TAR Palermo, sez. II, sentenza 2016-03-24, n. 201600803

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza 2016-03-24, n. 201600803
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201600803
Data del deposito : 24 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02197/2015 REG.RIC.

N. 00803/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02197/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2197 del 2015, proposto da S A, rappresentata e difesa dall'avv. D P, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, Via N. Morello n. 40;

contro

- l’Assessorato dell'agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione Siciliana, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato presso i cui uffici distrettuali è per legge domiciliato in Palermo, via A. de Gasperi, n. 81;

nei confronti di

- M Mdino, rappresentato e difeso dall'avv. Laura Cuti, con domicilio eletto presso lo studio della medesima in Palermo, v. Alcide De Gasperi n. 58;

per l'annullamento

- del D.D.G. n. 1054 dell'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea, Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale del 20/11/2014, notificato il 10/4/2015;

- ove occorra, della nota prot. n. 15453 del 30/10/2014 dell'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea;

- di ogni altro provvedimento presupposto, consequenziale e connesso.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione Siciliana;

Visti la memoria e l’atto di costituzione in giudizio di M Mdino;

Vista l’ordinanza n. 872/2015 con la quale è stata fissata, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm., l’udienza pubblica;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il dott. Giuseppe La Greca;

Uditi nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2016 i difensori delle parti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La ricorrente espone di essere nuda proprietaria dei terreni siti in agro di Alia (Pa), identificati al foglio 15, particelle 41, 113, 254 nonché del fabbricato di cui al la particella 255 e che i predetti terreni sono condotti in usufrutto dal dott. Miserendino odierno «controinteressato». Con decreto assessoriale del 17 settembre 2004, l’Assessorato dell’Agricoltura e delle foreste della Regione Siciliana ha disposto l’occupazione - tra gli altri - anche dei predetti terreni per la durata non superiore a 10 anni, suscettibile di proroga. Anteriormente alla scadenza dei 10 anni, ossia in data 8 agosto 2014, il dott. Miserendino nella qualità di usufruttuario, ha chiesto di rientrare in possesso di tutti gli immobili di cui trattasi ed a siffatta richiesta l’Amministrazione ha risposto comunicando la necessità tecnico-selvicolturale di mantenere i terreni in regime di occupazione, poi formalizzata con decreto n. 1054 del 20 novembre 2014, oggetto dell’odierna domanda di annullamento.

Il ricorso si articola in due motivi di doglianza con i quali si deducono i vizi di violazione di legge (art. 26 della l.r. n. 16 del 1996, artt. 3, 7, 8 9 e 10 della l. n. 241 del 1990) ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Parte ricorrente sostiene che:

- dopo la cessazione degli effetti del provvedimento di occupazione (in tesi, avvenuta il 17 settembre 2014) non avrebbe potuto essere disposta l’impugnata proroga (datata 20 novembre 2014) la quale postulerebbe che gli effetti del provvedimento originario non siano esauriti;

- il provvedimento impugnato potrebbe costituire una rinnovazione del provvedimento originario la quale avrebbe dovuto essere preceduta dalle necessarie, prodromiche, fasi procedimentale volte a garantire la partecipazione del privato;

- la proroga non sarebbe adeguatamente motivata sul rilievo che nessun impedimento si sarebbe mai frapposto alla realizzazione dell’intervento previsto nel periodo di occupazione e che il mancato sufficiente rimboschimento non sarebbe idoneo a fondare la proroga di cui trattasi in assenza di valide giustificazioni circa il mancato intervento nei dieci anni precedenti.

Si è costituito in giudizi il dott. M Mdino, usufruttuario dei beni in argomento il quale, in sostanziale adesione alla domanda di parte ricorrente ha chiesto l’accoglimento del gravame.

Si è costituito in giudizio l’Assessorato dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione Siciliana il quale non ha spiegato difese scritte.

Con ordinanza n. 872 del 2015, all’esito della delibazione della domanda cautelare, il Tribunale ha disposto la fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.

All’udienza pubblica del 26 febbraio 2016, presenti i procuratori delle parti che si sono riportati alle già rassegnate domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso, poiché fondato deve essere accolto.

Secondo quanto previsto dalla l.r. n. 16 del 1996 («Riordino della legislazione in materia forestale e di tutela della vegetazione») la Regione «promuove la valorizzazione delle risorse del settore agro-silvo-pastorale, il mantenimento e miglioramento del territorio rurale e montano e delle condizioni socio-economiche delle popolazioni di montagna e delle zone svantaggiate, l'incremento quali-quantitativo della superficie boscata, della selvicoltura e delle attività a questa connesse, la prevenzione delle cause di dissesto idrogeologico, la tutela degli ambienti naturali, del paesaggio e degli ecosistemi, la ricostituzione e il miglioramento della copertura vegetale dei terreni marginali, le funzioni sociali e multiple dei boschi, anche a fini ricreativi» (art. 1). L’art. 26, più specificamente, stabilisce che «per qualsiasi intervento rientrante nelle finalità di cui alla presente legge, il Dipartimento regionale delle foreste può procedere anche all'occupazione temporanea di terreni» (comma 1) e che «l'occupazione è disposta con decreto dell'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste e non potrà comunque protrarsi oltre venti anni […]» (comma 2).

Il provvedimento impugnato è stato adottato in data 17 settembre 2004 ed ha disposto l’occupazione per un periodo non superiore a 10 anni, decorrenti dalla data di effettiva presa in possesso dei terreni, avvenuta il successivo 17 novembre 2004.

Ebbene, ciò precisato in punto di fatto, è evidente come il provvedimento impugnato sia stato adottato successivamente alla scadenza del termine di 10 anni previsto dal provvedimento originario, di guisa che deve convenirsi con l’assunto di parte ricorrente nel senso della non legittima adozione del provvedimento di proroga una volta esauriti gli effetti del provvedimento prorogato a meno di non configurarlo come un inammissibile provvedimento avente effetti retroattivi. Sul versante sostanziale il decreto impugnato non resiste alla censura con la quale si sottolinea il difetto di motivazione circa i presupposti dai quali lo stesso è promanato. La constatazione che i terreni interessati non siano stati sufficientemente rimboschiti costituisce un semplice riscontro fattuale di per sé non idoneo a fondare la proroga dell’occupazione, in assenza di valide giustificazioni concernenti le ragioni per le quali l’amministrazione non abbia rimboschito i terreni in modo adeguato, pur avendone avuto la disponibilità per 10 anni (T.A.R. Sicilia, Palermo, n. 236 del 2007). Sul punto deve, infatti, evidenziarsi che, al di là delle formali argomentazioni circa la necessità di completare il rimboschimento delle aree, nessuna prova è stata offerta circa la sussistenza di fatti oggettivi - quali quelli menzionati nella nota del 1° ottobre 2014 - che abbiano causalmente impedito il completamento della messa a dimora degli alberi.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Il regolamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, segue la disciplina della soccombenza di cui all’art. 26 cod. proc. amm.;
le stesse vanno compensate nei confronti del «controinteressato» avuto riguardo alla relativa peculiare posizione processuale.

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