TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-05-14, n. 202409539

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-05-14, n. 202409539
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202409539
Data del deposito : 14 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/05/2024

N. 09539/2024 REG.PROV.COLL.

N. 13339/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13339 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato I C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- del decreto K-OMISSIS-del 5 giugno 2019 di diniego della cittadinanza.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 febbraio 2024 la dott.ssa Donatella Testini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità del diniego, indicato in epigrafe, con cui è stata respinta l’istanza di concessione della cittadinanza italiana ex art. 9, comma 1, lett. f), della L. n. 91 del 1992 presentata dal ricorrente il 4 settembre 2104.

L’Amministrazione ha concluso per la non coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana, fondando la propria valutazione sulla condanna del ricorrente per il reato di contraffazione di pubblici sigilli destinati a pubblica autenticazione di cui all’art. 468 c.p. in concorso, giusta sentenza del Tribunale di Napoli del 21 novembre 2002, divenuta irrevocabile l’8 gennaio 2003.

Con il presente mezzo di tutela, la parte ricorrente domanda l’annullamento del diniego innanzi indicato, lamentando che l’amministrazione abbia omesso di effettuare una ponderata valutazione della personalità del soggetto, dei suoi trascorsi, della sua condizione di piena e stabile integrazione lavorativa nonché evidenziando di non saper nulla della condanna e di non aver partecipato attivamente al processo penale.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza del gravame, invocandone la reiezione.

La causa viene ritenuta per la decisione all’udienza straordinaria di riduzione dell’arretrato del 23 febbraio 2024.

2. Il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

Come è noto, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera f), della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).

Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
n. 52 del 10 gennaio 2011;
Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.

In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘ status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede ” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).

Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale;
il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036;
nonché,

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