TAR Ancona, sez. I, sentenza 2012-11-08, n. 201200697
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N. 00697/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00757/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 757 del 2010, proposto da:
Cave del Metauro S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. A S, con domicilio eletto presso Avv. Giuseppe Tansella in Ancona, corso Garibaldi, 16;
contro
Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avv. P D B, con domicilio eletto presso Servizio Legale Regione Marche in Ancona, via Giannelli, 36;
Regione Marche Dirigente della P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali, Provincia di Pesaro e Urbino, Comune di Frontone, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
per l'annullamento
- del Decreto dirigenziale Regionale 2.7.2010 n. 80/VAA_08 nella parte in cui subordina, ai sensi dell’art. 5 comma 10 del DPR n. 357/1997, la realizzazione del polo estrattivo di Frontone al parere della Commissione Europea e avvia immediatamente la richiesta di tale parere tramite il Ministero dell’Ambiente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Marche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2012 il dott. G M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’odierno ricorso viene impugnato il Decreto dirigenziale Regionale 2.7.2010 n. 80/VAA_08 nella parte in cui:
- subordina, ai sensi dell’art. 5 comma 10 del DPR n. 357/1997, la realizzazione del polo estrattivo di Frontone al parere della Commissione Europea;
- avvia immediatamente la richiesta di tale parere tramite il Ministero dell’Ambiente.
Per effetto dei provvedimenti amministrativi sopravvenuti (nota congiunta Regione-Provincia in data 11.7.2011 e deliberazione di Giunta Regionale 5.9.2011 n. 1186), unitamente alle sentenze emesse da questo Tribunale, in pari data, sui motivi aggiunti proposti nei connessi ricorsi nn. 5 e 6 del 2011 (alle cui argomentazioni si rimanda per relationem), si concretizza la sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione dell’odierno gravame.
Per sostenere la conseguente declaratoria di improcedibilità, il Collegio ritiene comunque utile qualificare esattamente il contenuto del provvedimento impugnato.
Al riguardo va osservato che lo stesso, nella parte che qui interessa, prospetta una valutazione di incidenza negativa sulla proposta iniziale di variante al PPAE presentata dalla Provincia (ai fini dell’eventuale applicabilità dell’art. 5 comma 10);incidenza negativa che si sarebbe, tuttavia, potuta superare, a parere del Dirigente Regionale, attraverso una revisione del perimetro e la consequenziale introduzione di misure di mitigazione e di compensazione. Il recepimento di tali prescrizioni avrebbe quindi determinato una valutazione di incidenza positiva, escludendo così (quanto meno implicitamente) la necessità di ottenere anche il parere della Commissione Europea.
Nella sostanza, l’esigenza di acquisire detto parere era del tutto eventuale, e si sarebbe dovuta concretizzare, casomai, solo dopo l’esame delle varianti apportate alla stesura originaria.
Ciò è quanto concretamente avvenuto nel corso del successivo iter procedimentale, attraverso il recepimento delle prescrizioni regionali da parte della Provincia e di cui si dà atto nella nota congiunta Regione-Provincia in data 11.7.2011, con la quale si conferma la non necessità di tale parere proprio per effetto delle modifiche apportate alla proposta originaria di variante generale al PPAE.
Del resto, come ha correttamente evidenziato anche la ricorrente, in presenza delle criticità di cui all’art. 5 comma 10 del DPR n. 357/1997, il piano o l'intervento, di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può comunque essere realizzato in presenza di esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, mentre il parere della Commissione europea è necessario solo qualora si intenda realizzarlo per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.
Dove la Regione ha quindi errato, generando allarme nella ricorrente tanto da indurla alla proposizione dell’odierno gravame, è stato l’aver attivato immediatamente la richiesta di parere alla Commissione Europea tramite il Ministero dell’Ambiente, anziché attendere il recepimento delle proprie prescrizioni al fine di superare l’originario giudizio di incidenza negativa ovvero valutare la sussistenza degli altri presupposti di realizzabilità dell’intervento che prescindono dal citato parere.
La ricorrente non contesta la prospettata valutazione di incidenza negativa sul progetto iniziale di variante al PPAE. Tanto meno contesta, nel merito, le singole prescrizioni dettate dalla Regione per superare tale valutazione e rendere così non necessario il coinvolgimento della Commissione Europea.
Di conseguenza non sussiste interesse alla coltivazione del ricorso, poiché:
- la prescrizione impugnata (richiesta di parere) è rimasta inattuata per effetto dell’intervenuto recepimento delle altre prescrizioni regionali qui non oggetto di contestazione;
- queste ultime traggono origine da presupposti a loro volta non contestati, ovvero la prospettata valutazione di incidenza negativa espressa dalla Regione sulla proposta iniziale di variante generale al PPAE.
A ben guardare, ciò renderebbe altresì irrilevante l’esito dei motivi aggiunti proposti nei ricorsi nn. 5 e 6 del 2011, poiché rivolti avverso provvedimenti attuativi di determinazioni non contestate. Semmai si fosse resa necessaria l’acquisizione del parere della Commissione Europea, ciò sarebbe stato il frutto delle nuove determinazioni che le amministrazioni competenti avrebbero dovuto adottare qualora i citati ricorsi fossero stati accolti.
La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio fra le parti.