TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2020-07-01, n. 202007475

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2020-07-01, n. 202007475
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202007475
Data del deposito : 1 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2020

N. 07475/2020 REG.PROV.COLL.

N. 07116/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7116 del 2019, proposto da
L G, rappresentato e difeso dall’avvocato N C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento,

previa sospensiva,

del provvedimento prot. n. 13970 del 5 aprile 2019 del Comando Militare della Capitale, notificato il 29 aprile 2019;

di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2020 la dott.ssa A M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 8 giugno 2019 e depositato in medesima data, il ricorrente – in qualità di Maresciallo dell’Esercito, già ammesso ai benefici del mantenimento di un alloggio di servizio AST – impugna il provvedimento con cui, in data 5 aprile 2019, il Comando Militare della Capitale gli ha comunicato la “perdita del titolo legittimante la conduzione” a causa dell’avvenuto accertamento, per l’anno fiscale 2014, di un “reddito superiore alla soglia fissata dal D.M. 7 maggio 2014” e, dunque, gli ha richiesto di “rilasciare l’alloggio entro giorni 30”, chiedendone l’annullamento.

A tali fini il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

1. VIOLAZIONE DELL’ART. 11 PRELEGGI.

VIOLAZIONE DEL DM

7

MAGGIO

2014.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DM

24

LUGLIO

2015, atteso che il predetto rientra nella categoria degli “utenti di alloggi non aventi più titolo alla concessione, tali alla data del 31 dicembre 2010”, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.M. 7 maggio 2014, e, pertanto, l’unica condizione da considerare necessaria per l’accesso ai benefici di tale D.M. deve essere identificata con la titolarità di “un reddito al di sotto della soglia” di cui al DM in trattazione “solo per l’anno 2009” (e non anche con il mantenimento di “quel limite reddituale… negli anni a venire”). Ciò trova conferma anche nel rilievo che <<solo col successivo DM 24 luglio 2015 … si è previsto, all’art. 4, co. 4, che i benefici previsti dal DM del 2014 possono applicarsi “fatto salvo il perdurare delle condizioni patrimoniali e reddituali”. Senonché, tale disposizione non può applicarsi retroattivamente, pena la violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale>>. Tanto detto e precisato, ancora, che il predetto ha sempre avuto un reddito inferiore alla soglia, ad eccezione per il solo anno 2014, “salvo rientrarvi l’anno seguente”, l’Amministrazione ha operato in spregio della disciplina applicabile e, segnatamente, del DM 7 maggio 2014, il quale non prevedeva che le condizioni reddituali dovessero “perdurare”.

2.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DM

7

MAGGIO

2014.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DM

24

LUGLIO

2015. ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ MANIFESTA, E CONTRADDITTORIETA’. INGIUSTIZIA MANIFESTA. PERPLESSITA’ DELL’AZIONE E DISPARITA’ DI TRATTAMENTO. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI BUON ANDAMENTO DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA, in quanto – nell’eventualità si volesse disattendere il primo motivo di ricorso – è comunque da considerare che il predetto “è immediatamente rientrato nei parametri imposti dai decreti ministeriali” e vi rientra tutt’ora e, quindi, ha titolo a mantenere l’alloggio, tenuto conto che “né il DM del 2014 né quello del 2015 prevedono che, ove si superi, anche solo per un anno, quella soglia reddituale, all’utente sia poi definitivamente preclusa la possibilità di riaccedere ai benefici nel caso in cui dovesse rientrare nei riferiti parametri”, sicchè “un’applicazione corretta e giusta delle disposizioni in commento potrebbe consentire, al più, alla amministrazione di applicare ….. un canone determinato ai valori di mercato ex DM 16 marzo 2011 per il solo anno fiscale nel quale lo stesso ha superato la soglia reddituale, ovvero per il 2014. Salvo poi verificare il possesso delle condizioni richieste dal DM 7 maggio 2014 dal 2015 in poi e quindi riconoscere” al predetto “l’accesso alle tutele ivi previste”.

Con atto depositato in data 10 luglio 2019 si è costituito il Ministero della Difesa, il quale – il successivo 8 ottobre 2019 – ha prodotto documenti.

Con ordinanza n. 4762 del 15 luglio 2019 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare, in quanto ha ritenuto “ravvisabile il periculum in mora ”.

In data 19 maggio 2020 il Ministero della Difesa ha depositato “note di udienza”, con cui ha affermato la correttezza del proprio operato mediante la messa in evidenza - in sintesi - di quanto segue: - l’art. 4, comma 1, del D.M. 7 maggio 2014 prevede precisi requisiti reddituali, i quali “sono condizione per la concessione e nondimeno per la conservazione del beneficio” del mantenimento della conduzione dell’alloggio, a garanzia dell’intervento assistenziale che connota la disciplina in argomento;
- “peraltro, anche a prescindere da tale profilo ermeneutico – non rigidamente letterale bensì necessariamente conforme alla sua ratio – dell’art. 4, comma 1, del DM 4/5/2014, l’operato dell’Amministrazione è da ritenere comunque legittimo ai sensi dell’art. 4, comma 4, del DM 24/7/2015”, il quale “non ha avuto alcuna applicazione retroattiva”, attesa l’inequivoca necessità di prendere in considerazione il reddito percepito al 31 dicembre dell’anno precedente 2014;
- una volta “avvenuto il superamento della soglia”, i D.M. 2014 e 2015 non prevedono la possibilità di avere un nuovo accesso ai beneficio, in linea, tra l’altro, con la portata eccezionale che connota tale quadro normativo, desumibile – in particolare – della previsione di un preciso termine, pari a 90 gg. dalla pubblicazione del D.M., per l’inoltro dell’istanza di protezione.

All’udienza pubblica del 22 maggio 2020, tenutasi secondo le modalità prescritte dall’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto per le ragioni di seguito indicate.

2.1. Come già osservato dalla Sezione in precedenti pronunce (cfr., tra le altre, sent. n. 1352 del 2016), il Collegio - seppure ravvisi scarsa chiarezza nella formulazione dell’art. 4, comma 1, del DM 7 maggio 2014 - ritiene che la disposizione in argomento non consenta, in ogni caso, di ritenere che essa sia applicabile all’utente di un alloggio “non avente più titolo alla concessione”, rientrante nelle c.d. categorie protette, senza che sia richiesta – non solo l’esistenza ma anche - la persistenza delle condizioni reddituali prescritte.

Una simile interpretazione o, meglio, l’interpretazione sostenuta dal ricorrente non solo non trova conforto alla luce dell’interpretazione logico- sistematica, ma risulta priva di base normativa, anzi, addirittura in contrasto con norma di rango primario.

Sotto il primo profilo va, infatti, osservato che il Decreto ministeriale 07/05/2014, n. 75405 - Piano annuale di gestione del patrimonio abitativo in dotazione al Ministero della Difesa per gli anni 2012-2013 – all’art. 4, significativamente intitolato “condizioni eccezionali di deroga ai limiti di durata delle concessioni e disposizioni relative al pagamento dei canoni di occupazione degli alloggi di servizio per limitate categorie”, prevede due distinte classi di beneficiari.

Al comma 1 contempla “limitatamente ai fini del mantenimento della conduzione dell’alloggio e della quantificazione del relativo canone, esclusivamente gli utenti di alloggi non aventi più titolo alla concessione alla data del 31 dicembre 2010” una categoria di beneficiari che si estende, oltre ai militari in servizio, anche a quelli in quiescenza ed al coniuge superstite, consentendo a questi di mantenere la conduzione dell’alloggio di servizio al quale non avrebbero titolo, subordinatamente alla condizione che “nè gli utenti, nè i loro familiari conviventi siano proprietari di altro alloggio abitabile sul territorio nazionale” e che “il reddito annuo lordo complessivo dei componenti il nucleo familiare convivente non superi, per l’anno 2009, l’importo di euro 54.485,73, incrementato di euro 3.500,00, per ogni figlio a carico”.

Si tratta di una previsione di carattere eccezionale che innova alla disciplina previgente relativamente alla quantificazione del relativo canone in quanto consente a determinati utenti appartenenti alle predette “categorie protette” di continuare ad abitare nell’alloggio di servizio occupato abusivamente alla data del 31 dicembre 2010 allo stesso canone allora pagato in considerazione di evidenti esigenze di tutela di una particolare tipologia di utenti “deboli”. Com’è confermato dagli stessi lavori parlamentari, l’innovazione è stata determinata dalla considerazione della fase di crisi economica che colpisce le categorie di utenti che hanno occupato abusivamente gli alloggi in questione “per stato di necessità” e ai quali viene consentito di permanere in questi al fine di “porre efficace rimedio alla situazione gravosa che molti utenti, soprattutto quelli non più giovanissimi, ormai in pensione e talvolta con problemi di salute, sono costretti a vivere”.

Si tratta perciò di una categoria di utenti che è esentata dall’obbligo di rilascio degli alloggi di servizio che non avrebbe titolo ad occupare – in quanto istituzionalmente destinati a soddisfare le esigenze abitative del personale utilizzato in determinati servizi – in considerazione del fatto che versano in condizioni reddituali che giustificano il distoglimento dei beni dalla loro finalità istituzionale e la riallocazione degli stessi a finalità di “protezione” di utenti che non sono in grado di reperire un’abitazione sul libero mercato;
e proprio per tale motivo si richiede il requisito reddituale e l’indisponibilità di altro alloggio con cui soddisfare la propria esigenza abitativa.

Ed in tale prospettiva si giustifica anche l’ampliamento della categoria dei beneficiari previsto dal successivo comma 2 dell’art. 4 in esame, che recita: “2. Possono, inoltre, mantenere la conduzione i coniugi superstiti non legalmente separati né divorziati, nonché i coniugi di personale militare e civile della Difesa titolare di concessione di alloggi di servizio che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano divorziati, ovvero legalmente separati”.

Si tratta, di una diversa categoria di beneficiari, ai quali è consentito, in virtù di tale espressa disposizione, di “succedere” al coniuge premorto o separato nella conduzione dell’immobile al quale altrimenti, non essendo militari in servizio, non avrebbero alcun titolo di occupare e che pertanto sarebbe costretti a rilasciare (“gettandoli in mezzo ad una strada” anche se prive di reddito sufficiente e di un alloggio alternativo in cui abitare). Anche in questo caso, come in quello previsto dal co. 1, l’alloggio di servizio è sottratto alla sua destinazione istituzionale (e a personale che ne avrebbe diritto, oltre che bisogno, in ragione delle funzioni svolte), in considerazione di esigenze di tutela di una categoria che, non disponendo di sufficiente reddito e di possibilità di allocazione alloggiativa alternativa, viene equiparata a quella contemplata dal precedente comma, consentendo a questi di subentrare nel rapporto di conduzione ai quali non avrebbero altrimenti alcun titolo dato che si tratta di alloggi funzionali ad esigenze di servizio.

In altri termini, il primo comma dell’art. 4 detta i requisiti (reddito basso e mancata disponibilità di altra abitazione) per beneficiare delle “condizioni eccezionali di deroga ai limiti di durata”, e quindi attiene all’ambito “oggettivo” delle condizioni necessarie per fruire di un alloggio di servizio pur senza averne titolo, mentre il secondo comma, fermi restando i predetti presupposti fattuali, si limita ad estendere l’ambito soggettivo dei legittimati, contemplando anche personale che altrimenti non avrebbe alcun titolo individuale ad occupare un alloggio di servizio del Ministero della Difesa. D’altronde, la previsione del DM in questione è, in parte qua, meramente riproduttiva della condizione espressamente prevista dall’art. 306, comma 2, del D.lvo n. 66/2010 che, appunto, demanda al “piano di gestione” la determinazione dei parametri reddituali per il mantenimento dell’alloggio occupato sine titulo, a condizione di non disporre di abitazione alternativa.

Pertanto, se l’art. 4 del DM 2014 dovesse interpretarsi come inteso dal ricorrente, la previsione risulterebbe in distonia con stessa propria base normativa, dato che l’art. 306, co. 2, soprarichiamato prevede che: “2. Ogni due anni, entro il mese di marzo, il Ministro della difesa, sentite le competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisce con proprio decreto il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l’indicazione dell’entità, dell’utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell’amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto. Il piano indica altresì i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite non legalmente separato, né divorziato, possono mantenerne la conduzione, purché non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità”.

Dal tenore letterale dell’art. 306 appare evidente che il legislatore delegato ha demandato al piano di gestione la possibilità di prevedere il mantenimento dell’alloggio all’utente ormai privo di titolo solo se povero e privo di abitazione alternativa (come si evince dal riportato passo: “indica altresì i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite non legalmente separato, nè divorziato (….), possono mantenerne la conduzione, purchè non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità”).

Ciò conduce, dunque, ad affermare che:

- è riconducibili alla volontà dello stesso legislatore delegato che l’occupante possa continuare a fruire dell’alloggio di servizio in assenza di titolo concessorio soltanto nel caso in cui quest’ultimo risulti in possesso di precisi requisiti, tra cui il godimento di un reddito rientrante entro determinati limiti;

- sempre il legislatore delegato ha rimesso, poi, al Ministro della Difesa la facoltà di indicare - in virtù del Piano - “i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorchè si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite non legalmente separato, nè divorziato, possono mantenere la conduzione”, il che chiaramente induce ad attribuire chiara ed inequivoca rilevanza alla persistenza nel tempo di un preciso e predefinito rapporto tra il requisito oggettivo del reddito e il mantenimento dell’alloggio.

Non vi è chi non noti, poi, come l’operazione ermeneutica propugnata dal ricorrente si ponga in stridente contrasto con la stessa finalità della normativa in materia, dato che condurrebbe all’assurdo risultato di sottrarre alloggi di servizio al personale militare a cui devono essere assegnati (ed alle relative famiglie) per concederli in uso ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello di mercato ad una categoria di personale non più in servizio, senza alcuna ragione volta a giustificare tale impiego antieconomico di beni pubblici e soprattutto determinando un ingiustificato favoritismo a favore di alcuni occupanti sulla sola base di uno “status” (rectius: la qualità degli “utenti di alloggi non aventi più titolo alla concessione, tali alla data del 31 dicembre 2010”, con riferimento, peraltro, al reddito percepito esclusivamente ad una data, senza rilevanza alcuna di variazioni future), con lesione delle posizioni degli aventi diritti oltre che delle esigenze dell’Amministrazione.

2.2. A parte le considerazioni di cui sopra, già valide – di per sé – a privare di valido fondamento giuridico le asserzioni del ricorrente (secondo le quali - in primis - l’unico reddito rivestente rilevanza sarebbe quello “calcolato sulla base della dichiarazione dei redditi riferita all’anno 2009, fatti salvi gli adeguamenti annuali effettuati sulla base degli indici ISTAT, con decorrenza dal 1° gennaio 2014 e finché permane la conduzione”, mentre – in secundis – sarebbe priva di qualsiasi sostanziale rilevanza la perdita temporanea del requisito de quo, per la possibilità di riaccedere al beneficio una volta che il reddito rientri nei limiti previsti), non appare possibile esimersi dall’osservare che:

- come si trae dalla documentazione prodotta agli atti – in particolare – dall’Amministrazione resistente, il ricorrente – già beneficiario di un atto di concessione dell’alloggio “per uso esclusivo di abitazione propria e delle persone costituenti il suo nucleo familiare” risalente al 1991, in qualità di “Serg. Magg.” o, meglio, “Sottufficiale addetto al M.M”, per il periodo iniziale di anni sei, poi elevato ad otto, con termine utenza “dal giorno 16/06/99”, a cui ha fatto seguito l’applicazione del canone ex art. 43 della legge n. 724 del 1994 (cfr. all. nn. 5 e 6), precisando, ancora, che lo stesso ricorrente risulta “in riserva (dalla data del 01-12-2016)” – ha presentato istanza “per l’esercizio della facoltà di cui al D.M. in data 07/05/2014 (allegato C)” in data 17 luglio 2014, in qualità di “utente non avente più titolo alla concessione”;

- il ricorrente riferisce che tale istanza è stata accolta con nota n. 820195 dell’11 novembre 2014 e, in effetti, la documentazione prodotta agli atti dall’Amministrazione rivela l’adozione in tale data di una nota in cui quest’ultima dà conto che l’istanza in trattazione “rientra nei casi previsti dall’articolo 4 comma 4” del D.M. 7 maggio 2014 e, conseguentemente, precisa il “canone da versare” (cfr. all. n. 15 depositato dall’Amministrazione);

- la stessa documentazione prova, poi, che, con nota del 10.8.2018, l’Amministrazione ha chiesto all’ “Agenzie delle Entrate” di “comunicare i redditi per gli anni 2012, 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017”, concernenti il ricorrente e i componenti del suo nucleo familiare convivente, “al fine di svolgere alcuni accertamenti inerenti a dichiarazioni rese in sede di autocertificazione”, e che le informazioni richieste sono state, poi, rese con nota dell’8.10.2018;

- accertato – in virtù dei dati trasmessi dall’Agenzia delle Entrate – un “reddito, riferito all’anno fiscale 2014 dell’intero nucleo familiare, superiore a Euro 54.485.73 incrementato di Euro 3.500,00 per ogni figlio a carico fiscale”, l’Amministrazione ha adottato il provvedimento impugnato, formalmente basato sull’insussistenza delle “condizioni per poter beneficiare della protezione prevista dal D.M. 7 maggio 2014 e quindi il mantenimento della conduzione dell’alloggio”, a cui ha fatto seguito un’ulteriore nota con la quale – ribadito che “la S.V. non è legittimata a mantenere la conduzione dell’unità abitativa in argomento” – l’Amministrazione ha fissato l’obbligo di corrispondere “un’indennità di occupazione pari a € 529,42”;

- come si trae, poi, dall’all. n. 21, lo Stato Maggiore della Difesa ha elaborato uno “Schema applicativo” del D.M. “concernente il Decreto del Ministro della Difesa concernente il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo in dotazione alla Difesa, per l’anno 2014”, ossia il D.M. 24 luglio 2015, in cui è dato espressamente leggere che “tenuto conto che le variazioni patrimoniali e reddituali debbono essere comunicate dall’utente, annualmente, anche con dichiarazione sostitutiva (art. 329, comma 7, del TUOM), si dovrà effettuare la verifica di tali dichiarazioni a far data dai redditi dell’anno 2014. Qualora dalla verifica dovesse emergere il superamento dei limiti patrimoniali e reddituali sopra descritti, si dovrà applicare il canone di mercato (calcolato ai sensi del D.M. 16 marzo 2011) che decorrerà dalla data di notifica”;

- preso atto di quanto riportato e, segnatamente, della già rilevata formale ma anche ragionevole riferibilità del D.M. 24 luglio 2015, tra gli altri, all’anno 2014, diviene doveroso convenire con la difesa erariale che, nell’ipotesi in trattazione, l’Amministrazione ha proceduto ad applicare la disciplina vigente, identificabile con il D.M. del 2015, richiedente “il perdurare delle condizioni patrimoniali e reddituali indicate nell’art. 2 del decreto del Ministro della difesa del 23 giugno 2010”, e, pertanto, non ha operato alcuna applicazione retroattiva di tale D.M..

Per quanto riguarda specificamente il secondo dei motivi di diritto formulati, appare sufficiente aggiungere che – in stretta aderenza a quanto posto in evidenza dall’Amministrazione – “i D.M. 2014 e 2015 non prevedono la possibilità di avere un nuovo accesso ai benefici una volta che sono stati persi”, avendo, peraltro, cura di aggiungere che un qualsiasi nuovo “accesso” al beneficio in trattazione, oltre a dover essere - appunto - espressamente previsto, non potrebbe comunque prescindere dall’assunzione di ulteriori, nuove iniziative o, meglio, dall’adozione di nuovi provvedimenti da parte dell’Amministrazione.

2.3. Stanti le norme e i rilievi in precedenza riportati, appare, dunque, evidente l’infondatezza delle censure formulate dal sig. Giraldi, il quale non solo nega la rilevanza della persistenza nel tempo delle condizioni oggettive richieste per il mantenimento della conduzione degli alloggi e, in particolare, del limite reddituale previsto, seppure la rilevanza de qua trovi valido conforto anche in quanto prescritto dall’art. 329, comma 7, del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (espressamente prescrivente l’obbligo per l’utente di comprovare annualmente “il titolo alla concessione” in virtù di apposita comunicazione resa “mediante atto notorio, o dichiarazione sostitutiva, dal quale risulti il reddito complessivo percepito dal nucleo familiare convivente dell’assegnatario nell’anno precedente e l’eventuale acquisizione di alloggio in proprietà”), ma ha modo di sostenere – in aggiunta – la possibilità per l’utente di “riaccedere ai benefici” nel caso in cui l’utente dovesse perdere e successivamente rientrare “nei riferiti parametri”.

3. Per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi