TAR Catania, sez. III, sentenza 2018-10-04, n. 201801883
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Pubblicato il 04/10/2018
N. 01883/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00092/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENZA
sul ricorso numero di registro generale 92 del 2016, proposto da:
A S, Z A, Z E A, Z L, G M G, L C, L P D, L G, B R M, B G, B S, L S M, L G C, C S, C F, M S, C N, C T, rappresentati e difesi dall'avvocato S C, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via O.Scammacca,23/C;
contro
Comune di Bronte, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A C, domiciliato ex art. 25 cpa presso Tar Catania Segreteria in Catania, via Sacro Cuore n. 22;
per l'annullamento
-delle delibere di GM n. 58 del 30-7-2015, di determinazione del valore delle aree fabbricabili ai fini IMU per l'anno d'imposta 2015, e n. 76 del 15-9-2015, di determinazione dei valori delle aree fabbricabili ai fini dell'imposta comunale sugli immobili per gli anni 2011-2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bronte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 la dott.ssa G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, nella dichiarata qualità di proprietari di terreni siti nel Comune di Bronte, hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, con i quali il Comune di Bronte ha determinato il valore delle aree edificabili site nel proprio territorio ai fini ICI per gli anni dal 2011 al 2014 e ai fini IMU per l’anno 2015, assumendo la non edificabilità e, conseguentemente, la non assoggettabilità all’imposta, di tali terreni, che gli stessi affermano insistere in z.t.o. “F2”( aree per attrezzature di interesse comune) ed “F3” (spazi pubblici attrezzati) del P.R.G. comunale.
I ricorrenti affermano, inoltre, che la determinazione del valore di tali aree come effettuata dal Comune, sulla base della perizia di stima redatta dall’Istruttore Tecnico Geom . Giuseppe Greco, sarebbe spropositata in relazione alle caratteristiche urbanistiche delle aree stesse, alle loro specifiche condizioni di fatto, nonché alla probabilità di rendere effettive le potenzialità edificatorie delle aree medesime.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato, che ha eccepito preliminarmente l’irricevibilità del ricorso perché tardivo rispetto alla data di pubblicazione delle deliberazioni impugnate, e ha chiesto, nel merito, una declaratoria di infondatezza dello stesso.
Con ordinanza collegiale n. 784/2018 del 19.04.2018 la Sezione ha rilevato la possibile sussistenza di motivi di inammissibilità del ricorso, sia con riferimento alla legittimazione attiva dei ricorrenti, non dimostrata, sia con riferimento alla eventuale tardiva impugnazione delle delibere indicate in epigrafe;è stato pertanto assegnato alla parte ricorrente il termine di trenta giorni ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. per la presentazione di memorie vertenti sulle questioni evidenziate.
Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a. corredata da documenti.
All’odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.
Il Collegio, prescindendo dall’esame dell’eccezione di tardività del ricorso sollevata dal Comune resistente, rileva l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti.
Si rammenta che la prova della legittimazione ad agire, consistente nella dimostrazione della titolarità di una posizione giuridica differenziata in relazione al provvedimento amministrativo che si intende impugnare, spetta alla parte ricorrente, sulla quale incombe l’onere di allegare adeguata documentazione a comprova della sussistenza di tale condizione dell’azione.
Tale onere non è stato assolto dai ricorrenti, che si dichiarano proprietari di terreni ricadenti in z.t.o. “F2”( aree per attrezzature di interesse comune) ed “F3” (spazi pubblici attrezzati) del comune di Bronte, ma non hanno prodotto in giudizio alcun elemento, né i titoli di proprietà, né le visure catastali e neanche i dati identificativi di ciascun immobile, da cui emerga la legittimazione ad agire quale proprietario di ciascuno dei ricorrenti.
Parte ricorrente, nella memoria prodotta ex art. 73, comma 3, c.p.a., fa riferimento ad avvisi di accertamento emessi dal Comune a carico dei ricorrenti per omessa denuncia e mancato pagamento dell’imposta sugli immobili per gli anni dal 2011 al 2013, che sarebbero stati impugnati con il presente ricorso quali atti consequenziali e connessi alle delibere di Giunta n. 58 e n. 76 del 2015,
ma tali avvisi di accertamento non sono stati prodotti né unitamente al ricorso, né nel corso del giudizio;solo con la memoria ex art. 73 comma 3 c.p.a. , e dunque tardivamente, è stata prodotta documentazione consistente in n. 13 avvisi di accertamento (a fronte comunque di n. 18 ricorrenti ).
Rileva il Collegio che gli avvisi di accertamento asseritamente emessi a carico dei ricorrenti risultano impugnati con clausola di stile e in maniera generica e onnicomprensiva solo nell’epigrafe del ricorso introduttivo, senza formulazione di specifiche censure, e ciò a parte la considerazione che si tratta di atti impugnabili innanzi al giudice tributario. Inoltre la Sezione, già con l’ordinanza cautelare di rigetto n. 106/2016, aveva definito come “eventuali” gli atti di accertamento a carico dei ricorrenti, così evidenziandosi che gli stessi, ove esistenti, non erano comunque stati prodotti al fine di provare la legittimazione ad agire dei ricorrenti, che, diversamente da quanto sostenuto dagli stessi, non sono direttamente contemplati dalle deliberazioni impugnate, di tal che avrebbero dovuto provare di essere destinatari delle statuizioni delle predette deliberazioni.
Né è possibile l’acquisizione tardiva dei documenti prodotti con la memoria ex art. 73, comma 3, c.p.a. al dichiarato fine di dimostrare la qualità dei ricorrenti di proprietari di immobili incisi dai provvedimenti impugnati, e con essa la legittimazione processuale. La prova della legittimazione in tal senso va infatti data entro i termini previsti per produrre documenti in vista dell’udienza di discussione, mentre l’art. 73, comma 3, citato consente solo il deposito di memorie, come peraltro la Sezione ha specificato nell’ordinanza n. 784/2018 del 19.04.2018.
Non può, infine, essere condiviso l’assunto della parte ricorrente secondo cui ci si troverebbe al cospetto di fatto non contestato ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.
Il principio di non contestazione, anche nel processo amministrativo, si riferisce alle circostanze di fatto poste a fondamento della pretesa azionata che la parte che ne abbia interesse ha l’onere di allegare, specificandole in modo dettagliato ed analitico, così che l'altra abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse (cfr. Cass., sez. I, 15 ottobre 2014, n. 21847).
La mancata allegazione dei titoli di proprietà e dei dati catastali degli immobili per ciascun ricorrente- anche al fine di verificarne la classificazione urbanistica nel P.R.G. del Comune – che pure sono elementi nella disponibilità dei titolari, impedisce nel caso di pecie l’operatività del principio di non contestazione, atteso che, secondo quanto sostenuto da Cass. sez. III, 22 settembre 2017, n. 22055, “ Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall'esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi.”.
I ricorrenti non solo non hanno allegato i titoli di legittimazione, ma non hanno neppure specificato quali tra le aree genericamente e cumulativamente indicate come di proprietà dei ricorrenti risulterebbero classificate in z.t.o. “F2”( aree per attrezzature di interesse comune) e quali invece in “F3” (spazi pubblici attrezzati) del P.R.G.
Si tratta di elementi essenziali che avrebbero dovuto essere precisamente indicati e che non possono essere, ai sensi dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., esclusi dal thema probandum in ragione delle difese della controparte, con conseguente esonero della parte interessata dall’onere della prova relativa, secondo quanto sostengono i ricorrenti.
Peraltro, la difesa svolta dal Comune resistente non è affatto espressione di una mancata contestazione avente “specificamente” ad oggetto (come richiesto dal citato art. 64, comma 2, c.p.a.) la legittimazione processuale dei ricorrenti, avendo, anzi, il Comune con la sollevata eccezione di tardività del ricorso rispetto alla data di pubblicazione delle delibere impugnate, sostenuto la mancanza di una posizione qualificata dei ricorrenti in quanto soggetti non direttamente contemplati nei predetti atti.
Nel caso di specie, pertanto, la posizione processuale dei ricorrenti si presenta carente di una, indefettibile, condizione dell’azione, con conseguente inammissibilità della presente impugnazione.
Deve, per completezza rilevarsi anche la infondatezza del ricorso.
Le risultanze documentali in atti smentiscono, invero, l’assunto di parte ricorrente secondo cui le aree classificate in z.t.o. “F2” ( aree per attrezzature di interesse comune) ed “F3” (spazi pubblici attrezzati) del P.R.G. comunale, nell’ambito delle quali essi dichiarano ricadere i terreni di loro proprietà, non sarebbero aree edificabili perché assoggettate a vincolo espropriativo, atteso che le norme tecniche di attuazione che regolano le aree in argomento ( art.. 33 e 34 NTA) non contengono una previsione di edificabilità in vista della sola realizzazione di opere ed infrastrutture pubbliche insuscettibili di essere attuate per effetto di iniziativa privata, o, eventualmente, anche di tipo promiscuo, sì che deve essere condivisa la prospettazione del Comune di Bronte secondo cui, nel caso di specie, il vincolo relativo alle zone sopra indicate è di natura conformativa e non espropriativa, non escludendo la disciplina delle aree predette possibili iniziative edificatorie private o promiscue.
In definitiva, nel caso all’esame, si verte in ipotesi di vincolo che non incide su beni determinati per la realizzazione di un’opera pubblica o di interesse pubblico, preclusivo in assoluto dell’edificazione ad iniziativa del privato, bensì di vincolo che impone una vocazione specifica ad una porzione dell'intero territorio comunale, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e non della localizzazione di un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata.
Le superiori considerazioni rendono irrilevanti le censure sollevate sub b) e c) del primo motivo di ricorso, con riferimento la prima all’adozione di misure di salvaguardia che avrebbero inciso sull’edificabilità delle aree dei ricorrenti, e la seconda alla mancata indicazione nel PRG di quali tra le aree F2 ed F3 fossero destinate alla realizzazione delle strutture e servizi in esse previste dallo strumento urbanistico.
Infine, quanto alla censura dedotta in via subordinata con la quale i ricorrenti hanno affermato che la determinazione del valore di tali aree come effettuata dal Comune, sulla base della perizia di stima redatta dall’Istruttore Tecnico Geom . Giuseppe Greco, sarebbe spropositata e avulsa da qualsiasi parametro, la stessa è generica in quanto sfornita di qualsiasi elemento di specificazione che dia contezza dell’erroneità del procedimento seguito dal Comune, limitandosi i ricorrenti a rinviare tout court ad una relazione tecnica di stima “da intendersi riportata e trascritta” in ricorso, venendo meno in tal modo all’obbligo di specificità delle censure, quasi che il giudice debba da solo, di propria iniziativa, rintracciare e individuare all’interno della documentazione allegata, quali sono gli elementi che la parte intende valorizzare a supporto delle proprie tesi.
Per le considerazioni fin qui espresse, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, comunque, respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.