TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-04-02, n. 202406338
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Testo completo
Pubblicato il 02/04/2024
N. 06338/2024 REG.PROV.COLL.
N. 10827/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10827 del 2022, proposto da -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Fiorentino Fraganza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via S Tommaso D'Aquino;
contro
Presidenza della Repubblica, Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Roma in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
per l'annullamento
del decreto di annullamento della cittadinanza italiana n. -OMISSIS-emesso dal Presidente della Repubblica Italiana in data 23.05.2022 a carico del nominato in oggetto e notificato all’interessato in data 23.08.2022 presso i locali della Questura di Roma - Commissariato di P.S. Distaccato di Tivoli
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Repubblica, del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2024 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. – Il ricorrente impugna il decreto del Presidente della Repubblica del 23 maggio 2022, con cui è stato annullato il precedente decreto del Presidente della Repubblica di concessione della cittadinanza, emesso in data 7 ottobre 2025 nei confronti del ricorrente.
II. - A fondamento del provvedimento impugnato l’Amministrazione ha rappresentato che il decreto di concessione della cittadinanza, già emanato in favore del ricorrente, “ è divenuto oggetto del procedimento penale presso il Tribunale di Roma (n. 4196/2017/2018 R.G.N.R. PM e n. 13469/2017 R.G. Ufficio G.I.P.-G.U.P.), attualmente nella fase dell’udienza preliminare, instaurato a seguito dell’indagine compiuta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, volta ad accertare l’avvenuta definizione favorevole, pur in presenza di gravi elementi ostativi, di circa 500 pratiche di concessione della cittadinanza, tra le quali risulta ricompresa anche quella dell’istante ”. L’atto impugnato riferisce, inoltre, che da tale procedimento penale era stato stralciato un ulteriore procedimento, “ il n. 43898/2017, definito con giudizio abbreviato con la sentenza n. 13711/2018 del Tribunale di Roma, che ha condannato una dipendente della Direzione centrale per la cittadinanza del Ministero dell’Interno per i reati di cui agli artt. 615 ter e 615 quater c.p., per aver definitivo positivamente, nonostante l’istruttoria fosse alterata, circa 100 istanze di cittadinanza, mediante accesso abusivo al sistema informatico e manipolazione dei dati dietro corrispettivo ”; che la sentenza del Tribunale di Roma “ è stata confermata in secondo grado, con la sentenza n. 14467/2019 della Corte d’Appello di Roma, e in ultimo grado, a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione nr. 14189/2020, diventando definitiva ”; che la “ la predetta dipendente è attualmente coimputata, in associazione con altri soggetti, per il cennato più alto numero di pratiche di cittadinanza, anche nel richiamato procedimento penale. presso il Tribunale di Roma ”.
Il provvedimento di concessione della cittadinanza, nei confronti dell’odierno ricorrente, sarebbe pertanto risultato “ carente in via assoluta di istruttoria e non altrimenti sanabile, per via delle circostanze emerse in sede penale e non addebitabili all’Amministrazione ”.
Nella motivazione dell’atto, inoltre, si dà conto della nota ministeriale, datata 27 gennaio 2022, con la quale, nei confronti dell’odierno ricorrente, è stata data comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela, ai sensi degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990, e si aggiunge che “ non sono stati forniti nuovi elementi utili per una decisione favorevole ”.
Viene peraltro esclusa la sussistenza di un affidamento tutelabile in capo alla parte privata, ai sensi dell’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990, “ sulla base della considerazione che il decorso del tempo non può ingenerare un affidamento in buona fede in capo a coloro che hanno ottenuto la cittadinanza in conseguenza di comportamenti penalmente rilevanti, tenuto peraltro conto che l’Amministrazione è venuta a conoscenza degli ulteriori fatti criminosi solo con la recente richiesta di rinvio a giudizio ”. L’amministrazione, dunque, si sarebbe mossa “ tempestivamente ”, pur nella consapevolezza che non sarebbe applicabile il termine “ ragionevole ” di cui all’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990 allo specifico procedimento di concessione dello status di cittadino, e ciò “ per incompatibilità con i valori fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, secondo consolidata giurisprudenza ”.
Sono, infine, spese ulteriori considerazioni atte a sostenere la sussistenza e la prevalenza dell’interesse pubblico, concreto e attuale, alla rimozione dell’atto di riconoscimento della cittadinanza, anche nel bilanciamento con il contrapposto interesse della parte privata, nel soddisfacimento dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza.
III. – Il gravame è affidato ai seguenti motivi di censura, volti a dimostrare l’illegittimità del provvedimento di ritiro dello status impugnato e ottenerne l’annullamento:
1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 l. 241/90, art. 6 l. 91/92 – Art 24 Cost. lesione del diritto di difesa – Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Omissione della motivazione – Motivazione apparente;
2) Violazione dell’art. 10 bis l. 91/92 così come introdotto dall’art. 14 comma 1 let. d del d.l. 113/2018 conv. nella l. 132/2018 - Eccesso di potere per violazione e vizi del procedimento, travisamento dei fatti e carenza di motivazione.
IV. – Il Ministero dell’interno, costituito in giudizio per resistere al ricorso, ha versato in atti, anche in conseguenza degli incombenti istruttori disposti dalla Sezione con ordinanza n. 13079/2023, documenti, relazioni difensive e una memoria, con cui ha contestato nel merito le censure ex adverso svolte e concluso per il rigetto della domanda di annullamento, depositando nuovi documenti.
Ha altresì dedotto in via pregiudiziale il difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Repubblica.
V. - Con ordinanza n. 6771/2022 è stata respinta la domanda cautelare - formulata da parte ricorrente nel ricorso e ribadita nella memoria cautelare del 27 ottobre 2022 - “[r] itenuta … l’insussistenza anzitutto del presupposto del fumus boni iuris ”.
VI. – Parte ricorrente in data 13 febbraio 2024 ha depositato documenti volti a confutare le irregolarità contestate al ricorrente, di cui all’Allegato n. 8 ai DOCUMENTI del 6 luglio 2013 della p.a. ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso
VII. - All’udienza pubblica del 14 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I. – In via preliminare, deve essere scrutinata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Avvocatura in relazione alla chiamata in giudizio della Presidenza