TAR Salerno, sez. II, sentenza 2016-08-31, n. 201602037

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2016-08-31, n. 201602037
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201602037
Data del deposito : 31 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/08/2016

N. 02037/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00939/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 939 del 2006, proposto da:
P A e N, rappresentati e difesi dagli avvocati A B (C.F. BRNNTN45E08L245W) e A L G (C.F. LGLLRT69A27L628N), con domicilio eletto in Salerno, al largo Dogana Regia, n. 15;

contro

Comune di Pollica, in persona del Sindaco in carica pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F M (C.F. MRNFNC60E27G538K), con domicilio eletto in Salerno, alla Via Torrione, n. 54 c/o Avv. D'Amico;

per l'annullamento

a ) dell'ordinanza del Responsabile dell'U.T.C. del Comune di Pollica n. 14/2006 del 16.3.2006, successivamente notificata, con la quale, ai sensi dell'art. 37, comma 2, D.P.R. n. 380/2001 e dell'art. 167 D. Lgs. n. 42/2004, si è ordinato alla Sig.ra A P di provvedere, entro il termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento, alla rimozione di presunte opere edilizie abusive e al ripristino dello stato dei luoghi e, segnatamente, alla rimozione di infissi in alluminio e alla posa in opera di infissi in legno sul fabbricato di proprietà, sito alla Via N. Bixio della frazione Acciaroli e catastalmente individuato al foglio di mappa 21, particella 410;

b ) della relazione dell'U.T.C. prot. n. 694 del 26.1.2006, con la quale si è evidenziato che, sul fabbricato di proprietà, in presunta difformità alla D.I.A. n. 5954 del 4.8.2003, sarebbero stati posti in opera infissi in alluminio anziché in legno;

c ) della relazione del Comando di Polizia Municipale n. 695 del 26.1.2006;

d ) ove e per quanto occorra e nei limiti di interesse, del Regolamento Comunale per la tutela e la salvaguardia dei centri storici, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Pollica n. 42 del 18.5.2002, nella parte in cui, all'articolo 11, ha imposto, per gli infissi esterni degli edifici, il divieto di utilizzare materiali non lignei;

e ) ove e per quanto occorra, dell'ordinanza del Responsabile dell'U.T.C. del Comune di Pollica n. 04/06 del 25.1.2006, con la quale erano stati cautelativamente sospesi i lavori sul fabbricato di proprietà;

f ) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e conseguenziali


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pollica;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2016 il dott. G G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso notificato nei tempi e nelle forme di rito, N ed A P, come in atti rappresentati e difesi, premettevano di essere proprietari di un fabbricato adibito a civile abitazione sito alla frazione Acciaroli del Comune di Pollica (SA), individuato nel N.C.E.U. al foglio 21, particella 410.

Necessitando il proprio immobile di lavori di manutenzione straordinaria, anche per ovviare ai danni causati da infiltrazioni d'acqua e dalla salsedine marina, A P aveva presentato al Comune una denuncia di inizio di attività (prot. n. 5954 del 4.8.2003) per la realizzazione di modesti interventi edilizi, non comportanti alterazione dei volumi e delle superfici o modifica delle destinazioni d'uso (nei sensi imposti dall'art. 3, comma 1, lettera b), D.P.R. n. 380/2001), né ancora alcuna alterazione dello stato dei luoghi e dell'aspetto esteriore dell'edificio (come prescritto dall'art. 149, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 42/2004).

Successivamente, la Sig.ra Pisani presentava una variante alla D.I.A. (prot. n. 8495 del 18.11.2005), per poter riadattare un piccolo locale da adibire a w.c. al piano terra, invece che al primo piano come originariamente previsto.

Per il resto, anche la nuova denuncia di inizio di attività, così come la precedente, aveva avuto sostanzialmente ad oggetto l'esecuzione dei lavori di rifacimento della pavimentazione e dell'intonaco interno, di rifazione degli impianti elettrico ed idrico in conformità alla normativa vigente e dei servizi igienico-sanitari, nonché di sostituzione degli infissi.

Osservavano i ricorrenti che, pur non essendovi tenuto, con nota prot. n. 9227 del 13.12.2005, il tecnico istruttore, incaricato dall'Amministrazione, aveva espresso parere favorevole all'intervento di cui alla richiesta presentata in data 18.11.2005 prot. n. 8495, in quanto rientrante nella fattispecie di cui all'art. 3, comma 1, lettera b), D.P.R. n. 380/2001 (manutenzione straordinaria).

Lamentavano, peraltro, che, del tutto inopinatamente, con ordinanza n. 04/06 del

25.1.2006, il Responsabile dell'U.T.C. del Comune di Pollica, sulla base delle risultanze di un accertamento tecnico dal quale sarebbe emersa l'esecuzione di lavori in difformità alla D.I.A. presentata in data 18.11.2005 prot. n. 8495 (ma senza specificare quali fossero le presunte opere eseguite in difformità), aveva sospeso cautelativamente i lavori in corso sul fabbricato.

Di seguito, con il provvedimento indicato in epigrafe, il Responsabile dell'U.T.C., dopo aver chiarito che le opere in difformità avrebbero dovuto essere individuate " nella posa in opera di infissi in alluminio anziché in legno ", ciò che sarebbe risultato in contrasto con la previsione dell'art. 11 del Regolamento Comunale per la tutela e salvaguardia dei centri storici, aveva ordinato alla ricorrente, Sig.ra A P, di provvedere, nel termine di 90 giorni, alla loro rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi.

2.- Avverso il suddetto provvedimento, unitamente ai relativi atti presupposti, insorgevano i ricorrenti, lamentandone l’illegittimità sotto plurimo rispetto ed invocandone il consequenziale annullamento.

Nella resistenza dell’Amministrazione intimata – positivamente delibata, in prime e in seconde cure, l’istanza intesa alla incidentale sospensione, in prospettiva cautelare, degli effetti del provvedimento impugnato – alla pubblica udienza del 15 giugno 2016, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

Deve, all’uopo, preliminarmente essere disattesa l’eccezione di inammissibilità, formulata dal Comune resistente sull’assunto della tardiva impugnazione della (violata) previsione del regolamento edilizio comunale (nella parte in cui, all’art. 11, precludeva la praticabilità della sostituzione, in prospettiva manutentiva, degli infissi in legno con quelli in alluminio), assunta a fondante ed assorbente presupposto del provvedimento impugnato.

Di là da ogni altro profilo, invero – ed in disparte il rilievo che le disposizioni di natura regolamentare, ove contrastanti con il paradigma primario di riferimento, appaiono suscettibili di disapplicazione, senza necessità di espressa e formale impugnazione – deve osservarsi che i ricorrenti hanno, in effetti, lamentato anche, nel corpo del ricorso, l’illegittimità della ridetta disposizione regolamentare, censurandola – come appare lecito, alla luce dei principi generali – unitamente all’atto applicativo, che ne ha concretizzato, in loro danno, la astratta portata lesiva.

Non è esatto, cioè, che i ricorrenti, avendola conosciuta o, dovendo comechessia conoscerla, avrebbero avuto l’onere di tempestiva impugnazione della ridetta disposizione regolamentare: noto essendo che l’onere di immediata impugnazione vale, giusta i principi ricevuti, nei soli casi in cui la disposizione formalmente regolamentare, palesi, di fatto , concreta portata provvedimentale , come tale suscettiva di immediata incidenza lesiva nella sfera degli individuati destinatari. Il che non può ritenersi, all’evidenza, nel caso di specie, trattandosi di previsione genericamente conformativa del generale esercizio delle facoltà dominicali inerenti lo jus aedificandi .

2.- Sulle esposte considerazioni, appare logicamente (se non giuridicamente) prioritaria, nell’ordine delle questioni rimesse al Collegio, la valutazione della legittimità della ridetta disposizione regolamentare, assunta ad (unico) presupposto dei provvedimenti inibitori e ripristinatori adottati dall’Amministrazione in danno dei ricorrenti.

2.1.- La norma de qua è, invero, ad avviso del Collegio, illegittima, giusta le formulate ragioni di doglianza, nella parte in cui vieta, in modo assoluto, per gli infissi esterni dei fabbricati, l'utilizzo di materiali non lignei, senza, tenere conto del fatto che esistono notoriamente in commercio e ben possono essere adoperati anche materiali diversi che non sono facilmente distinguibili dal legno e che garantiscono ugualmente il rispetto delle esigenze di decoro e di tutela del centro storico.

Appare in effetti illogico – e, in definitiva, violativo del primario canone di proporzionalità, che guida la complessiva razionalità teleologica dell’azione amministrativa nei doverosi sensi della incidenza compressiva degli interessi privati non oltre i limiti di uno scrutinio di stretta necessità – imporre al privato l'utilizzo esclusivo di un certo tipo di materiale (legno) per una determinata tipologia di opere, laddove, invece, pur assicurandosi il medesimo risultato estetico, è possibile utilizzare anche altri materiali (alluminio "tipo legno"), maggiormente adatti alle caratteristiche climatiche e/o ambientali dei luoghi.

È noto, in effetti, che il ridetto principio – da riguardarsi quale immanente nell’ordinamento, essendo desumibile dalla congiunta valorizzazione dei principi di buon andamento, di pari trattamento e di libertà di cui agli artt. 97, 13, 41 e 42 Cost. – impone la triplice e cadenzata verifica che le misure limitative della sfera di libertà privata adottate in prospettiva potestativa siano: a ) necessarie alla salvaguardia o alla valorizzazione di meritevoli interessi pubblici; b ) adeguate rispetto allo scopo; c ) proporzionate . Con la conseguenza che, laddove esistano possibilità parimenti idonee al risultato, ma meno incisive o condizionanti della sfera privata, esse devono essere preferite, rendendo eccessive (anche nella tradizionale logica dell’ eccesso di potere ) le misure sproporzionate.

Il che deve, appunto, ritenersi nel caso di specie, in cui è, anzitutto, di immediata percezione che gli infissi esterni, in una zona posta a ridosso del mare, sono soggetti ad una rapida e continua usura, dovuta alle infiltrazioni dell'acqua e della salsedine: con il che l'utilizzo di infissi di alluminio "tipo legno", che pur sono difficilmente distinguibili dagli infissi in legno, garantisce una migliore tenuta nel tempo ed evita continui interventi di manutenzione e/o di periodica sostituzione.

Del resto, la finalità di garantire il decoro urbano viene garantita in forma equipollente, tenendo conto degli sviluppi della tecnologia, che consentono di garantire un impatto estetico equivalente, con materiali tecnicamente più avanzati ed evoluti.

Al riguardo, anche in giurisprudenza si trova affermato che « l'utilizzo degli infissi in legno è fungibile con l'impiego di materiali che producono un'immagine visiva equivalente, ma che sono tecnologicamente migliorativi e più vantaggiosi » e che « gli infissi in alluminio verniciato tipo legno ben difficilmente possono essere distinti, anche da occhio esperto, dagli infissi in legno » (si cfr. T.A.R. Sicilia-Catania, I, 30.5.2005 n. 950).

D'altra parte, « anche la tutela di beni sottoposti a vincolo paesaggistico ed ambientale, di rilevanza costituzionale, deve essere contemperata con altri diritti pure costituzionalmente garantiti, tra i quali rientra il diritto di proprietà, del quale la facoltà di utilizzare materiali e tecnologie più o meno innovativi, più o meno economici, più o meno adatti alle condizioni climatiche, più o meno funzionali ed esteticamente graditi, costituisce una delle estrinsecazioni ».

3.- Alla luce delle esposte premesse – che finiscono per assorbire ogni altro dei dedotti profili di criticità – la disposizione regolamentare assunta a fondamento dei provvedimenti impugnati deve ritenersi illegittima: discendendone, per ciò solo, l’accoglimento del gravame.

La particolarità della fattispecie suggerisce la definizione del carico delle spese di lite nei sensi della loro integrale compensazione tra le parti costituite.

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