TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-05-14, n. 202400552

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-05-14, n. 202400552
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202400552
Data del deposito : 14 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/05/2024

N. 00552/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00388/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 388 del 2020, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4;

per l'annullamento

- del decreto dirigenziale n. -OMISSIS-, e notificato il 24.2.2020, con il quale il -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- è (stato) sospeso disciplinarmente dall’impiego per mesi;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ancorché non cognito al ricorrente, ivi inclusa la nota della Direzione Generale per il Personale Militare (I Reparto/3^Divisione/4^ Sezione) del 6.2.2020 prot. -OMISSIS- recante “APPUNTO” per “Definire la posizione disciplinare del Graduato in oggetto”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, all'epoca dei fatti oggetto di causa, era -OMISSIS- dell’Esercito, in servizio presso il Centro addestramento paracadutismo di -OMISSIS- - Compagnia comando e supporto logistico. Nell’agosto 2019 - su segnalazione della sua compagna - i Carabinieri di -OMISSIS- trovarono e sequestrarono una dose di cocaina nella sua abitazione.

In relazione ai fatti sopra richiamati, i Carabinieri di -OMISSIS- redigevano a carico del ricorrente un “ Verbale di contestazione di illecito amministrativo operato ai sensi dell’art. 75 DPR 300/1990, contestuale sequestro di sostanza stupefacente ... ”.

Il mese seguente, il Generale Comandante delle Forze Operative Nord apriva un’inchiesta formale nei confronti del ricorrente. Dopo aver valutato la relazione dell’Ufficiale inquirente, il Comandante proponeva di definire la posizione disciplinare con rinvio degli atti al Comandante di Corpo per le valutazioni di competenza.

Successivamente, la Direzione generale per il personale militare del Ministero della Difesa disponeva la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per sei mesi, ritenendo la condotta del ricorrente gravemente violativa dei doveri connessi con lo status di militare, specialmente considerando il grado ricoperto e il suo essere padre di un minore, al tempo, di pochi mesi. Si legge nella motivazione al decreto del 14.2.2020: “ Il Graduato, con tale grave comportamento, ha disatteso fortemente i doveri propri dello stato di militare, nonché quelli attinenti al giuramento prestato e al grado rivestito, palesando anche la carenza del senso di responsabilità e del contegno che deve improntare l’agire di un militare ”.

Con il ricorso indicato in epigrafe, il ricorrente ha impugnato il decreto dirigenziale del 14.2.2020, e notificato il 24.2.2020, con il quale il -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- è stato sospeso disciplinarmente dall’impiego per sei mesi, nonché gli atti connessi.

Avverso gli atti impugnati il ricorrente ha dedotto l’illegittimità per: I. Eccesso di potere per difetto ed errore sui presupposti, illogicità ed ingiustizia manifeste, travisamento dei fatti, difetto ed errore sui presupposti, difetto di istruttoria, violazione dei principi di gradualità, ragionevolezza e proporzionalità, violazione e/o falsa applicazione di legge sub specie dell’art. 3 l. n. 241 del 1990 per carenza, contraddittorietà, apoditticità della motivazione, contraddittorietà tra atti;
II. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifeste, sotto ulteriore profilo, difetto ed errore nell’istruttoria e violazione di legge sub specie dell’art. 3 l. n. 241 del 1990 e/o eccesso di potere per carenza, perplessità ed apoditticità di motivazione, sotto ulteriore profilo e violazione e/o falsa applicazione di legge sub specie dell’art. 1377 Codice Ordinamento Militare;
III. Violazione e/o falsa applicazione di legge sub specie degli artt. 732, 885, 1355, 1356 e 1357 del d.lgs. n. 66 del 2010 concernente il Codice dell’Ordinamento Militare, eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza, gradualità, proporzione e adeguatezza dell’azione amministrativa.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

All’udienza pubblica del 21 marzo 2024 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. – Con i primi due motivi di ricorso, la difesa del ricorrente contesta la legittimità del provvedimento impugnato perché ritenuto viziato da carenza di motivazione e travisamento dei fatti. Esso sarebbe stato adottato senza considerare tre elementi emersi in fase istruttoria: che l'intera carriera militare del ricorrente fino a quel momento si era distinta per ottima condotta di rendimento ed impeccabilità, come attestato dai rapporti informativi dei superiori;
che gli esami clinici avevano escluso l’assunzione di sostanze stupefacenti;
che egli, come risulta anche dalle dichiarazioni scritte sua e della compagna rese in sede di procedimento disciplinare, non era il titolare della sostanza ritrovata né ne aveva mai fatto uso.

Tali censure risultano essere infondate e prive di pregio.

Il provvedimento è stato adottato a seguito di un’ampia istruttoria, durante la quale il ricorrente ha avuto la possibilità di presentare memorie e documenti a suo favore.

Il ricorrente non ha portato in giudizio elementi idonei a far ritenere irragionevole, illogica, arbitraria o viziata da travisamento dei fatti, la decisione dell’Amministrazione che, nella sua discrezionalità, non ha ritenuto gli elementi sopra richiamati rilevanti per archiviare l’addebito, come d’altronde ritenuto anche dall’Ufficiale inquirente.

Il decreto impugnato, invero, si basa sull'ammissione di responsabilità da parte del ricorrente al momento dell’ispezione e sul fatto che una dose di cocaina veniva - su apposita segnalazione della compagna - ritrovata in casa sua.

Tale ammissione di responsabilità è dimostrata dal verbale dei Carabinieri, nel quale si riporta che il ricorrente aveva dichiarato di essere proprietario della sostanza e di essere intenzionato a intraprendere una terapia di disintossicazione.

Più nello specifico, nel “ Verbale di contestazione di illecito amministrativo operato ai sensi dell’art. 75 DPR 300/1990, contestuale sequestro di sostanza stupefacente ...” si legge: “ L’anno 2019 addì del mese di agosto alle ore 10.40, in -OMISSIS- presso gli uffici del Comando…Noi sottoscritti…riferiamo a chi di dovere che questa mattina verso le ore 09.30 la centrale operativa CC di Viareggio ci riferiva di aver ricevuto poco prima la segnalazione telefonica da parte della sig.ra…di aver rinvenuto mentre si trovava in casa…della sostanza stupefacente al suo convivente…I verbalizzanti giunti sul posto alle ore 09.45 odierne in detta abitazione vi erano entrambi i suddetti conviventi ed il loro bambino di pochi mesi, e veniva mostrata la presenza di una dose di sostanza stupefacente su uno scaffare di mobile di sala. Si trattata di sostanza stupefacente del tipo cocaina raccolta in una dose con celophan bianco. Il -OMISSIS- -OMISSIS- si assumeva la proprietà di detta sostanza stupefacente, e prometteva di impegnarsi da subito per iniziare una terapia di disintossicazione, il contesto si è verificato in circostanza serena. La sostanza stupefacente del tipo cocaina di piccolissima quantità, raccolta nell’involucro sopra specificato costituisce una dose… ”.

Nell’immediato, dunque, il militare ammetteva di essere il proprietario della dose di cocaina e prometteva di iniziare una terapia di disintossicazione. In quel momento fu redatto apposito verbale di accertamento dell’illecito amministrativo di cui all’art. 75 d.P.R. n. 309 del 1990, sottoscritto anche dall’interessato.

Il Collegio non può non evidenziare che la dichiarazione del ricorrente risulta essere stata resa agli ufficiali di polizia giudiziaria in un contesto pacifico e senza costrizione esterna e che il verbale di accertamento è fidefacente, sottoscritto dall’interessato e non impugnato per falso.

È vero che, in sede di procedimentale, il ricorrente aveva ritrattato la precedente versione fornita ai Carabinieri circa la proprietà della sostanza stupefacente, affermando che la stessa non era destinata a suo uso personale.

Più nello specifico, nella dichiarazione da valere anche come scritti difensivi ex art. 18 l. n. 689 del 1981, si legge: “ L’occasione infatti che aveva dato luogo alla chiamata dei carabinieri era come detto conseguente ad una discussione intercorsa con la signora…che per effetto di ciò aveva segnalato la presenza di detta modica sostanza stupefacente attribuita in un primo momento al sottoscritto signor -OMISSIS-. Non è possibile allo scrivente indicare la causa del rinvenimento di detta modestissima dose di sostanza stupefacente presso l’appartamento sito in -OMISSIS-, potendo solo indicare che la sera del fatto in contestazione aveva frequentato locali molto affollati prima di far ritorno alla abitazione dove è attualmente domiciliato con la signora -OMISSIS- …”.

Tuttavia, alla luce degli incontrovertibili fatti (ritrovamento nell’abitazione del ricorrente di una dose di cocaina) e della specifica dichiarazione rilasciata dal ricorrente in sede di ispezione, le successive dichiarazioni difensive rilasciate dal ricorrente e dalla sua compagna (non idonee, in ogni caso, a fornire una spiegazione plausibile su come e perché nell’abitazione del ricorrente si trovasse una dose di cocaina) non sono sufficienti a scalfire le conclusioni raggiunte dall’Amministrazione e la ragionevolezza e la logicità della decisione finale della stessa di sospendere il ricorrente, ritenendo la condotta di quest’ultimo contraria “ ai doveri propri dello stato di militare, nonché quelli attinenti al giuramento prestato e al grado rivestito, palesando anche la carenza del senso di responsabilità e del contegno che deve improntare l’agire di un militare ”.

Tenuto conto di tutto quanto sopra esposto, il fatto che il ricorrente abbia avuto una carriera militare con ottimi precedenti disciplinari non è significativo in ordine alla sussistenza dell’illecito disciplinare. Peraltro, tale circostanza è stata presa in considerazione ai fini della determinazione del quantum di pena. Nel provvedimento, invero, si precisa che si è “ tenuto conto del rendimento in servizio ” e la sospensione dal servizio disposta ha natura conservativa ed è di soli sei mesi rispetto ai dodici erogabili nel massimo edittale.

Irrilevanti sono infine gli accertamenti medici svolti dal ricorrente. Sebbene tali esami (effettuati il 16.9.2019) possano escludere l'assunzione di sostanze psicotrope nel periodo precedente alla loro effettuazione, non forniscono prove sul possibile utilizzo della sostanza il giorno dell'ispezione.

In ogni caso, l'unico addebito mosso al militare è quello di detenzione di sostanza stupefacente.

Le prime due censure pertanto non colgono nel segno.

2. - Con il terzo motivo di gravame, infine, la difesa del ricorrente contesta la sanzione della sospensione dal servizio, sostenendo che la sua determinazione sarebbe irragionevole e sproporzionata rispetto alla condotta professionale e al quadro disciplinare del ricorrente. L’episodio contestato sarebbe stato un unicum nella carriera militare del ricorrente che non giustificherebbe una sanzione tanto afflittiva.

Sul punto, il Collegio osserva che, come è noto, la valutazione di rilevanza dei fatti contestati e la decisione circa la relativa sanzione da irrogare costituiscono esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione.

È sufficiente evidenziare, infatti, che la giurisprudenza consolidata ha più volte affermato che l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione militare in punto di individuazione e, eventualmente, dosimetria della sanzione è sindacabile in sede giurisdizionale solo in casi di manifesta irrazionalità, insostenibile illogicità, palese arbitrarietà ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484).

Più nello specifico, il Consiglio di Stato ha chiarito che “ la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità…” (Cons. Stato, sez. IV, 23 marzo 2020, n. 2041, che richiama, tra l’altro, Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484;
Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381).

Ebbene, alla luce delle circostanze evidenziate al punto 1 di questa sentenza e, in particolare, tenuto conto del rinvenimento della dose di cocaina nell’abitazione del ricorrente e della sua dichiarazione nell’immediatezza dell’ispezione, il Collegio ritiene che il ricorrente non abbia presentato in giudizio elementi sufficienti a dimostrare l’irragionevolezza o la contrarietà al principio della proporzionalità della sanzione disciplinare irrogata, anche tenuto conto della giurisprudenza amministrativa relativa alle condotte dei militari attinenti al possesso e l’uso di sostanze stupefacenti (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 8 marzo 2017, n. 1086).

Anche la terza censura dedotta dal ricorrente pertanto è priva di pregio.

3. – In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

4. – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

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