TAR Catania, sez. I, sentenza 2013-11-13, n. 201302761

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2013-11-13, n. 201302761
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201302761
Data del deposito : 13 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03167/2012 REG.RIC.

N. 02761/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03167/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3167 del 2012, proposto da:
C G, rappresentata e difesa dall'avv. C M, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tribunale, in Catania, via Milano 42a;

contro

Fondazione Conservatori e Scandurra Riuniti;

per l’esecuzione

del giudicato nascente dal decreto ingiuntivo n.921 del 26.11.2008 del Tribunale di Messina.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013 il dott. D T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

A seguito di ricorso dell’attuale ricorrente, il Tribunale di Messina ha emesso nei confronti della Fondazione intimata, che è una Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza – IPAB, in data 26.11.2008, il decreto ingiuntivo n. 921, per il pagamento in favore della ricorrente della somma ivi indicata, oltre le spese del procedimento monitorio.

Il decreto è stato notificato l’08.01.2009, e poiché non opposto, è stato dichiarato esecutivo il 25.02.2009, e così nuovamente notificato il 03.04.2009.

Non avendo ricevuto dalla Fondazione l’adempimento, la ricorrente ha ritualmente proposto il ricorso in esame, al fine di ottenere la dovuta ottemperanza mediante la nomina di commissario ad acta.

Alla Camera di Consiglio del 24.10.2013 il ricorso è stato posto in decisione.

Il ricorso per l’esecuzione del giudicato è fondato.

Per costante giurisprudenza, il decreto ingiuntivo non opposto acquista, al pari di un’ordinaria sentenza di condanna, autorità ed efficacia di cosa giudicata, in relazione al diritto da esso riconosciuto.

Conseguentemente, anche per ottenere l’adempimento, da parte di una pubblica Amministrazione, dell’ingiunzione di pagamento disposta con decreto ingiuntivo, è esperibile il ricorso per l’ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo.

In base all’art.4, c.2, l. n. 2248/1865, allegato E, ogni pubblica Amministrazione ha infatti un vero e proprio obbligo giuridico di conformarsi al giudicato dei Tribunali.

Dall’esame degli atti della causa risulta che, dopo la notifica del decreto, l’Amministrazione intimata non ha ottemperato a quanto disposto dal Giudice ordinario, per cui va affermata la persistenza dell’obbligo di ottemperare al giudicato.

In particolare, va ribadito che in sede di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corresponsione a parte ricorrente degli interessi sulle somme liquidate nella sentenza e su quelle relative alle spese accessorie. Sono dovute cioè le spese relative ad atti accessori delle sentenze non impugnate, quali le spese di registrazione, di esame, di copia e di notificazione, nonché le spese ed i diritti di procuratore relativi ad atti di diffida, in quanto egualmente aventi titolo negli stessi provvedimenti giudiziali.

Viceversa non spettano al ricorrente le spese ed i diritti di procuratore relativi ad atti di precetto, in quanto trattasi di atti non necessari per la regolare proposizione del presente gravame.

Al pagamento dovuto provvederà in via sostitutiva, senza indugio, un commissario ad acta, individuato nella persona del dr. C C, Comandante della Polizia Municipale del Comune di Vittoria.

Insediandosi entro 20 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il Commissario provvederà, sotto la sua personale responsabilità, entro il successivo termine di giorni 90 dal suo insediamento, anche mediante l’adozione di variazioni di bilancio, stipulazione di mutui e prestiti, alienazioni di beni anche mediante trattativa privata, o quant’altro necessario per l’assolvimento del mandato, anche in deroga a qualsiasi normativa.

La IV Sezione di questo Tribunale ha già avuto modo di precisare (cfr. sentenza n. 634 del 16 aprile 2007) che per il commissario ad acta, in quanto “longa manus” del giudice amministrativo, valgono gli stessi poteri di quest’ultimo, con la conseguenza che deve essere ritenuto titolare del potere di emanare i necessari provvedimenti amministrativi anche in deroga alle norme che disciplinano sia la competenza alla loro emanazione (cfr. Cons. St., sez. IV, 18 settembre 1991 n. 720;
Cons. St., sez. IV, 3 maggio 1986 n. 323), e sia la stessa attività sostanziale.

Ciò perché, in sede di ottemperanza, la priorità assoluta è l’esecuzione del giudicato, che non può essere ostacolata dai normali itinera burocratici, che avrebbero dovuto essere messi in atto a tempo debito.

Pertanto, il commissario ad acta sopra individuato dovrà attenersi ai principi enunciati, se del caso richiedendo gli opportuni chiarimenti al giudice dell’ottemperanza, che risulta investito, in materia, di un penetrante sindacato di merito (cfr. Cons. St., Ad. Pl., 30 luglio 2008 n. 9).

Pertanto, nel caso in esame, i provvedimenti di liquidazione, ed i conseguenti mandati di pagamento, dovranno trovare esecuzione con priorità rispetto a tutti gli altri provvedimenti dell’Amministrazione. Una volta emessi i provvedimenti di liquidazione, il commissario potrà emettere anche i mandati di pagamento, e trasmetterli direttamente all’istituto tesoriere. Espletate tutte le operazioni, invierà a questa Sezione una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto.

Gli organi dell’Ente hanno l’obbligo di prestare la doverosa collaborazione al commissario, rimanendo ad essi preclusa ogni possibilità di interferire con i poteri deliberativi del commissario stesso, potendo eventuali atteggiamenti di intralcio e di opposizione assumere la rilevanza di un illecito penale. Nei casi più gravi di mancato adempimento dell’Amministrazione all’obbligo di rendere possibile l’attività del commissario, il giudice amministrativo potrà disporre l’intervento della forza pubblica (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, n. 2399/1995).

Il Collegio ritiene inoltre opportuno precisare che:

- l’Istituto tesoriere non può rifiutarsi di far depositare al commissario la propria firma;

- nel caso di mancanza di liquidità, l’Istituto tesoriere dovrà trattenere i mandati di pagamento, e provvedere al pagamento con priorità via via che dovessero pervenire incassi a favore dell’Ente, fino al totale soddisfo;

- dal punto di vista degli obblighi gravanti sull’Istituto tesoriere, agli effetti penali il servizio di tesoreria gestito da un’azienda di credito è da considerare pubblico (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, 12 aprile 1991), e i soggetti che gestiscono il servizio sono da ritenere a tutti gli effetti incaricati di pubblico servizio (anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 328 c.p. – “rifiuto di atti d’ufficio. Omissione”), con la conseguenza che essi sono tenuti a consentire al commissario ad acta – nominato dal TAR per l’ottemperanza ad una sentenza rimasta ineseguita proprio dall’Ente per conto del quale il servizio viene svolto – di svolgere tempestivamente il proprio compito, senza frapporre inerzia o ostacoli di sorta.

Infine, non sembra inutile ricordare che qualsiasi soggetto nominato commissario ad acta ha il preciso dovere giuridico di eseguire l’incarico, non potendo ad esso sottrarsi per libera scelta, perché il soggetto nominato commissario ad acta dal giudice amministrativo è titolare di un ufficio pubblico che implica non solo l’esercizio di poteri, ma anche l’assunzione di doveri e, tra questi, in primo luogo il dovere di eseguire l’incarico.

Non è dunque consentito al commissario di astenersi dall’eseguire la decisione del giudice e di sottrarsi così al suo dovere d’ufficio (cfr. Cons. St., sez. IV, 28.08.2001 n. 4583;
vedi anche Cons. St., sez. V, 13.12.2005 n. 7044, per la precisazione che il servizio svolto dal pubblico dipendente come commissario ad acta, in sostituzione dell’Amministrazione inadempiente, inerisce a funzioni certamente diverse e separate dalle ordinarie mansioni esercitate presso la propria Amministrazione, quindi soggette ad apposita remunerazione, non potendo ritenersi assorbite nella retribuzione spettante ai dipendenti per qualunque attività compiuta in connessione con i compiti istituzionali).

Da tale premessa consegue che la stessa Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente nominato commissario ad acta non può condizionare l’espletamento dell’incarico ad apposita autorizzazione, nè alla concessione di ferie, non potendo l’incarico essere espletato se non in orario d’ufficio.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, mentre il compenso del commissario, da calcolare ai sensi dell’art. 2 D.M. 30.05.2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30.05.2002 n. 115, sarà liquidato con separato decreto del magistrato relatore, a ciò fin d’ora espressamente delegato, previa presentazione da parte del commissario, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, da quantificare in base alla somma effettivamente pagata alla ricorrente.

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