TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2022-06-21, n. 202208274
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Pubblicato il 21/06/2022
N. 08274/2022 REG.PROV.COLL.
N. 06880/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6880 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;
contro
- Ministero dell'Interno - Commissione Centrale
ex
art. 10 della legge n. 82 del 1991, non costituito in giudizio;
- Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la sede della quale è domiciliato
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del provvedimento dell’8 aprile 2021, notificato in data 10 maggio 2021, emesso dalla Commissione Centrale ex art. 10 della legge 15 marzo 1991, n. 82, con cui è stata deliberata la -OMISSIS-;
- di ogni altro provvedimento e/o atto presupposto, connesso e/o consequenziale ancorché non conosciuto dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2022 il Cons. D D e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame, l’istante ha impugnato per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, la delibera adottata dalla Commissione Centrale in data 8 -OMISSIS-) con-OMISSIS-del ricorrente.
Al riguardo, l’istante ha rappresentato quanto segue:
- di essere stato inserito in un -OMISSIS-” di -OMISSIS-;
- in data -OMISSIS-.
Ciò premesso, avverso tale ultima deliberazione, l’istante ha proposto i seguenti motivi:
1) violazione e/o falsa applicazione di legge;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 d.m. 161/2004.
La -OMISSIS-, senza tenere nella debita considerazione-OMISSIS-
In particolare, nel provvedimento impugnato, la Commissione richiama un -OMISSIS-, ritenendolo prevalente rispetto agli altri pareri negativi espressi nel 2020 che ad esso sono seguiti, senza fornire una adeguata motivazione sul punto;
2) violazione e/o falsa applicazione di legge;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 quater L. 15 marzo 1991 n. 82;carenza di motivazione.
La Commissione ha posto in essere una -OMISSIS-, non esplicitando in maniera adeguata le ragioni che l’hanno indotta a sacrificare uno dei diritti fondamentali e costituzionalmente tutelati della persona, quale la vita e l’integrità psico-fisica;
3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo;dell’art. 6, comma 2, CEDU;degli artt. 3 e 6 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
La Commissione non ha operato un -OMISSIS-;quest’ultimo – seppur corollario del canone di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) – -OMISSIS-.
La decisione assunta dalla Commissione si pone, altresì̀, in contrasto con l’art. 6, comma 2, CEDU. Invero, la Commissione si è determinata per -OMISSIS-;
4) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 27 e 29 Costituzione.
La decisione assunta dalla Commissione si pone in contrasto con l’art. 2 della Costituzione dal quale possono essere desunti il diritto alla vita ed all’integrità psico-fisica e con l’art. 29 Cost. in quanto si riflette altresì sull’intero nucleo familiare del ricorrente.
Emerge altresì una evidente violazione dell’art. 27 Cost., avendo la Commissione ritenuto il ricorrente colpevole, pur in assenza di una sentenza di condanna per i fatti richiamati;
5) eccesso di potere per illogicità manifesta – contraddittorietà – difetto di istruttoria.
Il provvedimento in contestazione risulta, poi, viziato da illogicità e contraddittorietà e adottato all’esito di un’istruttoria carente;
6) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241.
L’illegittimità del provvedimento impugnato emerge, inoltre, dalla mancata comunicazione di avvio del procedimento con cui la Commissione Centrale ha disposto -OMISSIS-
Con -OMISSIS-è stata accolta l’istanza cautelare monocratica e sospesi gli effetti del provvedimento impugnato, fino alla data della trattazione collegiale della domanda cautelare.
Nelle more, si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, per resistere al ricorso.
Con -OMISSIS- è stata fissata, per la prosecuzione, la camera di consiglio del 5 ottobre 2021 in attesa della declassificazione di documentazione riservata da parte del Ministero dell’Interno, previo accoglimento nelle more della domanda cautelare.
Con memoria, il Ministero dell’Interno ha evidenziato, in particolare, come il r-OMISSIS-;altresì, l’amministrazione ha evidenziato la sua assoluta riluttanza a prendere nella dovuta considerazione le plurime diffide comminategli dalla Commissione Centrale, così denotando una sostanziale inaffidabilità del soggetto non compatibile con il mantenimento del programma speciale di protezione.
Per quanto riguarda le esigenze di sicurezza del ricorrente, la sua posizione è stata comunque segnalata agli organi territoriali competenti per l’adozione delle misure di protezione “ordinarie”, adeguate al livello di rischio a cui è esposto.
Da ultimo, il ricorrente ha depositato memoria con cui, nell’insistere per l’accoglimento dell’impugnativa, ha sottolineato non solo come lo stesso non sia mai -OMISSIS-nonché l’inadeguatezza delle ordinarie misure di protezione, come peraltro evidenziato dalla DNAA con nota del 22 dicembre 2020.
Con ordinanza -OMISSIS-è stata fissata l'udienza pubblica per la definizione della controversia, previa conferma dell’accoglimento, nelle more, della domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 17 maggio 2022, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, evidenzia il Collegio che i fatti posti a fondamento della decisione-OMISSIS-sono numerosi e sono riportati integralmente nelle premesse del provvedimento impugnato, alle quali (premesse) si rimanda per esigenze di sinteticità nella redazione degli atti processuali (art. 3, comma 2, cpa).
In ogni caso, le condotte imputate al ricorrente possono essere così sintetizzate:
- in più -OMISSIS-, tanto da essere diffidato per tale ragione;
- è-OMISSIS-), -OMISSIS-;
- in data-OMISSIS-;
--OMISSIS-(art. 367 cp in un caso e artt. 483 e 658 c.p. nell’altro);
- in ragione delle -OMISSIS-.
A ciò, si aggiunga che l’istante, nel periodo compreso -OMISSIS-e, in occasione di tali trasferimenti, almeno in un caso, ha anche omesso di segnalare la sussistenza di controindicazioni con riferimento al sito prescelto, rendendo difficoltosa l’individuazione della località finale.
Tuttavia, come anticipato nella parte in fatto, la Direzione distrettuale competente e la DNAA (tranne in una sola occasione, in data 9 maggio 2019) hanno più volte -OMISSIS-nei confronti del ricorrente e dei suoi familiari, pur riconoscendo la sussistenza di reiterate violazioni da parte dell’interessato;peraltro, le predette Direzioni, anche successivamente all’adozione del provvedimento impugnato, in data 1 giugno e 7 luglio 2021, hanno ribadito la necessità di mantenere lo speciale programma di protezione in favore dell’istante, in ragione dell’attualità e della rilevanza dei contributi collaborativi dallo stesso forniti in diversi procedimenti penali.
2. Ciò premesso in punto di fatto, può ora passarsi all’esame del merito che avverrà tramite l’esame congiunto dei motivi (tranne l’ultimo) che, invero, possono essere trattati congiuntamente in quanto riguardano profili diversi di un’unica censura riguardante, in sintesi, l’irragionevolezza e l’illogicità della delibera impugnata.
2.1 Tali doglianze – ad avviso del Collegio – non sono però fondate in quanto le ragioni manifestate nel provvedimento impugnato, nell’ambito della valutazione di natura discrezionale di competenza della Commissione centrale, non possono dirsi ictu oculi (nel senso di “manifestamente”) inficiate dai vizi dedotti dall’istante.
2.2 Al riguardo, va invero osservato che, alla luce della giurisprudenza e della natura straordinaria del programma di protezione, la valutazione sulla condotta del soggetto sottoposto alle misure protettive e il giudizio sull'eventuale incompatibilità del comportamento da questi tenuto con il permanere del sistema di tutela rientrano nella sfera discrezionale dell'Amministrazione, spettando al giudice amministrativo la verifica se l'esercizio di tale potere valutativo sia aderente ai presupposti normativi, ai dati di fatto ed ai criteri di logica e razionalità (cfr Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2014, n. 628;sez. III, 30 ottobre 2013, n. 5229;sez. III, 8 agosto 2012, n. 4533;sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2541).
L’art. 13- quater del decreto legge n. 8 del 1991, convertito nella legge n. 82 del 1991, prevede, in particolare al comma 2, un’ampia gamma di fattispecie sintomatiche delle condizioni che ne fanno venir meno l'utilità alla stregua dell'interesse pubblico o, comunque, la compatibilità con esso.
La disposizione richiamata prevede, invero, tra i fatti che comportano la revoca delle speciali misure di protezione, quanto segue: " l'inosservanza degli impegni assunti a norma dell'articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonché -OMISSIS-. Costituiscono fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione l'inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell'articolo 12, la commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, la rinuncia espressa alle misure, il -OMISSIS-, nonché ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione dell'identità assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate. Nella valutazione ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene particolare conto del tempo trascorso dall'inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell'articolo 9 ".
La normativa prevede quindi, nella valutazione della inosservanza degli impegni assunti a norma dell'articolo 12, un’ampia sfera di discrezionalità delle autorità preposte, come richiede del resto la natura straordinaria del programma ed il complesso rapporto di collaborazione che presuppone.
A ciò si aggiunga che tale attività di verifica, collegata – come detto - all’esercizio di un tipico potere discrezionale da parte della commissione competente, si articola, tra l’altro, nella necessità di valutare e comparare diversi e variegati interessi pubblici e privati riguardanti, in particolare, la-OMISSIS-nonché la valutazione dei costi derivanti dall’attivazione del programma di protezione anche in termini di impiego di personale e di rischio della loro incolumità.
Del resto, come noto, l’ammissione al programma di protezione (e anche il suo mantenimento) non costituisce un diritto dell’interessato che decide di collaborare con l’autorità giudiziaria bensì è il frutto – come detto - di una valutazione discrezionale della commissione competente che deve preliminarmente verificare e comparare una serie di elementi che non si esauriscono nella sola proficuità della collaborazione resa dall’interessato.
2.3 Ora, proprio alla luce di quanto previsto dall’art. 13 quater , comma 2, del decreto legge n. 8 del 1991 che – come detto – individua i presupposti per la revoca, può affermarsi che, tra questi, rientra la serie di comportamenti imputati al ricorrente, che invero costituiscono nel loro insieme fatti concreti e concludenti per la revoca del piano di protezione.
Ed invero, sebbene da un lato la -OMISSIS- e che, nel tempo, hanno portato la Commissione centrale, peraltro sollecitata dalla predette Direzioni (DDA e DNAA), a diffidare in più occasioni (n. 4) il ricorrente dal mantenere tali condotte, avvertendolo nel contempo che, in caso contrario, si sarebbe proceduto alla revoca del programma.
Come esposto in precedenza, l’istante, a -OMISSIS-
Ora, a fronte di una tale situazione fattuale, si contrappone – come detto - una posizione contraria alla revoca (e – sostanzialmente – univoca) da parte della DDA competente e della DNAA che puntano molto sulla proficuità del percorso collaborativo dell’istante e del conseguente rischio per la sua incolumità.
In questo quadro, si colloca la valutazione discrezionale della Commissione centrale alla quale la normativa vigente rimette la competenza a decidere sul mantenimento o meno del programma di protezione, previa comparazione – come detto – di una serie di interessi molto più ampia di quella operata dall’autorità giudiziaria competente.
Nel caso di specie, la Commissione centrale, alla luce delle condotte poste in essere nel tempo dal ricorrente e della riscontrata inutilità delle plurime diffide di cui questi è risultato destinatario, ha in sintesi ritenuto che le violazioni non fossero più compatibili con il mantenimento del programma di protezione, in ragione della inaffidabilità e della stessa incapacità del soggetto a conformarsi agli obblighi comportamentali derivanti dal contratto ad oggetto pubblico che egli ha sottoscritto a suo tempo con le autorità.
Una situazione di inadempimento che, oltre ad alterare in maniera irreversibile il vincolo di sinallagmaticità insito nel predetto contratto, ha fatto ritenere prevalenti gli interessi pubblici connessi alla stessa sostenibilità del programma di protezione, non solo in termini economici ma anche di impiego proficuo e efficiente delle risorse umane che, alla luce delle condotte dell’istante, rischiano peraltro di essere esposti ad un rischio eccessivo o, comunque, non controllabile.
Ciò determina che la valutazione operata dalla commissione rimane nei limiti della sfera legittima di discrezionalità ad essa riconosciuta, non ravvisando il Collegio profili di manifesta irragionevolezza nella decisione assunta, pur in una situazione di assoluta peculiarità come quella in esame;ciò che si vuole dire è che la Commissione centrale ha valutato ogni profilo della vicenda e ha operato una comparazione non facile dell’intera fattispecie arrivando ad una determinazione motivata in maniera adeguata che questo giudice non può sindacare in fondo, pena la sostituzione – non consentita dall’ordinamento – all’organo amministrativo al quale la normativa vigente ha affidato la competenza a svolgere tale tipologia di valutazione.
2.4 Per tali ragioni, i primi cinque motivi sono infondati e vanno, pertanto, respinti.
3. Infondato, poi, è il sesto motivo concernente il mancato avviso di avvio del procedimento di revoca ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Sul punto, è sufficiente rilevare che, per espressa previsione dell’art. 13 della legge 241 del 1990, le disposizioni contenute nel Capo III, tra cui è ricompreso l’invocato art. 7 e tutte le altre in materia di partecipazione procedimentale, non si applicano “ ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni ”.
Pertanto, nel caso di specie, non sussisteva alcun obbligo di comunicazione da parte dell’amministrazione resistente, ai fini della partecipazione del ricorrente al procedimento.
4. Quanto ai profili di sicurezza, infine, occorre sottolineare che la revoca del piano di protezione non incide sulle valutazioni che competono alle autorità di pubblica sicurezza ai fini dell'adozione delle misure di tutela c.d. ordinarie: si tratta invero di misure di protezione (vigilanza fissa, vigilanza radiocollegata alle abitazioni o alle proprietà, servizio di scorta o di tutela) che ordinariamente vengono assunte dalle autorità di pubblica sicurezza del luogo e che possono consistere nella tutela del domicilio, dell'attività lavorativa, nell'accompagnamento nei luoghi in cui il soggetto da tutelare deve recarsi per le necessità di vita e, più in generale, in altre misure che possono essere adottate dalle autorità istituzionalmente deputate allo svolgimento dei predetti compiti, sentito anche il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Del resto, l’effetto principale della sottoposizione o meno al programma di protezione di cui alla legge n. 82 del 1991 (e differenziale rispetto alle misure di protezione “ordinarie”) è connesso, in particolare, al riconoscimento di idonee misure di carattere economico, necessarie per le esigenze di vita quotidiana del collaboratore e dei suoi familiari e, dopo la fuoriuscita dal programma, per una re-integrazione nel tessuto socio-economico e lavorativo di riferimento;da ciò deriva che la sottoposizione a misure di sicurezza adeguate al livello di rischio dell’interessato prescinde dall’ammissione o meno allo speciale programma di protezione.
Nel caso in esame, pertanto, come si ricava anche dal provvedimento impugnato, la posizione del ricorrente e dei suoi familiari è stata segnalata alla competente Autorità di pubblica sicurezza per l'adozione delle misure ordinarie di protezione, non già quale astratta previsione riconducibile ad una procedura standardizzata, bensì quale diretta statuizione della delibera della Commissione in ragione di specifica valutazione.
Sul punto, tuttavia, il Collegio, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e), del cpa, ritiene di dover disporre che, prima di eseguire il provvedimento di revoca, le autorità di pubblica sicurezza operino una approfondita valutazione dei profili di rischio dell’interessato, predisponendo e attuando in concreto un piano di misure di protezione articolato che assicuri in maniera adeguata l’incolumità del ricorrente e dei suoi familiari.
5. In conclusione, il ricorso va respinto nei sensi sopra descritti.
6. Le spese del giudizio, tuttavia, possono essere compensate tra le parti, in ragione della peculiarità della vicenda e della novità delle questioni trattate.
7. Infine, con riferimento al reclamo proposto dall’istante avverso il rigetto della richiesta di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato di cui al decreto n. 298/2021, depositato in data 22 settembre 2021, va ordinato al ricorrente di depositare in giudizio la dichiarazione di cui all’art. 76, comma 4 bis , del dpr n. 115/2002, necessaria per poter provvedere in merito.
Al riguardo, si concede al ricorrente un termine di 20 gg. dalla comunicazione, in via amministrativa, della presente sentenza per depositare in giudizio quanto sopra richiesto.