TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-04-19, n. 202306753
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Testo completo
Pubblicato il 19/04/2023
N. 06753/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01617/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1617 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Claudia Fappani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
del diniego di concessione della cittadinanza italiana, richiesta ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera d) della legge 5 febbraio 1992, n. 91, emesso in data 23 marzo 2017.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore l’avv. Donatella Testini nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2023, svoltasi con modalità telematica in videoconferenza, tramite la piattaforma Microsoft Teams, ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità del diniego indicato in epigrafe, con il quale il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza presentata dal ricorrente, cittadino senegalese, in data 6 dicembre 2015.
L’Amministrazione ha considerato ostativa alla concessione dello status di cittadino la pendenza a carico del figlio convivente del procedimento penale n. -OMISSIS-presso il Tribunale di Bergamo per i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.), contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione (art. 469 c.p.) e ingiuria (art. 594 c.p.), ritenendo che “tale circostanza, pur non essendo intervenuta condanna, denota un comportamento contrario ai principi e ai valori che regolano la società e l’ordinamento italiano e non consente di ritenere che il figlio dell’istante abbia raggiunto un adeguato livello d’integrazione”.
L’Amministrazione ha ritenuto che i fatti per i quali risulta avviato procedimento penale nei confronti del figlio convivente sono “indice di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale, evidenziando una situazione critica nell'ambito familiare” e ha concluso per la mancata coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza.
Avverso il predetto atto insorge la parte ricorrente, deducendone l’illegittimità per violazione della normativa di settore ed eccesso di potere per deficit istruttorio e motivazionale, lamentando che, poiché la responsabilità penale è personale, i precedenti del figlio non possono essere posti a base del diniego, vieppiù non essendo intervenuta alcuna condanna.
In ogni caso, l’Amministrazione non avrebbe accertato l’effettiva integrazione del ricorrente nel tessuto sociale ed economico