TAR Salerno, sez. II, sentenza 2021-09-30, n. 202102055

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2021-09-30, n. 202102055
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202102055
Data del deposito : 30 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/09/2021

N. 02055/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01041/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1041 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M R, rappresentato e difeso dagli avvocati P L e F F, domiciliato presso la Salerno Segreteria Giurisdizionale TAR in Salerno, piazzetta San Tommaso D'Aquino, 3;

contro

Comune di Sant'Egidio del Monte Albino, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

-dell’ordinanza demolitoria n. 11/2017 prot. n. 05595 del 18.04.2017, recante il ripristino dello stato dei luoghi;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti:

-del provvedimento del 13.12.2017, n. 18438, recante il diniego della domanda di accertamento di conformità;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2021 la dott.ssa Gaetana Marena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

Il titolare in epigrafe di un’attività di ristorazione era destinatario di un’ordinanza di demolizione del 18.04.2017, prot. n. 05595, notificata il 26.04.2017, recante l’ingiunzione ripristinatoria di una serie di abusi. Avverso la stessa insorge, proponendo gravame di annullamento, mediante ricorso

RG

2021/655, notificato il 26.06.2017 e depositato il 18.07.2017, assistito da una serie di vizi di illegittimità, così di seguito sintetizzati:

1)VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7, 8 E 10 DELLA LEGGE N. 241

DEL

1990 E SS.MM.II. VIOLAZIONE DELLE NORME IN MATERIA DI PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE. ECCESSO DI POTERE.

La parte ricorrente si duole della lesione del diritto partecipativo, atteso che, a suo dire, la nota prot. n. 05595 del 18.04.2017, con cui si dava avviso dell’avvio del procedimento demolitorio dei manufatti realizzati, non consentiva alla stessa di comprendere le ragioni effettive dell’inizio del procedimento de quo, inibendole la produzione di un concreto apporto propulsivo e collaborativo, diversamente influente sulla scelta decisoria impugnata.

2)VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 LEGGE N. 241/1990 SS.MM.II. VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E PER ASSOLUTO DIFETTO DI MOTIVAZIONE.

Il ricorrente stigmatizza l’operato dell’Ente intimato, il quale, da un lato, avrebbe, a suo dire, pretermesso la disamina di elementi circostanziali e fattuali particolarmente rilevanti nel momento decisorio;
dall’altro, avrebbe omesso la necessaria esplicitazione delle ragioni giuridiche sottese alla soluzione demolitoria, escludendo ogni profilo descrittivo delle opere contestate, sotto il profilo della loro abusività.

3)ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI FATTI.

La parte ricorrente insiste, ancora, sul vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, stante la natura pertinenziale degli interventi contestati, soprattutto per ciò che concerne le tettoie, a suo dire, di modeste dimensioni.

4.VIOLAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI SANZIONI. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 31 E 33 D.P.R. N. 380

DEL

2001.

Il titolare epigrafato si duole dell’illegittimità del provvedimento gravato, in ragione del fatto che l’Amministrazione non avrebbe, a suo dire, correttamente effettuato la scelta tra sanzione demolitoria e sanzione pecuniaria, pretermettendo, in buona sostanza, la preventiva verifica circa la concreta pregiudizialità dell’intervento ripristinatorio.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 5.03.2018 e depositato il 13.03.2018, il titolare in epigrafe impugna la nota del 13.12.2017, n. 18438, recante il rigetto dell’istanza, ex art. 36

DPR

380/2001, del 14.06.2017, n. 8730 e successiva integrazione del 3.07.2017, sulla base delle seguenti doglianze di illegittimità:

1)VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 36

DPR

380/2001. VIOLAZIONE DELLE NORME DEL P.R.G.. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI FATTI.

Il ricorrente lamenta il vizio istruttorio in cui sarebbe incorso l’operato dell’Amministrazione resistente, la quale avrebbe, a suo dire, pretermesso un concreto scrutinio circa la doppia conformità dell’opera rispetto alle previsioni urbanistiche vigenti, ai fini della sostanziale sanabilità.

Non resiste in giudizio il Comune intimato.

Nell’udienza pubblica del 29 settembre 2021 la causa è introitata per la decisione.

Il ricorso principale, avverso l’ordinanza demolitoria, è rigettato.

Non colgono nel segno, in quanto infondate, tutte le doglianze profilate nei motivi di ricorso, che, in ragione della loro affinità contenutistica, sono congiuntamente scrutinate.

Si controverte dell’edificazione di una serie di consistenti e numerose opere, abusivamente realizzate in difformità rispetto al permesso di costruire n. 20 del 2007.

Ed invero, gli interventi abusivi, oggetto di ingiunzione demolitoria, sono così descritti: “1)la realizzazione di un manufatto, dalla superficie di mq 155,27 per una volumetria di mc 434,07, destinato a sala ristorazione..utilizzato a servizio del chiosco ( di cui al permesso di costruire n. 20/2007)…;
2) la realizzazione di una tettoia dalla superficie di mq 4,83..;
3) la realizzazione di un manufatto dalla superficie di mq 8,40 ed una volumetria di mc 21…;
4)la realizzazione di una tettoia dalla superficie di mq 3,24;
5)realizzazione di una tettoia di mq 7,32;
6)la realizzazione di un manufatto di mq 12,57 ed una volumetria di mc 68,51, utilizzato come deposito di derrate alimentari a servizio dell’attività commerciale”.

Il titolo edilizio n. 20 del 2007 consentiva l’edificazione di “un chiosco temporaneo destinato ad area pic nic”, con una serie di prescrizioni: “che l’utilizzo della rampa sia di carattere pedonale;
che il manto di copertura sia costituito da manti di laterizio o scandole di legno;
che il chiosco venga installato esclusivamente nel periodo febbraio-dicembre;
che in caso di richiesta dell’Amministrazione, il chiosco venga rimosso a cura e spese del richiedente senza che lo stesso possa vantare alcun diritto”.

Sulla base della disamina degli atti di causa, l’ordinanza gravata si appalesa al Collegio in tutta la sua incontestabile legittimità, proprio in ragione dell’evidente consistenza strutturale, dimensionale e funzionale delle opere in contestazione, incompatibile, perciò solo, con la natura temporanea, come assentita, nonché con l’invocata natura stessa pertinenziale.

E’, infatti, indubbia, in una visione complessiva e globale, e non anche atomistica dell’illecito, una pregnante caratterizzazione di abusività, stante l’evidente impatto che i manufatti dispiegano sull’assetto urbanistico del territorio circostante, tale da configurarli in termini di “nuove costruzioni”.

Com’è noto, per “nuova costruzione” si intende qualsiasi intervento che consista in una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, attuata attraverso opere di rimodellamento della morfologia del terreno, ovvero costruzioni lato sensu intese, che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal grado di amovibilità, presentino un simultaneo carattere di stabilità fisica e di permanenza temporale, dovendosi con ciò intendere qualunque manufatto che sia fisicamente ancorato al suolo. Il tratto distintivo e qualificante viene, dunque, assunto nell’irreversibilità spazio-temporale dell’intervento. La configurabilità di una pertinenza urbanistico-edilizia richiede, invece, non solo la sussistenza di un rapporto funzionale costituto dal nesso strumentale dell'opera accessoria a quella principale, ma anche un elemento strutturale ovvero una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce;
l’esiguità deve essere un elemento ineliminabile, atteso che l’opera non deve creare un carico urbanistico (

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