TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-06-13, n. 201606755
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Testo completo
N. 06755/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00586/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale n. 586 del 2016, proposto dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato-Antitrust, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Regione Lazio, rappresentata e difesa dall’avv.ssa S R, domiciliata presso la sede della Avvocatura regionale in Roma, Via Marcantonio Colonna, n. 27;
nei confronti di
R P;
per l'annullamento del regolamento della Regione Lazio 7 agosto 2015, n.8, recante "nuova disciplina delle strutture ricettive extralberghiere" - ricorso ex art. 21 bis l. 287/90;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2016 il dott. Italo Volpe e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso in epigrafe l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (di seguito “Autorità”) ha impugnato il regolamento della Regione Lazio 7 agosto 2015, n. 8, recante la nuova disciplina delle strutture ricettive extralberghiere, pubblicato nel BURL del 10 settembre 2015, n. 73, nonché ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale ancorché non conosciuto.
In particolare, come espressamente indicato nelle conclusioni del suo atto introduttivo, l’Autorità ha chiesto in tal modo l’annullamento degli artt. 3, 6, co. 2, 7, co. 2, lett. a), 3 e 4, 9, co. 1 e 3, lett. a), e 18 del regolamento
1.1. A fondamento della domanda l’Autorità ha formulato i seguenti motivi:
a) violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato – violazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 59/2010, 3, co. 7, del d.l. n. 138/2011, 34 del d.l. n. 201/2011 e 1, co. 2 e 4, del d.l. n. 1/2012 – violazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione – violazione degli artt. 49 e 56 del TFUE e dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione;
b) eccesso di potere sub specie del difetto di motivatone in relazione all'asserita giustificazione delle disposizioni sopra indicate.
1.2. L’Autorità ha premesso di essere venuta a conoscenza attraverso organi di stampa della pubblicazione del regolamento in questione, che avrebbe recato misure limitative dell’attività ricettizia extralberghiera a vantaggio di quella alberghiera.
Esaminatolo, dunque, e rilevata in tal modo l’effettiva esistenza di una serie di sue criticità, legate all’introduzione o all'inasprimento di requisiti richiesti per l'esercizio dell'attività ricettiva extralberghiera, idonei a tradursi in un’ingiustificata limitazione dell'accesso e dell'esercito di tale attività, limitando l'operatività delle strutture e subordinandone l'accesso al mercato al rispetto di vincoli di natura dimensionale, in contrasto con i principi di libera concorrenza e i correlati principi di parità di trattamento e non discriminazione, essa allora, nella riunione del 7.10.2015, deliberava di esprimere il proprio parere motivato ai sensi dell'art. 21- bis della l.n. 287/1990 alla Regione Lazio relativamente al contenuto del regolamento in questione, inviandoglielo il 14.10.2015.
Nel parere, in particolare, si esprimevano perplessità in ordine alle disposizioni del regolamento che:
- impongono a case vacanze e B&B, gestiti entrambi in forma non imprenditoriale, periodi di chiusura obbligatoria rispettivamente di 100 e 120/90 giorni;
- consentono ai Comuni di imporre specifici periodi di chiusura alle sole strutture in forma non imprenditoriale a seguito di valutazioni legate al fabbisogno economico;
- attribuiscono a Roma Capitale il potere di individuare zone del proprio territorio da destinare all'apertura di ostelli per evitare una eccessiva concentrazione di strutture in determinate zone urbane;
- impongono alle case vacanza contratti di affitto della durata minima non inferiore a 3 giorni;
- impongono vincoli dimensionali delle strutture in termini di metratura minima obbligatoria di alcuni spazi, prescrivendo onerosi (e a volte materialmente impossibili) obblighi di adeguamento anche alle strutture esistenti.
L'Autorità rilevava altresì che il successivo regolamento regionale n. 13/2015 – col quale si rinvia l'entrata in vigore della disciplina dei periodi di chiusura per case vacanza e i B&B, gestiti in forma non imprenditoriale, già esistenti e regolarmente operanti – non risolveva le criticità concorrenziali poste dal regolamento n. 8/2015, giacchè invero rimaneva comunque impregiudicata l'immediata valenza delle altre previsioni restrittive della concorrenza del predetto regolamento. In sostanza, si posponeva l'entrata in vigore, solo per certi profili, della nuova disciplina, senza però incidere sul merito delle sue caratteristiche.
L’Autorità, dunque, richiamando precedenti segnalazioni, rilevava come le citate disposizioni integrassero specifiche violazioni dei principi concorrenziali nella misura in cui limitavano l'accesso alla ricettività extralberghiera e ne rendevano più difficile l'esercizio, senza effettive e correlate esigenze di interesse generale. Le disposizioni citate – a suo avviso – erano ingiustificatamente restrittive e più limitanti rispetto alla disciplina previgente, determinando indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle attività economiche, non giustificate e perciò discriminatorie.
L’Autorità invitava in conclusione la Regione a porre in essere misure correttive idonee a rimuovere entro un termine stabilito le restrizioni indebite.
1.3. Aggiunge la ricorrente che il 15.12.2015 le pervenivano le repliche della Regione le quali, però, non risultavano appaganti. Da ciò l’inevitabilità dell’odierna iniziativa giudiziaria.
1.4. A sostegno della sua iniziativa la ricorrente, fatte premesse generali sul suo ruolo e funzione, richiamati i paradigmi normativi fondamentali a livello nazionale, peraltro ancorati a precise basi normative del Trattato oltre che a orientamenti costituzionali ormai condivisi, ha argomentato le ragioni che la portavano a continuare a ritenere illegittime, dal punto di vista concorrenziale, le norme regolamentari indicate, in sintesi espressive dei vincoli e delle limitazioni indebiti riassunte nei trattini di cui al punto 1.2. supra .
2. Nel costituirsi in giudizio la Regione ha replicato puntualmente alle censure dell’Autorità, illustrando che, per un verso, molte delle prescrizioni recate dal regolamento impugnato erano già contenute nel previgente regolamento n. 16/2008 di disciplina del settore in discorso e, per altro verso, le novità introdotte non potevano essere considerate ingiustificatamente limitative e suscettibili di impingere sulle regole della concorrenza, specie perché ora era stata puntualizzata la differenza fra ricettività extralberghiera esercitata o meno in forma professionale e tra le due forme non era illogico né ingiusto porre regole differenziate di condotta.
3. Ha quindi replicato con memoria del 5.5.2016 l’Autorità, soffermandosi sui motivi per i quali non potevano essere ritenute convincenti le difese della Regione in questa sede, così come le stesse non erano già risultate persuasive nel corso del confronto dialogico realizzatosi nel corso dell’istruttoria da essa condotta.
4. La causa era poi chiamata all’odierna pubblica udienza di discussione ed ivi trattenuta in decisione.
5. Il ricorso risulta fondato e perciò meritevole di accoglimento.
6. Vale introduttivamente ricordare i contenuti delle norme in relazione alle quali l’Autorità ha chiesto lo scrutinio di conformità delle specifiche sopra citate disposizioni regolamentari regionali.
Gli artt. 10, in tema di “ libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi ”, e 11 (quest’ultimo per la parte di più diretto interesse in questa occasione), in tema di “ requisiti vietati ”, del d.lgs. 26.3.2010, n. 59, recante l’attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, hanno previsto che:
a) “ Nei limiti del presente decreto, l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie ”;
b) “ L'accesso ad un'attività di servizi o il suo esercizio non possono essere subordinati al rispetto dei seguenti requisiti (…) l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio del titolo autorizzatorio alla prova dell'esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell'attività o alla valutazione dell'adeguatezza dell'attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d'interesse generate ”.
L’art. 3, co. 7, del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l.n. 148/2011, in materia di ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, sotto la rubrica “ Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche ”, ha disposto che “ Le disposizioni vigenti che regolano l'accesso e l'esercizio delle attività economiche devono garantire il principio di libertà di impresa e di garanzia della concorrenza. Le