TAR Palermo, sez. I, sentenza 2022-02-08, n. 202200438

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2022-02-08, n. 202200438
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202200438
Data del deposito : 8 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/02/2022

N. 00438/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00538/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 538 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M D I e M D, con domicilio digitale come da PEC da registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Valerio Villareale n.6, è per legge domiciliato;

per l’accertamento

del diritto del ricorrente al risarcimento del danno biologico, morale e materiale subito per sinistro occorso il 22 maggio 2002, in occasione della missione all’estero in -OMISSIS-;

e per la relativa condanna dell’Amministrazione a corrispondere le somme a tale titolo dovute.


Visti il ricorso in riassunzione e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022 il consigliere dott.ssa M C, e udito il difensore di parte ricorrente, come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

A. – Con il ricorso in riassunzione in esame – ritualmente notificato e depositato a seguito della declinatoria di competenza da parte del T.A.R. Lazio, giusta ordinanza n. 2384/2021 – l ’odierno istante, appartenente all’Arma dei Carabinieri, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti mentre si trovava in missione all’estero, in -OMISSIS-, in un servizio di pattugliamento a bordo di un veicolo Iveco Turbo Daily, per avere riportato un trauma al quarto dito della mano destra dovuto a schiacciamento.

Espone:

- che la lesione era stata causata dal cattivo funzionamento del portellone superiore del veicolo;

- di avere presentato, pochi giorni dopo l’incidente, la domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio, e la pratica di ascrivibilità ai fini dell’equo indennizzo;

- che, non avendo ottenuto il risarcimento da parte della compagnia che in data 8 maggio 2002 aveva stipulato il contratto di assicurazione con l’intimato Ministero, aveva chiesto delucidazioni, con conseguente invio della documentazione relativa all’incidente, da parte dell’Amministrazione alla compagnia, in data 6 dicembre 2004;

- che la compagnia ha riscontrato la richiesta negando il risarcimento a causa del mancato rispetto del termine (di quindici giorni) per presentare la denuncia di infortunio;

- quindi, in riscontro ad apposita istanza del ricorrente, il Ministero ha inviato la copia del contratto di assicurazione, evidenziando la posizione di diritto soggettivo dell’assicurato e, pertanto, la possibilità per il predetto di agire direttamente contro la compagnia.

In punto di diritto, il ricorrente sostiene che l’onere di denunciare il sinistro incombesse esclusivamente in capo al datore di lavoro, il quale in ogni caso non aveva reso edotto il ricorrente della possibilità di inoltrare la richiesta alla compagnia, e aveva trasmesso la documentazione alla predetta ben oltre il termine, di quindici giorni, previsto dal contratto assicurativo per la presentazione della denuncia.

Il predetto ha pertanto chiesto il ristoro dei danni da mancata percezione del risarcimento, nonché dei danni da minor guadagno, derivanti: a) dalla mancata percezione degli stipendi aggiuntivi dei mesi di giugno e luglio 2002, avendo dovuto abbandonare la missione all’estero dopo l’infortunio rinunciando in tal modo alla somma complessiva di € 5.282.75;
b) dal minor guadagno che otterrà in futuro rispetto a quello che avrebbe ottenuto in assenza della menomazione, in termini di progressione di carriera ed economica.

B. – Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa con atto di mera forma.

C. – All’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022, presente il difensore di parte ricorrente come da verbale, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

A. – Viene in decisione il ricorso in riassunzione proposto dall’odierno istante, appartenente all’Arma dei Carabinieri, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni subiti mentre si trovava in missione all’estero, in -OMISSIS-.

Il ricorrente, in particolare, mentre svolgeva un servizio di pattugliamento a bordo di un veicolo Iveco Turbo Daily, ha riportato un trauma al quarto dito della mano destra dovuto a schiacciamento.

Ha chiesto, pertanto;
a) il risarcimento del danno da perdita del risarcimento assicurativo, a causa della mancata denuncia del sinistro nei termini previsti;
b) il ristoro del danno biologico, materiale e morale, evidenziando come la lesione fosse stata causata dal cattivo funzionamento del portellone superiore del veicolo.

B. – Deve in via preliminare precisarsi che, al fine di decidere nel merito, il Collegio ha esaminato la documentazione versata in atti dal resistente Ministero della Difesa in data 8 febbraio 2021 nel fascicolo di provenienza dal T.A.R. Lazio.

Deve, invero, osservarsi che il giudice a quo , con l’ordinanza n. 7715/2020 (in atti), aveva disposto l’acquisizione di “ una dettagliata relazione di chiarimenti in ordine alla vicenda prospettata, atta – in particolare – a dare conto dell’assunzione o meno da parte del Ministero della Difesa di iniziative utili per la divulgazione e, in termini più generali, per la conoscenza in capo ai “beneficiari” dell’esistenza della polizza assicurativa stipulata con la -OMISSIS-”), per la copertura dei danni subiti dai militari impegnati in “missione area”, e anche dei contenuti di essa, procedendo - in caso di risposta positiva - alla compiuta esposizione delle stesse, supportata da documentazione probatoria, ove esistente, e, ancora, a precisare la sede di servizio del ricorrente alla data di proposizione del presente ricorso. ”.

Deve a questo punto rilevarsi che, in caso di riassunzione della causa, in base all’art. 126 disp. att. cod. proc. civ., “ Il cancelliere del giudice davanti al quale la causa è riassunta deve immediatamente richiedere il fascicolo d'ufficio al cancelliere del giudice che ha precedentemente conosciuto della causa ”.

Nel regime del processo amministrativo telematico, in applicazione dell’art. 13, co. 1, dell’Allegato 2 cod. proc. amm., con decreto del Presidente del Consiglio di Stato sono state approvate le regole tecnico-operative e le relative specifiche tecniche, da ultimo con D.P.C.S. 28 luglio 2021 (G.U.R.I. 2 agosto 2021, n. 183), del quale vanno richiamati:

- l’art. 5, co. 4, lett. f), e comma 5, dell’Allegato 1, il quale, con riferimento al “ Fascicolo informatico ”, stabilisce che in tale fascicolo “ sono inserite, altresì, informazioni riguardanti ”: (…omissis…) “ f) il link al contenuto integrale del fascicolo informatico di provenienza, in caso di appello, regolamento di competenza, revocazione e negli altri casi previsti ”;

(…omissis…)

5. Il fascicolo informatico costituisce il fascicolo di ufficio ed è formato in modo da garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti in relazione alla data di deposito, al contenuto ed alle finalità dei singoli documenti. ”;

- l’art. 17, co. 1, dell’Allegato 1, a tenore del quale “ 1. L'accesso al fascicolo informatico dei procedimenti come risultanti dal SIGA, secondo le modalità stabilite dalle specifiche tecniche di cui all'articolo 19, è consentito al presidente o al magistrato delegato per i provvedimenti monocratici, a ciascun componente il collegio giudicante nonché, nei limiti di cui al comma 2, agli ausiliari del giudice .”;

- l’art. 18 dell’Allegato 2, secondo cui “ 1. I magistrati accedono alle informazioni, agli atti, ai documenti e ai provvedimenti contenuti nei fascicoli informatici di loro competenza, nonché a tutti i dati relativi alla propria attività istituzionale, attraverso la sezione riservata del sito istituzionale denominata «Portale del magistrato», utilizzando le modalità di accesso rese disponibili .”.

In applicazione di tali regole tecniche e tramite SIGA, in caso di riassunzione per incompetenza è reso disponibile l’accesso diretto al fascicolo di provenienza (percorso: “altre funzioni”, “provenienza”, “visualizza”).

Deve a questo punto rilevarsi che tale produzione, in sede di riassunzione, è ritenuta rilevante ai fini della decisione della causa, in quanto l’ordine istruttorio del giudice inizialmente adito era chiaramente volto ad accertare con quali modalità il resistente Ministero renda edotti i militari in missione dell’esistenza di una polizza assicurativa.

Ciò premesso e chiarito sull’utilizzazione della documentazione esistente nel fascicolo, deve a questo punto rilevarsi che parte ricorrente ha riassunto il presente giudizio senza prendere posizione su tale documentazione, pur facente parte del fascicolo di provenienza;
sicché, tali documenti sono posti a fondamento della decisione, in quanto non specificamente contestati, in applicazione dell’art. 64, co. 2, cod. proc. amm..

C. – Passando all’esame della domanda risarcitoria, la stessa non può trovare accoglimento.

Tale domanda si articola in tre specifiche richieste: il ristoro del pregiudizio subito a causa della mancata erogazione del risarcimento assicurativo per l’infortunio in missione (€ 6.313,50);
la mancata percezione degli stipendi aggiuntivi per i mesi di giugno e di luglio 2002, durante i quali il ricorrente ha dovuto abbandonare la missione (€ 5.292,75);
il minor guadagno in conseguenza della ridotta capacità lavorativa e per danno biologico, oltre rivalutazione e interessi.

Sotto il primo profilo, sostiene il ricorrente che in base all’art. 7 del contratto di assicurazione l’onere della denuncia graverebbe esclusivamente sul datore di lavoro;
e che, in ogni caso, il resistente Ministero non avrebbe reso conoscibile al predetto l’esistenza di una polizza assicurativa per gli infortuni durante il periodo di missione all’estero.

La prospettazione non può essere accolta.

Recita l’art. 7, co. 7, del contratto di assicurazione che “ La denuncia dell’infortunio, con indicazione del luogo, giorno e ora dell’evento e delle cause che lo hanno determinato, corredata di certificato medico, dovrà essere fatta entro 15 (quindici) giorni dalla data dell’infortunio o dal momento in cui l’assicurato o i suoi aventi diritto ne abbiano avuto la possibilità per il tramite dell’Ente dal quale dipende l’infortunato direttamente alla Compagnia di assicurazioni …”.

Tala clausola fa quindi riferimento alla presentazione della denuncia da parte dell’assicurato, o dei suoi aventi diritto “ per il tramite dell’Ente ”, con onere successivo dello stesso assicurato di inviare i certificati medici sul decorso delle lesioni direttamente alla compagnia assicuratrice (v. art.7, co. 8);
il che, coerentemente con quanto disposto dall’art. 1913 cod. civ., si traduce nell’onere per l’assicurato di presentare la denuncia per mezzo dell’ufficio di appartenenza.

Per quanto attiene, poi, alla presunta violazione del dovere di cooperazione da parte del datore di lavoro, quale contraente l’assicurazione, soccorre la documentazione versata in atti dal Ministero in adempimento dell’ordine istruttorio.

Invero, dall’esame degli atti depositati dal Ministero della Difesa in data 8 febbraio 2021 si evince che, per prassi invalsa da tempo, l’Ufficio competente alla stipula della polizza (la Direzione Generale di Commissariato e Servizi Generali) provvede a diramare istruzioni per via gerarchica, fino a raggiungere i teatri operativi: è stata versata in atti, per quanto di specifico interesse, la circolare del 17 maggio 2002 (che fa seguito a una prima nota del 30 aprile 2002) avente ad oggetto la copertura assicurativa per il personale militare in missione fuori area, ricevuta dal COI il 23 maggio 2002, con informazioni anche sulle modalità della denuncia da estendere ai militari tramite la linea di comando (v. relazione del 2 ottobre 2020).

Costituisce inoltre prassi consolidata la partecipazione dei militari in missione ad attività formative preliminari, comprensive di una parte relativa alla tutela assicurativa: risulta che il ricorrente è stato sottoposto a formazione specifica dal 4 al 23 dicembre 2001, come indicato nella relazione in atti, e non contestato (v. relazione del 2 ottobre 2020).

Conseguentemente, appare inconferente la giurisprudenza richiamata in ricorso, relativa alla mancata comunicazione del contratto assicurativo;
e, a tutto concedere, l’omessa tempestiva denuncia va ascritta a colpa del ricorrente nella stessa misura in cui ne sarebbe responsabile l’Amministrazione, con conseguente applicabilità dell’art. 1227, co. 2, cod. civ..

Non è fondata neppure la domanda risarcitoria avente ad oggetto gli ulteriori danni asseritamente cagionati dal datore di lavoro.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, “… il riconoscimento della responsabilità dell’intimata Amministrazione “presuppone l’accertamento di una colpa” da parte di quest’ultima, “nonché di un nesso causale tra la violazione del dovere di diligenza o di applicazione di regole tecniche e l’infortunio subito dal dipendente. L’individuazione della condotta colposa è onere del danneggiato: infatti al lavoratore spetta lo specifico onere di riscontrare il fatto costituente inadempimento dell’obbligo di sicurezza, nonché il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento stesso ed il danno da lui subito”.

Al datore di lavoro spetta invece, secondo la pacifica giurisprudenza civile e amministrativa, “la dimostrazione della non imputabilità dell’inadempimento”.

In sostanza, il lavoratore deve provare “l’inadempimento consistente nell’inesatta esecuzione della prestazione di sicurezza”, nonché “la correlazione fra tale inadempimento ed il danno” mentre il datore di lavoro deve dare la prova “che tutto era stato approntato ai fini dell’osservanza del precetto del suddetto art. 2087 c.c.” e che pertanto gli esiti dannosi sono stati determinati “da un evento imprevisto e imprevedibile” (Cass. civ., sez. lav., 8 maggio 2007, n. 1441) …” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2615).

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, deve rilevarsi che l’asserito cattivo funzionamento del portello superiore del veicolo resta un’affermazione puramente labiale del ricorrente, mentre dalle relazioni di servizio (e dai documenti prodotti) non risulta alcuna violazione di regole di diligenza o di regole tecniche da cui sarebbe ipoteticamente originato l’infortunio, né alcun elemento dal quale possa desumersi una responsabilità del Ministero. E, come sopra chiarito, l’individuazione e la prova della condotta colposa costituiscono onere del danneggiato, il quale deve indicare il fatto costituente inadempimento dell’obbligo di sicurezza (oltre al nesso di causalità materiale tra tale inadempimento e il danno subito).

Ne consegue che tutte le ulteriori voci di danno richieste quale conseguenza dell’infortunio occorso (stipendi aggiuntivi non percepiti;
minor guadagno a causa della ridotta capacità lavorativa) non sono meritevoli di accoglimento.

Conclusivamente, non essendo stata provata in alcun modo la sussistenza degli elementi della responsabilità civile dell’Amministrazione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

D. – Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, in quanto la resistente Amministrazione non ha spiegato difese scritte.

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