TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2023-06-30, n. 202310945
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Pubblicato il 30/06/2023
N. 10945/2023 REG.PROV.COLL.
N. 14693/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14693 del 2001, proposto da
-OMISSIS- in proprio e in qualità di legale rappresentante pro tempore dell’Azienda Agricola Grole di -OMISSIS- Ss rappresentato e difeso dagli avvocati E E, A T, con domicilio eletto presso lo studio A T in Roma, viale di Villa Grazioli, 5;
contro
Agea Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- provvedimento AGEA di compensazione nazionale per il periodo di commercializzazione 01/04/00 -31/03/01;
- provvedimento AGEA prot. n. 1184 del 26/07/01;
- ogni atto connesso ivi compresa la nota AGEA prot. n. 1071 del 06/07/01
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 giugno 2023 la dott.ssa V A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato il 12 dicembre 2001 l’odierno ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, domandandone l’annullamento.
L’Amministrazione intimata non si è costituta in giudizio.
All’udienza straordinaria del 16 giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Nella presente causa, sono in discussione le operazioni di compensazione nazionale e di imputazioni del prelievo supplementare per il periodo 2000/01, eseguite da AIMA, ora AGEA, nel 2001, inviate solo ai primi acquirenti, previa riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati per “categorie prioritarie”.
Nel ricorso introduttivo, oltre ad eccepire, tra l’altro, che la compensazione nazionale per il periodo 2000/2001 è stata effettuata in mancanza di dati certi in ordine alla effettiva produzione nazionale e sulla base di QRI retroattivi più volte rettificati, è stato altresì eccepito (motivo n. 7 di ricorso introduttivo) che le stesse sono state eseguite anche in violazione dell’art. 2, par. 1, del Reg. (CEE) n. 3950/92, secondo il quale, nel caso in cui uno Stato membro scelga di riassegnare, a fine campagna, le quote inutilizzate, la compensazione deve avvenire linearmente tra tutti i produttori che producendo oltre la propria quota, hanno contribuito allo splafonamento nazionale, proporzionalmente ai quantitativi di riferimento individuali a disposizione di ciascun produttore, e non favorendo in via prioritaria alcune categorie di produttori individuate dai singoli Stati membri, come stabilito invece dalla normativa interna ai sensi dell’art. 1, comma 8, L. n. 118/99, richiamato dell’art. 1, comma 5, L. n. 79/2000.
Ebbene, com’è stato ormai evidenziato da consolidata giurisprudenza il meccanismo di compensazione basato su categorie prioritarie, cui si riferisce l’art. 1, comma 8, d.l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 118 del 1999, si pone in palese contrasto con l'art. 2 del Regolamento n. 3950 del 1992, applicabile ratione temporis;la Corte di Giustizia (sez. VII, 27 giugno 2019 e 5 maggio 2011, K und T E e a., C-230/09 e C-231/09), infatti, ha riconosciuto che, sebbene il regolamento in questione lasciasse agli Stati membri la scelta se procedere o meno ad una riassegnazione della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento complessivo a favore dei produttori che avevano effettuato delle consegne eccedentarie, ciò non comportasse una liberalità degli stessi quanto alle modalità con cui procedere alle suddette riassegnazioni;infatti tale riassegnazione, con riguardo al periodo che va fino al 2001 deve essere effettuata tra i produttori che hanno superato i propri quantitativi di riferimento, in modo proporzionale e non secondo criteri di priorità fissati dallo Stato Membro.
Tale considerazione prende le mosse dalla nota pronuncia della Corte di giustizia, sez. VII, 27 giugno 2019 C-348/18 la quale ha evidenziato come l’obiettivo del c.d. prelievo supplementare sia quello di regolarizzare i mercati agricoli ed è destinato al finanziamento delle spese del settore lattiero-caseario, obbligando i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti, mirando altresì a procurare all’Unione europea i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote.
La determinazione di tale obiettivo ha rafforzato l’interpretazione secondo cui il criterio di ripartizione proporzionale previsto dall’art. 2 del regolamento3950/92 sia l’unico criterio secondo il quale debba essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati. Né viene dalla giurisprudenza comunitaria ritenuto ammissibile che, nel silenzio della norma, gli Stati membri siano autorizzati a procedere alla riassegnazione utilizzando criteri differenti, stante l’evidenza di un mercato regolamentato. Spetta quindi agli Stati membri dare attuazione alla normativa comunitaria in ossequio ai principi di proporzionalità, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento.
Di tal ché, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione delle quote supplementari deve altresì prevedere dei criteri di riparto proporzionali ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore (non assumendo alcun rilievo circostanze sopravvenute) (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sent. 27 giugno 2019 in causa C-348/18).
Da ciò deriva che devono essere disapplicate le norme nazionali che deviano dal criterio della proporzionalità della ripartizione delle quote a disposizione di ciascun produttore prevedendo categorie prioritarie, stante il contrasto con la normativa comunitaria e che debbano essere annullati gli atti che dall’applicazione di queste derivino.
In ordine, poi, alla rilevanza della richiama pronuncia in giudizi diversi e successivi da quelli rispetto a cui la sentenza è intervenuta, merita di essere messo in luce come – per conforme orientamento giurisprudenziale – le sentenze interpretative della CGUE, precisando il significato e la portata del diritto dell'UE, hanno effetto retroattivo ed efficacia “erga omnes”, salvo il limite dei rapporti ormai esauriti, e sono vincolanti per i giudici nazionali, che sono così tenuti a disapplicare la normativa interna contrastante con la normativa eurounitaria (“alle sentenze dalla stessa rese, sia pregiudiziali sia emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità” cfr. ex multis, Cass. 17 maggio 2019, n. 13425;v. anche Cass. n. 22577/ 2012).
In definitiva, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati, potendo restare assorbita ogni altra questione sollevata in ricorso.
Nulla a provvedere sulle spese tenuto conto che l’Amministrazione non si è costituita in giudizio.