TAR Salerno, sez. II, sentenza 2009-03-26, n. 200901191

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2009-03-26, n. 200901191
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 200901191
Data del deposito : 26 marzo 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01111/2006 REG.RIC.

N. 01191/2009 REG.SEN.

N. 01111/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1111 del 2006, proposto da: D D, D R M A B, C A, C C, M F, I L, L G, F R, A T, C A, D A P, G C, F E, D C M, P C, F A M, P F, C E, D L C, D S I, G N, S L, T B, G V, T N, F A, A V, M R, S G, D C L, B M, P S, R A R G, D’Aloia Lignelli Alfredo, D S V, N M, C L, F A, M Aella, Parisi Achille, Daniele Antonio, Bettoschi Bruno, Bottiglieri Mario, Marciano Pietro, Nosenzo Massimiliano, Iammancino Nicola, Varone Gaetano, Saturnino Alferio, Bisogno Giandomenico, D’Urso Marcello, Serritella Giuseppe, Carluccio Antonio, Ciaparrone Ugo, Barletta Domenico, Pinto Luigi, Pennimpede Gabriele, Paglietta Giovanni e Sorrentino Luigi, tutti rappresentati e difesi dagli Avv. Sabato Criscuolo ed Ennio De Vita, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Piave, 1;

contro

Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso dall’Avv. Ruggiero Musio, con domicilio eletto, in Salerno, al viale Filanda, 3 – Capezzano;

per l’annullamento

a) della deliberazione di Giunta Comunale n. 445 del 12.04.06, pubblicata in data 19.04.06 e non notificata, avente ad oggetto: “Personale – Regolamento Comunale per la costituzione e la riparti-zione del fondo previsto dall’art. 18 della l. 109/94 e s. m. i. – Modifica delibera n. 322 del 14.02.2001”;

b)di tutti gli atti presupposti, ed in particolare di quelli richiamati nel provvedimento sub a), colle-gati, connessi e consequenziali;

nonché per l’annullamento

(giusta atto di motivi aggiunti)

a) della determina del Dirigente del Settore Ragioneria del Comune di Salerno n. 2647 reg. sett. 32 del 13.06.2006, successivamente conosciuta;

b) delle note di comunicazione di tale determina ai dipendenti interessati da parte del Settore Perso-nale, nonché degli atti di disposizione del recupero coatto delle somme, con rate mensili, nei limiti del quinto dello stipendio;

c) di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e consequenziale;


Visti ricorso ed atto di motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11/12/2008 il dott. P S e uditi, per le parti, i relativi difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:


FATTO

Con l’atto introduttivo del giudizio, indicato in epigrafe, i ricorrenti, tutti dipendenti del Comune di Salerno, i quali avevano, a vario titolo, partecipato, in relazione alle rispettive professionalità pos-sedute, a procedure attinenti alla progettazione di opere pubbliche, rappresentavano che, per l’espletamento di tali attività, da parte dei propri dipendenti, il Comune di Salerno aveva costituito – in attuazione dell’art. 18 – comma 1° della l. 109/94, come modificato dall’art. 13 della l. 144/99 – un fondo incentivante, avente a oggetto la ripartizione di una percentuale per ogni singola opera o lavoro, a valere sul quadro economico di progetto;
che, più in particolare, con la deliberazione di Giunta Comunale, n. 322 del 14.02.01, era stato adottato apposito regolamento per la definizione delle modalità e dei criteri per il riparto di detto fondo incentivante, tra i dipendenti che avevano partecipato alla progettazione, previa negoziazione in sede di contrattazione decentrata, secondo la previsione dell’art. 18 cit.;
che, appunto in forza di tale regolamento, i ricorrenti avevano espletato incarichi tecnici di progettazione e percepito l’incentivo, commisurato al grado di responsabilità connesso all’attività svolta;
che, ai sensi della disposizione contenuta nel punto 5.1 – comma II – del citato regolamento, tale compenso era stato quantificato, al netto di tutti gli oneri accessori con-nessi (cd. oneri riflessi), previsti a carico dell’Amministrazione, i quali, in tal modo, erano stati ag-giunti alla misura percentuale dell’incentivo;
che, in tal modo, detto incentivo era stato indi liquida-to ai dipendenti;
lamentavano, peraltro, che, con l’impugnata deliberazione di Giunta Comunale, n. 445/06, l’Amministrazione Comunale – prendendo le mosse dall’articolo unico – comma 207 – del-la l. 266/2005, cd. legge finanziaria 2006 (nel quale si stabiliva che la quota percentuale, ex art. 18 l. 109/94, era comprensiva degli oneri riflessi a carico dell’Amministrazione), aveva revocato il se-condo comma dell’art.

5.1 del citato regolamento ed aveva deciso di procedere al recupero degli oneri riflessi, erogati dall’1.01.2000 fino alla data d’adozione della delibera, incaricando, all’uopo, il Settore Ragioneria d’effettuare le necessarie verifiche, circa gli importi liquidati ed erogati;
tanto premesso in punto di fatto, avverso tale deliberazione articolavano le seguenti censure:

1) Violazione di legge (art. 18 l. 109/94 e s. m. i. in rel. artt. 4, 15 e 17 C. C. N. L. Comparto Re-gioni Autonomie Locali dell’1.04.99 e artt. 8 e 34 del vigente C. C. D. I. riguardante il personale del Comune di Salerno – art. 40 d. l.vo 165/2001);
Violazione del giusto procedimento;
Violazione dei principi generali in tema di partecipazione sindacale;
violazione art. 97 Cost.;
Violazione dei prin-cipi generali in tema di revoca di atti amministrativi e di contrarius actus;
Eccesso di potere per di-fetto assoluto del presupposto e d’istruttoria, sviamento, arbitrarietà ed iniquità;
Incompetenza: sa-rebbe stato violato, da parte del Comune, il divieto di modifica della contrattazione decentrata, sen-za l’accordo delle parti contraenti;

2) Violazione di legge (art. 49 d. l.vo 267/2000);
Violazione dei principi generali in tema di revoca di atti amministrativi e di contrarius actus;
Violazione del giusto procedimento;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, arbitrarietà e sviamento;
Incompetenza: la delibera impugnata era stata adottata su proposta, anziché del Responsabile del Settore Personale, del Responsabile del Settore Ragioneria;
del pari viziata doveva ritenersi, di conseguenza, l’espressione del parere di re-golarità tecnica, che avrebbe dovuto promanare dal responsabile del servizio interessato, che nella specie era il Responsabile del Settore Personale, anziché quello del Settore Ragioneria;

3) Violazione di legge (artt. 7 e ss. l. 241/90);
Violazione dei principi generali in tema di revoca di atti amministrativi;
Violazione del giusto procedimento: era mancata la comunicazione, ai ricorren-ti, dell’avvio del procedimento, culminato con l’adozione della deliberazione impugnata;
del resto, eventuali ragioni d’urgenza non erano state neppure dedotte dall’Amministrazione Comunale;

4) Violazione di legge (artt. 21/5 e 21/8 l. 241/90;
art. 3 legge 241/90);
Violazione dei principi ge-nerali in tema di revoca di atti amministrativi;
Violazione del giusto procedimento;
Eccesso di pote-re per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà intrinseca, illogicità, difetto assoluto di mo-tivazione e d’istruttoria, sviamento, arbitrarietà ed iniquità: secondo le disposizioni legislative cita-te, la revoca ha efficacia ex nunc e lascia in vita gli effetti, ormai irreversibilmente prodotti;
inoltre, poiché la revoca in questione era tale, da comportare un pregiudizio per i soggetti direttamente inte-ressati, l’Amministrazione avrebbe dovuto prevedere forme d’indennizzo nei loro confronti;
né, del resto, la disposta revoca avrebbe potuto esser interpretata come un auto – annullamento della prece-dente deliberazione, con conseguente eliminazione retroattiva degli effetti, intanto prodotti, posto che, nella stessa, non era esplicitato alcun vizio di legittimità dell’atto da rimuovere;

5) Violazione di legge (artt. 11 e 15 delle preleggi al cod. civ.);
Violazione dei principi generali in tema di revoca di irretroattività degli atti amministrativi;
Violazione del principio di successione degli atti nel tempo;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto ed erroneità della moti-vazione, illogicità, sviamento, arbitrarietà ed iniquità: la modifica del regolamento sul fondo incen-tivante si poneva in netto contrasto con il divieto di retroattività delle disposizioni normative di se-condo grado, sancito dall’art. 11 delle preleggi ed applicabile anche agli atti amministrativi;

6) Violazione di legge (art. 3 co. 29 l. 350/2003;
art. unico co. 207 l. 266/05);
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, sviamento: l’art. 18. co. 1 della l. 109/94 era stato integrato, per i dipendenti degli enti locali, da un’autonoma disciplina ad hoc, rappresentata dall’art. 3 co. 29 della l. 350/2003;
di conseguenza, l’art. unico - co. 207 - della l. 266/2005, riferendosi e-sclusivamente all’art. 18 co. 1 della l. 109/94, non poteva esplicare alcun effetto sull’autonomo re-gime, vigente per i dipendenti degli enti locali, trovando applicazione esclusivamente per i dipen-denti di tutte le altre Amministrazioni pubbliche;

7) Violazione dei principi di ragionevolezza, d’affidamento nella stabilità dell’ordinamento giuridi-co, di consolidamento delle posizioni giuridiche soggettive e di tutela dei diritti acquisiti;
Illegitti-mità costituzionale dell’art. unico co. 207 della l. 266/05, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.: quand’anche l’art. unico – co. 207 – della finanziaria 2006 fosse stato ritenuto applicabile ai ricor-renti, in ogni caso si palesava illegittima l’estensione retroattiva dell’efficacia della disposta revoca;
qualora interpretata in tale ultimo senso, detta norma sarebbe stata, inoltre, costituzionalmente ille-gittima, perché viziata da irragionevolezza ed eccesso di potere legislativo, in relazione ai parametri rappresentati dagli artt. 3 e 36 Cost.;
osservava, infine, la difesa di parte ricorrente che il nuovo co-dice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (d. l.vo 163/2006) aveva previsto, all’art. 256 comma 1 – l’abrogazione espressa del comma 207 dell’art. unico della l. 266/2005, con la conseguenza che l’abrogazione di una norma d’interpretazione autentica era idonea a determinare la sua disapplicazione anche per il passato;

8) Violazione di legge (d. l.vo 335/1995 in rel. art. 18 l. 109/94 e s. m. i.;
artt. 4, 15 e 17 C. C. N. L. Comparto Regioni Autonomie Locali dell’1.04.99 e artt. 8 e 34 del vigente C. C. D. I. riguardante il personal dipendente del Comune di Salerno – art. 15 l. 379/95);
Eccesso di potere per difetto assolu-to del presupposto, di motivazione, illogicità e sviamento: del pari “illogico ed inconferente”, se-condo i ricorrenti, era il richiamo contenuto, nella delibera impugnata, alla riforma del sistema pen-sionistico di cui al d. l.vo 335/95, in ordine all’obbligo di sottoporre il compenso incentivante de quo a ritenute previdenziali;

9) Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, di motivazione e d’istruttoria;
contraddit-torietà, illogicità e sviamento: osservavano i ricorrenti che, con la deliberazione n. 445/06, si dispo-neva il recupero delle somme erogate dall’1.01.2000 e poi, nel contempo, s’invitavano i RR. UU. PP. di lavori ancora in corso all’adeguamento dei quadri economici, in conseguenza del recupero degli oneri riflessi, erogati in eccedenza rispetto alla percentuale stabilita, con conseguente emer-sione delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere, rappresentate dalla contraddittorietà, dalla perplessità, dal difetto d’istruttoria e del presupposto.

In data 26.09.06, i ricorrenti depositavano atto di motivi aggiunti, nel quale segnalavano che – no-nostante la proposizione del presente ricorso giurisdizionale, avverso la prefata delibera giuntale – il Comune di Salerno aveva dato ulteriore corso alla medesima, individuando, con la determina diri-genziale specificata in epigrafe, le somme erogate in eccedenza, rispetto ai nuovi parametri stabiliti, relativamente ai lavori del cd. Polo Annonario, stabilendo nel contempo le modalità di recupero de-gli importi, senza, peraltro, considerare la possibilità di procedere a compensazione con le somme, ancora dovute ai dipendenti, a titolo incentivante;
avverso tale determina essi esponevano, pertanto, le seguenti doglianze:

1) – 9) Illegittimità derivata dai vizi, esposti nell’atto introduttivo del giudizio, integralmente ri-chiamati;

10) Violazione di legge (artt. 7 e ss. l. 241/90);
Violazione del giusto procedimento;
Eccesso di po-tere per difetto assoluto del presupposto, di motivazione e d’istruttoria, contraddittorietà, illogicità e sviamento: la determina impugnata conteneva una mera “simulazione di adempimento partecipa-tivo”, con conseguente violazione dell’art. 7 della l. 241/90;

11) Violazione del giusto, procedimento;
Eccesso di potere per contraddittorietà e contrasto con i precedenti, difetto assoluto del presupposto, di motivazione e d’istruttoria, sviamento ed illogicità: non era stata neppure considerata, dall’Amministrazione, la possibilità di procedere ad una compen-sazione con le somme, ancora dovute ai dipendenti a titolo d’incentivazione, come pure era stato previsto nella stessa delibera di Giunta Comunale, n. 445/06.

In data 20.11.08 i ricorrenti depositavano documentazione.

In data 1.12.08 si costituiva in giudizio il Comune di Salerno, la cui difesa, preliminarmente, ecce-piva, in maniera generica, l’impropronibilità, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso;
indi, fa-ceva presente che tre dei ricorrenti – C L, D C M e D L C – avevano anche adito il Tribunale di Salerno, in funzione di Giudice del Lavoro, per veder dichiarata l’illegittimità del recupero delle somme di danaro, disposto dal Comune nei loro confronti, e che uno dei ricorsi – precisamente quello proposto da C L – era stato respinto, con sen-tenza n. 2833/08, mentre gli altri due erano prossimi alla decisione;
ancora, segnalava che l’ente, in accoglimento delle richieste, formalizzate da tutti i dipendenti, aveva deciso di rateizzare le somme da recuperare, le quali, comunque, erano state già, interamente, recuperate;
in punto di fatto, osser-vava come la delibera impugnata fosse scaturita da una verifica amministrativo – contabile, eseguita dal Servizio Ispettivo dell’Ispettorato Generale di Finanza del Dipartimento della Ragioneria Gene-rale dello Stato (Ministero dell’Economia e delle Finanze) e che la questione – su cui era intervenu-ta l’interpretazione autentica, circa l’art. 18 comma 1 della legge 11.02.94 n. 109, da parte del comma 207 dell’articolo unico della legge 266 del 23.12.05 – era anche oggetto di un giudizio di responsabilità, instaurato presso la Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Campania;
nel merito delle censure, articolate da parte ricorrente, rilevava:

- che la contrattazione decentrata non poteva stabilire se gli oneri riflessi dovessero o meno esser compresi, od esclusi, dall’1,5%, poiché oggetto di contrattazione decentrata erano soltanto i criteri e le modalità di riparto della somma e la percentuale per le diverse tipologie di lavori, entro il limite massimo dell’1,5%, stabilito direttamente dalla legge;

- per quanto concerneva il richiamo alla normativa previdenziale, che la stessa era precedente all’adozione della delibera di Giunta Municipale, n. 322/2001, pur se successiva alla legge 109/94;

- che la competenza ad esprimere il parere, circa l’adozione del provvedimento, doveva ritenersi correttamente esercitata dal Dirigente del Settore Ragioneria, alle cui dipendenze era posto l’Ufficio Stipendi;

- per quanto concerneva la doglianza sub 9) dell’atto introduttivo del giudizio, circa l’impossibilità di modificare il quadro economico, che la stessa era riferita ai soli lavori, le cui liquidazioni non avevano ancora esaurito il fondo, previsto per l’art. 18 della l. 109/94.

In data 9.12.08 i ricorrenti producevano, in giudizio, una memoria difensiva, nella quale anzitutto s’opponevano al deposito tardivo di memoria e documenti, da parte del Comune;
indi replicavano ad una delle argomentazioni esposte dall’ente, rilevando come la contemporanea pendenza di giudi-zi innanzi al Tribunale del Lavoro di Salerno, circa la questione del recupero di somme di danaro disposto dall’Amministrazione, non si ponesse affatto come preclusiva della proposizione del pre-sente ricorso, posto che oggetto dell’impugnativa in esame era la modifica regolamentare, introdotta con la delibera giuntale in oggetto, da intendersi quale atto di macro – organizzazione della P. A., rientrante nella sfera di cognizione del G. A.;
quindi riepilogavano le considerazioni, poste a soste-gno del gravame.

All’udienza pubblica dell’11.12.08 la difesa dei ricorrenti dichiarava che quelli, indicati dal Comu-ne nella sua memoria, erano gli unici giudizi, pendenti innanzi al Tribunale del Lavoro, circa la questione dedotta nel presente giudizio;
indi, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso non può trovare accoglimento.

Preliminarmente, tuttavia, deve rilevarsi come la contemporanea impugnativa – da parte di tre dei ricorrenti – del recupero di somme di danaro disposto dal Comune di Salerno, dinanzi al giudice del lavoro, non è d’ostacolo alla proposizione della presente impugnativa, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale, espresso nella seguente massima: “Il sistema configurato dal legislatore in tema di giurisdizione sul pubblico impiego può fare ancora insorgere situazioni di doppia tutela, essendo ben possibile che vi sia la contemporanea instaurazione di due giudizi, uno innanzi al g. a. avverso l’atto di macro – organizzazione, l’altro per la tutela del diritto vantato nell’ambito del rapporto di lavoro, giudizi che avranno vita e corso autonomo, stante l’espressa esclusione della pregiudizialità amministrativa” (T. A. R. Sicilia Catania, sez. I, 29 novembre 2007, n. 1920;
conforme: T. A. R. Campania Napoli, sez. V, 18 dicembre 2003, n. 15454).

Si controverte, in particolare, della delibera di G. C. di Salerno, n. 445 del 12.04.06, pubblicata in data 19.04.06, modificativa della precedente delibera giuntale, n. 322 del 14.02.01, con cui era stato approvato il Regolamento per la definizione delle modalità e dei criteri per la ripartizione del fondo incentivante, ex art. 18 comma 1 della l. 109/94 e succ. mod. ed int.;
in particolare, la modifica s’era resa necessaria, in conseguenza dell’emanazione dell’art. 1, comma 207, della legge 266 del 2005, secondo il quale: “L’articolo 18, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, che prevede la possibilità di ripartire una quota percentuale dell’importo posto a base di gara tra il responsabile unico del progetto e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori, si interpreta nel senso che tale quota percentuale è comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a ca-rico dell’amministrazione”.

Atteso il disposto della legge in argomento, nonché tenuto conto di un’azione di responsabilità, per danno erariale, esercitata dalla Corte dei Conti della Campania avverso taluni amministratori e dirigenti comunali, la delibera impugnata revocava il secondo comma del punto 5.1 del prefato Regolamento, nella parte in cui disponeva che erano a carico dell’Amministrazione anche tutte le spese per l’Irap e per tutti gli oneri riflessi ed incaricava il Settore Ragioneria del recupero degli oneri riflessi erogati in eccedenza, rispetto alla percentuale dell’1,5%, “anche mediante compensazione con le somme ancora eventualmente dovute a tale titolo”.

Avverso tale deliberazione di Giunta Municipale, i ricorrenti hanno, anzitutto, dedotto (attraverso il richiamo all’articolo 18, comma 1, prima parte, della legge 109/1994, secondo il quale: “Una somma non superiore all’1,5 per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all’articolo 16, comma 7, è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra il responsabile unico del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonché tra i loro collaboratori”) che le modifiche all’originaria disciplina del fondo in oggetto, peggiorative per i dipendenti, erano state adottate, dall’Amministrazione Comunale, in maniera unilaterale, senza la partecipazione delle Organizzazioni Sindacali, in violazione del divieto di modifica della contrattazione decentrata, senza l’accordo delle parti contraenti. .

Al riguardo, osserva il Tribunale che soltanto le “modalità” e i “criteri di ripartizione” delle somme de quibus sono previsti in sede di contrattazione decentrata, laddove, a tale obbligo di preventiva concertazione sindacale, debbono, senz’altro, ritenersi sottratte questioni di natura diversa, come quella affrontata dalla suddetta legge d’interpretazione autentica (vale a dire, se gli oneri, cosiddetti riflessi, debbano essere compresi, o meno, nell’1,5%);
non si vede, del resto, come – in ipotesi – un eventuale accordo di natura diversa, raggiunto in sede di contrattazione decentrata, avrebbe potuto derogare ad un’espressa previsione di legge.

Con il secondo motivo di gravame, i ricorrenti hanno contestato la circostanza che la delibera impugnata era stata adottata su proposta, anziché del Responsabile del Settore Personale, del Responsabile del Settore Ragioneria;
del pari viziata doveva ritenersi, di conseguenza, l’espressione del parere di regolarità tecnica, che avrebbe dovuto promanare dal responsabile del servizio interessato (Settore Personale), anziché da quello del Settore Ragioneria.

La censura non tiene tuttavia conto della circostanza che, trattandosi della modificazione di una precedente deliberazione di Giunta Municipale, avente riflessi sugli stipendi del personale interessato – per effetto dei recuperi a disporsi – il responsabile del Settore Ragioneria (alla cui dirette dipendenze era posto l’Ufficio Stipendi) aveva, senz’altro, una specifica competenza in materia.

Né del resto, l’illegittimità della suddetta deliberazione può farsi discendere, sic et simpliciter, dalla circostanza che la precedente delibera giuntale (istitutiva del fondo) fosse stata invece adottata su proposta del Responsabile del Settore del Personale, posto che l’approvazione del Regolamento, concernente il fondo de quo, investiva certamente profili più ampi e diversi da quelli, oggetto della limitata modifica, oggetto della censurata deliberazione, di natura spiccatamente contabile (posto che il Settore Ragioneria era incaricato, in particolare, del recupero degli oneri riflessi erogati in eccedenza).

La terza doglianza, esposta nel ricorso, impinge nella mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, culminato con l’adozione della deliberazione di recupero di somme di denaro, oggetto d’impugnazione.

Al riguardo, basti osservare che la delibera in esame rientra, certamente, come del resto riconosciuto dagli stessi ricorrenti (nella memoria difensiva depositata il 9.12.08), nell’ambito dei provvedimenti, adottati nell’esercizio di poteri in tema di auto – organizzazione della P. A., per i quali non è previsto l’invio dell’avviso, ex art. 7 della l. 241/90, come affermato in giurisprudenza: “Il principio di comunicazione dell’avvio del procedimento, di cui all’art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, non trova applicazione nei confronti degli atti amministrativi generali, tra cui va certamente compreso quello di organizzazione degli uffici della p. a. Ciò perché il principio della massima partecipazione procedimentale deve essere contemperato con l’esigenza dell’amministrazione di concludere procedimenti di tipo organizzatorio e di portata generale senza rallentamenti e paralisi imposti dal generico obbligo di comunicazione di avvio del procedimento” (Consiglio Stato, sez. IV, 31 maggio 2003, n. 3037).

Tanto, a prescindere dall’ulteriore osservazione, secondo la quale, pur ammettendosi, in ipotesi, che la comunicazione, ex art. 7 della l. 241/90, fosse dovuta, pur tuttavia, trattandosi di deliberazione di Giunta, adottata per conformare il Regolamento, istitutivo del più volte citato fondo incentivante, ad una disposizione legislativa sopravvenuta, oltre che per evitare ulteriori applicazioni dello stesso Regolamento, foriere della produzione di un danno erariale, sarebbe stato, in ogni caso, invocabile il disposto dell’art. 21 octies, cpv., della l. 241/90 (“Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”).

La quarta censura dell’atto introduttivo del giudizio fa leva, invece, sull’art. 21 quinquies, comma 1, della l. 241/90, secondo il quale: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del prov-vedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei sog-getti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giu-risdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

Sostengono i ricorrenti che, contrariamente a tale previsione di legge, il Comune di Salerno avrebbe revocato la disposizione, di cui al cpv. del punto 5.1 del Regolamento, approvato con la deliberazione giuntale, n. 322/01, disponendo il recupero degli oneri riflessi, erogati dall’1.01.2000, fino alla data d’adozione della delibera, in tal modo attribuendo efficacia retroattiva alla revoca in questione, non prevedendo per di più alcun indennizzo per il pregiudizio, indubbiamente recato ai destinatari.

A tal proposito, è giocoforza rilevare come – pur essendo stato adoperato, nella parte dispositiva della deliberazione impugnata, il termine revoca – in realtà, secondo il Collegio, nella specie non di vera e propria revoca si è trattato.

Com’è noto, infatti, la revoca consiste nel ritiro di un atto, determinato da un diverso apprezzamento della situazione, che aveva dato luogo alla sua emanazione: ebbene, si nota facilmente come tale definizione non si attagli alla fattispecie in esame, nella quale s’è, piuttosto, al cospetto della modificazione di un atto generale d’organizzazione del Comune (il prefato Regolamento sul fondo, ex art. 18 l. 109/94 e succ. mod. ed int.), concretamente realizzata tramite un, doveroso, annullamento parziale della norma regolamentare, occasionato dalla necessità d’adeguarla alla disciplina di legge sopravvenuta (donde, il già evidenziato carattere vincolato dell’atto).

Ne discende l’improprietà del richiamo alla disciplina legislativa, stabilita per l’istituto della revoca, propriamente detta ed intesa, di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole (nella cui categoria concettuale non è dato far rientrare, a parere del Tribunale, la modificazione un atto normativo, a carattere generale, qual è il Regolamento comunale in questione).

Passando ad analizzare il quinto motivo di ricorso, secondo cui la modifica del Regolamento sul fondo incentivante si sarebbe posta in netto contrasto con il divieto di retroattività delle disposizioni normative di secondo grado, sancito dall’art. 11 delle preleggi ed applicabile anche agli atti amministrativi, osserva il Tribunale come lo stesso si scontri, in maniera inevitabile, con la natura d’interpretazione autentica, propria della disposizione di cui all’art. 1 comma 207 della l. 266 del 2005.

E’ stato affermato, al riguardo, che: “Le norme d’interpretazione autentica sono applicabili retroattivamente nei limiti del giudicato formatosi in ordine a fattispecie assoggettate a diversa interpretazione. La pubblica amministrazione, pertanto, nell’osservanza della regola di buona amministrazione in conformità dell’art. 97 Cost. è tenuta a riesaminare le fattispecie già definite in base a precedenti disposizioni, per riformare i relativi provvedimenti con effetto “ex tunc”, ove non rispondenti all’interpretazione autentica operata dal legislatore” (Consiglio Stato, sez. VI, 25 maggio 1994, n. 857).

L’osservazione che precede vale, del resto, a destituire di fondamento anche la settima censura, esposta dai ricorrenti, nonché a far ritenere manifestamente infondata l’eccezione d‘illegittimità costituzionale, ivi formulata;
per completare la disamina di tale censura, occorre soltanto aggiungere che la circostanza, per cui il comma 207 dell’art. 1 della legge finanziaria 2006, sia stato abrogato dall’art. 256 del d. l.vo 12 aprile 2006, n. 163, con la decorrenza indicata nell’art. 257 dello stesso decreto, non toglie che lo stesso fosse in vigore, al momento dell’emanazione della delibera impugnata, e che pertanto esso, attesa la sua vigenza, sia stato legittimamente posto a fondamento del recupero di somme, ivi disposto, non potendosi condividere quanto espresso dai ricorrenti al riguardo, vale a dire che “l’abrogazione di una norma di interpretazione autentica determina la disapplicazione della stessa anche per le vicende passate”.

Quanto, poi, alla censura intermedia tra le due testé analizzate, rubricata sub 6) dell’atto introduttivo del giudizio, secondo la quale, poiché l’art. 18. co. 1 della l. 109/94 era stato integrato, per i dipendenti degli enti locali, da un’autonoma disciplina ad hoc, rappresentata dall’art. 3, co. 29, della l. 350/2003, l’art. unico - co. 207 - della l. 266/2005, riferendosi esclusivamente all’art. 18 co. 1 della l. 109/94, non avrebbe esplicato alcun effetto sull’autonomo regime, vigente per i dipendenti degli enti locali, trovando applicazione, esclusivamente, per i dipendenti di tutte le altre Amministrazioni pubbliche), la stessa non può essere accolta.

Ai sensi della prefata disposizione di legge (art. 3 co. 29 della l. 350/2003), infatti: “I compensi che gli enti locali, ai sensi dell’articolo 18 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, ripartiscono, a titolo di incentivo alla progettazione, nella misura non superiore al 2 per cento dell’importo a base di gara di un’opera o di un lavoro, si intendono al lordo di tutti gli oneri accessori connessi alle erogazioni, ivi compresa la quota di oneri accessori a carico degli enti stessi”: orbene, è evidente, secondo il Tribunale, che la disposizione, di cui all’art. 1 co. 207 della l. 266/2005, nel dettare l’interpretazione autentica dell’art. 18, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, non può che riferirsi anche all’art. 3 co. 29 della l. 350/2003, che appunto all’istituto del fondo incentivante, previsto da tale norma, si riferisce, stabilendo una variazione della misura percentuale dell’incentivo, relativamente ai soli dipendenti degli enti locali.

E’, quindi, priva di pregio la tesi, di parte ricorrente, secondo la quale, al contrario, la norma dell’art. 3 co. 29 l. 350/2003 avrebbe istituito un diverso regime dei compensi incentivanti dei dipendenti degli enti locali, tale in particolare da sottrarre, i compensi in questione, all’operatività della disposizione interpretativa, di cui al comma 207 dell’art. 1 della legge finanziaria 2006.

Per ciò che concerne, inoltre, l’ottava doglianza di parte ricorrente, che considera “illogico ed inconferente il richiamo, contenuto nella delibera impugnata, alla riforma del sistema pensionistico, di cui al d. l.vo 335/95”, la stessa è, a parere del Collegio, irrilevante: al riguardo, è sufficiente rilevare che il richiamo in questione, contenuto nella delibera di Giunta Municipale impugnata, non riveste valore decisivo, onde è da escludere che da tale censura, in sé sola considerata, possa, in ogni caso, discendere l’illegittimità del provvedimento impugnato (il quale, comunque, troverebbe idoneo fondamento giustificativo nella dedotta necessità d’adeguamento del Regolamento comunale in oggetto all’interpretazione autentica dell’art. 18 co. 1 della l. 109/94, portata dall’art. 1 co. 207 della l. 266/2005).

Va, infine, esaminata la nona ed ultima doglianza, sollevata dai ricorrenti nell’atto introduttivo del giudizio, rispetto alla quale vanno formulate considerazioni, analoghe a quelle appena esposte, riguardo alla precedente censura: la circostanza, in particolare, che molti dei progetti di oo. pp., per i quali erano stati corrisposti i compensi incentivanti, sarebbero conclusi e collaudati, con conseguente immodificabilità dei relativi quadri economici (in contrasto con l’invito, rivolto ai RR. UU. PP. dei lavori ancora in corso, ad adeguare i quadri economici, in conseguenza del recupero degli oneri riflessi, erogati in eccedenza rispetto alla percentuale stabilita), appare sostanzialmente irrilevante, rispetto alla dedotta illegittimità della delibera di G. C. in questione, nella quale, per l’appunto, si faceva riferimento ai soli lavori ancora in corso, le cui liquidazioni cioè, come specificato dalla difesa dell’ente, non avevano ancora esaurito il fondo, previsto per l’art. 18 citato.

Quanto alle doglianze, esposte nell’atto di motivi aggiunti, relativamente a quelle d’illegittimità derivata (dai vizi, censurati nel ricorso principale), valga il riferimento alle osservazioni, sopra formulate;
mentre relativamente a quelle, sollevate in via autonoma, ed in particolare alla prima (rubricata sub 10), osserva il Collegio che nessuna comunicazione d’avvio del procedimento era, in realtà, dovuta (per le ragioni, già espresse a proposito dell’analoga censura, di cui all’atto introduttivo del giudizio);
di conseguenza, il termine di quindici giorni, assegnato agli interessati per la presentazione di eventuali osservazioni, rispetto alla determina dirigenziale di recupero dei compensi de quibus, n. 2647/2006, in quanto estrinsecazione di un approccio, volto a stimolare la collaborazione con la P. A., può forse esser considerato superfluo, ma giammai potrebbe ridondare in illegittimità della prefata determina dirigenziale.

Per ciò che concerne, infine, la dedotta mancata previsione della possibilità di compensare gli importi da recuperare, con le somme, eventualmente ancora dovute a titolo di compensi, ex art. 18 l. 109/94, la stessa non è tale da comportare alcuna illegittimità della determinazione dirigenziale impugnata, della quale non può che ribadirsi il carattere necessitato;
in ogni caso, la difesa del Comune ha fatto presente, nella memoria in atti, che sono state accolte le richieste, formulate da tutti i dipendenti, di rateizzazione delle somme in questione, comunque già interamente recuperate.

In conformità alle superiori considerazioni, il ricorso dev’essere respinto.

Sussistono, per la complessità delle questioni affrontate, validi motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.

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