TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-02-06, n. 202300348

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-02-06, n. 202300348
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202300348
Data del deposito : 6 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/02/2023

N. 00348/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02276/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2276 del 2006, proposto da
P S, A M e V M, rappresentati e difesi dagli avvocati A C e R S, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Catania, viale Ionio, 87;

contro

l’Ente Parco dell'Etna, non costituito in giudizio;

il Comune di Biancavilla (Ct), non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento di diniego di rilascio del nulla osta per opere edilizie abusivamente realizzate;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 28 novembre 2022 il dott. G G R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I coniugi Venero Maccarrone e P S nel 1980 hanno iniziato i lavori per la realizzazione di un fabbricato sito a Biancavilla, in contrada Stagliata, ultimandoli nel febbraio 1981, ma hanno formalizzato l'acquisto del terreno su cui avevano già costruito l'immobile solo nel febbraio 1984. In data 26.06.1986 i coniugi Maccarrone hanno presentato la domanda di sanatoria di cui alla L. n. 47/1985 e L.R. n. 37/1985 per gli abusi edilizi eseguiti. Nelle more, i coniugi Maccarrone-Sangiorgio, in data 25.02.1999, hanno donato ai figli A M e Vincenzo Maccarone, rispettivamente, il primo piano ed il piano terra dell'edificio in sanatoria.

Con comunicazione del 27.02.2006 prot. n. 1278/06, l'Ente Parco dell'Etna ha preannunciato il proprio diniego di nulla-osta, avendo rilevato una discordanza circa la data di ultimazione dei lavori fra la dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio resa dalla Sangiorgio ed il contenuto dell'atto pubblico notarile del 9/02/1984, Rep n. 75571, e comunque escludendo l'ammissibilità della sanatoria, in quanto la destinazione abitativa dell'edificio ricadente in zona C del Parco appare incompatibile con l’imposizione del vincolo, ed in quanto la costruzione risulta ricadente nella fascia di rispetto dell'area boscata. La Sangiorgio ha riscontrato la suindicata comunicazione con lettera del 6.03.2006, nella quale ha chiarito le ragioni dell'apparente discordanza sulla data di ultimazione dei lavori, correlata all'impossibilità di menzionare nell’atto di compravendita del terreno l’edificio già abusivamente realizzato dagli acquirenti per non viziare l’atto di nullità.

L'Ente Parco dell'Etna ha nondimeno adottato il preannunciato provvedimento di diniego di nulla osta con atto prot. n. 205/2006 del 19/05/2006.

I Sig.ri P S, A M e Vincenzo Maccarone proponevano ricorso nei confronti dell’Ente Parco e del Comune di Biancavilla.

Non si costituivano in giudizio le Amministrazioni intimate.

In data 28 novembre 2022 si teneva l’udienza pubblica per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione dopo avere dato avviso ai difensori delle parti, a norma dell’art. 73 c.p.a., del rilievo d’ufficio di una possibile causa di inammissibilità del ricorso per difetto del contraddittorio, dipendente dal modo in cui era stata effettuata la sua notifica.

I ricorrenti, volendo evocare in giudizio tanto l’Ente Parco dell’Etna quanto il Comune di Biancavilla, a ciò hanno infatti provveduto interamente mediante notifica a mezzo posta nei confronti del secondo, e mediante una duplice notifica nei confronti del primo: ovvero presso la sua sede legale a mezzo posta, e direttamente a mezzo di ufficiale giudiziario presso la sede di Catania dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato. Tuttavia essi non hanno mai provveduto al deposito delle cartoline di ricevimento in segreteria, come invece necessario per comprovare il perfezionamento delle notifiche effettuate a mezzo posta. Il difensore dei ricorrenti ha però insistito sulla regolarità della notifica dell’atto di gravame, ed ha chiesto di essere ammesso tardivamente al deposito di copia delle due cartoline comprovanti il buon esito della notifica a mezzo posta effettuata presso la sede legale dell’Ente Parco dell’Etna e presso il Comune di Biancavilla.

Il Collegio innanzitutto esclude che la notifica effettuata direttamente a mezzo di ufficiale giudiziario presso la sede di Catania dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato abbia potuto assicurare la integrità del contraddittorio (quantomeno) nei confronti dell’Ente Parco dell’Etna. A tal riguardo si osserva che l’Amministrazione Regionale Siciliana, pel mezzo del suo Assessorato Territorio e Ambiente, conserva, nei confronti degli Enti Parco istituiti all’interno del suo territorio, un potere di vigilanza ex art. 9 della L.R. n. 98/1981, così come sostituito dall'art. 8 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14. La soggezione a quel potere di vigilanza non elimina però - in base alla loro configurazione quali “ ent (i) di diritto pubblico ” ad opera del primo comma della predetta norma – la soggettività piena per l’ordinamento generale degli Enti Parco siciliani. Da ciò consegue la piana applicazione dell’art. 145 c.p.c., alla cui stregua “ la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede ”. La domiciliazione a fini processuali presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato esistenti in Sicilia sussiste quindi - in base alle previsioni dell’art. 1 del D. Lgs. n. 142/1948 - soltanto con riguardo (fra le altre Amministrazioni regionali) all’Assessorato Regionale titolare di poteri di vigilanza sugli Enti Parco siciliani, e non con riguardo agli Enti Parco vigilati. E’ Pertanto escluso che nel caso di specie potesse esservi alcuna valida domiciliazione a fini processuali dell’Ente Parco dell’Etna presso la sede di Catania dell’Avvocatura Distrettale dello Stato a norma dell’art. 11 del R.D. n. 1611/1933, ovvero per la “ rappresentanza e … difesa nei giudizi attivi e passivi avanti … le giurisdizioni amministrative ” da parte dell'Avvocatura dello Stato a seguito di una “ deliberazione degli organi competenti ” dell’Ente Parco dell’Etna secondo le previsioni dell’art. 11 della L. n. 103/1979, della quale non vi è alcuna traccia agli atti di causa.

Preso allora atto che la mancata costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate preclude in radice la possibilità di ritenere comunque sanato il vizio di difetto del contraddittorio a norma del terzo comma dell’art. 44 c.p.a., il Collegio ammette il difensore del ricorrente alla produzione tardiva delle copie delle cartoline di ricevimento sopra menzionate, in quanto delle due l’una: 1) o esse sono rappresentative di una evocazione in giudizio correttamente effettuata, con nessuna lesione in quel caso del diritto di difesa delle Amministrazioni intimate, che hanno liberamente scelto di non prendere parte attiva al presente giudizio;
2) o esse testimoniano di una non corretta evocazione in giudizio delle Amministrazioni intimate, nel qual caso sarà emessa pronuncia di inammissibilità per difetto del contraddittorio.

Orbene: dall’esame delle cartoline di ricevimento tardivamente prodotte risulta che la notifica del ricorso è avvenuta presso la sede legale dell’Ente Parco dell’Etna il 17/07/2006, e presso il Comune di Biancavilla il 15/07/2006. Tenuto allora conto che il provvedimento impugnato è stato adottato il 19/05/2006, la impugnazione proposta risulta tanto tempestiva, quanto rituale in relazione alla affettiva evocazione in giudizio delle Amministrazioni intimate.

Venendo al merito, le censure proposte in ricorso sono le seguenti:

1) violazione di legge e carenza di potere dell'Ente Parco dell'Etna in relazione all'art. 23, comma 10, L.R. 37/1985, e violazione dei principi di irretroattività delle leggi;

2) vio1azione dell'art. 35 L. 47/1985 ed illegittimità del provvedimento per perfezionamento del tacito rilascio della concessione per silenzio-assenso;

3) violazione dell'art. 8 L.R. 98/1981 e difetto di motivazione;

4) eccesso di potere per illogicità manifesta ed intervenuta usucapione.

Innanzitutto il Collegio osserva come i ricorrenti, pur senza fornire alcuna prova di ciò, insistano in gravame sulla data di realizzazione dell’immobile abusivo, che ivi affermano essere stato ultimato nell’anno 1981.

Il problema che si pone è però uno soltanto: ovvero se la istituzione del Parco dell’Etna, avvenuta nel 1987, possa aver creato dei vincoli opponibili nell’ambito di un procedimento di sanatoria di abusi edilizi avviato il 26.06.1986. A ciò peraltro ha dato già positiva risposta l’Amministrazione intimata nella motivazione del provvedimento impugnato, richiamandosi al primo ed al secondo capoverso del n. 1) del comma 3 dell’art. 5 della L.R. n. 17/1994, il quale, dopo la dichiarazione della incostituzionalità con sentenza n. 39/2006 della modifica ad esso apportata dalla legge n. 4/2003 – che lo aveva così riscritto: “ il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria, solo nel caso in cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera abusiva ” -, nel testo attualmente vigente prevede che “ il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio ”.

Orbene, il Collegio ritiene corretto il richiamo a quelle norme nella motivazione del provvedimento impugnato, ed il loro intrinseco contenuto altresì da apprezzare alla stregua di una condiviso formante giurisprudenziale, secondo il quale “ l'obbligo di pronuncia sull'istanza di condono di abusi edilizi su beni sottoposti a vincolo da parte dell'autorità preposta alla relativa tutela sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca della proposizione di quella, atteso che tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 22.10.2020, n. 6501) ” [T.A.R. Campania – Salerno, Sez. II, Sent. 22 dicembre 2020, n. 2006]. Posto allora che il “ momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria”, in relazione a procedimenti avviati a norma della L. n. 47/1985 e della L.R. n. 37/1985, è quello di cui all’art. 35 della prima, di 24 mesi dalla avvenuta presentazione della domanda - decorso il quale, in assenza di provvedimenti dell’Amministrazione competente, si determina un accoglimento per silentium della stessa -, tutti i vincoli che possono assumere rilievo nel caso di specie sono quelli sopravvenuti sino alla data del 26/06/1988: sicchè quelli discendenti dallo Statuto e dal Regolamento dell’Ente Parco dell’Etna, istituito con D.P.R.S. n. 37 del 17/03/1987, risultano idonei a sorreggere un provvedimento di diniego di nulla osta nell’ambito del procedimento di sanatoria avviato dai coniugi Maccarone con istanza del 26/06/1986.

Le predette considerazioni confutano la tesi di cui al primo motivo di ricorso, secondo la quale “ la fattispecie in esame deve essere valutata con esclusivo riferimento al testo vigente al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria: l'art. 23 comma 10 della L.R . 37/1985, nel 1986 (anno della domanda), subordina, infatti, la concessione edilizia al nulla osta degli enti di tutela solo se il vincolo sia posto antecedentemente all'esecuzione delle opere ”. Quale loro logico corollario, non vi è infatti a parere del Collegio, ed in contrario a quanto invece opinano i ricorrenti, alcuna esiziale violazione del principio della irretroattività della legge: e piuttosto appare conforme all’esatta osservanza dell’opposto principio tempus regit actum il fatto che l’Ente Parco dell’Etna abbia esercitato i poteri che, al momento di provvedere – non il superato art. 23 comma 10 della L.R . 37/1985, ma - l’art. 5 della L. n. 17/1994 gli avevano attribuito, e le sentenze della Corte Costituzionale restituito con le sentenze n. 25 del 28/01/2006 e 39 dell’8 febbraio 2006 (caducando la abrogazione dell’art. 5 della L.R. n. 17/1994 ad opera dell’incostituzionale art. 17 della L.R. n. 4/2003).

Con riguardo poi alla lamentata (con il secondo motivo di ricorso) vio1azione dell'art. 35 L. 47/1985 ed illegittimità del provvedimento per perfezionamento del tacito rilascio della concessione per silenzio/assenso, la opponibilità, nell’ambito del procedimento di sanatoria avviato dai coniugi Maccarone con istanza del 26/06/1986, dei vincoli discendenti dallo Statuto e dal Regolamento dell’Ente Parco dell’Etna istituito con D.P.R.S. n. 37 del 17/03/1987 destituisce di fondamento quella censura. Infatti nessun provvedimento di accoglimento per silentium si sarebbe mai potuto realizzare nel caso di specie a mente, piuttosto che della norma – male - invocata dai ricorrenti (ovvero l'art. 35 L. 47/1985), del primo comma dell’art. 24 della L.R. n. 37/1985, alla cui stregua “ qualora le opere eseguite senza licenza, concessione o autorizzazione o in difformità dalle stesse, ricadano nell'ambito dei parchi regionali di cui alla legge regionale 6 maggio 1981, n. 98 e successive modifiche ed integrazioni, il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria, con esclusione delle opere ricadenti nelle zone a inedificabilità assoluta realizzate in data successiva all'imposizione del vincolo, è subordinato al nulla-osta del presidente dell'ente parco rilasciato ai sensi del comma 5 dell'articolo 24 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14 ”.

A sua volta, il quarto comma dell’art. 24 della L.R. n. 14/1988 prevede che “ dalla costituzione dell'Ente parco ogni concessione o autorizzazione delle autorità competenti relativa a qualsiasi attività che comporti trasformazione del territorio del parco e alla disciplina del piano territoriale è subordinata al preventivo nulla - osta dell'Ente parco che lo rilascia, in conformità alle prescrizioni del decreto istitutivo del parco e alla disciplina del piano territoriale e del regolamento di cui all'articolo 10, entro novanta giorni dalla data di ricezione della richiesta;
ove il nulla - osta non venga rilasciato entro tale termine esso si intende negato
”. E’ quindi evidente che il silenzio dell’Ente Parco vale, senza alcun distinguo fra vincoli posti anteriormente o posteriormente alla realizzazione di un intervento edilizio abusivo - ad eccezione che per le “opere ricadenti nelle zone a inedificabilità assoluta ”, nella cui categoria però non rientra l’immobile oggetto della domanda di sanatoria presentata dai ricorrenti -, come rigetto, impedendo in ogni caso il perfezionarsi per silentium di procedimenti di sanatoria di abusi edilizi realizzati all’interno del territorio degli Enti Parco siciliani;
a differenza invece di quanto per la normativa nazionale, che per i vincoli ambientali e paesaggistici, a mente dell’art. 33 della L. n. 47/1985, condiziona il buon esito del procedimento di sanatoria al rilascio del parere dell’Autorità amministrativa competente soltanto per l’ipotesi di interventi edilizi abusivi realizzati dopo l’apposizione del vincolo.

Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti sostengono che “ con riferimento agli edifici ricadenti in zona C definita area di pre-parco o zona di pre-riserva, la presenza del vincolo non preclude qualsiasi attività edilizia nella zona tutelata. L'Ente Parco non può limitarsi ad esprimere parere negativo senza specificare le ragioni del diniego, che, altrimenti, si risolve in un vincolo generalizzato di inedificazione, e ciò in contrasto con la previsione normativa, e in una palese insufficienza della motivazione, poichè l'Autorità omette di indicare, sotto i profili architettonici e volumetrici, le modalità per le quali il progetto presentato sia incompatibile con il valore tutelato ”.

L’argomentazione non persuade il Collegio.

In base all’art. 8 della L.R. n. 98/1981, nel distinguere fra le diverse aree secondo cui i territori degli Enti Parco sono suddivisi, si individuano “ c) zone di protezione (zona C), nelle quali sono ammesse soltanto costruzioni, trasformazioni edilizie e trasformazioni del terreno rivolte specificatamente alla valorizzazione dei fini istitutivi del parco quali strutture turistico-ricettive, culturali, aree di parcheggio ”. Com’è evidente, il distinguo operato dalla norma è di tipo teleologico, e non pone affatto “ un vincolo generalizzato di inedificazione ”. L’intervento realizzato dai ricorrenti è dal canto suo finalizzato a scopi di edilizia privata, e non è né una struttura turistico-ricettiva, né un centro sede di attività culturali, né tampoco un parcheggio. Non vi era quindi alcuna necessità che nel diniego di nulla osta fossero indicati analiticamente “ sotto i profili architettonici e volumetrici, le modalità per le quali il progetto presentato sia incompatibile con il valore tutelato ”, essendo sufficiente che a contrario non fosse desumibile dalla istanza del 26/06/1986 alcuna delle tipologie di uso del territorio mediante nuove edificazioni che fosse compatibile con le previsioni della lettera c) dell’art. 8 della L.R. n. 98/1981.

Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso i ricorrenti hanno lamentato la delusione di “un affidamento meritevole di tutela giuridica: (perché) se la pratica fosse stata esaminata con la dovuta celerità, la comunicazione di rigetto sarebbe stata ricevuta in tempo per propone nuova istanza ai sensi delle successive leggi di condono ”, ed invocato il precedente giurisprudenziale rappresentato da Cass. 30 gennaio 1990 n. 594 per sostenere che “ se l 'esecuzione di una costruzione in violazione di norme di edilizia dà luogo ad un illecito permanente, tale illecito cessa quando maturi il termine ventennale utile per l'usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova ”.

Ma, quanto al primo punto, il Collegio osserva che l’Ordinamento prevedeva strumenti giuridici - anche se di più macchinosa attivazione, (prima dell’introduzione dell’art. 21 bis nel corpo della L. n. 1034/1971 ad opera della L. n. 205/2000) – dei quali i ricorrenti avrebbero potuto utilmente fare uso per vincere il silenzio-inadempimento dell’Amministrazione intimata, così da poter proporre, in caso di rigetto, una “ nuova istanza ai sensi delle successive leggi di condono ”. E per la circostanza di non averlo invece mai fatto, essi non possono far altro che biasimare loro stessi. Quanto all’invocata usucapione, essa a ben vedere è soltanto un modo di acquisto della proprietà di beni (o di diritti reali su beni), e non di loro peculiari qualità giuridiche. Non si può dunque, come invece i ricorrenti vorrebbero, usucapire in virtù del mero decorso del tempo (anche se ventennale, così come del caso di specie) il “ diritto reale di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova ”: anche perché ciò significherebbe caducare quelle norme imperative di diritto pubblico che regolano i poteri repressivi delle Autorità amministrative competenti a vigilare sul corretto svolgimento dell’attività edilizia, con buona pace degli insegnamenti di una più recente e persuasiva giurisprudenza secondo la quale “ l'ordinamento tutela l'affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem ” (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28 febbraio 2017, n. 908;
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 13 dicembre 2016, n. 5256).

Il Collegio, conclusivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

In considerazione della mancata costituzione in giudizio degli enti intimati, nulla si dispone sulle spese del presente giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi