TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-05-21, n. 202005397

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-05-21, n. 202005397
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202005397
Data del deposito : 21 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/05/2020

N. 05397/2020 REG.PROV.COLL.

N. 12001/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12001 del 2005, proposto da
Soc Asset Europe Arl, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati I G B, G L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G L in Roma, via Costabella, 23;

contro

Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato U G, con domicilio eletto presso gli Uffici della Avvocatura comunale in Roma alla via del Tempio di Giove n. 21.

per l'annullamento

del provvedimento a firma del Direttore del Dipartimento VI – Ufficio Speciale Condono Edilizio - del Comune di Roma prot. n. 101528 del 29/09/2005, inviato a mezzo posta il 3/10/2005, con il quale è stata denegata la domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata in data 26/07/2005 (prot. n. 86716);

- nonché di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e

conseguenziale a quelli impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 aprile 2020 la dott.ssa R L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Società Fidene Immobiliare a r.l. – oggi Società Asset Europe a seguito del cambio di denominazione – proprietaria di un terreno con sovrastante immobile sito in Roma, alla via Circonvallazione Gianicolense, ha concesso il predetto immobile in locazione alla Società Center Garden;
tale ultima società presentava, ai sensi della legge n. 47/85, la domanda di concessione in sanatoria prot. n. 87581/1986 per un abuso di 91,51 mq. con destinazione d’uso commerciale, distinto al N.C.E.U. al foglio n.460, part. n. 704 sub 2.

La Società ricorrente, successivamente rientrata nella disponibilità dell’immobile a seguito di un contenzioso intercorso con la Società affittuaria, procedeva, in data 25/06/2003, ad integrare l’originaria istanza di sanatoria del 1986 e ne chiedeva il riesame: la consistenza effettiva dell’immobile, infatti, non era quella di 91,50 mq, come dichiarata dalla Center Garden, bensì di complessivi 542 mq. circa. Risultavano abusivamente realizzati, quindi, ulteriori 450 mq, non dichiarati nella originaria domanda di condono.

L’Ufficio Speciale Condono Edilizio del Comune di Roma, in data 29.30/10/2003, rilasciava la concessione in sanatoria n. 306606/2003 per la superficie di 450 mq. e la concessione in sanatoria n. 306674/2003 per la superficie di 91,50 mq., entrambe con destinazione d’uso commerciale.

Senonchè, l’Ufficio Speciale Condono Edilizio del Comune di Roma, con successiva Determinazione Dirigenziale n. 202/2005, annullava la concessione in sanatoria n. 306606/2003, relativa ai suddetti 450 mq e contestualmente respingeva l’istanza di riesame presentata dalla ricorrente con il n. prot. 88194/2003 ritenendo sostanzialmente che l’istanza di riesame rappresentasse “una vera e propria domanda di condono ex novo e ciò per il semplice fatto che gli abusi ivi dichiarati sono di gran lunga più consistenti dell’unico abuso originariamente e tempestivamente denunciato”.

La ricorrente, quindi, intervenuto l’annullamento della concessione in sanatoria n. 306606/2003, presentava, in data 26/07/2005, nuova domanda di concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 35, comma 2, della Legge n. 47/1985;
l’istanza veniva denegata dall’U.S.C.E. con provvedimento prot. n. 101528 del 29/09/2005.

La ricorrente ha impugnato quest’ultimo provvedimento denunciandone, con il presente gravame, l’illegittimità ed il difetto di motivazione in quanto il Comune si sarebbe limitato a richiamare le motivazioni già espresse nella precedente Determinazione n. 202/2005 malgrado si trattasse di due procedimenti autonomi ed aventi presupposti assolutamente diversi;
nemmeno erano state indicate le ragioni di pubblico interesse idonee a giustificare il gravato diniego ed a sacrificare il legittimo affidamento, ingenerato nella ricorrente, al rilascio della concessione edilizia. Ed infine, il Comune non aveva correttamente interpretato l’art. 35 della legge n. 47/85 che doveva ritenersi applicabile sia alle concessioni ordinarie sia a quelle rilasciate, come nel caso di specie, in sanatoria.

Alla pubblica udienza la causa è stata trattenuta in decisione secondo le modalità previste dall’art. 84 del d.l 17 marzo 2020, n. 28.

Il ricorso è infondato per le ragioni che seguono.

Parte ricorrente assume di aver presentato, in data 25/06/2003, una domanda di riesame e modifica della domanda di concessione in sanatoria già presentata dalla Società Center Garden, allora affittuaria dell’immobile sito alla via Circumvallazione Gianicolense, ai sensi della Legge n. 47/1985 e di aver così integrato la suddetta domanda con l’indicazione della corretta superficie da condonare. Nella suddetta domanda, infatti, non era stata indicata l’effettiva consistenza dell’immobile non essendo stati dichiarati i 450 mq. abusivi già esistenti al tempo della istanza.

Non si trattava, quindi, nella specie, di una nuova domanda di sanatoria ma della mera integrazione della istanza già presentata dalla Società Garden Center e riferita ai 91.50 mq;
solo dopo aver ottenuto dalla predetta affittuaria il rilascio dei manufatti, infatti, la ricorrente aveva preso contezza della effettiva estensione degli abusi. Tanto è vero che il Comune di Roma aveva rilasciato la concessione in sanatoria n. 306606/2003 per la superficie di 450 mq. e la concessione in sanatoria n. 306674/2003 per la superficie di 91,50 mq.

Deduce anche la ricorrente di aver presentato correttamente e tempestivamente, nel 2005, anche l’ulteriore domanda in sanatoria a mente dell’art. 35, comma 2 della Legge n. 47/1985 e di aver provveduto in tal senso una volta avuto notizia del provvedimento di annullamento in autotutela della prima concessione in sanatoria n. 306606/2003;
la citata disposizione normativa, infatti, consentirebbe la presentazione della domanda di sanatoria edilizia per quelle opere divenute abusive per effetto dell’annullamento ammnistrativo o giurisdizionale del relativo titolo edilizio senza fare alcuna distinzione tra concessioni ordinarie e concessioni in sanatoria.

Da ultimo, la ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non motiverebbe circa le ragioni di pubblico interesse che avevano giustificato il sacrificio imposto alla Società, considerando anche il legittimo affidamento in essa ingenerato dal rilascio della prima sanatoria, poi annullata.

Le argomentazioni di parte ricorrente, tuttavia, non possono essere condivise.

Ed invero, come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato, la concessione in sanatoria n. 306606/2003 è stata annullata in autotutela dal Comune in ragione del fatto che per gli ulteriori 450 mq abusivi non era stata presentata alcuna istanza di condono, né ai sensi della legge n. 47/85 né in base alla legge n. 724/94;
risultava invece proposta una mera istanza di rettifica ed integrazione della precedente domanda di condono senza, peraltro, che fossero rispettati i termini previsti dalla legge n. 47/85 (30.06.87) e dalla legge 724/94 (31.03.95).

La disposizione di cui all’art. 35 co. 2 della legge n. 47/85, poi, risulta correttamente intesa dal Comune nel senso che la possibilità di sanatoria ivi prevista deve intendersi limitata alle sole concessioni rilasciate in via ordinaria, e non anche a quelle rilasciate in sanatoria. La norma citata, cioè, deve intendersi riferita alle sole ipotesi in cui le opere edilizie, realizzate entro il 1.10.1983, siano, in un secondo momento, rimaste sine titulo per effetto dell’annullamento amministrativo o giurisdizionale del titolo che le aveva ab origine legittimate in via ordinaria;
il che non può ritenersi avvenuto nel caso qui in esame ove la concessione edilizia n. 306674/2003 è stata rilasciata dal Comune a sanatoria degli abusi già realizzati.

Le considerazioni sin qui esposte, infine, danno conto della infondatezza delle ulteriori censure mosse in sede di gravame, stante la compiutezza del quadro motivazionale del provvedimento impugnato che null’altro doveva argomentare circa il pubblico interesse sotteso al diniego di condono ed all’affidamento ingenerato nella ricorrente dal rilascio della prima concessione in sanatoria. Come è noto, del resto, in materia edilizia l’Amministrazione non è tenuta a compiere ulteriori indagini circa la sussistenza dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla repressione degli abusi ed alla corretta gestione del territorio, né ad effettuare una comparazione tra questo e l’interesse privato alla conservazione del manufatto abusivo, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell’illecito ed al ripristino della legalità. (Tar Campania, Napoli, Sez. IV, 23 aprile 2009 n. 2142;
Tar Toscana, Sez. III, 15 luglio 2001, n. 1214).

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi