio ed il vincolo di gerarchia nei confronti della potestà amministrativa, ovvero l’inserimento del soggetto nella organizzazione burocratica dell’ente.
Ciò detto, nel caso di specie il ricorrente non ha dato prova sia dell’inserimento, nella qualità di messo di conciliazione, nell’organizzazione del Comune resistente - attesa la circostanza che l’annullamento della delibera del 1988 non è stata impugnata - ma altresì di taluno dei citati criteri discretivi.
Né rilevano, a tal fine, da un lato, il tipo e la quantità di prestazioni rese, in astratto compatibili anche con una configurazione del rapporto in via autonoma, trattandosi infatti di contenuto minimo indefettibile;dall’altro, il decreto presidenziale di nomina, atteso che trattasi, come visto, di atto avente natura autorizzativa e non costitutiva di un rapporto di pubblico impiego.
Alla stessa stregua deve concludersi con riferimento alla domanda, proposta in via subordinata, ai sensi degli artt. 2126 o 2041 c.c.
Quanto al primo dei citati articoli (art. 2126 c.c., id est rapporto di lavoro subordinato nullo), infatti, la domanda, per come proposta, presuppone comunque la prova dei citati elementi sintomatici del rapporto di lavoro subordinato, viceversa assenti nella fattispecie.
Relativamente invece all’asserita applicazione, in via ulteriormente gradata, dell’art. 2041 c.c., deve rilevarsi che la stessa è stata proposta, nell’ambito del ricorso, solo in sede di conclusioni ed omettendo altresì di allegarne e provarne gli elementi costitutivi.
Per e ragioni esposte, in definitiva, il ricorso deve essere complessivamente rigettato perché infondato.
Attesa la natura e l’oggetto della controversia, il Collegio ritiene che sussistano i requisiti di cui all’art. 92 c.p.c. per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.